Questo poema non ha ovviamente bisogno
di alcuna presentazione né è mia intenzione in questa sede riproporvi l’annosa
questione omerica, in realtà lo scopo di questo post è invece quello di
parlarvi di una recente traduzione
dell’Iliade (2010) edita da La Lepre Edizioni, traduzione di Dora Marinari
(1930-2013) con il commento di Giulia Capo.
Le traduzioni dei poemi omerici sono
state innumerevoli nel corso dei secoli,
ma quella più conosciuta, sebbene
forse non la più fedele al testo, è
senza dubbio quella di Vincenzo Monti.
Ricordo ancora il mio primo incontro con
il poema, ero alle medie e l’antologia si intitolava “Armi Eroi Popoli” a cura
di Salvatore Guglielmino, fu subito
amore.
Qualche anno dopo mia nonna mi regalò le
edizioni integrali di entrambi i poemi in sei volumi: l’Iliade nella classica
traduzione del Monti e l’Odissea, traduzione di Ippolito Pindemonte.
Avevo sempre ritenuto impossibile, quasi
fosse un sacrilegio, leggere una traduzione dell’Iliade diversa da quella del
Monti, fino a quando, la settimana scorsa, mi sono decisa ad avvicinarmi alla traduzione di Dora Marinari e, grazie a
lei, ho scoperto che esiste un altro
modo di approcciarsi al poema omerico, altrettanto piacevole e fruttuoso seppur
differente.
Senza nulla togliere all’espressività
poetica della traduzione del Monti, un’espressività che per me resterà sempre
di una forza e di una bellezza ineguagliabili, avvicinandomi ad una nuova
traduzione ho riscontrato che il rischio di finire per identificare il poema
omerico con la traduzione montiana è effettivamente molto alto, quasi che il
vero testo dell’Iliade fosse quello scritto da Monti.
Grazie alla traduzione di Dora Marinari la lettura dell’Iliade diviene scorrevole, pur
rispettando tanto la narrazione in versi quanto il linguaggio poetico originale.
La fluidità del testo così come
l’eleganza che contraddistinguono questa moderna
traduzione, attenta e fedele allo spirito omerico, ci permettono di
apprezzare meglio sia quanto ci viene narrato da Omero sia la bellezza di quel
mondo popolato da eroi, dei e semidei senza l’incessante sforzo di cercare di
interpretare quella che, in verità, è una traduzione che, seppur di grande
intensità poetica e forse proprio per questa sua stessa caratteristica, tende a
mettere in ombra il testo omerico.
Per fare un esempio concreto: nel
proemio nella traduzione di Monti si fa riferimento agli inferi traducendo quello che nel testo è Ἂïδi (Ἂïδης) con Orco (dal latino Orcus,i).
Tradurre con il termine più letterale Ade nulla toglie
alla poeticità del testo, ma facilita invece molto la comprensione da parte del lettore
che nel caso della traduzione del Monti necessita di una nota a
piè pagina, mentre nel caso della traduzione della Marinari comprende
immediatamente ed è pertanto più libero di concentrasi sulla narrazione dei
fatti.
Orco era definizione presente anche nei
Sepolcri del Foscolo però ciò che all’epoca del Monti, contemporaneo del
Foscolo, era un termine forse di facile identificazione non è detto debba
esserlo per noi oggi tanto più se digiuni di studi classici.
Non dimentichiamo infatti che i poemi omerici nacquero con un intento
comunicativo cioè con lo scopo di trasmettere
storie e concetti di tipo sociale e politico.
Una traduzione fluida permette di
raggiungere ai giorni nostri lo stesso scopo e di rendere accessibili a tutti quei concetti che sono alla base nella nostra cultura e che si svilupparono proprio
su suolo greco.
Questa nuova traduzione così scorrevole
ci permette inoltre di leggere il poema quasi fosse un romanzo in versi,
dandoci la possibilità di apprezzarne anche la trama e quei personaggi che con
tanta armonia mantengono i loro epiteti (Era
dalle bianca braccia, Achille dal passo veloce, Atena la dea dagli occhi azzurri).
Al
termine di ogni libro è presente il relativo commento a cura di Giulia Capo; il fatto di porlo alla fine anziché all'inizio del
libro come si è soliti fare, è una soluzione che ho
apprezzato davvero molto perché questo permette di leggere il testo omerico in
maniera libera apprezzando lo svolgimento del racconto senza subire influenze di sorta.
I commenti, tutti molto articolati ed esaustivi, sono una via
di mezzo tra una parafrasi del testo e
quelle che erano le note a piè di pagina delle edizioni tradizionali.
I commenti agevolano il lettore nel fare il
punto su quanto appena letto e lo aiutano a focalizzare i concetti principali
espressi nel libro senza tralasciare, dove necessario, di dare una spiegazione
sulla scelta di tradurre una particolare parola con un dato termine piuttosto
che un altro.
Al posto delle note a piè di pagina si
trova invece il testo originale in greco,
altra soluzione molto gradita perché facilita un riscontro immediato con la traduzione.
Questa nuova edizione ci dà inoltre la
possibilità di rileggere il poema
secondo diversi registri.
Indubbiamente l’Iliade è un poema dagli intenti celebrativi siano essi morali,
politici o sociali, è il poema in cui Apollo ci inviata ad indagare su noi
stessi γνῶθι σαυτόν (conosci te stesso) e ancora di più ci inviata alla
moderazione, a rispettare il limite invalicabile μηδὲν
ἄγαν (niente di troppo), ma l’Iliade
più prosaicamente è anche il poema alle origini di tutta una letteratura che
nei secoli si è ispirata all’ideale di perfezione del καλὸς καὶ ἀγαθός, dai romanzi cavallereschi ai miti romantici fino
ad arrivare ai nostri giorni con la letteratura fantasy.
Quanto sono simili a quelli che leggiamo
nei romanzi moderni i discorsi di incitamento ai compagni prima della battaglia
che troviamo nell’Iliade? Quanto sono affini le cruente descrizioni delle
ferite inferte ai nemici in quelle stesse battaglie?
Mi sono ritrovata anche a sorridere
quando leggendo di Ettore sterminatore di
uomini mi è sopraggiunto alla mente la definizione di sterminatore di re che George R.R. Martin attribuisce a Jaime
Lannister nella sua saga del “Trono di spade”.
Ebbene sì, lo riconosco, sono partita
dal ritenere quasi blasfemo leggere una traduzione dell’Iliade diversa da
quella universalmente riconosciuta di Vincenzo Monti a ritrovare addirittura
analogie con la più ordinaria letteratura contemporanea.
L’elemento distintivo della traduzione di Dora Marinari è proprio questo, averci
restituito in tutto il suo splendore un poema che, sebbene millenario, è ancora
vivo e attuale, un poema che non ci si stancherà mai di leggere anzi di
ascoltare.
Era da tanto tempo che non leggevo ad
alta voce eppure con questo libro mi sono ritrovata a farlo perché se si vuole davvero apprezzare a pieno la natura di questo poema bisogna rispettarne il ritmo, l'Iliade va ascoltata anche se solo dalla propria voce.