Marion
Zimmer Bradley è stata una delle autrici che hanno segnato la mia giovinezza.
Ho
letto ogni sua opera con passione, pagina dopo pagina, ad eccezione di una: La torcia. Quel vuoto era
come un piccolo tarlo nella mia libreria, un tassello mancante che, anno dopo
anno, continuava a farsi notare.
Poi,
quest’anno, tra i corridoi affollati e luminosi del Salone del Libro, è
arrivato finalmente il momento tanto atteso. Ho stretto La torcia tra le mani con
un senso di compimento, come se un filo interrotto si fosse finalmente
ricongiunto.
Il romanzo racconta
la storia di Cassandra, la sacerdotessa di Apollo condannata a vedere il futuro
senza mai essere creduta, ma non si limita agli eventi della guerra di Troia,
quelli resi celebri dall’Iliade. La torcia segue l’intera parabola della vita di
Cassandra, dall’infanzia, quando viene reclamata dal dio, fino agli eventi
successivi alla caduta della città.
Marion
Zimmer Bradley sceglie la via del romanzo storico, discostandosi dalla versione
omerica che ci è più familiare. Eppure, se consideriamo che l’Iliade stessa è
il frutto di voci intrecciate nei secoli, allora questa riscrittura risulta
sorprendentemente plausibile.
La Cassandra di Marion
Zimmer Bradley è una donna moderna intrappolata nell’antichità. Le sue domande sugli dei, sul senso del divino, sul libero arbitrio e sulla possibilità di
scegliere il proprio destino, sono domande che restano attuali, ancora radicate nel nostro presente.
Ampio spazio è
dedicato al rapporto con l’altro sesso. Marion Zimmer Bradley non giudica: si limita a
evidenziare come ogni condotta dovrebbe nascere da una scelta consapevole, non
da imposizioni maschili o divine che siano. Ecuba, Elena, Andromaca, Pentesilea e,
naturalmente, Cassandra: ognuna di loro rappresenta un modo diverso di essere donna, un
diverso volto del femminile.
Un ruolo centrale nel
romanzo è occupato anche dal culto della Dea Madre. Il mondo in cui
Cassandra cresce è in trasformazione: un
sistema patriarcale sempre più dominante va gradualmente soppiantando l’antico
ordine matriarcale. La dea viene dimenticata, oscurata, marginalizzata. È
un passaggio simbolico potente, che accompagna l’evoluzione (o l’involuzione)
della società narrata.
Una
nota personale va ad Achille. Dopo
aver letto l’Iliade nell’edizione La Lepre, avevo imparato ad apprezzare questo personaggio,
arrivando quasi a preferirlo ad Ettore. Nella visione di Marion Zimmer Bradley,
Achille è un guerriero folle, accecato dall’ira. Un ritratto duro, con cui non
riesco del tutto a concordare, ma che resta coerente con l’equilibrio narrativo
del romanzo.
Sono
felice di aver colmato questa lacuna nella mia libreria. Forse la vera magia
dei libri è tutta qui: non ci trasformano soltanto quando li leggiamo, ma
restano in silenzio ad aspettarci, finché non siamo pronti ad incontrarli.
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