sabato 26 agosto 2023

“Democrazia machiavelliana” di John P. McCormick

Niccolò Machiavelli, secondo il pensiero di John P. McCormick, non fu né un consigliere di tiranni né un teorico repubblicano, ma un acuto studioso delle repubbliche del passato preoccupato di trovare degli strumenti di potere atti a contenere le élites.

Analizzando “Il Principe” e altri scritti, ma soprattutto prendendo in esame quanto scritto nei “Discorsi sopra la prima deca di Tito Livio”, il professor McCormick mette in risalto come, per il politico fiorentino, la libertà dipenda da istituzioni che incoraggino la diffidenza popolare nei confronti dei membri più ricchi e influenti della società e del governo. Machiavelli auspica un conflitto di classe in quanto ritiene che questo, se istituzionalizzato, possa favorire la libertà. 

Le élites tendono a scegliere un principe che appartenga alla loro stessa classe sociale perché pensano di poterlo in qualche modo manipolare in virtù degli interessi comuni. Esse desiderano il potere illimitato mentre il popolo chiede giustizia e uguaglianza, in quest’ottica quindi la partecipazione del popolo è costruttiva e positiva.

“Democrazia machiavelliana” è un articolato e corposo saggio in cui non si analizza solo il pensiero di Machiavelli, ma si prende in esame anche come questo sia stato, nel corso dei secoli, interpretato e talvolta applicato da statisti, filosofi e politici di correnti e paesi diversi.

John P. McCormick ritiene fondamentale, per una giusta interpretazione del corpus delle opere machiavelliane, considerare i destinatari delle opere stesse. In particolare, si occupa di esaminare da vicino i dedicatari dei Discorsi ovvero Cosimo Rucellai e Zanobi Buondelmonti.

Il professore McCormick, inoltre, vuole dimostrare come l’intento di Machiavelli scrivendo il Principe non fosse quello di istruire i regnanti a manipolare il popolo, ma piuttosto come la gente comune potesse controllate le élites. Desidera dimostrare come si siano spesso sottovalutati i tentativi fatti dal politico fiorentino di stabilire dei mezzi e delle istituzioni capaci di dotare i comuni cittadini del potere per resistere alla dominazione dei ricchi e scoraggiare la corruzione dei funzionari.

Indubbiamente “Democrazia machiavelliana” è un saggio molto completo, ben documentato in cui il professore McCormick ha saputo argomentare acutamente il proprio pensiero, dimostrandosi esperto conoscitore sia degli scritti di Niccolò Machiavelli che della politica sia contemporanea che di quella del passato più o meno prossimo.

Sinceramente questo libro non mi ha entusiasmato per diversi motivi, tra cui il fatto che troppo spazio è stato riservato a prefazioni e introduzioni, circa un terzo del testo. Inoltre, probabilmente perché non addentro alla materia politica e ancora legata alle più classiche, e se vogliamo anche obsolete, interpretazioni del pensiero machiavelliano, ho trovato alcune parti piuttosto forzate.

L’impressione da non addetta ai lavori, ci tengo a ribadirlo, è quello che in queste pagine si analizzino i testi di Machiavelli con l’intento di attualizzarli troppo e quasi piegarli al proprio scopo, arrivando così ad una reinterpretazione del pensiero del politico fiorentino che, a mio avviso, risulta un po’  esasperata.

La cosa certa è che, dopo aver letto questo lavoro, viene senza dubbio voglia di leggere, o rileggere, tutte le opere di Machiavelli per un interessante confronto con quanto sostenuto da John P. McCormick.

 

  

martedì 22 agosto 2023

“Memorie della Grande Mademoiselle” De Montpensier

Anne Marie Louise De Montpensier (1627-1693) era figlia di Gaston d’Orléans, unico fratello di Luigi XIII, e della prima moglie Maria di Borbone, duchessa di Montpensier.

Alla morte di Monsieur, in mancanza di eredi maschi, il ducato d’Orléans fu assegnato al fratello di Luigi XIV, e Anne Marie Louise divenne la Grande Mademoiselle per distinguerla dalla nuova Mademoiselle, figlia del principe Philippe.

Le memorie della Montpensier sono composte da ben 95 quaderni. I manoscritti sono piuttosto difficili da decifrare perché, per sua stessa ammissione, aveva una calligrafia pessima tanto che anche il padre le suggerì di far scrivere al segretario la corrispondenza a lui destinata.

Buona parte di queste memorie furono scritte negli anni 50 del XVII secolo durante l’esilio di Anne Marie Louise e la scrittura riprese successivamente nel decennio dal 1670 al 1680 per combattere la depressione sopraggiunta a seguito di un momento difficile.

Il libro, edito da Luni Editrice, ripropone ovviamente solo una piccola parte degli scritti della Grande Mademoiselle. Il volume è suddiviso in tre parti, ognuna di esse è dedicata ad un particolare evento significativo della sua vita.

Fanciulle a corte. La madre di Anne Marie Louise morì poco dopo la sua nascita e lei venne affidata ad una governante. Erano gli anni del cardinale Richelieu.

Eroina della Fronda. Racconta degli anni burrascosi in cui la De Montpensier non si risparmiò per la causa e, al contrario del padre sempre indeciso e opportunista, non esitò a mantenere le proprie posizioni pagando in prima persona per le proprie idee.

L’amore. Fin da adolescente erano state prese in considerazione per lei le più importanti teste coronate, un elenco infinito di pretendenti, tra cui figuravano il futuro re d’Inghilterra, il delfino di Francia e l’imperatore d’Austria. Non se ne fece mai nulla. All’età di 43 anni, però, Anne Marie Louise si innamorò come una ragazzina del duca di Lauzun, un partito talmente al di sotto del suo rango da scandalizzare l’intera Corte. Il re prima diede il suo consenso, ma pochi giorni dopo lo ritirò. Lauzun venne incarcerato a Pinerolo dove restò imprigionato per ben dieci anni.

Anne Marie Louise De Montpensier, il miglior partito d’Europa, morì senza essersi mai sposata e senza eredi.

Ogni sezione del libro è corredata da alcune interessanti pagine introduttive (note del curatore) in cui si inquadra minuziosamente il periodo storico a cui si riferiscono i fatti narrati dalla Grande Mademoiselle e, allo stesso tempo, si traccia un profilo dettagliato dei personaggi che vi presero parte.

A leggere frasi del tipo “Soffrirei a vedervi ballare e divertirvi, invece di andare dove vi spacchino la testa oppure ci rimettano sopra la corona” non si può non sorridere e non pensare alla sorellastra Marguerite Louise d’Orléans e alle sue amorevoli lettere indirizzate al consorte Cosimo III de’ Medici.

Anne Marie Louise De Montpensier fu una donna del suo tempo, più vicina alla moda della Corte di Luigi XIII che a quella del Re Sole. Estremamente calata nella parte che il suo rango le imponeva, teneva in massimo conto lo stile di vita che poteva mettere in risalto la sua posizione. Per lei i balli, lo sport, le feste e la possibilità di convolare a nozze con una testa coronata erano una priorità.

Eppure, a differenza del padre che con i suoi comportamenti ipocriti, voltagabbana e opportunisti la mise spesso a disagio, Anne Marie Louise fu una donna a suo modo fedele ai propri principi, per quanto talvolta discutibili, e un’amica leale.

Può far sorridere quel suo amore nato in tarda età che la portò a coprirsi di ridicolo e le costò letteralmente una fortuna, ma anche questo in fin dei conti non fa che confermare che la passione e la determinazione che seppe dimostrare in battaglia erano un qualcosa che le apparteneva sia nel pubblico che nel privato.

Forse la grazia e la misura non furono proprio le sue principali doti, ma sinceramente e, non l’avrei mai pensato prima di leggere questo libro, alla fine questa Grande Mademoiselle che si descrive come una donna dall’aria altera, ma non supponente, gentile e alla mano, ma che sa farsi rispettare, che sa parlare in pubblico, ma anche tacere se non conosce l’argomento trattato, che non è schiava dell’abbigliamento, ma è lontana dall’apparire sciatta, forse un po’ collerica, ma giusta e con un gran senso dell’onore, insomma alla fine a me è risultata particolarmente simpatica. L’ho trovata a suo modo una figura femminile forte, volitiva e di grande fascino.

Ho scoperto questo volume per caso al Salone del Libro. Un’edizione davvero molto bella e ben curata; una casa editrice che merita un occhio di riguardo per le sue pubblicazioni. L’unico appunto, proprio a voler essere pignoli, non ho compreso la scelta di mettere sulla copertina un ritratto di Maria Antonietta anziché quello di Anne Marie Louise De Montpensier.

 

domenica 20 agosto 2023

“Il Barone. Corso Donati nella Firenze di Dante” di Silvia Diacciati

Nipote di Gualdrada Donati, colei che secondo la leggenda provocò la nascita delle più famose fazioni della storia, quelle dei Guelfi e dei Ghibellini, Corso Donati nacque intorno alla metà del Duecento.

Le ricchezze della famiglia Donati provenivano dai loro possedimenti fondiari sparsi nel contado fiorentino, dal prestito ad usura, dal finanziamento di imprese commerciali, mercantili e bancarie e infine dai proventi della guerra. 


I maschi della famiglia, infatti, così come quelli delle famiglie loro pari, eccellevano nell’arte delle armi e Corso non era ovviamente da meno.


Le cronache lo ricordano come un cavaliere di grande valore, suo fu il merito della vittoria nella battaglia di Campaldino (1289), un uomo bellissimo, oratore raffinato, impavido ma anche irrequieto, violento, collerico, dispotico e troppo ambizioso.

Corso Donati si macchiò della pena più infamante ovvero quella di aver anteposto il proprio interesse a quello di Firenze.


Fu seguito da molti e maledetto da altrettanti, ma di certo chi più di tutti odiò Bonaccorso di messer Simone dei Donati, detto il Barone, fu Dante Alighieri che, per vendicarsi, lo condanno alla damnatio memoriae. Corso, infatti, non viene mai nominato nell’opera più famosa del Sommo Poeta, la Commedia.


Il libro di Silvia Diacciati è molto particolare. Si legge velocemente come un romanzo, essendo scritto con una prosa estremamente piacevole e scorrevole, ma si tratta in verità di un saggio molto ben articolato e dettagliato. Nulla di ciò che viene riportato è frutto di fantasia anche se a volte si potrebbe stentare a crederlo.


Si tratta di un testo senza dubbio di carattere divulgativo, ma risulta comunque insolita la scelta dell’autrice di non aver inserito delle note che riportino quanto meno i riferimenti dei documenti d’archivio consultati e una ampia bibliografia a termine del volume.


In merito a questo saggio avevo letto qualche critica sul fatto che non aggiungesse nulla di nuovo a quanto conosciuto dai più. Non sono assolutamente d’accordo perché si tratta di un lavoro capillare e molto ben documentato. Tantissimi sono i riferimenti alle fonti letterarie, alla cronachistica e alla documentazione d’archivio.


Il testo riesce ad inquadrare perfettamente il personaggio nel periodo storico in cui visse senza limitarsi, come spesso accade, a prendere in esame solo la fase in cui si svolsero le lotte tra Bianchi e Neri. Numerosi sono anche gli interessanti aneddoti che riguardano la vita di Corso e dei suoi amici, famigliari e avversari.


Dalle pagine di questo saggio emerge la figura di un personaggio che, se pur con mille difetti, fu a suo modo una figura eroica ed estremamente affascinante, pertanto, più che degna di essere ricordata tra le più importanti figure della storia fiorentina.

 




mercoledì 16 agosto 2023

“Una notte a Firenze sotto Alessandro de’ Medici” di Alexandre Dumas

La vicenda narrata da Alexandre Dumas è nota. Siamo a Firenze dove i Medici sono tornati al potere grazie all’accordo stretto tra Carlo V e il papa Medici Clemente VII dopo il terribile Sacco di Roma.

Alessandro de’ Medici, duca di Firenze, era ufficialmente il figlio illegittimo di Lorenzo de’ Medici duca di Urbino, ma la verità più accredita lo vuole figlio illegittimo dello stesso Clemente VII.

Alessandro fu un tiranno nell’accezione più negativa del termine, violento e irascibile, impose il suo governo con la forza, procurandosi per questo molti nemici. Il suo stesso motto Non vuelvo sin vencer (Non ritorno senza vincere) era esso stesso indice del suo temperamento aggressivo e impulsivo.

Il Medici trovò la morte per mano di un lontano cugino Lorenzo (o Lorenzino), appartenente al ramo Popolano della famiglia Medici, che, dopo l’efferato omicidio, si guadagnò il soprannome di Lorenzaccio. Si narra che Lorenzo avesse sfruttato la passione per le donne di Alessandro per tendergli un agguato in casa propria e qui assassinarlo.

Il romanzo si apre con una breve prefazione in cui l’autore parla dell’Italia e di Firenze traendo alcune conclusioni, più o meno condivisibili, sull’indole e i costumi degli italiani e di come questi siano stati influenzati nel corso dei secoli dalla loro storia.

La trama, per quanto romanzata, mantiene un fondo di verità storica e non mancano alcune brevi digressioni atte a rafforzare la veridicità del racconto. Da segnalare forse solo qualche ingenuo anacronismo a favore della miglior resa della narrazione.

Di fatto quello di Dumas è il racconto di una storia d’amore.

Lorenzino è innamorato di Luisa ed è da lei ricambiato. Il duca Alessandro è invaghito della bella Luisa che è tra l’altro figlia di quel Filippo Strozzi sulla cui testa è stata posta una taglia di diecimila fiorini per aver congiurato contro il duca stesso. Alessandro assume a tratti quasi le caratteristiche di un Don Rodrigo di manzoniana memoria. Lorenzino si presta ad essere il mezzano degli intrighi amorosi del duca, ma la sua è solo finzione in quanto il suo unico scopo è quello di salvare l’amata e liberare Firenze dalla tirannia. 

“Una notte a Firenze sotto Alessandro de’ Medici” è un romanzo storico ottocentesco sebbene vi si riconoscano moltissime caratteristiche tipiche dei testi teatrali romantici sia nella resa della trama sia nella caratterizzazione dei vari personaggi.

Un testo forse più vicino, a mio avviso, alle opere teatrali di Friedrich Schiller anziché ai celebri romanzi di Dumas stesso, vuoi anche perché la trama stessa si presta massimamente ad una resa drammaturgia. Moltissimi sono anche i riferimenti al teatro all’interno del racconto stesso.

Ho letto il romanzo nella traduzione del 1861 di Vittoria D’Asti edita da Amazon Italia Logistica. Purtroppo, devo segnalare che il numero di refusi e di errori di stampa è davvero fastidioso soprattutto nella prima parte del volume.

Per cui, vivamente consigliata la lettura del romanzo in quanto, soprattutto se amate i classici, si tratta di un testo davvero interessante per ambientazione e periodo storico, ma altrettanto sconsigliato l’acquisto di questa particolare edizione perché davvero faticosa la lettura a causa dei tanti errori tipografici.




domenica 13 agosto 2023

“1345. La bancarotta di Firenze” di Lorenzo Tanzini

Nel marzo del 1345 avvenne, secondo i calcoli degli studiosi del tempo, la congiunzione di Saturno e di Giove, una congiunzione astrale che, anche in passato, sembrava aver portato sempre con sé eventi rovinosi, quali la discesa di Carlo d’Angiò o l’inizio delle Crociate.

Datare il crack finanziario dei banchieri fiorentini in questo annus horribilis si potrebbe considerare un po’ una sorta di escamotage, una data che si presta meglio di altre a riassumere le dimensioni della catastrofe. Infatti, se è vero che nel 1345 i maggiori operatori commerciali si trovarono incapaci di restituire i prestiti, è altrettanto vero che le prime avvisaglie della crisi erano già apparse negli anni precedenti.

Lorenzo Tanzini indaga non solo le cause e gli eventi che caratterizzarono l’insieme di fallimenti e bancarotte, ma anche in quale modo il sistema cercò il modo di uscire dalla crisi.

Una delle più gravi conseguenze a cui si dovette fare fronte fu ripristinare quell’inestimabile tesoro del credito, inteso come fiducia, di cui il sistema commerciale-bancario fiorentino aveva goduto universalmente fino a quel momento. In verità, tale credito riuscì ad essere ripristinato in un arco di tempo relativamente breve se si pensa, ad esempio, all’importanza raggiunta dal banco Medici negli anni successivi.

Oltre alle pagine riservate alla storia delle grandi banche nel primo Trecento, altrettanto spazio viene dedicato da Tanzini a quello che accadde al sistema dopo il crack finanziario del 1345. È oltremodo interessante quindi vedere anche quali siano stati gli sviluppi e i cambiamenti del sistema stesso nel corso degli anni e il suo adattarsi agli eventi storico-economico-finanziari.

Certamente cambiarono gli attori, ovvero le famiglie a capo delle attività economico-finanziarie, e anche il sistema si adattò di conseguenza, ma tutto questo contribuì a dare vita alla Firenze del Rinascimento.

Tra i vari eventi analizzati spicca senza dubbio lo scoppio della peste che raggiunse Firenze nel 1348. Paradossalmente la pestilenza, dopo l’impatto traumatico avuto sul tessuto urbano, soprattutto per la fortissima riduzione della popolazione che ne conseguì, ebbe successivamente un effetto positivo sulla vita della popolazione più povera in quanto, essendosi ridotta la possibilità di trovare manodopera per cantieri e botteghe, i datori di lavoro furono costretti ad offrire condizioni salariali decisamente migliori.

Altro importante argomento trattato da Tanzini è quello della nascita del Monte ossia un particolare e articolato sistema di debito pubblico nato per il finanziamento della Repubblica.

Nel 1345 diversi furono i provvedimenti introdotti per cercare di rassicurare i creditori cercando sempre, però, di salvaguardare l’imprenditoria cittadina.

Il libro di Lorenzo Tanzini è un saggio davvero ben documentato ed articolato, la prosa è impeccabile e la lettura scorre in maniera molto fluida

L’argomento esposto, è vero, non è semplicissimo e la comprensione oggettivamente a tratti necessita quantomeno di una minima conoscenza di base della società e dei dati storici nell’epoca in cui avvennero gli avvenimenti trattati, nell’insieme, però, se davvero interessati alla materia, il testo, grazie alla sempre ottima capacità divulgativa del suo autore, risulta senza dubbio accessibile.

 

 

mercoledì 9 agosto 2023

“Cantami o diva degli eroi le ombre” di Isabella Bignozzi

Sparta. Elena e Clitennestra bambine giocano sotto lo sguardo vigile della nutrice. Le due sorelle sono molto simili, potrebbero essere gemelle, ma la bellezza di Elena è qualcosa che trascende il semplice aspetto fisico. Clitennestra ama sua sorella, ma la gelosia è una belva insidiosa.

Micene. Agamennone e Menelao due fratelli. Il primo, il maggiore, è prepotente e irascibile, l’altro, il minore, sempre tiranneggiato dal fratello, è un bambino sensibile e pauroso. 

Ftia. Achille bambino trascorre lunghe ore sugli scogli in cerca della madre. Teti, creatura misteriosa, figlia di Nereo, costretta a sposare Peleo, lo sposo mortale che non ha mai amato, ha uno strano rapporto con questo suo figlio dal carattere buio e impenetrabile.

Itaca. Un giovane Odisseo rinnegato dal padre Laerte si mette alla ricerca del nonno materno. Autolico è un ladro? Forse, ma anche un uomo estremamente scaltro, dote che il figlio di Anticlea ha ereditato interamente.

“Cantami o diva degli eroi le ombre” come si evince dal titolo, già di per sé evocativo, racconta la guerra di Troia. Bellezza, invidia, vendetta, destino, astuzia non manca proprio nessun ingrediente proprio dei racconti omerici.

Isabella Bignozzi, però, ha scelto di dare un taglio particolare a questo suo romanzo, il racconto inizia infatti narrando la storia dei protagonisti fin dalla loro fanciullezza.

La Bignozzi riporta inoltre in superficie tutti quei miti che nelle pagine di Omero vengono solo accennati, dando così più ampio respiro possibile alla trama e alla narrazione.

Una prosa poetica, un ritmo lento che incanta, tanto che sembra quasi di udire un suono di cetra in sottofondo mentre si procede nella lettura.

Come un novello aedo, Isabella Bignozzi plasma la materia omerica, la riordina, la rende fruibile al lettore moderno pur restando fedele al ritmo di un tempo antico.

Dona contemporaneità al mito, perché, contrariamento a quanto si sia portati a pensare nella frenesia della vita di tuti i giorni, il mito non è qualcosa di arcaico ma appartiene a tutti noi poiché i sentimenti, le fragilità e le asperità degli eroi omerici sono gli stessi dell’uomo moderno.

Qualche anno fa vi avevo parlato di un altro romanzo scritto dalla stessa autrice intitolato “Il segreto di Ippocrate”, una storia che avevo amato tantissimo.

Ebbene, con questo nuovo libro direi che l’autrice ha superato ogni mia più alta aspettativa.

Non è facile affrontare la materia omerica, e tanto meno deve esserlo mettendosi in gioco come ha fatto Isabella Bignozzi, eppure, è riuscita a creare qualcosa di davvero unico e speciale, facendo rivivere tra le sue pagine gli eroi e i miti di un tempo e restituendoci insieme anche la loro attualità.

 

 


sabato 5 agosto 2023

“Il cielo di pietra” di Antonio Forcellino

Corre l’anno 1565, Tiziano ha superato la sessantina mentre Michelangelo è rimasto forse l’unico testimone delle scelleratezze compiute, in quegli stessi ultimi sessant’anni, dai papi che si sono succeduti sul soglio di Pietro e dai loro ministri.

Michelangelo ha assistito ai delitti dei Borgia, alle guerre dei Della Rovere, ai tentennamenti e ai fallimenti dei Medici, all’astuzia dei Farnese; nulla lo può più turbare neppure i costumi dissoluti del cardinale Innocenzo Del Monte, il giovane amante del defunto Giulio III, o gli omicidi e le nefandezze dei nipoti dell’attuale papa. 

Morone è ancora rinchiuso a Castel Sant’Angelo, accusato di eresia, mentre Paolo IV sembra sempre più intenzionato a vendicarsi dei suoi nemici, coloro che erano stati indicati con il nome di spirituali.

Solimano ad Oriente, nonostante la malattia, non è assolutamente intenzionato a designare un successore e ancor meno a cedergli il potere.  Tutto questo non fa che peggiorare i rapporti tra i suoi figli, Selim e Bayezid, che si affrontano senza esclusione di colpi in previsione di quel momento tanto atteso.

Con “Il cielo di pietra” quinto volume della serie “Il secolo dei giganti”, si conclude il racconto del Cinquecento nato dalla penna di Antonio Forcellino.

Un racconto affascinante e coinvolgente di un secolo costellato da un susseguirsi ininterrotto di guerre, amori, alleanze, tradimenti, scelleratezze di ogni sorta compiute da regnanti, principi della Chiesa e papi, ma anche un secolo che vide all’opera artisti dal talento straordinario quali Leonardo Da Vinci, Raffaello, Michelangelo e Tiziano.

Michelangelo è il filo conduttore di tutti i volumi della serie. Una figura carismatica quella descritta da Antonio Forcellino che libro dopo libro si fa sempre più strada nel cuore del lettore.

Il Michelangelo che emerge dalle pagine dei romanzi è un uomo scontroso e geloso della sua arte che col passare degli anni, in un certo qual modo, si addolcisce pur restando sempre fedele ai propri ideali, ma anche a quel suo carattere burbero. Un uomo che non ama le vendette, ma le sfide quelle sì, sempre pronto ad accettarle fino alla fine dei suoi giorni. Un artista divino in grado di creare qualcosa di straordinario come un cielo di pietra per San Pietro nonostante l’età ormai avanzata.

Tre i papi protagonisti di questo ultimo romanzo: Paolo IV, Pio IV e Pio V. 

Sulla scena si affaccia, poi, un nuovo protagonista che, sebbene resti per il momento sullo sfondo, sarà destinato a diventare il principe italiano più importante. Il suo nome? Cosimo I de’ Medici colui che nel conclave in cui venne eletto Pio IV si dimostrò essere l’attore più intelligente.

Poche serie riescono a tenere incollato il lettore dall’inizio alla fine, questa di Forcellino è indubbiamente una di quelle.

Dispiace moltissimo dover lasciare andare per sempre personaggi come Marcantonio Colonna, Giulia Gonzaga e Vittoria Farnese, ma questo purtroppo è il triste destino di ogni lettore che incontri, tra le pagine dei libri, protagonisti tanto affascinanti e si imbatta in un racconto tanto avvincente nel quale personaggi reali e storia romanzata si fondano alla perfezione come accade magistralmente nei romanzi di Forcellino.