Visualizzazione post con etichetta Letture. Mostra tutti i post
Visualizzazione post con etichetta Letture. Mostra tutti i post

lunedì 15 aprile 2024

“Figlie dell’oro” di Flaminia Colella

Delia conosce il marito Carlo quando, appena diciassettenne, si trova ricoverata in fin di vita nell’ospedale dove lui presta servizio. Una vita matrimoniale piena, fatta magari anche di alti e bassi come quella di tutte le coppie, ma pure di tante avventure, viaggi e conoscenze. La propensione alla gelosia e il dolore fisico di Delia insieme al carattere inquieto di Carlo scandiscono i tanti anni di una vita insieme coronata dalla nascita di cinque figlie.

Delia, sebbene la vita non sia stata sempre clemente con lei, non ha mai avuto davvero paura e Carlo, da parte sua, l’ha sempre spronata a non cedere a questo sentimento anche nei momenti più difficili. Serena, al contrario, vive nel costante timore: ha paura della vita, dell’amore, dell’ineluttabile. 

Delia lascia in eredità a Serena un libro di poesie di Emily Dickinson. La donna spera che i versi della poetessa da lei tanto amata, e che ha sempre sentito così affine a se stessa, possano aiutare la ragazza a superare la crisi e indurla finalmente a vivere con pienezza la propria esistenza.

“Le figlie dell’oro” è un romanzo polifonico dove le voci di quattro donne si intrecciano e si sovrappongono nel tempo e nello spazio. Sono le voci di Delia, di Gabriella, l’insegnante di pittura di Delia, di Serena, io narrante del romanzo, e di Emily Dickinson le cui poesie fanno eco ai racconti di Delia.

Le pagine del libro sono popolate dal senso di vuoto, dalla paura di vivere, da un sentimento di inadeguatezza e dal desiderio di fuggire, ma la fuga non è mai una soluzione.

Riaffiorano alla mente del lettore alcuni famosi versi montaliani “spesso il male di vivere ho incontrato” e proprio il dolore dell’esistenza diviene il filo conduttore del romanzo. Lo troviamo nelle paure di Serena, nella follia dei pazienti di Carlo, e lo troviamo talvolta anche in Carlo stesso, lui, eminente psichiatra, che si trova a condividere, suo malgrado, alcuni demoni con i propri ammalati.

Serena accetta di entrare nel labirinto delle poesie della Dickinson e, nel tentativo di dipanare quel labirinto, scova similitudini tra la poetessa e Delia, ma anche con se stessa. Mettendo a confronto il mondo della Dickinson e quello di Delia con il mondo contemporaneo, passo dopo passo Serena riemerge dall’abisso, dal nero, trovando una propria dimensione e una propria stabilità per quanto ancora malferma.

La poesia di Emily Dickinson ha un potere terapeutico così come l’amore detiene un potere salvifico. Non è importante cosa si ami, ma è importante farlo per conoscere se stessi, per superare le nostre paure, per entrare in contatto con il nostro punto più oscuro e smettere così di temerlo una volta per tutte.  

“Le figlie dell’oro” è un libro intenso e complesso. È una lettura che scava nel profondo, che richiede tempo e concentrazione per essere apprezzata e compresa pienamente.

 




domenica 31 marzo 2024

“Il cardo e la spada” di Elisabetta Sala

Siamo nel 1618, l’impero degli Asburgo è frammentato in una serie di principati che professano diverse religioni: calvinisti, luterani e cattolici. In Boemia i ribelli si rifiutano di riconoscere come legittimo erede al trono Ferdinando d’Asburgo offrendo la corona di Boemia a diversi principi luterani. L’unico pronto a sfidare l’Asburgo è però il calvinista Elettore Palatino Federico V. 

Siamo solo all’inizio di quella che sarà ricordata come la Guerra dei trent’anni e che vedrà intervenire nel suo lungo protrarsi anche i paesi limitrofi a sostegno della Causa protestante. Una guerra di religione che avrà, come sempre accade in questi casi, poco o nulla a che fare con la religione, ma tanto con la sete di potere.

Nella vita non tutto è sempre o bianco o nero e talvolta c’è ancora spazio per il riscatto. Anche nella ferocia della battaglia può esserci un gesto di pietà che faccia intravedere un lampo di speranza, di umanità laddove anche la religione diviene solo un pretesto per battersi e all’onore sembrano credere ormai solo i bambini.

Rose è una donna scozzese imbarcatasi giovanissima con un’amica per sfuggire alla miseria e vedere il mondo. È una donna apparentemente senza scrupoli, che odia perdere il controllo e che non si fida di nessuno, ma qualcosa muterà radicalmente la sua vita e la farà redimere.

Brian è un soldato, ama e odia la guerra allo stesso tempo; il mestiere delle armi è l’unico che conosce.  Da moltissimo tempo non schiude il suo cuore a qualcuno e quando il bisogno di stringere legami si impossessa all'improvviso di lui ne rimane totalmente disorientato.

“Il cardo e la spada” è un bellissimo romanzo corale dove i personaggi di fantasia intrecciano perfettamente le loro vicende umane con quelle dei personaggi storici realmente vissuti.

Tra questi ultimi ce n’è uno in particolare che affascina il lettore e lo spinge a documentarsi sulla sua esistenza. Si tratta del gesuita Friedrich Spee, autore di inni religiosi e della Cautio criminalis, opera in cui egli ha indagato le procedure dei processi per stregoneria criticando fortemente l’uso delle torture.

Non vi nascondo che l’avvio del romanzo mi è sembrato piuttosto lento. All’inizio la narrazione fa un po’ fatica a decollare, ma poi prende slancio e il lettore si trova senza quasi accorgersene totalmente coinvolto dalle vicende dei protagonisti con i quali si stabilisce un forte rapporto empatico tanto che, come spesso accade in questi casi, si fa fatica a lasciare andare i personaggi al termine della lettura.

 


domenica 24 marzo 2024

“Il mago m.” di René Barjavel

Più di mille anni fa, in Bretagna, viveva un mago di nome Merlino. Inizia così il romanzo con cui René Barjavel (1911-1985) dà forma e unità alla “materia di Bretagna” riportando in vita la leggenda di Re Artù e dei cavalieri della Tavola Rotonda.

Merlino, il mago che pur umano non viene sfiorato dal tempo perché possiede l’eterna giovinezza delle foreste, Viviana, la giovane fanciulla da lui amata e nelle cui vene scorre il sangue dell’antica regina di quelle stesse foreste, Lancillotto, bello e valoroso cavaliere innamorato della regina Ginevra, moglie di Re Artù Morgana, donna intelligentissima ma anche tremendamente pericolosa perché dotata di una bellezza satanica, sono i protagonisti principali del libro di Barjavel.  A fare poi da cornice alle loro avventure e a quelle dei cavalieri della Tavola Rotonda troviamo tra le pagine di questo splendido romanzo anche una pletora di dame e cavalieri, di re e regine, di uomini e donne del popolo, di animali comuni e fantastici.

Un mondo fiabesco e ancestrale dove il divino entra continuamente in contatto con l’umano, dove ogni cosa è possibile, dove gli antichi dei si sono fatti da parte per lasciare spazio al Dio dei Cristiani, ma non sono scomparsi del tutto, un mondo dove il diavolo parla agli uomini e si palesa costantemente a loro, dove gli eventi inspiegabili sono all’ordine del giorno per cui gli uomini non si fanno troppe domande, tanto più quando si tratta di avvenimenti positivi.

Merlino è un mago in grado di esercitare poteri immensi, ma neanche lui può nulla sui sentimenti degli uomini e delle donne e, dal momento che è egli stesso umano, nulla può neppure sui propri.

L’Avventura insieme all’amore che lega Merlino a Viviana sono il filo conduttore del romanzo. Tra incantesimi e sortilegi, paesaggi stregati e castelli magici che appaiono e scompaiano senza lasciare traccia, intrighi e tradimenti, amori e passioni travolgenti, tornei e battaglie, scorrono dinnanzi agli occhi del lettore, come in un film, le storie che vedono protagonisti i cavalieri alla ricerca del Santo Graal, ma a solo uno di loro, il più puro, sarà concesso il permesso di alzare il velo del Calice e vedere cosa esso contenga.   

La narrazione è veloce, senza dubbio anche per merito dell’ottimo lavoro svolto dalla traduttrice Anna Scalpelli. Il lettore si trova talmente immerso nel flusso del racconto da sentirsi egli stesso quasi un personaggio della storia, in grado di udire il clangore delle spade in battaglia o percepire la presenza di Merlino ogni volta questo si palesi.

Una particolarità da sottolineare è il fatto che l’autore in alcuni punti ha introdotto elementi moderni facendo riferimento, ad esempio, a macchine escavatrici o al traffico di alcune nostre grandi città. Quando questo accade, accade sempre in concomitanza di eventi legati all’operato del diavolo, quasi a voler sottolineare una contrapposizione tra la bellezza e i valori del tempo del mito e i tempi moderni segnati dal progresso; un tempo futuro che avrà in sè qualcosa di diabolico e contaminato.    

Ho scoperto “Il mago m.” di René Barjavel per caso curiosando tra gli stand del Book Pride a Genova. Lo considero un incontro decisamente fortunato. Un libro assolutamente da leggere.


domenica 17 marzo 2024

“Breve storia dell’arte” di Claudio Strinati

L’obiettivo che Claudio Strinati si pone con questo saggio è quello di esplorare il fenomeno delle espressioni artistiche nel corso della storia mettendone in evidenza gli scopi, l’evoluzione e le corrispondenze.

Si parte dall’assioma più semplice ovvero che che tutti gli artisti, indipendentemente dall’epoca in cui essi abbiamo vissuto, pongono tutti quanti la stessa domanda al fruitore delle loro opere: “ti piace?”

L’arte è quanto di più soggettivo possa esistere e quindi ci si interroga quale sia lo scopo di una disciplina che ne indaghi la storia. Di fatto oggigiorno l’insegnamento della storia dell’arte è stato soppresso già in diversi paesi.

Se è vero che la storia dell’arte costituisce di per sé un tentativo di rispondere il più oggettivamente possibile ad una materia dominata dalla soggettività, è però altrettanto vero che l’arte è per i popoli della Terra un fattore identitario, un qualcosa in cui riconoscersi e trovare le proprie radici più profonde.

La storia dell’arte è condizionata indubbiamente dalla personalità e dal modo di sentire di ogni singolo artista, ma questi opera nell’epoca in cui vive e non si può non tenere conto che né sarà influenzato e che per questo le sue opere rifletteranno inevitabilmente non solo il suo proprio essere ma anche lo spirito dei tempi.

Lo stesso concetto di bellezza è un’idea indefinita e indefinibile, soggetta al mutare dei tempi e delle circostanze.

Attraverso l’analisi degli eventi salienti che hanno caratterizzato i vari secoli, con uno sguardo attento e puntuale alla letteratura e alla filosofia, Claudio Strinati ci conduce in un viaggio che prende avvio dall’arte rupestre degli uomini primitivi giungendo sino alle soglie dell’arte moderna.

Per noi occidentali Rinascimento e Barocco sono i momenti più alti e memorabili della nostra storia dell’arte, ma qual è il punto di svolta che ci traghetta nella modernità mutando per sempre il modo di percepire l’opera d’arte? La scoperta dell’energia elettrica. Nell’Ottocento, infatti, con la nascita del metodo fotografico la funzione artistica assume un significato tutto nuovo, così come avverrà ancora di più in seguito con l’avvento del cinema.

Tra le pagine di questo saggio ritroviamo tutti i nomi che hanno fatto grande la storia dell’arte, inutile citarne solo alcuni.

Quando si tratta di arte è inevitabile che il pensiero dello storico trapeli in tutta la sua soggettività; ogni lettore si troverà quindi più o meno d’accordo con alcune affermazioni di Claudio Strinati.

Un esempio può essere il pensiero dello storico dell’arte sugli ultimi anni di Raffaello. Secondo Strinati questi videro il declino dell'artista che avvenne in seguito alla salita al soglio pontificio di Leone X. Sebbene apertamente venisse ancora celebrato come maestro sommo, di fatto, colui che era stato il protetto di Giulio II venne accantonato a favore di altri.

Un appunto, giusto per amore della storia medicea a me tanto cara, tra le pagine del libro troverete un’imprecisione in quanto è scritto che Giulio de’ Medici, futuro Clemente VII, era nipote di Leone X. In realtà, Giulio, in quanto figlio naturale di Giuliano, fratello di Lorenzo il Magnifico, padre di Leone X, al secolo Giovanni de’ Medici, era di questi cugino di primo grado.

Il saggio di Claudio Strinati è sì una breve storia dell’arte, ma è soprattutto un libro che ci induce a leggere tra le righe, a fare collegamenti tra le varie discipline e a gettare uno sguardo su come gli eventi influenzino l’arte e il nostro sentire, ci porta a riflettere sui concetti di bellezza e di sublime, a interrogarci se davvero l’arte, come scrive Strinati, costituisca “l’unico vero esorcismo possibile e concretamente praticabile alla naturale tendenza umana al combattimento e allo scontro”.



domenica 18 febbraio 2024

“Dietro le colonne” di Navid Carucci

Dopo “La Luce di Akbar”, pubblicato sempre con La Lepre Edizioni, Navid Carucci torna a parlarci dell'Impero Moghul.

Siamo nel 1657, l’Hindostan è una terra florida e in pace, il regno è amministrato da ufficiali capaci e giusti, la raccolta dei tributi è equa, ma improvvisamente, quando il sovrano si ammala e tutti temono il peggio, si riaccendono le faide per la successione.

L’imperatore Shan Jahan ha già da tempo designato come erede il primogenito Dara Shikoh, ma questo non impedirà che gli altri fratelli scendano in campo contro di lui e contro lo stesso padre, che si sarà nel frattempo rimesso dalla la crisi, scatenando una sanguinosa guerra per il trono.

Jahanara, la figlia maggiore, Somma Principessa, ha fatto da madre ai fratelli e le sorelle; Mumtaz Mahal era infatti morta di parto quando Jahanara aveva appena diciassette anni.

La tradizione dei Timuridi è una tradizione di sangue, lo stesso Shan Shikoh non si era fatto scrupoli di uccidere fratello e nipote pur di conquistare il potere. Jahanara, principessa illuminata e cosmopolita, vorrebbe impedire che la storia si ripeta ma non ci riuscirà.

Jahanara è molto vicina all’erede al trono designato dal padre. Dara Shikoh è di un solo anno più giovane di lei. Entrambi desiderano una religione universale e non divisiva, tutto è Dio.

Proprio la religione sarà al centro dello scontro con Aurangzeb, terzo figlio maschio di Shan Jahan, sunnita ortodosso ed estremista.

Se Jahanara parteggia per il primogenito Dara Shikoh, Rosahanara è dalla parte di Aurangzeb, mentre la più giovane delle figlie dell’imperatore, Gauharara, è molto vicina Shah Shuja, secondogenito maschio, di presunta fede sciita.

Navid Carucci con magistrale bravura è riuscito ancora una volta a raccontare la storia con la S maiuscola attraverso la narrazione romanzata dei suoi personaggi. Con l’introduzione di personaggi nati dalla sua fantasia e grazie alla dettagliata caratterizzazione piscologica dei protagonisti realmente esistititi, l’autore è riuscito a regalarci un affresco quanto più verosimile di un’epoca tanto ricca di contraddizioni.

Tra le pagine troviamo racconti di avvenimenti e tradizioni che spesso ci colpiscono per la loro violenza e crudeltà, come quando leggiamo della cerimonia funebre hindu in cui le mogli del defunto venivano arse vive insieme al corpo del marito talvolta volontariamente, più spesso costrette. In verità, se ci pensiamo, anche la storia occidentale è costellata di altrettanta violenza, basti pensare per esempio alle nostre corti rinascimentali, alle guerre di religione tra cattolici e protestanti e all’Inquisizione.

L’aggressività che ritroviamo nel racconto di Navid Carucci però non è solo quella fisica che si sviluppa tra i fratelli in lotta per il potere; le sorelle, pur non combattendo tra loro con le armi, si fronteggiano con una violenza psicologica altrettanto vigorosa.

Jahanara è fortemente avversata da Rosahanara. Le accuse che la secondogenita rivolge alla sorella maggiore nascono soprattutto da un sentimento di rivalsa e invidia per essere sempre stata messa in secondo piano. Esecrabile per i suoi modi, non la si può certamente assolvere per la sua cattiveria d’animo, ma Rosahanara non è poi così lontana dalla verità quando accusa Jananara di non sapere cosa voglia dire essere sempre seconda, di aver sempre vissuto su di un piedistallo. Da parte sua Jahanara, schiacciata dalle responsabilità, ha anche lei i suoi demoni da affrontare come la mancata maternità, che vive come un terribile fallimento personale, e la continua ricerca di un equilibrio che sembra sempre sfuggirle.

Gauharara è forse l’unica che riuscirà a fare pace con se stessa superando il proprio demone ovvero il terribile senso di colpa per aver provocato la morte della madre con la propria nascita.

“Dietro le colonne” racconta il passato, un passato lontano nel tempo, ma che ha ancora un forte legame con il presente, vuoi perché ci porge una chiave per meglio afferrare dinamiche politiche e religiose ancora attuali, vuoi perché ci fa comprendere che alcuni demoni personali con i quali ci confrontiamo noi tutti sono gli stessi da sempre perché parte dell’essere umano in quanto tale.

Farti valere non significa tradire i tuoi famigliari, anzi non devi smettere di amarli, di amare, o governerai senza cuore. Però i vincoli della sottomissione sono d’impaccio al volo.

sabato 20 gennaio 2024

“I Diari di Dante” di Riccardo Starnotti

Secondo una leggenda medievale la Divina Commedia sarebbe stata spiegata nella sua totalità solo dopo settecento anni dalla sua stesura o dalla morte del suo autore.

30 Marzo 2009. Riccardo compie 25 anni, non è nel mezzo del cammin della sua vita, ma ha pur sempre raggiunto un traguardo, il quarto di secolo.  Il tempo della profezia sta per scadere e lui da qualche notte fa uno strano sogno, sempre lo stesso. E se fosse proprio lui il prescelto per risolvere l’enigma? Una serie di coincidenze lo conducono alla scoperta di una pergamena antica. La pergamena riporta una bellissima poesia in terzine dantesche che fa pensare che il suo autore potrebbe essere addirittura il Sommo in persona.

Inizia così un affascinante viaggio alla scoperta del significato del testo poetico, un percorso che parte da Firenze e attraversa diverse località del Casentino, un viaggio fatto di incontri speciali e di testi antichi, di luoghi singolari, senza mai perdere di vista la letteratura dantesca.   

Più volte Riccardo si sentirà dinnanzi alle terzine che celano il mistero con le loro “parole di colore oscuro” come Dante di fronte alla porta dell’Inferno, ma non si scoraggerà mai, sostenuto sempre dalla presenza della dolce compagna Irene.

“I Diari di Dante. La leggenda si avvera” si preannuncia essere il primo volume di una trilogia. Un testo molto diverso da quello che mi sarei aspettata, ma conoscendo l’autore non stupisce che la sorpresa potesse nascondersi dietro l’angolo. Invero, questo libro ha un taglio molto particolare che non permette in alcun modo di inserirlo in uno specifico genere letterario.

Sulle parole di Dante Riccardo Starnotti ci conduce alla scoperta delle località meno conosciute del Casentino, ci fa conoscere i misteri del luogo da dove il viaggio ebbe inizio, San Miniato al Monte a Firenze, ci porta nella burella del bellissimo castello di Poppi.

Tra queste pagine, però, non troviamo solo luoghi, poesia e alchimia, ma anche tanti personaggi affascinanti e una gustosa guida enogastronomica perché, come non manca mai di ricordare Riccardo, anche la fase “mastica” ha la sua importanza quanto quella mistica.

Il libro di Riccardo Starnotti è anche uno zibaldone di pensieri che inducono il lettore ad interrogarsi su tante tematiche, che non necessariamente debbono essere ricondotte alla poetica dantesca, come il vero significato della filosofia, la necessità di ritrovare un ritmo lento, il piacere della scoperta, il piacere di imparare cose nuove solo per il gusto di farlo.

A questo punto credo sia doveroso spendere qualche parola sull’autore di questo libro. Riccardo Starnotti è davvero un personaggio. Guida turistica e ambientale, è solito condurre visite dantesche nei luoghi dove il poeta nacque e visse durante l’esilio e in quei posti menzionati nella Divina Commedia. Riccardo si è tanto calato nella parte che ormai anche i suoi amici stentano a riconoscerlo quando si presenta loro in borghese.

Il suo libro per quanto romanzato è fortemente autobiografico. Riccardo, infatti, ha fatto propria la missione di riuscire a rendere fruibile e comprensibile a tutti la Divina Commedia. È presidente dell’Associazione Culturale Amici di Dante in Casentino che si  occupa di far riscoprire i luoghi danteschi e dal 2021 ha lanciato la prima piattaforma e-learning per spiegare in maniera semplice e chiara il testo che ha dato vita alla lingua italiana, DANTFLIX. Trovate Riccardo Starnotti su Instagram e Facebook come @viajandocondante 






domenica 14 gennaio 2024

“The house of the Wolfings” di William Morris

William Morris (1834-1896) fu un uomo dotato di una mentalità estremamente versatile; molteplici furono i suoi interessi che spaziarono nei più diversi campi artistici e culturali sino ad approdare alla militanza politica. Egli fu uno dei primi socialisti inglesi.

Tra le sue innumerevoli passioni ci furono la mitologia nordica e il romanzo medievale in particolar modo quello islandese. Questi argomenti influenzarono largamente la sua produzione letteraria.

“The house of the Wolfings” è il romanzo che ha ispirato la nascita del genere fantasy. Lo stesso J. R. R. Tolkien affermò di aver tratto ispirazione proprio da quest’opera per le storie ambientate nella sua “Terra di Mezzo”.

La storia del romanzo di William Morris racconta della lotta tra i Goti e gli invasori Romani, inframmezzando alla realtà storica elementi mitologici e fantastici.

In un alternarsi di prosa e poesia, la fusione di elementi di magia e di verità del passato danno vita ad un racconto epico carico di pathos e raffinato lirismo.

Protagonista del racconto è Thiodolf, condottiero degli Wolfings, una della Casate più importanti della Marca. Spetterà a lui, scelto come Comandante di Guerra insieme ad Otter dei Laxings, condurre gli eserciti per difendere le Terre delle Genti dal famelico invasore.

William Morris esalta in queste pagine il valore, l’ardore e l’eroismo dei Goti contrapponendolo all’avidità e all’irreggimentazione proprie dei Romani sebbene non manchi, comunque, di riconosce a questi un grande coraggio in battaglia.

È appassionante poter leggere la storia da un altro punto di vista, quello dei Goti appunto, essendo noi quasi sempre abituati a leggerla dal punto vista dei Romani.

“The house of the Wolfings” è un romanzo che affronta temi che, oltre ad interessare i cultori del genere fantasy che qui potranno ritrovare le atmosfere all’origine del loro genere preferito, diventano anche un importante spunto di riflessione sociale considerando proprio la visione politica utopistica dell'autore.

Qualche parole deve assolutamente essere spesa per la casa editrice Black Dog: molto bella la veste grafica del volume, ottima la qualità della carta e particolarmente felice l’idea di corredare il volume con le bellissime illustrazioni in bianco e nero opera di Elena Massola. Infine, da sottolineare l’interessante prefazione a cura di Andrea Comincini che qui ci racconta il genio dimenticato di William Morris.




lunedì 25 dicembre 2023

“È colpa tua?” di Mercedes Ron

Nick e Noah , dopo tante peripezie, sono ormai una coppia ma le prove da superare per loro sembrano non finire mai. Numerosi sono gli elementi che giocano a loro sfavore mettendo a dura prova la loro relazione. L’opposizione dei genitori, la differenza di età, gli scheletri del passato, la gelosia e le paure irrazionali, i traumi mai superati, la mancanza di fiducia potrebbero alla fine allontanarli per sempre.

È vero, i loro sentimenti sono intensi e profondi, ma l’amore e la passione di fronte a tanti dubbi, incomprensioni e difficoltà potrebbero non essere sufficienti per superare tutte le crisi che Nick e Noah incontreranno sul loro cammino. 

Andrò controcorrente, ma per me il secondo volume della trilogia non regge assolutamente il confronto con il primo.

Per quasi duecento pagine la storia sembra trascinarsi e avvitarsi su se stessa in attesa di un qualcosa che sblocchi la situazione, un qualcosa che sembra non arrivare mai, poi lentamente il racconto inizia a rianimarsi, la narrazione inizia a prendere slancio e alla fine, in aperto contrasto con la fiacca partenza, il finale si rivela davvero ricco di colpi di scena inaspettati e sorprendenti.

A differenza del primo romanzo questo libro non è autoconclusivo per cui, una volta letto questo secondo episodio, si è costretti ad affrontare inevitabilmente la lettura del terzo. Il mio consiglio sinceramente è quello di fermarsi alla lettura del primo.

Lo so, posso sembrare spietata e forse un po’ lo sono pure, ma sono cresciuta a pane e zia Jane quindi merito un po’ di indulgenza. Leggerò comunque anche il terzo volume, chissà, magari mi sorprenderà positivamente mantenendo quanto di buono intravisto nell’ultima parte di questo secondo episodio. Insomma, come si dice, mai dire mai…

domenica 17 dicembre 2023

“Spettacolare” di Francesca Reggiani

Tutti noi, nostro malgrado, abbiamo dovuto abituarci alla precarietà perché questo è quello che oggi offre il mondo del lavoro. Nessuno si sofferma, però, a pensare che ci siano stati alcuni lavoratori che da sempre abbiano dovuto fare i conti con questa condizione. È il caso del mestiere dell’attore.

Francesca Reggiani ripercorre in queste pagine la storia della sua vita. Tra racconti famigliari, pezzi di satira e personaggi da lei interpretati, l’artista ci conduce alla scoperta di questo antico mestiere.

Un lavoro, quello dell’attore, che più che una professione in realtà potrebbe essere definito anche un modo di essere perché, quella che viene portata sulla scena, è la vita vera. Tutti noi recitiamo un ruolo e indossiamo le nostre maschere di pirandelliana memoria. L’attore – dice Francesca Reggiani - è colui che decide di trasformare in professione una condizione esistenziale.

Attenzione, però, questo non significa sia una professione nella quale ci si possa improvvisare. Senza dubbio è necessario avere una certa predisposizione, avere anche qualcuno che ci dia i giusti consigli e magari qualcuno che riconosca in noi un qualche potenziale, ma lo studio resta un elemento fondamentale per raggiungere il successo.

Qual è  la cosa che l’attore rincorre per tutta la vita? Potrà sembrare ovvio, è l’applauso. L’applauso è adrenalina, è riconoscimento, ma è anche consapevolezza che nulla deve essere mai dato per scontato perché il percorso sarà sempre uno stare perennemente sulle montagne russe.

Non è tanto la straordinarietà degli argomenti trattati in questo libro ad essere interessante quanto il modo ironico con cui l’autrice li affronta. Se vogliamo, le cose dette potrebbero anche sembrare quasi banali, ma non lo è assolutamente il taglio con cui la Reggiani le analizza. Di fatto tutti questi pensieri, che sono anche i nostri pensieri, o almeno della maggioranza, da noi non vengono mai espressi perché pochi hanno la forza e il coraggio di farlo apertamente per paura di essere accusati non essendo in linea con il dilagante conformismo morale. Che lo si voglia ammettere o meno, le cose ci sono sfuggite di mano e noi viviamo in un mondo perbenista dove anche fare satira è diventato estremamente difficile.

In questo mondo iperconnesso, dove tutti comunicano ma nessuno parla, dove si è soli anche quando ci si incontra fisicamente, dove durante un viaggio in treno nessuno guarda più il paesaggio fuori dal finestrino perché costantemente attaccato a computer, telefono e tablet, dove le donne riportano una data di scadenza come le mozzarelle, mentre l’uomo è affascinante a qualunque età, mi sentirei di aggiungere che questo è quello che credono loro e noi gli lasciamo credere, in questo mondo dove la gente comune ha paura di esprimere sinceramente le proprie opinioni, salvo poi farlo nel peggiore dei modi nascondendosi dietro l’anonimato di una tastiera, bene, in questo mondo che limita la libertà di tutti e di nessuno allo stesso tempo, i comici vengono costretti a giustificarsi per le proprie battute e far ridere diventa sempre più complicato.

“Spettacolare” è un libro intelligente e pungente, che con uno sguardo ironico ed arguto ci porta a riflettere e prendere coscienza del nostro atteggiamento nei confronti della vita e del mare di contraddizioni che ci circonda e nel quale ogni giorno cerchiamo di stare a galla con sempre più difficoltà.

Indovinata la scelta di inserire dei QR code al termine di alcuni passaggi così da poter rivedere in video alcuni monologhi che senza dubbio hanno un resa più efficace rispetto alla semplice lettura.



sabato 16 dicembre 2023

“È colpa mia?” di Mercedes Ron

Abbiamo tutti quell’amica scema che sa capire perfettamente quando è il momento di farci ridere perché il livello del nostro stress ha raggiunto il limite di guardia, Ecco, la mia si chiama Sabrina.  Vi chiederete cosa ci azzecchi la mia amica con questo libro, ebbene, è stata lei a costringermi, amabilmente si intende, ad affrontare la lettura di questo romanzo perché, secondo il suo insindacabile giudizio, era giunta l’ora che mi prendessi una pausa anche dai miei amati saggi medicei.

Quindi via con la visione insieme del film originale Prime tratto dal romanzo e poi la lettura del libro. Vi dico subito che “E colpa mia?” è il primo volume di una trilogia ma, mentre al termine del film lampeggia un sottinteso "to be continued" grosso come una casa, il libro può considerarsi tranquillamente un romanzo autoconclusivo.

Veniamo al racconto. La diciassettenne Noah è costretta a trasferirsi in California per seguire la madre che ha da poco sposato un affascinante miliardario. Nonostante per lei si spalanchino le porte di un mondo fatto di feste, bei vestiti, scuole di altissimo livello, Noah non riesce a darsi pace per ciò che ha dovuto inevitabilmente lasciare dietro di : i suoi luoghi del cuore, la sua squadra di pallavolo, la sua migliore amica e Dan, il suo fidanzato. Come se non bastasse sarà costretta a convivere anche con il nuovo fratellastro, Nicholas. Dopo qualche duro scontro iniziale però il fratellastro, un ventiduenne bello e dannato, inevitabilmente farà breccia nel cuore di Noah. Entrambi i ragazzi hanno esperienze traumatiche alle spalle e il loro legame in qualche modo riuscirà a risanare quelle vecchie ferite.

La trama è piuttosto scontata: due mondi che si scontrano, le crisi adolescenziali, la paura di non essere accettati. Tanti gli elementi classici di questo tipo di letteratura, risse e corse in auto comprese, ma nell’insieme devo ammettere che il romanzo si è rivelato una piacevole lettura d’evasione.

Il ritmo del film è senza dubbio più veloce; il libro, però, sebbene a tratti rallenti un po' riesce sempre a mantenere alto l’interesse del lettore. L’autrice merita un plauso particolare anche per la caratterizzazione dei personaggi che sono ben delineati. Sinceramente tutta questa passione che si scatena tra i protagonisti mi ha fatto un po’ sorridere, ma ci sta trattandosi a tutti gli effetti di un romanzo young adult.

Per dovere di cronaca è giusto ricordare che questo libro, edito da Salani e ormai bestseller conclamato, ha fatto la sua prima apparizione sulla piattaforma Wattpad riscuotendo un enorme successo tanto da contare ben oltre 500.000 follower.

Che dire? Brava la mia amica! Ogni tanto una ventata di leggerezza è decisamente necessaria.

Alla prossima puntata con “E colpa tua?”



sabato 25 novembre 2023

“Lucietta” di Federico Maria Sardelli

Siamo sul finire del Seicento, in una Venezia in declino dal punto di vista politico ma ancora largamente attiva sul piano culturale e musicale, due bambini vengono alla luce a distanza di un anno l’uno dall’altro.

Nel 1677 la neonata Lucietta viene abbandonata e affidata all’Ospedale della Pietà, Antonio Vivaldi nasce appena un anno dopo, nel 1678. 

Due vite consacrate alla musica, le loro, ma mentre Lucietta è condannata a trascorre tutta la sua esistenza tristemente reclusa in un ambiente difficile e ostile, Antonio è invece destinato ad andare in giro per il mondo e ottenere una fama internazionale.

Don Antonio Vivaldi e l’organista Lucietta avranno modo di fare musica insieme, seppur per un breve periodo, ma quei pochi attimi basteranno per toccare in qualche modo le loro anime per sempre.

“Lucietta” di Federico Maria Sardelli è un libro che unisce due generi molto diversi tra loro: il romanzo e il saggio. Alternando capitoli dedicati a fatti immaginati a capitoli dedicati a fatti documentati, l’autore riesce a ricreare perfettamente le atmosfere della Venezia dell’epoca. Il racconto è incentrato sulle condizioni di vita delle piccole che venivano accolte all’Ospedale della Pietà, vite di povere segregate, come era stata quella di Lucietta; racconto di vite caratterizzate da cibo scarso e di pessima qualità, da malattie (angoscianti le pagine in cui viene descritto come si tentò di curare l’affezione agli occhi di Lucietta), da cattiverie e vessazioni perpetrate ai danni delle recluse sia dalle compagne che da chi avrebbe dovuto vegliare su di loro.

È tangibile il senso di angoscia e di claustrofobia che doveva attanagliare le figlie della Pietà. Federico Maria Sardelli è davvero abile a descrivere quei sentimenti di inquietudine, rivalsa, gelosia e tormento che si dovevano respirare tra quelle mura.

Eppure, ambienti tanto freddi e privi di empatia come gli ospedali veneziani furono formidabili centri di produzione musicale a cui si guardava con interesse non solo da parte dei cittadini, ma anche dei visitatori stranieri. Alcune esecuzioni raggiungevano tali livelli da suscitare grande ammirazione persino nei diaristi e nei cronisti più celebri dell’epoca.

Molti dei manoscritti che Vivaldi scrisse durante il suo primo mandato per l’Ospedale della Pietà sono andati purtroppo perduti. Il maestro Sardelli sottolinea però il fatto che, sulla base di quel poco che si è conservato, possiamo oggi osservare quanta formidabile cura Vivaldi mettesse nel dare a ciascuna figlia il tipo di musica adatta all’altezza della sua maturazione tecnica.

Avvalendosi delle fonti d’archivio per raccontare la verità dei fatti e facendo al tempo stesso ricorso alla fantasia per compensarne le lacune e per rendere più fluida la narrazione, Federico Maria Sardelli è riuscito nell’impresa di fare riemergere dalle ombre del passato e dare voce alla figura storica di una musicista di grande talento dimenticata dal tempo, non perché non abbastanza talentuosa, ma perché, come scritto nelle note stesse dell’autore, appartenente alla classe dei diseredati.

La Lucietta di Federico Maria Sardelli è mansueta e testarda, ha imparato presto che la rassegnazione è la miglior medicina nei momenti di avversità, ma per lei sbagliare è un’umiliazione insopportabile. Ha un carattere forte e sembra sempre molto sicura di sé, eppure, nasconde anche tante fragilità e una di queste si chiama proprio Antonio Vivaldi.

La protagonista di questo libro, così come il famoso musicista che abbiamo già avuto modo di apprezzare negli altri volumi a lui dedicati da Federico Maria Sardelli, fa parte di quei personaggi destinati ad essere irrimediabilmente amati da tutti i lettori.


Di Federico Maria Sardelli vi ricordo:

- L'affare Vivaldi

- Il volto di Vivaldi


 

domenica 12 novembre 2023

“Tana Alighieri” di Elena Petrioli

La cosa bella della Storia è la sua capacità di riuscire a meravigliarci di continuo perché ci sarà sempre qualcosa rimasto a noi celato nelle pieghe del tempo.

Ecco quindi che non stupisce se la maggior parte di noi fino ad oggi ha ignorato che Dante Alighieri avesse una sorella di nome Gaetana (o Tana). 

La vita talvolta riserva delle sorprese come è accaduto all’autrice di questo saggio. Mai, Elena Petrioli avrebbe immaginato che, per una concatenazione di eventi inaspettati, si sarebbe ritrovata un giorno addirittura ad impersonare Tana Alighieri facendo visite guidate teatralizzate.

Ognuno durante la pandemia ha reagito a suo modo ed Elena Petrioli, affermata guida turistica da oltre venticinque anni nonché appassionata di storia locale, ha rivolto in quei giorni il suo sguardo verso il Sommo.

Senza rendersene conto si è trovata a seguire le tracce della sorella di Dante, immedesimandosi così tanto nella sua storia da riuscire persino, a distanza di secoli, a riportarla in vita per le vie di Firenze.

Come nasce l’idea di questo breve saggio? Poiché risultava ovviamente impossibile trasmettere tutte le informazioni su Tana Alighieri, per quanto  purtroppo alquanto esigue, durante una visita guidata, Elena Petrioli ha avvertito la necessità di mettere per iscritto, in maniera ordinata e puntuale, una summa di quanto già pubblicato e dibattuto su questa figura quasi sconosciuta, ma alquanto importante nella vita di Dante.

Elena Petrioli, però, non si è limitata ad una mera ricerca bibliografica, ma ha confrontato tra loro le ipotesi e le argomentazioni a sostegno delle stesse dei vari storici che si sono succeduti nel corso dei secoli fino ai giorni nostri. Ha esaminato gli stessi testi danteschi e gli scritti degli autori a lui contemporanei e, infine, ha verificato in prima persona ed esaminato documenti d’archivio in maniera minuziosa e capillare così che non venisse tralasciato alcun dettaglio utile alla ricerca. Si è dedicata anche ad un attento studio topografico con l'intento di identificare, quanto più possibile, i luoghi dove si svolsero gli eventi trattati.

In questo saggio, non solo troverete la storia di Tana Alighieri, sorella maggiore di Dante e moglie del ricco mercante Lapo Riccomanni, ma anche una breve sintesi di come si presentasse la Firenze dell’epoca dal punto di vista politico, economico, sociale e topografico.

Le contraddizioni, ad un occhio moderno, potrebbero sembrare molte, per questo l’autrice ha ritenuto necessario fornire qualche breve indicazione al lettore affinché questi avesse le giuste coordinate per meglio addentrarsi nella storia. Era indispensabile per prima cosa, poi, fare chiarezza sull’annosa questione relativa alle differenze tra magnati e popolani.

“Tana Alighieri” è una lettura piacevole e interessante che riesce a far convivere nelle sue pagine due storie parallele: quella contemporanea, dell’autrice, con le sue passioni, le sue aspirazioni e le sua esperienze, e quella medievale, prettamente storica, legata al personaggio di cui si narra e di cui viene tracciato un profilo, se vogliamo, anche romantico di sorella premurosa e di moglie discreta ma capace, se necessario, anche di affiancare il marito negli affari.





domenica 15 ottobre 2023

“Quando le stelle torneranno a prenderci” di Valentina Aldeghi

Emerenziana porta il nome della protagonista di una delle leggende di Toblach, ma nonostante un nome tanto particolare Emmi, come la chiamano tutti, ignora completamente la storia di quella terra, il Sudtirolo.

A raccontare la leggenda di Emerenziana ad Angela, la mamma di Emmi, era stata la loro vicina di casa Irmgard. La leggenda aveva affascinato talmente Angela da indurla a chiamare la figlia come la principessa della fiaba.

Il legame di Emmi ed Irmgard è un legame davvero speciale; I’anziana donna è a tutti a tutti gli effetti per Emmi una nonna, alle sue cure infatti la madre l’ha sempre affidata fin da piccola quando andava al lavoro o aveva qualche impegno fuori casa.

Sarà una vacanza, all’apparenza banale e spensierata, che Emmi farà a Innichen con le amiche a sconvolgere completamente le loro vite.

Irmgard comprenderà che è arrivato il momento per lei di fare i conti con quel passato che, ora più che mai, bussa prepotente alla sua porta per essere raccontato.

Il Sudtirolo ha letteralmente travolto Emmi che, una volta tornata, si accorge di non riuscire a dimenticare Konrad, il bel tenebroso che ha fatto breccia nel suo cuore e di cui al momento ignora persino il nome. Inoltre quella terra, fino a poco tempo a lei completamente sconosciuta, sembra essere diventata per Emmi il centro dei suoi pensieri, vorrebbe comprenderne la storia, conoscere le sue leggende e afferrare il carattere della sua gente.

Il libro di Valentina Aldeghi è un racconto emozionante. Una storia d’amore tra due giovani protagonisti, Emmi e Konrad, che non può non appassionare il lettore. Entrambi insicuri e sensibili, così diversi eppure così simili. Emmi, nonostante le ferite infertele dalla vita, accetta di rischiare fin da subito il proprio cuore. Konrad, al contrario, fa fatica a lasciarsi andare, ma allo stesso tempo non riesce a restarle lontano.

Invero, la storia d’amore è anche un pretesto per raccontare la storia del Sudtirolo, una storia fatta di sofferenza, di tradimenti e di contraddizioni. Una storia che spesso il turista, che tanto dice di amare questa terra, ignora e non è neppure interessato ad approfondire.

L’autrice però non è una turista qualunque. Valentina Aldeghi, come Emmi, ha riconosciuto in Innichen la sua Heimat. Non esiste una parola italiana che possa tradurre questo termine: casa o patria non rendono la vera essenza di questa parola. Heimat è quel luogo del cuore che senti essere casa tua, un luogo a cui senti di appartenere anche se non ci sei nato. Lo scrittore Fabio Genovesi sostiene che essere nato nella propria casa, come è accaduto a lui con la Toscana, è una fortuna, ma casa è per ciascuno di noi ogni qualsivoglia luogo nel mondo a cui si senta di appartenere davvero.

Emmi si chiede se meriterà mai di appartenere a Innichen, se gli abitanti un giorno la accetteranno. È sempre difficile farsi accettare, se la propria Heimat non è il luogo dove si è nati. Si finisce sempre per sentirsi un po’ dei traditori verso il luogo di nascita e degli intrusi laddove invece vorremmo essere di casa. Ma forse ha ragione Konrad, o almeno mi piace pensarlo, quando dice che i luoghi appartengono a chi li ama e non a chi li abita.

La storia del Sudtirolo è una storia che merita di essere conosciuta. Dimentichiamo troppo spesso che la stessa Italia è una nazione giovane. Se pensiamo che ancora oggi sopravvivono campanilismi all’interno di una stessa regione e fazioni all’interno di una stessa città, dovremmo comprendere quando più possa essere ancora dolorosa la situazione in una terra in cui vicende tanto laceranti risalgono ad un passato così recente.

“Quando le stelle torneranno a prenderci” è un romanzo davvero particolate in grado di affascinare il lettore con le sue magiche atmosfere che fanno da sfondo a due storie d’amore che si rincorrono e si alternano per tutta la narrazione, quella di Irmgarg e Alois e quella di Emmi e Konrad, entrambe a modo loro intense e struggenti.

Al pari dei personaggi sono però altrettanto protagoniste del romanzo la Storia e l’importanza della salvaguardia delle tradizioni e dell’identità di un popolo.

A chi consiglierei questo libro? A chi ama le storie d’amore, a chi ama il Sudtirolo, a chi ama la storia in generale, a chi crede nel destino… insomma a tutti coloro in cerca di una bella storia e che abbiamo voglia di tornare a sognare.



lunedì 18 settembre 2023

“Dante” di Marco Santagata

Dante si sentiva un predestinato, lo si evince dalle sue opere e da come condusse la sua vita. Uno degli aspetti più rilevanti della sua personalità fu il suo sentirsi diverso. In ogni evento della sua esistenza, in ogni cosa detta e fatta, che si trattasse della morte della donna amata, della sua attività politica o della condanna all’esilio, egli vi intravide sempre la mano del destino.

Santagata si interroga su come potesse venire percepita dagli altri la personalità di un uomo tanto particolare e come potesse essere giudicato dai suoi contemporanei. L’immagine che noi abbiamo di Dante oggi è spesso quella di un uomo egocentrico e persuaso della propria eccezionalità. Un uomo che non proveniva da una famiglia magnatizia, ma che, come tale, aveva scelto di vivere. Aveva amicizie altolocate, aveva sposato una Donati e lo studio, la letteratura, la filosofia erano le uniche occupazione che riteneva adatte a lui, sebbene questo gli procurasse delle difficoltà economiche talvolta anche piuttosto rilevanti come si evince dalle fonti archivistiche.

Il libro di Marco Santagata è, come recita il sottotitolo, il romanzo della vita del Sommo Poeta. Un’esistenza che indubbiamente fu ricca di avvenimenti e consumata in un’epoca assai movimentata dal punto di vista sociopolitico. In verità, il libro è un saggio molto ben documentato e articolato, la cui lettura  si presenta scorrevole come quella di un’opera romanzata.

Il racconto della vita di Dante Alighieri non può prescindere dal racconto della storia di Firenze. Santagata ci riporta dettagliatamente gli eventi di quel tempo e ci racconta dei vari personaggi che vi presero parte regalandoci un quadro vivissimo di quell’epoca.

Dante non visse però sempre a Firenze ed ecco, allora, che Santagata ci narra anche delle diverse realtà al di fuori di Firenze e delle varie corti nelle quali l’esule trovò asilo. Lo storico indaga quindi anche i rapporti, famigliari e politici, che legavano tra loro i vari personaggi, gli appoggi sui quali Dante poté contare e quali furono i pericoli che corse.

Tra le pagine del libro non troviamo solo il racconto di Guelfi e Ghibellini, magnati e popolani, battaglie e scontri tra fazioni, ma Santagata va alla ricerca anche dei dettagli, se vogliamo, più intimi della vita di Dante.  Tenta di fare emergere ad esempio la figura del Dante bambino di cui è rimasta solo un’impercettibile traccia. All’epoca, infatti, si pensava che non fosse di alcuna utilità riportare i fatti privati dell’infanzia e della giovinezza di un individuo in quanto privi di valore morale esemplare. Cerca inoltre di comprendere quale fu il rapporto tra Dante e la moglie Gemma, che tipo di padre egli fu e che rapporto ebbe con le sorelle, in particolare con Tana, e con l fratello Francesco.

Il libro di Santagata prende in esame ogni aspetto della vita di Dante Alighieri riuscendo ad intrecciare gli eventi pubblici e privati della sua vita con le sue opere.  Marco Santagata rilegge i vari passi degli scritti mettendoli in relazione con i fatti occorsi nella vita del poeta in quegli stessi anni in cui le varie parti delle opere vennero elaborate riuscendo così a darcene un'interpretazione più completa e, anche se talvolta non proprio condivisibile, senza dubbio sempre interessante e affascinante.

Un saggio dettagliato, ben documentato, scorrevole. Una lettura estremamente piacevole che conferma l’ottimo giudizio su Santagata che avevo avuto leggendo il suo “Le donne di Dante”.