mercoledì 31 agosto 2022

“Nel segno di Cosimo” a cura di Marzia Cantini

Il volume è una raccolta di saggi scaturiti dagli interventi dei relatori che parteciparono alla giornata di studi “Nel segno di Cosimo” organizzata dal Lions Club Firenze il 6 giugno del 2019 in occasione del cinquecentenario della nascita del primo granduca di Toscana.

Cosimo I de’ Medici e Lorenzo il Magnifico furono le figure più rappresentative della dinastia. Fu Cosimo però il vero statista di casa Medici.

Salì al potere a seguito dell’omicidio del duca Alessandro de’ Medici quando non aveva ancora compiuto 18 anni. Figlio di Maria Salviati, nipote per parte di madre di Lorenzo il Magnifico, e di Giovanni dalle Bande Nere il celebre condottiero figlio di Giovanni de’ Medici e Caterina Sforza.

Il primo saggio è del professore Giovanni Cipriani ed è dedicato all’incoronazione di Cosimo come primo granduca di Toscana avvenuta nel 1570. Cosimo ricevette l’ambita corona dalle mani di Pio V a Roma. Nel saggio, oltre al cerimoniale dell’incoronazione, viene dato ampio spazio anche alla descrizione della corona. Nella bolla papale, infatti, furono date precise istruzioni su come questa avrebbe dovuto essere realizzata.

Si passa poi al saggio del professore Leonardo Rombai dove vengono evidenziate le scelte di carattere economico effettuate da Cosimo I de’ Medici nonché la sua saggia e attenta politica urbanistica e territorialistica, la sua opera fortificatoria e lo sviluppo dell’industria estrattiva-mineraria.

Con il suo intervento il professore Emanuele Masiello procede ad indagare quanto accadeva contestualmente in Europa e come la politica architettonica e urbana del granduca Cosimo si inserisse nel contesto delle contemporanee sovranità europee in particolare di quelle francese, spagnola e imperiale.

Il volume prosegue poi con i saggi di Eugenia Valacchi e di Jennifer Celani. Il primo riferisce degli esiti della Controriforma sul territorio e in particolare degli adeguamenti liturgici di alcune chiese richiesti da Cosimo secondo gli orientamenti espressi dal Concilio di Trento conclusosi nel 1563. Il secondo saggio ci racconta brevemente del caso del complesso di San Giovannino detto degli Scolopi.

A seguire il saggio di Francesco Martelli relativo alle carte di Cosimo I nei fondi Medici dell’Archivio di Stato di Firenze ed in particolare alla storia di un piccolo nucleo di carte che egli teneva sempre con sé denominato “Archivio segreto”.

All’intervento di Francesca Funis sulla trasformazione di Firenze da città di provincia a capitale di uno stato territoriale, fa seguito il saggio di Carlotta Paltrinieri sull’istituzione dell’Accademia delle Arti del Disegno a seguito dell’istituzionalizzazione della Compagnia di San Luca o Compagnia de’ Pittori, attiva dal 1339. Viene fatto un breve accenno anche all’istituzionalizzazione di un’altra accademia quella degli Umidi che nel 1541, per volere di Cosimo,  mutò il nome in Accademia Fiorentina.

Stefano Calonaci si dedica all’analisi della poderosa attività legislativa e normativa svolta da Cosimo I. Il granduca si interessò dei più svariati aspetti del vivere civile e per raggiungere i suoi obiettivi si circondò fin da subito di un entourage di uomini fidati a cui affidare le diverse magistrature.

L’ultimo intervento è quello di Lorenzo Allori che introduce il Medici Archive Project, un istituto di ricerca nell’ambito della digital history. Uno strumento valido per gli studiosi che possono trovare in rete preziose informazioni digitalizzate. Per chi volesse consultare il BIA ovvero il portale web in lingua inglese dedicato alla fruizione del fondo archivistico il link è il seguente http://bia.medici.org 

Cosimo I de’ Medici fu un uomo senza dubbio ambizioso, più burocrate che guerriero ma, come scrive Masiello, per quanto sia passato alla storia come un uomo dispotico, vendicativo e accentratore del potere, non si può non riconoscere che egli abbia anche dimostrato di essere stato un capo saggio e lungimirante.

Questo “viaggio intorno all’uomo che divenne primo Granduca di Toscana” mette in evidenza proprio questo suo aspetto meno conosciuto e trascurato dalla storiografia fino ai giorni nostri. È una figura diversa quella che emerge dalle pagine di questo libro.

Cosimo fu un uomo eclettico e dai molteplici interessi oltre che un capo abile nella politica internazionale. Un uomo visionario che proprio grazie alla sua curiosità, alla sua intraprendenza e alla sua saggezza seppe trasformare il Ducato di Firenze nel Granducato di Toscana.


martedì 30 agosto 2022

“L’uomo di vetro” di Giuseppe Manfridi

Un uomo siede su un pontile con una vecchia Colt Navy, una modello antiquato di pistola ma perfettamente funzionante. Come ogni giorno egli introduce ripetutamente la canna della pistola in bocca. È il suo gioco d’azzardo con la morte. Il suo discorrere a fior di labbra egli lo definisce il suo esercizio spirituale.

Gianni Cravero, ex Primo Ministro della Repubblica Italiana, dopo un essere stato assolto, grazie alla testimonianza di un’amante, da un processo che lo vedeva accusato di collusione con la mafia, è di nuovo in pista. Certo, il suo matrimonio ne ha risentito parecchio, per non dire che è proprio divenuto un inferno, ma ci sono ottime possibilità di essere rieletto e questo è la cosa che più conta.

La storia di svolge nell’arco di una notte, dal tramonto all’alba, nella casa bunker del protagonista. Una residenza costruita appositamente per lui, una casa avveniristica, fredda e raggelante come i suoi abitanti. Pochi i personaggi sulla scena: i coniugi Cravero ovvero Gianni e la moglie Gaia, la loro figlia Martina, il factotum del politico Traglia e una coppia di amici.

Maurizio e sua moglie Federica sono stati invitati a trascorrere una notte nella casa presidenziale. Attesi per la cena, fin dal loro arrivo percepiscono una forte tensione nell’aria e non possono smettere di interrogarsi sul perché sia stato fatto loro questo invito. Gianni e Maurizio sono amici fin dai tempi della scuola, ma il Dominus non fa mai nulla senza uno scopo preciso. Insomma, se loro si trovano lì la ragione può essere una soltanto: lui vuole qualcosa da loro. La richiesta o meglio l’ordine mascherato da favore non tarda ad arrivare.

“L’uomo di vetro” è un romanzo particolare. L’incipit è forse un po’ lento e artificioso, ma con l’avanzare della lettura, addentrandosi nella storia, diventa chiara la sua funzione introduttiva. 

Un romanzo piscologico che analizza le relazioni sociali e le dinamiche della coppia. Al centro della storia ci sono i rapporti interpersonali che si manifestano nell’incontro-scontro tra uomo e donna, la sudditanza psicologica nei confronti dell’uomo di potere o nei confronti del compagno o della compagna e il conflitto genitori-figli. A fare da padroni del racconto sono i sentimenti che caratterizzano l’essere umano: amore, desiderio, amicizia, sete di potere, riconoscenza, disprezzo, rancore, gelosia e ingratitudine.

Non si può provare alcuna empatia per i personaggi neppure per quella figlia borderline che, sebbene per non per sua colpa, diviene inevitabilmente parte del perverso ingranaggio.

Il romanzo di Manfridi sviscera la psicologia dei suoi personaggi entrando nei più remoti recessi della loro mente. In un continuo susseguirsi di sotterfugi, di mezze verità e di frasi non dette, ogni miseria e debolezza umana viene portata in superficie a beneficio del lettore che rimane spiazzato da tanta meschinità, ma anche da tanta fragilità.

“L’uomo di vetro” è una storia che si presterebbe benissimo ad essere portata sul palcoscenico di un teatro. Un libro consigliato in particolar modo a chi ama i romanzi cerebrali.

 


lunedì 29 agosto 2022

“Domani e per sempre” di Ermal Meta

Kajan vive con il nonno Betin a Rragam, un piccolo villaggio sulle sponde del fiume Drin. Siamo nell’inverno del 1943, l’occupazione nazista è subentrata a quella fascista. L’Albania è un paese in guerra. I genitori di Kajan sono andati a combattere per la libertà.

La casa di Betim è lontana dalle altre case del villaggio. L’uomo spera così di riuscire a tenere lontana la guerra, ma la guerra non si arresta davanti a nulla e inevitabilmente un giorno bussa anche alla sua porta.

Cornelius è un disertore tedesco dal passato misterioso. Un nemico, ma anche un brav’uomo perché in guerra non esiste differenza tra vincitori e vinti, tutti sono allo stesso tempo vittime e carnefici, tutti perdono qualcosa.

Quel bambino di appena sette anni diventa per Cornelius un’ancora a cui aggrapparsi per cercare di superare gli orrori della guerra e tentare di ritrovare l’umanità perduta sui campi di battaglia. Tra i due si instaura fin da subito un rapporto fatto di amicizia e complicità. Kajan riceverà da Cornelius un dono prezioso che lo accompagnerà per tutta la vita, nei giorni felici e nei giorni bui: la musica.

Sullo sfondo della storia di Kajan, della sua evoluzione dall’infanzia fino all’età matura, c’è la storia dell’Europa del Novecento dalla Seconda guerra mondiale fino alla caduta del regime in Albania. Attraverso le pagine del romanzo ripercorriamo la storia della guerra fredda tra Paesi Occidentali e Paesi dell’Est, tra Stati Uniti e Unione Sovietica. Un passato che sembra solo un lontano ricordo, ma che non lo è affatto soprattutto alla luce di quanto sta accadendo ai giorni nostri.

“Domani e per sempre” è un racconto di una potenza straordinaria. Un romanzo di formazione capace di commuovere ed emozionare il lettore, di coinvolgerlo e renderlo partecipe della storia in un modo unico. Impossibile non provare empatia nei confronti di Kajan nel corso di tutta la sua lunga e travagliata vita. Impossibile restare impassibili e indifferenti dinnanzi al comportamento della madre di Kajan o davanti alla cattiveria e alla ferocia di alcuni personaggi.

Sebbene Ermal Meta mi piaccia moltissimo come cantante, confesso che sono stata a lungo indecisa se leggere o meno il suo romanzo. Prima di tutto era una storia troppo distante dai miei generi letterari preferiti e poi, lo ammetto, ero anche un po’ prevenuta verso quello che avrebbe potuto rivelarsi il libro dell’ennesimo artista che si improvvisava scrittore.

Dopo le prime due pagine “Domani e per sempre” mi aveva già totalmente conquistata. Ho amato ogni singola pagina di questo romanzo.  Credo che sia uno dei romanzi più belli che abbia letto negli ultimi anni. Era da tempo che non mi capitava un libro che facesse sorgere in me, da una parte, la voglia di terminarlo al più presto per conoscerne l’epilogo, dall’altra, di voler trovare il coraggio di rallentarne la lettura per non dover affrontare quel senso di vuoto che inevitabilmente ti assale ogni qualvolta devi lasciar andare per sempre i personaggi che tanto hai amato.

Alcune considerazioni e parole mi hanno richiamato alla mente alcuni testi di Ermal Meta, ma volutamente preferisco non entrare nel merito dei richiami alla sua poetica perché questo post, come è giusto che sia, è dedicato solo al suo libro e non alla sua musica.

Ermal Meta ha dimostrato con questo romanzo di possedere davvero un grande talento come scrittore e, al di là che lo si possa amare o meno come cantante, autore e musicista, “Domani e per sempre” è davvero un esordio letterario straordinario. Un libro assolutamente da leggere.



mercoledì 3 agosto 2022

“Milindapañha” a cura di Genevienne e Tea Pecunia

Il significato del titolo è “Le domande di Milinda”. Il Milindapañha è l’opera più famosa tra quelle maggiormente vicine per contenuto al Canone buddhista pur non facendone parte. Per questo motivo tali opere vengono classificate come paracanoniche.

Al Milindapañha, che consta in tutto di sette volumi, misero mano più autori nel corso del tempo. Parte del primo libro, il secondo e il terzo furono scritti dallo stesso autore mentre i rimanenti quattro furono aggiunti successivamente. 

Cronologicamente il Milindapañha si colloca tra l’inizio del I secolo a.C. o subito dopo il I secolo d.C. e non oltre il IV secolo d.C.

Il testo riporta le domande che il re Milinda, o Menadro se vogliamo usare il nome con cui lo si ritrova nelle fonti greche, pone al monaco buddhista Nagasena. Questi, come richiesto dallo stesso sovrano, risponde all’incalzante interrogatorio servendosi di numerosi esempi.

Gli esempi, tratti dalla vita di tutti i giorni, si rivelano un valido strumento per esplicitare anche i punti più complessi della dottrina. Il re, infatti, sopraffatto dalla logica stringente del monaco non può che accoglierne l’insegnamento chiudendo ogni dissertazione con un Reverendo Nagasena, siete molto sottile.

Appena si accenna al fatto che il libro sia stato scritto sotto forma di dialogo, la nostra mente corre immediatamente a Socrate. Questa associazione però viene troncata subito nella seconda pagina dell’introduzione. Genevienne e Tea Pecunia mettono subito in chiaro che il paragone sarebbe solo una forzatura e che i precedenti dell’opera sarebbero piuttosto da ricercarsi in testi scritti in sanscrito.

La prefazione che introduce alla lettura del secondo e del terzo libro del Milindapañha, ovvero i due libri oggetto di questa edizione edita da Feltrinelli, è ampia ed interessante

Genevienne e Tea Pecunia oltre a fornirci dettagliate informazioni sul Milindapañha (datazione, considerazioni sulla lingua ecc.), ci introducono alla dottrina buddhista attraverso il racconto della vita del Buddha e del contesto socio-religioso indiano senza tralasciare di chiarirci alcune parole chiave che incontreremo nel corso della lettura.

Karma, reincarnazione, comprendere il significato e la necessità di lasciare andare, il dolore e la precarietà della gioia, la saggezza, ogni cosa viene esaminata e indagata in questi dialoghi che espongono con chiarezza gli insegnamenti fondamentali del Buddha.

Questo libro non può essere classificato come una lettura agevole nonostante i dialoghi siano effettivamente scorrevoli. I concetti sono profondi e necessitano di tempo per essere convenientemente recepiti e assimilati.

La semplicità del dialogo è solo apparente e, ad essere sincera, questo testo mi ha messo più in difficoltà di tutti quelli da me letti sull’argomento. Non è facile addentrarsi in questa dottrina, ma questo non significa che sia impossibile.

Per esperienza personale ho constato che, nonostante alcuni concetti sembrino a noi estranei e pronti a prendere il volo appena posato il libro, in verità restano con noi senza che ce ne accorgiamo. Spesso durante il giorno o in determinate situazioni questi insegnamenti riaffiorino alla nostra mente donandoci un sollievo inaspettato.

Per quanto certe letture talvolta possano quindi sembrare troppo lontane da noi, ricordate che ogni nostro piccolo sforzo sarà sempre ben ripagato.


Giocando d’anticipo,

uno deve agire in modo da fare quanto è bene

per se stesso.