Niccolò Machiavelli, secondo
il pensiero di John P. McCormick, non fu né un consigliere di tiranni né un
teorico repubblicano, ma un acuto studioso delle repubbliche del
passato preoccupato di trovare degli strumenti di potere atti a contenere le
élites.
Analizzando “Il Principe” e
altri scritti, ma soprattutto prendendo in esame quanto scritto nei “Discorsi
sopra la prima deca di Tito Livio”, il professor McCormick mette in risalto
come, per il politico fiorentino, la libertà dipenda da istituzioni che
incoraggino la diffidenza popolare nei confronti dei membri più ricchi e
influenti della società e del governo. Machiavelli auspica un conflitto di
classe in quanto ritiene che questo, se istituzionalizzato, possa favorire la
libertà.
Le élites tendono a scegliere
un principe che appartenga alla loro stessa classe sociale perché pensano di
poterlo in qualche modo manipolare in virtù degli interessi comuni. Esse desiderano
il potere illimitato mentre il popolo chiede giustizia e uguaglianza, in
quest’ottica quindi la partecipazione del popolo è costruttiva e positiva.
“Democrazia machiavelliana” è un
articolato e corposo saggio in cui non si analizza solo il pensiero di
Machiavelli, ma si prende in esame anche come questo sia stato, nel corso dei
secoli, interpretato e talvolta applicato da statisti, filosofi e politici di
correnti e paesi diversi.
John P. McCormick ritiene fondamentale,
per una giusta interpretazione del corpus delle opere machiavelliane,
considerare i destinatari delle opere stesse. In particolare, si occupa di
esaminare da vicino i dedicatari dei Discorsi ovvero Cosimo Rucellai e Zanobi Buondelmonti.
Il professore McCormick,
inoltre, vuole dimostrare come l’intento di Machiavelli scrivendo il
Principe non fosse quello di istruire i regnanti a manipolare il popolo, ma
piuttosto come la gente comune potesse controllate le élites. Desidera dimostrare
come si siano spesso sottovalutati i tentativi fatti dal politico fiorentino di
stabilire dei mezzi e delle istituzioni capaci di dotare i comuni cittadini
del potere per resistere alla dominazione dei ricchi e scoraggiare la
corruzione dei funzionari.
Indubbiamente “Democrazia
machiavelliana” è un saggio molto completo, ben documentato in cui il
professore McCormick ha saputo argomentare acutamente il proprio pensiero,
dimostrandosi esperto conoscitore sia degli scritti di Niccolò Machiavelli che
della politica sia contemporanea che di quella del passato più o meno prossimo.
Sinceramente questo libro non
mi ha entusiasmato per diversi motivi, tra cui il fatto che troppo spazio è
stato riservato a prefazioni e introduzioni, circa un terzo del testo. Inoltre,
probabilmente perché non addentro alla materia politica e ancora legata alle
più classiche, e se vogliamo anche obsolete, interpretazioni del pensiero
machiavelliano, ho trovato alcune parti piuttosto forzate.
L’impressione da non addetta
ai lavori, ci tengo a ribadirlo, è quello che in queste pagine si analizzino i
testi di Machiavelli con l’intento di attualizzarli troppo e quasi piegarli al
proprio scopo, arrivando così ad una reinterpretazione del pensiero del
politico fiorentino che, a mio avviso, risulta un po’ esasperata.
La cosa certa è che, dopo aver
letto questo lavoro, viene senza dubbio voglia di leggere, o rileggere, tutte le
opere di Machiavelli per un interessante confronto con quanto sostenuto da John
P. McCormick.