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sabato 25 novembre 2023

“Lucietta” di Federico Maria Sardelli

Siamo sul finire del Seicento, in una Venezia in declino dal punto di vista politico ma ancora largamente attiva sul piano culturale e musicale, due bambini vengono alla luce a distanza di un anno l’uno dall’altro.

Nel 1677 la neonata Lucietta viene abbandonata e affidata all’Ospedale della Pietà, Antonio Vivaldi nasce appena un anno dopo, nel 1678. 

Due vite consacrate alla musica, le loro, ma mentre Lucietta è condannata a trascorre tutta la sua esistenza tristemente reclusa in un ambiente difficile e ostile, Antonio è invece destinato ad andare in giro per il mondo e ottenere una fama internazionale.

Don Antonio Vivaldi e l’organista Lucietta avranno modo di fare musica insieme, seppur per un breve periodo, ma quei pochi attimi basteranno per toccare in qualche modo le loro anime per sempre.

“Lucietta” di Federico Maria Sardelli è un libro che unisce due generi molto diversi tra loro: il romanzo e il saggio. Alternando capitoli dedicati a fatti immaginati a capitoli dedicati a fatti documentati, l’autore riesce a ricreare perfettamente le atmosfere della Venezia dell’epoca. Il racconto è incentrato sulle condizioni di vita delle piccole che venivano accolte all’Ospedale della Pietà, vite di povere segregate, come era stata quella di Lucietta; racconto di vite caratterizzate da cibo scarso e di pessima qualità, da malattie (angoscianti le pagine in cui viene descritto come si tentò di curare l’affezione agli occhi di Lucietta), da cattiverie e vessazioni perpetrate ai danni delle recluse sia dalle compagne che da chi avrebbe dovuto vegliare su di loro.

È tangibile il senso di angoscia e di claustrofobia che doveva attanagliare le figlie della Pietà. Federico Maria Sardelli è davvero abile a descrivere quei sentimenti di inquietudine, rivalsa, gelosia e tormento che si dovevano respirare tra quelle mura.

Eppure, ambienti tanto freddi e privi di empatia come gli ospedali veneziani furono formidabili centri di produzione musicale a cui si guardava con interesse non solo da parte dei cittadini, ma anche dei visitatori stranieri. Alcune esecuzioni raggiungevano tali livelli da suscitare grande ammirazione persino nei diaristi e nei cronisti più celebri dell’epoca.

Molti dei manoscritti che Vivaldi scrisse durante il suo primo mandato per l’Ospedale della Pietà sono andati purtroppo perduti. Il maestro Sardelli sottolinea però il fatto che, sulla base di quel poco che si è conservato, possiamo oggi osservare quanta formidabile cura Vivaldi mettesse nel dare a ciascuna figlia il tipo di musica adatta all’altezza della sua maturazione tecnica.

Avvalendosi delle fonti d’archivio per raccontare la verità dei fatti e facendo al tempo stesso ricorso alla fantasia per compensarne le lacune e per rendere più fluida la narrazione, Federico Maria Sardelli è riuscito nell’impresa di fare riemergere dalle ombre del passato e dare voce alla figura storica di una musicista di grande talento dimenticata dal tempo, non perché non abbastanza talentuosa, ma perché, come scritto nelle note stesse dell’autore, appartenente alla classe dei diseredati.

La Lucietta di Federico Maria Sardelli è mansueta e testarda, ha imparato presto che la rassegnazione è la miglior medicina nei momenti di avversità, ma per lei sbagliare è un’umiliazione insopportabile. Ha un carattere forte e sembra sempre molto sicura di sé, eppure, nasconde anche tante fragilità e una di queste si chiama proprio Antonio Vivaldi.

La protagonista di questo libro, così come il famoso musicista che abbiamo già avuto modo di apprezzare negli altri volumi a lui dedicati da Federico Maria Sardelli, fa parte di quei personaggi destinati ad essere irrimediabilmente amati da tutti i lettori.


Di Federico Maria Sardelli vi ricordo:

- L'affare Vivaldi

- Il volto di Vivaldi


 

lunedì 12 dicembre 2022

“Il volto di Vivaldi” di Federico Maria Sardelli

Qualche tempo fa partecipai ad un evento in cui venivano esposti e commentati alcuni quadri che ritraevano Niccolò Paganini. Rimasi colpita dal fatto che lo stesso violinista, vissuto comunque in un’epoca relativamente recente, lamentasse il fatto che la maggior parte delle opere non gli assomigliassero affatto. Si racconta che quando vide il suo ritratto eseguito da George Patten, ne commissionò al pittore subito una copia, poiché per la prima volta vi aveva riconosciuto la propria immagine.

Antonio Vivaldi visse parecchi anni prima di Paganini, ma non ho potuto fare a meno leggendo il titolo di Federico Maria Sardelli di ritornare con la mente a quell’episodio.

Se nel primo libro, “L’affare Vivaldi”, il maestro Sardelli aveva affrontato la storia dei manoscritti del Prete Rosso, in questo ultimo si ripropone di fare il punto su quali e quanti siano i ritratti di Vivaldi a noi giunti che si possano ritenere attendibili.

Una prima parte del volume più generica è dedicata alle questioni di metodo. Si analizzano quindi i criteri usati in passato e quelli utilizzati oggi nel tentativo di riconoscere un dato musicista in un certo dipinto.

Uno degli errori più comuni si è rivelato essere quello di voler leggere il ritratto attraverso la sensibilità di un’epoca completamente differente. Spesso si tende a cogliere nell’individuo effigiato sovrasensi idealistici e romantici che non potevano appartenere all’epoca in cui tale personaggio visse. Così, se tali sovrasensi possono essere attribuiti a musicisti dell’epoca romantica ritratti da pittori coevi, gli stessi non possono essere di certo applicati ai ritratti di musicisti di epoca barocca quando il sentire era completamente differente.

Non si può prescindere, inoltre, da tenere presenti molte altre variabili quali: l’esistenza di pittori più o meno bravi, la differenza e la resa delle diverse tecniche utilizzate per il ritratto, l’analisi degli attributi che identificavano la categoria di appartenenza dell’effigiato, la concreta possibilità di incorrere in errori indotti dalla conoscenza di elementi biografici del musicista in questione.

Nella seconda parte del libro si entra nel vivo della trattazione e si cerca di fare quindi più specificatamente chiarezza sui ritratti di Antonio Vivaldi a noi giunti incrociando dati stilistici, dati tecnico-scientifici ed elementi biografici. L’interdisciplinarità diventa elemento fondamentale per poter raggiungere un’analisi quanto più attendibile possibile. 

Dei ritratti presi in esame dall’autore molti risulteranno false attribuzioni, altri copie di ritratti originali, alcuni risulteranno essere poi ritratti dal vero, altri rimandati a memoria dall’artista, alcuni contemporanei ed altri postumi.

Vivaldi, per quanto conosciuto, non fu certamente da considerarsi facoltoso e ben introdotto come lo furono, ad esempio, Händel o Corelli. Entrambi questi due musicisti furono anche importanti collezionisti d’arte e le loro pinacoteche personali oltre a contare numerosissime opere annoveravano diversi artisti importanti. Quando alla morte di Vivaldi vennero inventariati i suoi beni tra questi erano presenti solo quattrodici quadretti, tutti anonimi.

Vivaldi non poteva quasi sicuramente permettersi di commissionare il proprio ritratto ad un pittore famoso. Il ritratto di Bologna però che, come si evince dalle pagine del libro, risulta essere uno dei più attendibili può di fatto essere attribuito a un buon pittore di scuola veneta per quanto anonimo.

Tra le effigi vivaldiane risultate degne di fede, seppur con manifesti limiti dovuti alle tecniche utilizzate o ad altre problematiche, ci sono le caricature eseguite da Pier Leone Ghezzi e l’incisione di La Cave.

“Il volto di Vivaldi” è un libro interessante e ben articolato. Federico Maria Sardelli entra nei dettagli, sviscera ogni più piccolo indizio, confronta e analizza, scompone e ricompone ogni particolate. Il lettore non può che rimanere affascinato e avvinto dalla stringente logica e dal metodo investigativo dell’autore.

Federico Maria Sardelli è un personaggio eclettico. Saggista, direttore d’orchestra, compositore, pittore, autore satirico nonché Membro dell’Istituto Italiano Antonio Vivaldi e responsabile del catalogo vivaldiano. In questo volume risaltano tutte le sue doti e le sue capacità: lo spirito investigativo, la competenza, la capacità di analisi, la conoscenza dell’argomento e l’ironia che emerge tra le pagine strappando più di un sorriso al lettore soprattutto quando viene usata per rimarcare l’infondatezza di alcune attribuzioni.

Questo volume è un importante tassello per conoscere la figura di Antonio Vivaldi, ma anche per capire come ci si debba muovere in campo storico-iconografico e quali siano gli errori da evitare.

 

domenica 4 settembre 2022

“L’affare Vivaldi” di Federico Maria Sardelli

Venezia, 27 maggio 1740. A casa Vivaldi Zanetta e Margarita sono di nuovo alle prese con il messo del tribunale. Il reverendo Don Antonio Vivaldi ha lasciato la Serenissima per cercare fortuna presso la corte dell’Imperatore abbandonando le sorelle all’ingrato compito di far fronte ai suoi numerosi debitori. La stella del Prete Rosso è ormai tramontata, nuovi autori e nuova musica lo hanno scalzato dalle altre vette raggiunte. Investimenti sbagliati e lavori sospesi lo hanno ridotto sul lastrico. Solo la scaltrezza e l’intraprendenza del fratello Francesco può giungere in soccorso delle due povere donne.

Occimiano nel Monferrato, autunno 1922. Nella villa portata in dote dalla moglie e nella quale si era rifugiato anni prima per lasciarsi alle spalle Genova e i dispiaceri famigliari, Don Marcello Durazzo sta per giungere al termine della sua vita terrena. La sua più grande preoccupazione è quella di trovare a chi affidare il suo tesoro: la sua biblioteca. 

Libri e manoscritti appartenuti un tempo alla biblioteca di famiglia che il padre volle dividere, compiendo una scelta scellerata, tra i suoi due figli. Don Marcello, nonostante la marchesa Francesca, sua moglie, molto più lungimirante di lui, lo abbia più volte sconsigliato in tal senso, decide comunque di affidare tutti i suoi preziosi volumi ai salesiani.

“L’affare Vivaldi” è la storia della riscoperta dei manoscritti di Antonio Vivaldi. Una storia che inizia a Venezia a metà del Settecento e termina nel 1938. Questo almeno per quanto riguarda la trama del libro perché la riscoperta dei manoscritti vivaldiani è tutt’oggi in corso e lo sa bene l’autore del romanzo che si occupa proprio del catalogo vivaldiano ormai da anni. Ogni anno spuntano nuove pagine, ma anche tante false attribuzioni spesso dovute a copisti senza scrupoli.

Sulla vita di Antonio Vivaldi ci sono ancora molte lacune. Sappiamo per certo che egli finì i suoi giorni in povertà e in solitudine. Ad un certo punto la sua musica passò di moda e le sue opere teatrali non incontrarono più il gusto del pubblico. Fu l’inizio di quell’oblio che durò quasi due secoli.

La storia narrata in “L’affare Vivaldi” può sembrare frutto di fantasia, ma in verità, come lo stesso Federico Maria Sardelli specifica nelle note al termine del volume, questo è uno di quei casi in cui la realtà supera di gran lunga l’immaginazione. All’inizio del libro troviamo un elenco dei principali personaggi. Questi sono quasi tutti personaggi reali tranne qualche raro caso in cui l’autore ha dovuto ricorrere alla fantasia per sopperire alle lacune documentali. Né è un esempio l’anarchico e tipografo Arnaldo Bruschi personaggio interamente nato dalla penna del maestro Sardelli.

I veri eroi di questa storia sono il compositore e musicologo Luigi Torri, direttore della Biblioteca Nazionale di Torino nonché soprintendente bibliografico per il Piemonte e la Liguria e il musicologo, direttore d’orchestra e compositore Alberto Gentili, professore di storia della musica all’Università degli Studi di Torino. Queste due figure con il loro impegno e la loro dedizione furono indispensabili per assicurare allo Stato l’acquisizione dei volumi vivaldiani delle collezioni Foà e Giordano.

Il racconto non segue una linearità temporale narrativa, ma ricorre a continui flashback che trovano tutti un loro epilogo nel capitolo conclusivo. Contrariamente a quanto si potrebbe pensare la scelta dell’autore di fare ricorso a questi salti spazio-temporali non spezza assolutamente il ritmo del racconto che risulta invece coinvolgente e incalzante. I personaggi sono tutti ben delineati e caratterizzati. La narrazione, sempre scorrevole, non manca di una vena ironica. Essenziale, infatti, è riuscire a far sorridere il lettore e stemperare la tensione laddove si presentano eventi particolarmente irritanti o personaggi oltremodo indisponenti e superficiali. Un sarcasmo che fa sorridere, ma che allo stesso tempo sottolinea l’incapacità, la superficialità e gli errori commessi nel corso degli anni.

“L’affare Vivaldi” è il racconto di un’indagine che ha il sapore di un giallo, ma alla cui base c’è un gran lavoro di ricerca e consultazione documentaristica.


martedì 15 marzo 2022

“Il respiro degli angeli” di Emanuela Fontana

Venezia, 1688. Giambattista Vivaldi per mantenere la sua numerosa famiglia si è adattato a fare il barbiere, ma non perde occasione per dedicare ogni momento libero al suo amato violino.

Proprio con il violino è solito intrattenere anche i suoi bambini tra questi il piccolo Antonio che fin dalla nascita ha manifestato gravi problemi di salute. 

Toni, il cui cuore corre troppo veloce e a cui spesso manca il respiro, un giorno si ritrova il violino del padre tra le mani e, senza avere mai prima d’allora studiato musica, improvvisa una melodia che stupisce tutti i presenti. Sarà l’inizio di una passione che non lo abbandonerà più per tutta la vita neppure quando per voler dei suoi genitori sarà spinto a prendere i voti.

Antonio Vivaldi, conosciuto da tutti come il Prete Rosso per la sua ribelle chioma rossa come il fuoco, raggiungerà la fama e il successo, presenterà le sue opere in tutti i più celebri teatri e porterà la propria musica in tutte le più grandi Corti, farà conoscenza di nobili, re e principi, sarà ammirato e invidiato. Vivaldi sarà anche fonte di pettegolezzi a causa dell’unica donna della sua vita Anna Girò, prima sua allieva e poi sua cantante e musa, fino a quando terminerà i suoi giorni dimenticato da tutti in un freddo inverno viennese.

Della vita di Antonio Vivaldi si conosce poco o nulla per cui il libro di Emanuela Fontana, seppur ben documentato e frutto di un lungo lavoro di ricerca, è una storia fortemente romanzata a causa delle fonti lacunose.

Molti personaggi sono frutto di fantasia dell’autrice come il dottor Gavioli e la sua famiglia, i comprovati rapporti con i nobili Marcello sono stati rimaneggiati per meglio adattarsi alla narrazione e per quanto riguarda l’amore tra Antonio Vivaldi e Anna Girò non esiste alcuna fonte che ne possa confermare la veridicità sebbene all’epoca le voci e i pettegolezzi fossero stati molto insistenti al riguardo.

Il romanzo si svolge su più piani spazio-temporali. Ai capitoli nei quali viene narrata la vita di Vivaldi a partire da quando era un gracile bimbo di dieci anni fino alla conquista della fama, si alternano i capitoli che lo vedono, anziano e caduto in disgrazia, aggirarsi per le fredde strade di Vienna mentre la sua amata Anna, ignara dello stato di salute in cui lui versa si interroga, sul loro indissolubile legame.

Il ritmo del racconto sembra quasi seguire i tempi propri della musica, così da lento il ritmo narrativo accelera improvvisamente facendosi veloce per poi rallentare nuovamente e così via in un continuo crescendo e diminuendo.

Non sono quindi tanto i cambi spazio-temporali del racconto quanto piuttosto proprio questa continua variazione di cadenza che, per quanto di estrema efficacia narrativa, risulta talvolta un po’ impegnativa per il lettore che deve adattarsi al continuo alternarsi del ritmo.

Il Vivaldi di Emanuela Fontana è un genio del suo tempo, un uomo assetato di fama e denaro, ma allo stesso tempo generoso con i meno fortunati ai quali è sempre pronto a donare; un uomo ossessionato dal desiderio di compiacere il pubblico, perfezionista e accentratore tanto che delle sue opere egli vuole occuparsi in prima persona di ogni aspetto facendosi persino impresario.

Vivaldi è tormentato dalla fuggevolezza dello scorrere del tempo, è uomo legato agli affetti famigliari, ma allo stesso tempo se ne sente talvolta schiacciato, soffre ogni tipo di costrizione e per questo rifugge dalle accademie. È un uomo dalle mille contraddizioni, in perenne movimento.

“Il respiro degli angeli” è una storia struggente che appassiona e incanta per la sua intensità; un racconto carico di pathos e di liricità.

L’interesse dell’autrice non è rivolto solo al Vivaldi artista, ma anche incentrato sul desiderio di comprendere quale uomo si celasse dietro alla sua leggenda.

“Il respiro degli angeli” è però anche un viaggio attraverso la musica di Antonio Vivaldi, un invito ad approfondire la sua vasta produzione della quale troppo spesso si conoscono solo i concerti più famosi.