L’ABITO DI PIUME
di Banana Yoshimoto
FELTRINELLI
|
Hotaru, dopo una cocente delusione d’amore,
torna al suo villaggio natale, un piccolo paese attraversato da un fiume.
Il
suo compagno, un uomo sposato, dopo otto anni d’amore l’ha lasciata di punto in
bianco preferendole definitivamente la moglie e la famiglia.
Ad attenderla al paese c’è la nonna con
la sua caffetteria pronta a confortarla e a darle un lavoro, una piccola
occupazione, ma pur sempre qualcosa che possa farla sentire utile.
Anche se il padre è sempre in viaggio e
la madre è morta quando lei era ancora piccola, Hotaru decide di non tornare a vivere nella casa dei genitori, ma di
sistemarsi nel magazzino della caffetteria per poter avere i propri spazi e
ripartire dal nulla o meglio da quella piccola valigia con i pochi abiti che ha
portato con sé da Tokyo.
Nel
paese natale Hotaru avrà modo di fare i conti con il suo passato e ritrovare se
stessa.
Riallaccerà i contatti con l’amica Rumi, una ragazza dal carattere
particolare alla quale era molto legata in passato, ritrovando con lei immediatamente la complicità di un tempo.
Sarà proprio Rumi in seguito ad aiutarla
a risolvere un mistero al limite del paranormale.
Durante una passeggiata lungo il fiume
Hotaru incontra un ragazzo; la vista di
Mitsuru lascia in Hotaru una strana sensazione di déjà vu.
Grazie alla sensibilità ed alla capacità
di Rumi nel comprendere cosa si cela nell’animo delle persone, Hotaru sarà in
grado, al momento opportuno, di fare chiarezza sulla vicenda e capire cosa la
lega a quel giovane con il quale nel frattempo ha stretto amicizia.
Il titolo originale del libro “Hagoromo” (letteralmente “abito di
piume”) indica un particolare tipo di kimono leggerissimo che le tennyo, figure mitologiche femminili dalle
sembianze di donne angelo, indossavano per volare tra il mondo terreno e
l’aldilà.
Hotaru
ha solo ventisei anni, anagraficamente
la si potrebbe definire una giovane donna.
Nella realtà Hotaru è ancora un’adolescente alla ricerca della propria
strada ed allo stesso tempo una donna
invecchiata precocemente per il dolore provocatole all’abbandono dell’uomo
che amava.
Grazie alla tranquillità del piccolo
borgo natio e grazie all’affetto delle persone care, Hotaru riuscirà a guarire dal dolore e ritornare alla vita,
indossando quell’abito di piume che le permetterà di nuovo di volare e vivere
finalmente quella spensieratezza giovanile che fino a quel momento le è stata
negata.
“L’abito di piume” è il primo libro che
leggo di questa autrice dalla quale ammetto di essere stata conquistata fin
dalle prime pagine.
La prosa di Banana Yoshimoto è una prosa elegante e rilassante come il
lento scorrere dell’acqua di un fiume.
L’autrice riesce a raccontare con
leggerezza anche le vicende più malinconiche grazie alla sua capacità di saper
sempre infondere nel lettore un senso di speranza.
Banana
Yoshimoto dimostra di saper comprendere a fondo le fragilità, le debolezze e le
paure dell’animo umano, ispirata ed influenzata da quella saggezza orientale il
cui eco emerge spesso tra le righe del suo romanzo.
Tutti quei sentimenti e stati d’animo
che proviamo, ma che non siamo in grado di mettere a fuoco, ebbene, tutto
questo sentire lei riesce a metterlo, con apparente facilità e tanta grazia, nero
su bianco facendoci sentire compresi e meno soli.
Le paure, i sensi di colpa, i dolori che
i personaggi provano sono le nostre stesse paure, i nostri stessi sensi di
colpa, i nostri stessi dolori.
Nel postscriptum
del libro l’autrice tiene a precisare che questo libro è un romanzo adolescenziale e che da anni
non ne scriveva più uno.
Inoltre, evidenzia il fatto che lei ha
sempre vissuto a Tokyo e pertanto il personaggio di Hotaru è molto distante da lei
tanto che le viene quasi spontaneo parlare di questo libro come se fosse stato
scritto addirittura da un’altra persona.
Come ho già detto, “L’abito di piume” è il
primo romanzo che leggo di Banana Yoshimoto e non posso quindi sapere quanto questo
possa essere diverso dagli altri suoi romanzi, ma so per certo che ho amato
ogni passaggio di questo libro la cui lettura mi ha appassionata fin dalla
prime righe.
Ho amato tutti i suoi personaggi indistintamente, anche quelli
più bizzarri come la “Dea della stazione degli autobus”, ho apprezzato gli
insegnamenti delle dottrine orientali di cui è intriso e sono stata affascinata
da quegli sviluppi fiabeschi e surreali
che pervadono il racconto.
Se non l’avete ancora letto, consiglio assolutamente
di aggiungerlo alla vostra whislist.