lunedì 11 maggio 2020

“A scuola non si respira più” di Margherita Politi


 A SCUOLA NON SI RESPIRA PIU’
di Margherita Politi
Liberodiscrivere

Trovare una recensione di un saggio sulla scuola di oggi potrebbe sembrare piuttosto inconsueto per i lettori del mio blog.
In realtà l’anomalia è solamente apparente in quanto la lettura è uno degli alleati più validi che noi possediamo per poter contrastare l’analfabetismo funzionale.
E di cosa si occupa il mio blog se non di trasmettere la passione per la lettura? di aiutare i lettori a riscoprire i classici? di fare conoscere le nuove uscite in libreria?
Qualcuno di voi magari nel frattempo si starà chiedendo cosa si intenda per “analfabetismo funzionale”; vi chiedo ancora un attimo di pazienza.

Prima di tutto, vorrei fare una premessa; non sono un’addetta ai lavori, pertanto ho una conoscenza del mondo della scuola piuttosto frammentaria e lacunosa.

Ho frequentato il liceo classico e mi sono laureata in lettere classiche con un indirizzo archeologico.
Non avevo mai pensato di voler fare l’insegnante, il mio interesse era tutto proiettato verso la conservazione dei beni culturali, corso che purtroppo all’epoca non era ancora stato attivato presso l’università della mia città.

Ho insegnato però in una scuola privata italiano per stranieri per alcuni anni e ricordo quel periodo come l’esperienza più appagante della mia carriera lavorativa, carriera che purtroppo è stata poi forzosamente orientata verso altri lidi più remunerativi, ma decisamente anche molto meno soddisfacenti dal punto di vista umano.

Quello che conosco della scuola di oggi l’ho appreso dalle chiacchierate con le mie amiche che fanno le insegnati, nella mia stessa città o in altre parti d’Italia, una di loro addirittura ha all’attivo un’esperienza maturata in una difficile realtà di un paese all’interno dell’entroterra siciliano.
Sono insegnanti di scuola primaria, secondaria di primo e di secondo grado, ma i loro racconti si assomigliano tutti, le problematiche riscontrate sono sempre le stesse.

Altre fonti dirette da cui posso attingere le mie conoscenze sono quelle delle colleghe, dei vicini di casa e delle amiche che hanno dei figli in età scolare e mi raccontano questa realtà vista dall’altra parte.

Mi manca purtroppo una conoscenza diretta di ciò che pensano i bambini e i ragazzi di questo loro mondo, insomma di coloro che sono poi i veri diretti beneficiari, o almeno dovrebbero esserlo, di questa scuola moderna.

Come potrete immaginare quindi mi sono potuta fare idee piuttosto chiare sull’argomento, ma per non incorrere nell’errore di risultare troppo tranchant preferisco astenermi dall’esprimere in questa sede opinioni e giudizi personali su un argomento tanto delicato che, per quanto mi appassioni, resta pur sempre qualcosa di cui io ho una conoscenza incompleta.

Ma veniamo al nostro libro, “A scuola non si respira più” è un titolo piuttosto forte se si pensa che proprio la scuola dovrebbe essere la casa della cultura, quella cultura che da sempre è intesa come qualcosa che rende libero l’essere umano donando lui la capacità di ragionare e di poter esprimere un pensiero critico.

Perché quindi le nostre scuole sono diventati ambienti claustrofobici?

La professoressa Margherita Politi, grazie ad una lunga e comprovata esperienza, attraverso le pagine del suo dettagliato saggio si prefigge di analizzare questo sistema scuola, un sistema ormai prossimo all’implosione.
Allo stesso tempo cerca di suggerire valide e fattive soluzioni al fine di potersi riappropriare di una scuola dove alunni ed insegnanti possano tornare a respirare.

Gli insegnanti come del resto i loro ragazzi sono infatti sempre più in sofferenza, entrambi necessitano di essere ascoltati, di essere compresi e di essere motivati.

Se i ragazzi difettano di attenzione non riusciranno mai a recepire gli insegnamenti perché senza attenzione non esiste discernimento, ma questo non fa che acuire la frustrazione degli insegnanti per i quali diviene sempre più difficile trovare un canale di comunicazioni con i propri studenti.
 
I problemi della scuola di oggi sono, se ci soffermiamo un attimo, quelli di tutte le altre istituzioni italiane: nel nostro Paese abbiamo troppe regole e queste non vengono rispettate, la burocrazia è eccessiva e soffoca ogni iniziativa, troppo spesso anche laddove ci dovrebbe essere la garanzia di personale qualificato assunto tramite regolare concorso, si è invece trovata una scappatoia a discapito della competenza.

Alcune delle problematiche riscontrate oggi tra i banchi di scuola sono conosciute da anni e mi riferisco in particolare al bullismo e all’ansia.
Rispetto al passato queste difficoltà, proprio perché oggi enfatizzate dall’uso dei social, hanno raggiunto però livelli di criticità allarmanti, facendo registrare anche un pericoloso aumento di aggressività e mancanza di rispetto nei confronti degli insegnanti.

Legate a questo uso smodato di device come cellulari e tablet, si sono riscontrate a carico dei ragazzi altre due grandi problematiche ovvero il cosiddetto Social jet lag e l’analfabetismo funzionale.

Il primo è legato alla carenza di sonno dovuta all’uso smodato di cellulari e della messaggistica che toglie ore di riposo ai ragazzi, ci si addormenta infatti più tardi la sera per poter rispondere all’ultimo whatsapp del compagno, e alla cattiva qualità del sonno stesso causata dalla nocività della luce prodotta da tali device.

L’analfabetismo funzionale è una problematica legata all’incapacità di comprendere, valutare ed usare testi scritti.
Per fare un banale esempio, siamo di fronte ad un analfabeta funzionale quando la persona non è in grado di saper distinguere tra ciò che viene riportato come notizia certa e ciò che invece deve intendersi come una semplice opinione.
In un mondo popolato da fake news, va da sè quanto questo possa essere pericoloso.

Margherita Politi passa poi ad analizzare anche tutte quelle problematiche legate all’integrazione ed all’inclusione scolastica, non si deve però commettere l’errore di credere che esse siano riferite solo all’introduzione in classe di alunni stranieri o di allievi diversamente abili.
Nella scuola moderna esiste tutta una nuova serie di problematiche legate ad alunni che necessitano di aiuti particolari quali BES, DSA, alunni con deficit da disturbo dell’attenzione e dell’iperattività e così via.
Nuove patologie, oggi certificate, ma che fino a pochi anni fa non erano riconosciute.

Come avrete compreso il volume di Margherita Politi è un libro esaustivo e molto ben articolato, un saggio in cui si cerca di analizzare tutto il sistema dell’istruzione scolastica in ogni suo aspetto nella maniera più dettagliata possibile.

Ho cercato di presentarvelo mantenendomi super partes per non influenzare il vostro giudizio e ho utilizzano volutamente un linguaggio il più possibile privo di tecnicismi. 

“A scuola non si respira più” è un libro di denuncia, ma anche un libro che cerca di offrire valide ed efficaci soluzioni; un libro molto critico nei confronti delle istituzioni e della politica, ma anche fautore di una critica costruttiva.

Un volume che può risultare utile a coloro che lavorano nel mondo della scuola e per i quali, seppur senza dubbio già a conoscenza delle diverse problematiche, può divenire un valida guida ed un compendio da cui trarre preziosi suggerimenti e spunti; ma anche per i genitori che, attraverso questo saggio, potrebbero prendere finalmente coscienza di quel mondo nel quale i loro figli trascorrono tanta parte del loro tempo.



domenica 10 maggio 2020

“Una finestra vistalago” di Andrea Vitali


UNA FINESTRA VISTALAGO
di Andrea Vitali
GARZANTI

Il romanzo inizia con la narrazione di fatti accaduti nel 1929 per poi arrivare a raccontare gli eventi occorsi nei primi anni ’70, nucleo centrale del libro.

Il romanzo è ambientato a Bellano, un piccolo paese affacciato sulla riva orientale del lago di Como.
Come spesso accade nei piccoli centri molti portano lo stesso cognome e qui a Bellano di Arrigoni Giuseppe ce ne sono davvero tanti ed è impossibile conoscerli tutti.

La vita di Eraldo Bonomi, operaio nel cotonificio locale e militante del PSIUP, viene segnata proprio da questo nome, Arrigoni Giuseppe.

Grazie ad esso infatti, per uno strano gioco del destino, Eraldo conosce Elena una giovane bella e provocante, che non si sa per quale misterioso capriccio accetti di sposarlo.

Elena sposa l’ottuso Eraldo non certo per amore tanto che il matrimonio sarà per lei una vera prigione dalla quale cercherà fin da subito di evadere.

Il Bonomi sembra proprio essere una calamita per i guai e così, equivoco dopo equivoco, non solo si procura un sacco di nemici, ma a sua insaputa favorisce la scoperta di più di un segreto dei suoi compaesani.

Del resto, come si sa, in un piccolo paese di provincia, seppur all’apparenza la vita sembri scorrere monotona, in realtà spesso i suoi abitanti nascondono scheletri negli armadi e sono ben intenzionati a far si che questi non vengano esumati.

Intorno alle vicende del Bonomi e della bella Elena ruotano una serie infinita di altri personaggi come il dottor Aurelio Tornabuoni, la signora Maria Grazie Perdicane, l’astioso Benito Vitali, antagonista del Bonomi, solo per citarne alcuni. 
“Una finestra vistalago” è un romanzo corale sarebbe pertanto impossibile anche solo provare a nominarli tutti.

Ognuno di loro, da quelli più importanti a quelli che appaiono sulla scena solo come piccole comparse, è caratterizzato in modo ben dettagliato.

I personaggi di Vitali sono tutti molto verosimili e, per quanto vengano descritti dall’autore con molta ironia e bonomia, non assumo mai la caratteristica della macchietta.

L’impianto narrativo è molto teatrale e, assistendo a questa sfilata di innumerevoli personaggi, sembra di assistere ad una vera e propria rappresentazione scenica.

I protagonisti del romanzo sono i rappresentanti di un’Italietta che vorremmo dimenticare e contro la cui grettezza combattiamo ancora ogni giorno.
Sono personaggi dalla mentalità meschina e provinciale, spesso inadeguati tanto che pochi di loro riescono ad emergere dalla loro modestia intellettuale, dalla loro ipocrisia, dalla loro smania di possesso e dall’arrivismo imperante.

In questo romanzo gli unici personaggi per cui sono riuscita a nutrire stima sono il maresciallo Pezzati che, a differenza degli altri, dimostra di essere un uomo equilibrato e intelligente e, anche se in minor misura, il dottor Tornabuoni perché nonostante gli scheletri nell’armadio ed i suoi piccoli difetti, dimostra di saper operare con giudizio e buon senso almeno nella maggior parte dei casi.

Il romanzo di Andrea Vitali scorre veloce, la scrittura è molto fluida e pulita.

L’autore dimostra una grande padronanza nel saper costruire storie, nel saper descrivere  luoghi ed atmosfere, nel riuscire a raccontare l’anima di ogni personaggio rendendolo vivo e reale.

Devo confessarvi, però, che questa storia non mi ha entusiasmata particolarmente e non certamente per demerito dell’autore che anzi dà prova straordinaria di saper raccontare i tanti vizi e le poche virtù dell’uomo di provincia con una grazia e un garbo davvero non comuni, ma piuttosto perché io in un romanzo sono solita cercare evasione e divertimento oppure qualcosa che possa essere edificante per lo spirito.

“Una finestra vistalago”, nonostante un grande senso dell’humour e l’ironia dimostrata dal suo autore, è un romanzo amaro che mette il lettore dinnanzi a tutti quei difetti insiti dell’uomo come la povertà di spirito, la mediocrità, lo squallore e l’ottusità che spesso non ci dispiacerebbe poter dimenticare.





venerdì 8 maggio 2020

“Il mercante di seta” di Liz Trenow


IL MERCANTE DI SETA
di Liz Trenow
NEWTON COMPTON EDITORI
Londra, 1760. Anna Butterfield, rimasta da poco orfana di madre, viene mandata dal padre a casa degli zii a Londra.

Nel suo amato Suffolk la giovane lascia oltre a suo padre, il vicario del paese, anche la sorella minore Jane.

Abituata alla pace del suo villaggio, Anna stenta non poco ad adattarsi alla vita londinese, complici anche le rigide regole imposte dagli zii che guardano con rigore alle convenzioni sociali.

L’azienda di famiglia, la Sadler & Figlio, merciai per la nobiltà, è un’attività florida e gli zii si fanno gran vanto della loro rispettabilità e della posizione raggiunta.
Proprio per questo motivo temono che la loro onorabilità possa essere messa a repentaglio dal carattere ribelle ed impulsivo della nipote.

Nel frattempo, a Londra sono sempre più frequenti i disordini creati dai lavoratori della seta che chiedono insistentemente, spesso anche in modo selvaggio, il rispetto delle leggi e un giusto riconoscimento salariale. 

Il fatto che questi lavoratori siano ugonotti francesi non fa che inasprire ulteriormente la lotta dal momento che i cittadini sono ormai esasperati dal sempre più elevato numero di stranieri in città.

In questo clima carico di tensione, Anna fa la conoscenza di Henri un bel tessitore francese di cui la giovane si innamora a prima vista.

Nonostante i suoi sentimenti siano da lui ricambiati, per loro non sarà affatto facile riuscire a vivere il loro amore, infatti, ad impedirlo non ci sarà solo la differenza di classe sociale, ma anche i progetti di chi vive accanto a loro e ha previsto per i due giovani una vita completamente diversa da quella da loro sognata.

Anna fa la conoscenza di un facoltoso avvocato, amico del cugino.
L’unione con questi viene ovviamente caldeggiata da suoi zii non solo perché tale unione darebbe lustro alla loro famiglia, ma anche per la stabilità economica che ne deriverebbe per il padre e per la sorella di Anna.

Per Henri invece sua madre ed il suo padrone hanno immaginato da sempre un futuro accanto alla bella figlia di questi, Mariette.

Il libro di Liz Trenow è ispirato ad eventi e personaggi storici realmente esistiti, ma gli avvenimenti non seguono una reale cronologia storica e spesso gli eventi sono posticipati o anticipati per meglio adattarsi all’economia del racconto.
Resta comunque da fare un plauso all’autrice per le vaste ricerche storiche condotte al fine di poterne trarre una romanzo dalla trama così avvincente.

Il personaggio che ha ispirato la figura di Anna Butterfield è quello di Anna Maria Gartwaite, la più abile e celebre disegnatrice tessile del XVIII secolo.
Alcuni dei suoi disegni sono ancora oggi visibili nelle collezioni del Victoria and Albert Museum.

“Il mercante di seta” è un libro che si legge davvero tutto d’un fiato, cattura l’attenzione e coinvolge fin dalla prima pagina.

Tutti i personaggi sono ben caratterizzati ed Anna brilla su tutti loro incantando il lettore con la sua semplicità e creando con esso un rapporto di empatia straordinario.

Anna mal si adatta alla società londinese, dove tutto è rigore, finzione e ipocrisia.
A lei non interessano gli abiti, i balli, sono altre le cose che la entusiasmano, dall’incontro con un maestro quale Gainsborough alla letteratura, al disegno fino alle cose che potrebbero sembrare più insignificanti come un piccolo maggiolino che mastica una foglia o una goccia di rugiada su un petalo di fiore.

Sono proprio la spontaneità e la sensibilità di Anna a colpire Henri che, guarda caso, si innamora di lei proprio nel momento in cui la vede immersa nella sua attività preferita ossia mentre disegna assorta dei fiori in vendita al mercato.

Per Anna parlare con Henri diviene vitale per sopravvivere in un mondo così rigido come quello in cui vivono gli zii, parlare con Henri per lei è come respirare aria fresca, con lui a differenza che con i suoi si sente libera di esprimere se stessa senza vergognarsi, può finalmente parlare in modo diretto.

Questo romanzo mi ha ricordato per certi versi un altro libro che ho amato moltissimo cioè Nord e Sud” di Elizabeth Gaskell, edito dalla Jo March e da cui era stato tratto un period drama di quattro puntate dalla BBC molto bello.
Anna ricorda infatti moltissimo la protagonista del libro della Gaskell, la diciannovenne Margaret anche lei figlia di un pastore anglicano.

“Il mercante di seta” è un romanzo incantevole che coinvolge il lettore evocando straordinarie atmosfere grazie alla sua appassionante e romantica storia d’amore ambientata nell’Inghilterra del secondo Settecento ed al suo affascinante ed istruttivo racconto della lavorazione della seta.





sabato 2 maggio 2020

“Niccolò Machiavelli. Ragione e pazzia” di Michele Ciliberto


NICCOLO’ MACHIAVELLI
RAGIONE E PAZZIA
di Michele Ciliberto
EDITORI LATERZA
Machiavelli è considerato uno dei più grandi teorici della ragione politica e, nonostante siano passati secoli, egli rimane uno degli autori più studiati.
Perché l’interesse per la sua opera resta ancora oggi così vivo e attuale? Ma soprattutto chi era davvero Niccolò Machiavelli?
Sono questi alcuni degli interrogativi a cui Michele Ciliberto desidera dare una risposta.

Niccolò Machiavelli amava la vita attiva e detestava l’ozio; per un uomo del genere l’esilio dovette pesare senza alcun dubbio in modo terribile.
L’esilio lo condannava a stare lontano dall’attività politica e dalle istituzioni, insomma da quel mondo per cui egli stesso si sentiva tagliato sopra ad ogni altra cosa.
Era proprio nelle sue funzioni di politico, infatti, che sapeva di riuscire ad esprimere al meglio le proprie qualità.
Il suo piacere più grande era quello di poter mettere quelle qualità al servizio della collettività, ma sopratutto della sua amata Firenze perché Machiavelli era innanzitutto un patriota.

Politica e letteratura, teatro e poesie erano le sue vere vocazioni quelle per cui egli avrebbe voluto vivere e morire.

Machiavelli era un uomo ostinato e questa sua ostinazione lo costrinse, nonostante la sorte avversa, a non fermarsi mai anche quando non vedeva alcuna possibilità di vittoria.

Non era un uomo religioso, alla religione riconosceva un unico merito, quello di poter essere un collante in grado di spronare le masse a battersi per un fine comune.
La religione per Machiavelli poteva essere un utile artificio per tenere unito il popolo così come potevano esserlo simboli quali gli stendardi o il Marzocco.

Egli non condivideva l’idea di una repubblica teocratica come quella di Savonarola, ma sapeva riconoscerne lucidamente i punti di forza così come allo stesso modo sapeva indovinare i punti deboli del pensiero del frate, errori che di fatto portarono il domenicano all’inevitabile sconfitta.

Secondo il segretario fiorentino è la Fortuna con la effe maiuscola a governare il mondo, ma la Fortuna non guarda in faccia nessuno, è mutevole ed imprevedibile.
Proprio per questo motivo non bisogna arrendersi, perché laddove non si pensa di avere alcuna speranza il destino può volgere a nostro favore.
Non bisogna però dimenticare che, allo stesso modo, non si dovrà mai abbassare la guardia perché, proprio quando si crederà di aver raggiunto un obiettivo, basterà un nonnulla per perdere tutto.

Niccolò Machiavelli. Ragione e pazzia.
Ragione è un termine che riusciamo facilmente ad associare alla sua figura. Tutti noi, infatti, siamo a conoscenza di quelle che erano le sue grandi capacità di analizzare e prevedere l’andamento degli avvenimenti.
Ma come associare la figura di Niccolò Machiavelli alla pazzia?
La pazzia di Machiavelli non deve assolutamente essere intesa come idiozia o stupidità, la sua è una pazzia ragionata, una lucida follia.
Per Machiavelli laddove la situazione è disperata solo qualcosa di pazzo e di ardito, qualcosa di inaspettato può far si che i fatti volgano a nostro favore.

Machiavelli conosce bene l’ingratitudine degli uomini dei quali in generali ha un’idea piuttosto miserevole, su di loro getta spesso uno sguardo disincantato, crudele e disilluso.

Al di là di quello che si è portati comunemente a pensare egli non era un uomo noioso, ma un uomo che a suo modo sapeva scherzare, amava la buona compagnia degli amici e non disdegnava quella delle donne.
Tutto questo lo si ritrova nelle sue lettere, quelle stesse lettere nelle quali troviamo anche conferma del suo pensiero politico.

Machiavelli era un uomo pienamente consapevole del proprio valore così come era totalmente consapevole della mancanza dei riconoscimenti ricevuti per i propri meriti, nonostante questo però non fu mai né tenero né condiscendente quando parlava di sé.

Gli anni che trascorse al servizio della Repubblica dal 1498 al 1512 furono gli anni migliori della sua vita.

Nemico della neutralità, Machiavelli fu sempre un estremista, convinto che solo azioni audaci ed eccessive potessero dare qualche risultato.

Lo vediamo nelle immagini giunte ai giorni nostri sempre raffigurato con un mezzo sorriso sulle labbra, un’espressione indecifrabile ed enigmatica.
Egli indossò sempre una maschera, per tutta la sua vita.
Conosceva l’importanza di non svelare mai troppo di se stesso a coloro che aveva di fronte, sapeva quanto fosse necessario nascondere la proprie debolezze ed i propri dubbi, mai porgere il fianco scoperto al nemico, mai mostrare la propria vulnerabilità.

Amava la storia, soprattutto quella romana, ma era e restava sempre un uomo del suo tempo.
Riconosceva alla storia una grande importanza poiché attraverso lo studio di questa e degli antichi riteneva si potesse apprendere molto su quale fosse il modo migliore di comportarsi e confrontarsi con il presente.
Non credeva però che la storia potesse ripersi identica a se stessa nel corso dei secoli e, per tale motivo, non poteva essere maestra di vita in senso stretto, poteva comunque essere fonte di ispirazione, questo sì.
L’importante, però, era non dimenticare mai il ruolo che la Fortuna avrebbe sempre giocato nella vita degli uomini.

Egli trascorse tutta la sua vita nell’ostinato tentativo di cercare di mettere in ordine gli eventi, cercando di parare i colpi della Fortuna, quella Fortuna che troppo spesso gli  fu avversa.

Era dotato di una capacità straordinaria quella di saper analizzare gli eventi così da riuscire a cogliere in anticipo ciò che sarebbe potuto accadere, tanto che i suoi stessi amici gli attribuivano capacità profetiche.

Machiavelli indossava una maschera anche quando scriveva, la sua era sempre una recita ed il teatro, del resto, esercitò sempre su di lui un fascino particolare.
Egli stesso fu autore di commedie e l’elemento tragicomico fu quello che più di ogni altro si addiceva alla sua personalità; amava l’ironia e Boccaccio era uno dei suoi autori preferiti.

Il libro di Michele Ciliberto, al contrario di altri saggi, mette in rilievo l’uomo Machiavelli oltre che la sua opera, aiutandoci a comprendere meglio la sua ermetica personalità.
L’esperienza umana di Machiavelli fu imprescindibile dalle sue opere e dal suo pensiero politico.

Michele Ciliberto ci fornisce la chiave per comprendere chi fosse davvero Niccolò Machiavelli, quell’uomo il cui pensiero è troppo spesso passato alla storia liquidato con le parole “il fine giustifica i mezzi”, parole che in realtà il fiorentino non pronunciò mai.

Analizzando la sua vita e gli eventi che lo segnarono profondamente, attraverso lo studio delle sue opere, dei suoi scritti, delle sue lettere Michele Ciliberto ci presenta un Machiavelli per molti versi inedito ovvero un uomo visionario, un uomo capace di sporgersi oltre le barriere e di vedere al di là delle situazioni.

Il libro di Michele Ciliberto credo che sia il saggio che più di ogni altro tra quelli da me letti riesca a svelare per quanto possibile la vera anima di Niccolò Machiavelli, un personaggio che, come avrete capito, ha sempre esercitato e sempre eserciterà su di me un fascino davvero particolare.





venerdì 17 aprile 2020

“I Medici. Decadenza di una famiglia” di Matteo Strukul


DECADENZA DI UNA FAMIGLIA
di Matteo Strukul
NEWTON COMPTON EDITORI
Ultimo libro della tetralogia, “Decadenza di una famiglia” è incentrato sulla figura di Maria de’ Medici, figlia di Francesco I de’ Medici, granduca di Toscana.

Nel 1600 Maria de’ Medici sposò Enrico IV, divenendo così la seconda esponente della sua famiglia a sedere sul trono di Francia.

Il ricordo di Caterina de’ Medici, la regina maledetta, era ancora troppo vivo perché  Maria non venisse osteggiata in quanto anch’essa fiorentina e per giunta esponente della stessa illustre famiglia.

Maria al contrario di Caterina era molto affascinante, ma neppure questo le risparmiò l’umiliazione di essere continuamente tradita dal consorte come era accaduto a colei che l’aveva preceduta.

Enrico IV sembrava però tenere in gran conto il giudizio della moglie che da scaltra fiorentina qual era, avvezza ai sotterfugi e alle confidenze, seppe manovrare nell’ombra per far valere la propria influenza sugli affari di Francia.   

Accanto a Maria troviamo l’inseparabile Leonora Galigai, la sua dama di compagnia giunta con lei da Firenze,  una donna scaltra, seducente e molto pericolosa.

Leonora Caligai insieme al marito Concino Concini anch’egli toscano, grazie all’amicizia di Maria, furono colmati di onori e riconoscimenti.

Questo atteggiamento di Maria de’ Medici nel favorire i suoi amici più cari non fece che alimentare giorno dopo giorno sempre più l’odio della nobiltà francese nei suoi confronti e nei confronti dei coniugi Concini.

Alla morte di Enrico IV, poiché Luigi XIII era ancora un bambino, Maria poté assumere la reggenza a suo nome, ma una volta cresciuto, il figlio la esautorò.

La regina madre venne imprigionata nel castello di Blois dal quale riuscì però a fuggire grazie all’aiuto di Richelieu la cui ascesa politica era stata alquanto favorita proprio da Maria stessa.

Ahimè però, come ben sappiamo, Richelieu era un uomo astuto e ambizioso e Maria comprese troppo tardi di aver concesso la sua fiducia all’uomo sbagliato.
Al momento opportuno infatti il cardinale Richelieu, divenuto ormai primo ministro, non si fece scrupolo di sbarazzarsi di lei.

Il romanzo, come i precedenti, si basa su dati storici; le ricerche dell’autore sono state effettuate non solo attraverso lo studio di biografie e documenti, ma anche attraverso numerosi viaggi nei luoghi in cui si svolsero i fatti.

Quello che più colpisce sono le bellissime e minuziose descrizioni che Matteo Strukul fa dei luoghi, dei palazzi e delle tele; il lettore si sente trasportato in un’altra epoca e la sua voglia di viaggiare per poter vedere dal vivo quegli stessi luoghi, quegli stessi dipinti così magistralmente raccontati viene oltremodo stimolata dalla lettura.

Alcuni fatti storici come ad esempio l’incidente della carrozza reale o la rocambolesca fuga dal castello di Blois della regina, potrebbero sembrare invenzioni di pura fantasia e invece,  per quanto romanzeschi e romanzati, sono fatti realmente accaduti.

Il materiale a disposizione dell’autore per quanto concerne la vita di Maria de’ Medici era in effetti già piuttosto ricco, ma a Matteo Strukul va il merito di averne fatto un romanzo davvero avvincente.

“Decadenza di una famiglia” più che il precedente “Una regina al potere” schiaccia l’occhio al romanzo di cappa e spada e soprattutto ai romanzi di Alexandre Dumas; non possiamo certo dimenticare che lo stesso Richelieu è protagonista di famosi suoi romanzi.

I personaggi di questo ultimo libro sono davvero tutti ben caratterizzati, affascinanti e seducenti seppur molti di loro siano ingannevoli, pericolosi e  voltagabbana.

La figura di Mathieu Laforge, l’uomo della regina prima e di Richelieu dopo, incarna perfettamente questo tipo di personaggio disinvolto e opportunista, tipico esponente di quest’epoca assai spregiudicata.

In ogni romanzo della tetralogia c’è una figura particolare che affianca il personaggio principale appartenente alla famiglia Medici: Brunelleschi, Leonardo Da Vinci, Nostradamus e in questo ultimo romanzo troviamo Pieter Paul Rubens, il celebre pittore fiammingo.

L’amicizia tra Maria de’ Medici e l’artista, al contrario di quanto uno sarebbe portato a pensare, è una realtà storica al punto che qualcuno ipotizza che veramente Maria abbia trascorso alcuni anni nella casa di Rubens.

Matteo Strukul ha dedicato i primi due capitoli della tetralogia al racconto di due figure maschili e fiorentine, mentre gli altri due capitoli sono stati dedicati alla storia di due figure femminili e francesi.
Ognuno dei quattro volumi può però essere letto tranquillamente come un romanzo a sé.

“Decadenza di una famiglia” è il libro che ho apprezzato in maggior misura; ho trovato la narrazione di questo romanzo più scorrevole delle precedenti e il ritmo narrativo molto più incalzante.

Un racconto avvincente e adrenalinico, personaggi  accattivanti ed ambigui, descrizioni di meravigliose dimore storiche e di dipinti di straordinario valore artistico, fanno di questo ultimo romanzo della saga dei Medici un libro che sa come affascinare il lettore e catturarne fantasia.


Per gli altri post dedicati alla saga potete cliccare qui




lunedì 13 aprile 2020

“I Medici. Una regina al potere” di Matteo Strukul


UNA REGINA AL POTERE
di Matteo Strukul
NEWTON COMPTON EDITORI
Eccoci al terzo volume della quadrilogia di Matteo Strukul dedicato alla celebre famiglia Medici.

Protagonista del romanzo è Caterina de’ Medici, moglie di Enrico II di Valois, re di Francia dal 1547 al 1559.

Ad Enrico II succedette il figlio primogenito, Francesco II, appena quindicenne e sposato con la giovane Maria Stuart di Scozia.

Francesco II era di salute cagionevole e morì poco tempo dopo senza lasciare eredi, così il trono passò al fratello Carlo IX che, avendo appena dieci anni, consentì a Caterina di assumerne la reggenza.

Appena due anni dopo però anche Carlo morì e a salire sul trono fu il figlio prediletto di Caterina, Enrico III.
Egli prese in mano la guida del regno, ma Caterina lo affiancò sempre nelle decisioni senza mai farsi veramente da parte.

La storia di Caterina de’ Medici si presta particolarmente ad essere raccontata in forma di romanzo. 
Quella sorta di leggenda nera e quella fama sinistra che da sempre ne hanno accompagno il nome, l’hanno portata ad essere soprannominata in passato la regina maledetta.

Accusata soventemente di avvelenamenti e di stregoneria, sospettata di lasciarsi influenzare da maghi e da astrologi dai quali si diceva amasse contornarsi, a lei fu imputata una delle pagine più violente della storia di Francia, il massacro della notte di San Bartolomeo, massacro avvenuto nella notte tra il 23 e il 24 agosto del 1572.

Oggi sappiamo di dover riconoscere a Caterina de‘ Medici di essere stata in grado di dimostrare una forza e una capacità non comuni nel saper gestire il regno di Francia e nel saper difendere l’eredità dei suoi figli in un momento così violento ed incerto della storia francese.

L’amore per l’arte, la capacità di mediazione, ma anche la forza dimostrata nel saper punire i propri nemici così come il suo saper attendere prima di colpire, hanno fanno di Caterina de’ Medici una degna erede di figure quali Cosimo de’ Medici e Lorenzo Il Magnifico, dai quali la regina di Francia sembrava aver quindi ereditato non solo il patrimonio culturale, ma anche il carattere.

Due figure in particolare che si muovevano sulla scena dell’epoca si prestavano ad essere romanzate e Matteo Strukul attinge ampiamente ad esse per tessere la trama del suo terzo volume della saga dedicata alla famiglia Medici.

La prima, quella forse più scontata, è quella della leggendaria Diana di Poitiers, favorita di re Enrico II, figura con la quale Caterina dovette convivere per buona parte della sua vita.
Un ménage à trois che la Medici dovette sopportare fino alla morte del consorte quando finalmente poté togliersi i proverbiali sassolini dalle scarpe.
Nonostante tutto però Caterina dimostrerà, verso chi l’aveva umiliata per tanti anni, più clemenza di quanto non ci si sarebbe aspettati da colei che tutti definivano implacabile e vendicativa.

L’altra figura, il cui ruolo l’autore ha volutamente enfatizzato, è quella di Nostradamus.
Gli incontri tra Caterina de’ Medici e Nostradamus sono storicamente provati, ma Strukul ne fa un personaggio fondamentale nella vita della regina.
I riti e le pozioni di Nostradamus, la cui figura nel romanzo ricorda molto quella di Merlino, sono indispensabili a Caterina per poter sbaragliare i nemici.
La regina proprio grazie a Nostradamus, ai suoi consigli e alla sua presenza, ritrova fiducia in se stessa e grazie alle visioni del mago, pur non potendo ovviamente cambiare il futuro, ha la possibilità almeno di non farsi trovare impreparata davanti alle avversità che il destino metterà sul suo cammino.

La figura che più di tutte ho amato nel romanzo è però quella di Raymond de Polignac, il protettore della regina, la sua guardia del corpo.
Raymond pur amandola, non solo come sovrana ma anche come donna, rimane fermo nei suoi propositi, non tradisce il proprio onore, per tutta la vita riesce a starle accanto, proteggendola con la sua spada e confortandola con la sua presenza, senza mai lasciar trapelare nulla dei propri sentimenti.
Raymond del Polignac è la figura che ti aspetti di trovare nei romanzi di Dumas, il moschettiere senza macchia e senza paura, il paladino valoroso e coraggioso

Caterina de’ Medici governò la Francia per circa trent’anni in un periodo storico dominato dalle guerre di religione.

Fu dipinta come una mercantessa, un’eretica, un’adoratrice del diavolo, una corruttrice, un’assassina, ma ella in realtà fu una donna di potere in terra straniera, una donna dotata di forte pragmatismo e di grande pazienza.
La verità è che non le furono mai  perdonate le sue origini fiorentine, così come non le fu mai perdonato di essere una Medici.

“Una regina al potere” è un libro che come i precedenti, e forse ancor più dei precedenti, può essere letto come un romanzo a se stante e non come parte di una saga.

La ricerca di documenti, gli studi e la lettura di alcune biografie del personaggio sono stati fondamentali per  la stesura di questo romanzo, come lo stesso Strukul scrive nelle note dell’autore al termine del libro.
Per chi poi si fosse appassionato alle vicende della protagonista, è possibile trovare in questa stessa nota diversi interessanti testi per poterne approfondire ulteriormente la storia.





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domenica 5 aprile 2020

“I Medici. Un uomo al potere” di Matteo Strukul


UN UOMO AL POTERE
di Matteo Strukul
NEWTON COMPTON EDITORI
Il secondo libro della quadrilogia di Matteo Strukul dedicata alla famiglia Medici vede come protagonista il suo più famoso esponente Lorenzo il Magnifico.
                                                                                                       
Siamo nel 1469 e Lorenzo de’ Medici ha appena vinto il torneo a cui ha preso parte dedicando la vittoria alla donna da lui amata: Lucrezia Donati.

In realtà Lorenzo ha da poco sposato per procura Clarice Orsini che giungerà a Firenze poco tempo dopo scortata da Giuliano, fratello del Magnifico.

Il matrimonio con una nobildonna romana porterà non solo lustro alla famiglia Medici ma gli garantirà anche l’appoggio di una famiglia, quella degli Orsini appunto, che rafforzerà i rapporti e l’influenza medicea in Vaticano qualora venisse eletto un papa avverso alla famiglia fiorentina.

Pochi mesi dopo l’arrivo di Clarice a Firenze, Piero de’ Medici muore ed il ventenne Lorenzo viene chiamato a guidare la Repubblica.

Lorenzo fin da piccolo ha sempre avuto coscienza di quello che sarebbe stato il suo destino: la guida della famiglia Medici e il governo della Repubblica.
Nonostante questa sua consapevolezza però egli si sente profondamente combattuto tra desideri e obblighi, tra amore e potere.

Il Magnifico deve guardarsi le spalle da nemici molto agguerriti tra i quali spiccano Girolamo Riario, nipote di Sisto IV, Jacopo e Francesco Pazzi, storici avversari della sua famiglia, e l’arcivescovo di Pisa Francesco Salviati.
                                                                                                                                                 
Tra tutti i nemici che tramano nell’ombra c’è anche una vecchia conoscenza del lettore, Laura Ricci, protagonista di fantasia del primo volume della saga di Matteo Strukul, “Una dinastia al potere”.
In questo secondo libro la donna è più agguerrita che mai ed al suo fianco ora fa il suo ingresso anche il figlio di lei, Ludovico.

Il romanzo non racconta tutta la vita di Lorenzo il Magnifico, ma si ferma all’anno 1478, anno della famosa congiura dei Pazzi, l’attentato in cui Lorenzo riuscì a salvarsi per miracolo e nel quale invece perse la vita suo fratello Giuliano.

In “Un uomo al potere” Matteo Strukul ci racconta la vita di due importanti figure dell’epoca: quella Lorenza il Magnifico e quella di Leonardo Da Vinci.

Leonardo Da Vinci era una figura di spicco dell’epoca del Magnifico eppure il suo genio brillò a Milano più che a Firenze.
La corte di Ludovico il Moro, alla quale senza dubbio il genio approdò grazie anche ai buoni rapporti del duca con Lorenzo de’ Medici, si rivelò senza dubbio più vicina alle sue inclinazioni.

Il tipo di rapporto che viene quindi descritto tra Lorenzo e Leonardo in questo romanzo, per quanto verosimile, è però da considerarsi privo di ogni comprovato rigore storico.

La storia raccontata da Strukul è però davvero affascinante: appassionante è la storia d’amore di Lucrezia e Lorenzo e altrettanto coinvolgente è il racconto del legame di amicizia profonda seppur conflittuale che lega Leonardo a Lorenzo.

Lorenzo era indubbiamente molto innamorato della bella Lucrezia Donati e si sa che il matrimonio con Clarice Orsini era stato un matrimonio non d’amore, ma di interesse.

A mio avviso l’autore ha calcato un po’ la mano sull’indifferenza di Lorenzo nei confronti della povera Clarice che, non dimentichiamolo, gli diede pur sempre dieci figli di cui tre morti in fasce e Lorenzo, a differenza dei suoi predecessori, non ebbe figli illegittimi.

La figura di Clarice Orsini nel romanzo di Matteo Strukul però è una figura davvero ben riuscita.
Clarice affascina il lettore per la sua fragilità e per l’amore che nonostante tutto prova per il marito.
È una bella donna, seppur non sensuale come Lucrezia e non è affatto una donna sciocca, ma è cresciuta in Vaticano e la sua educazione di carattere religioso mal si accorda all’ambiente dalla mentalità aperta della Firenze umanista di cui Lorenzo è il perno.  
Clarice è a tutti gli effetti una straniera e mai riuscirà a godere delle bellezze e delle opportunità che le può offrire la sua nuova patria.
Mortificata dalla vita non vede altra strada che cedere all’autolesionismo e rifugiarsi sempre più in se stessa e nella preghiera.

Lorenzo, invece, è costretto ad affrontare ogni giorno i suoi conflitti interiori, egli è un personaggio fatto di luci ed ombre, è un personaggio affascinante proprio perché sempre in bilico tra il bene e il male, tra il giusto e l’ingiusto, costretto spesso a dover agire in modo riprovevole in nome di un bene superiore.

La descrizione del carattere di Lorenzo e l’esposizione dei fatti della congiura dei Pazzi, al di là della presenza di alcuni personaggi di finzione, sono forse le due realtà più fedeli alla verità storica.

Leggendo l’innumerevole saggistica che ci racconta la figura di Lorenzo il Magnifico ci facciamo un’idea del carattere dell’uomo molto vicina a quella narrata da Strukul nel suo romanzo e per quanto riguarda la congiura, argomento che è stato anch’esso sviscerato in numerosi saggi, la narrazione si attiene piuttosto fedelmente all’esposizione dei fatti del saggio di Franco Cardini e Barbara Frale intitolato “La congiura”, libro che ho apprezzato molto.
                                                                                                                                                   
Un consiglio, se conoscete davvero bene la storia di Lorenzo de’ Medici, cercate per quanto più vi è possibile di mettere da parte le vostre conoscenze storiche, perché solo così riuscirete ad apprezzare totalmente l’intrigante trama e gli affascinanti personaggi del romanzo di Strukul.