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giovedì 4 gennaio 2024

“Volpi e leoni: i misteri dei Medici” di Marcello Simonetta

Con la morte di Lorenzo il Magnifico, avvenuta il giorno 8 aprile 1942, si apre per gli stati italiani un periodo complicato e ricco di contraddizioni che culminerà con il terribile sacco di Roma nel maggio del 1527.

Il saggio di Marcello Simonetta si pone l’obiettivo di esaminare come i vari membri della famiglia Medici si mossero sulla complessa scena politica italiana dopo la morte di colui che il Guicciardini aveva definì l’ago della bilancia d’Italia. 

Simonetta prende fin da subito le distanze dal finto buonismo mediceo mettendo i discendenti del Magnifico sullo stesso piano della famiglia più controversa della storia:

I Borgia erano orgogliosi portatori del male, i Medici furono ipocriti sostenitori del bene”.

In queste pagine incontriamo Piero il Fatuo, l’erede designato del Magnifico, il fratello Giovanni, il futuro Leone X, e il cugino Giulio, il futuro Clemente VII, oltre a tante altre figure, solo apparentemente di minor spicco, ma non meno importanti per la scena politica del tempo. Tra queste troviamo Alfonsina Orsini, la moglie di Piero, una donna dal carattere indomito e volitivo, che non si tirava mai indietro quando c’era da lottare per ottenere favori per il figlio Lorenzo, per il quale pretese dal papa Leone X il ducato di Urbino, o per la figlia Clarice, moglie di Filippo Strozzi.

Proprio Filippo Strozzi incarnava il fautore per eccellenza dell’inciucio tra politica e finanza. Avventuriero, seduttore e privo di scrupoli, Filippo Strozzi, fu uno dei protagonisti principali della storia. Una figura, la sua, che stupisce oggi per la sua contemporaneità.

Un personaggio che incuriosisce, e credo meriti un ulteriore approfondimento, è quello di Giuliano de’ Medici, il terzogenito del Magnifico, futuro duca di Nemours.  Dandy ante litteram, Giuliano, aveva ereditato dal padre, al quale sembra fosse stato molto affezionato, l’abilità del verseggiare in stile petrarchesco. Egli risulta il membro più piacevole e affascinante della famiglia e fu molto amato presso le corti del suo tempo.

Le due figure a cui Simonetta dedica più spazio sono ovviamente quelle dei due papi Medici: Leone X e Clemente VII.

Leone X, al secolo Giovanni de’ Medici, quando venne eletto a soli 38 anni era già sovrappeso e la sua complessione risultava poca sana. Verrà ricordato per il suo comportamento gaudente, le spese folli e la sua inaffidabilità. Perderà definitivamente la reputazione di “buono”, a cui tanto teneva, in occasione di quella che è passata alla storia come “la congiura dei cardinali”.

Clemente VII, al secolo Giulio de’ Medici, figlio illegittimo di Giuliano, riuscì a far rimpiangere addirittura il papato del cugino Giovanni. Se da cardinale diede l’impressione di essere persona accorta e lungimirante, una volta assurto al soglio pontificio si rivelò violento, ambizioso e vendicativo. Più di tutto furono però la sua doppiezza e la sue continue esitazioni nel prendere decisioni a condurre Roma e il papato alla rovina.

Un solo breve accenno viene fatto a Giovanni dalle Bande Nere, ma va detto che il saggio analizza maggiormente l’aspetto politico della storia piuttosto che il dispiegarsi degli eventi sul campo di battaglia vero e proprio.

Il libro è un saggio ben documentato, corredato da numerosissime note e da una ricca bibliografia. Pur volendo essere di natura divulgativa, il testo è comunque dettagliato e rigoroso nel metodo. I dati riportati, tutti verificabili, si rifanno non solo a lettere e fonti di archivio ma anche ad una precisa e attenta analisi dei testi letterari dell’epoca. La lettura non risulta però sempre scorrevole.

Complotti, vendette, alleanze e tradimenti sono il leitmotiv di quest’epoca tanto confusa e oscura. A tal proposito, per chi ancora non l’avesse visto, consiglio il bellissimo film diretto da Ermanno Olmi “Il mestiere delle armi” (2001)  






giovedì 13 luglio 2023

“Il trono” di Franco Bernini

Un incipit rocambolesco quello di questo romanzo che ci presenta un Machiavelli alquanto diverso dal personaggio che tutti noi abbiamo incontrato sui banchi di scuola.

Svegliato di soprassalto nella notte, Niccolò Machiavelli, convinto che si tratti degli scagnozzi inviati dallo strozzino a cui deve parecchi soldi, cerca di scappare, ma viene acciuffato subito dai due sgherri che si rivelano essere invece le guardie del gonfaloniere Pier Soderini.

Machiavelli è ormai da quattro anni segretario della Repubblica. Molti dei debiti da lui contratti sono dovuti proprio ai servizi resi alla Città del Giglio mai saldati nei termini e nei tempi convenuti.

La Repubblica ha ora un nuovo incarico da affidare a Machiavelli. Egli dovrà recarsi in qualità di mandatario alla corte di Cesare Borgia per capire quali siano le intenzioni di questi nei confronti di Firenze. Ufficialmente un rappresentante della Repubblica senza alcun potere di sottoscrivere patti, di fatto una spia.

Machiavelli non può permettersi di rifiutare l’incarico, ha bisogno di denaro e soprattutto di allontanarsi da Firenze per la propria incolumità. Ma c’è anche un altro motivo che induce Niccolò ad accettare: egli è oltremodo intrigato dall’idea di potersi trovare faccia a faccia con Cesare Borgia.

Tra il segretario e il Valentino si crea uno strano rapporto. Cesare Borgia chiede a Machiavelli di scrivere la sua storia. Lui metterà le sue confidenze e all’altro spetterà mettere a disposizione la propria penna.

Il fiorentino è lusingato e preoccupato allo stesso tempo dalla proposta del figlio del papa ma è anche ben conscio di non poter declinare l’offerta. Un’offerta che gli permetterebbe, non solo di scoprire le arti e i segreti del Valentino per conto della Repubblica, ma anche di ripianare buona parte dei propri debiti.

A complicare ulteriormente le cose è la presenza di Dianora Mambelli. La giovane, costretta dal Borgia, contro la propria volontà, a restargli accanto non vede l’ora di potersi vendicare del suo aguzzino.

Non sarà facile per Niccolò, incapace di resistere al fascino femminile, districarsi in una situazione tanto complicata e pericolosa.

“Il trono” è un romanzo storico e, come tale, la storia che narra è frutto di fantasia sebbene, ovviamente, molti personaggi siano esistiti realmente.

Il pretesto di un Cesare Borgia che incarica Machiavelli di scrivere la propria biografia è decisamente molto ben congeniato perché permette di sviscerare molte tesi e teorie che possiamo ritrovare nel Principe, l’opera più celebre del politico fiorentino.

I tre personaggi principali della storia sono molto ben caratterizzati e la trama che li lega è indubbiamente avvincente. Nella narrazione non manca mai una certa tensione emotiva che contribuisce a creare la giusta empatia del lettore nei confronti dei protagonisti.

Non si può non provare simpatia per Machiavelli con tutti i suoi vizi e le sue virtù. Lui, così arguto e capace di leggere l’animo umano, ma anche incapace di resistere dinnanzi al gentil sesso. Diventa quasi impossibile non farsi coinvolgere dalle debolezze di quest’uomo affetto dal vizio di poetare, avvilito e amareggiato perché nessuno sembra mai tenerlo nella giusta considerazione.

Eppure, anche così romanzato, Bernini trova il modo di rendere oltremodo credibile il personaggio non mancando di porre l’accento su alcune peculiarità del Machiavelli anche fisiche come quel suo immancabile mezzo sorriso, espressione forse del suo prendere le distanze dalla realtà.

A fare da contraltare al segretario fiorentino troviamo il diabolico, ma sempre affascinante Cesare Borgia. Scaltro, sadico e spregiudicato, eppure, dal momento che le cose non sono mai solamente o bianche o nere, anche la spietatezza del Valentino porta con sé talvolta qualche seme di bontà. Egli è senza dubbio un assassino nato, tuttavia non va dimenticato che pure la crudeltà può essere usata bene o male. 

Sinceramente ero molto scettica su questo libro e piuttosto prevenuta, ma devo ammettere che la lettura si è rivelata invece alquanto piacevole.

“Il trono” di Franco Bernini è un romanzo storico coinvolgente e ben costruito. Un buon compromesso tra fantasia e realtà che presenta una gran cura da parte dell’autore nel dettagliare la psicologia dei personaggi e la scena sulla quale si muovono.

 



giovedì 15 giugno 2023

“Il colosso di marmo” di Antonio Forcellino

Il secondo volume della serie “Il secolo dei Giganti” dedicata da Antonio Forcellino alla storia del Cinquecento vede come protagonista principale il genio di Michelangelo.

L'artista, dopo il successo ottenuto a Roma con la sua Pietà, fa ritorno a Firenze dove ad accoglierlo trova Machiavelli che gli commissiona il David.

Savonarola è stato condannato come eretico e a Firenze è stata nuovamente instaurata la Repubblica. La situazione politica dell’Italia è alquanto confusa. Ludovico il Moro vorrebbe rientrare a Milano, Venezia è tenuta sotto scacco da Bajazet mentre Francia, Spagna e Impero si contendono il territorio italiano. In tutto questo caos il Valentino, lo scellerato figlio di Alessandro VI, al secolo Rodrigo Borgia, è più che mai deciso a crearsi un suo principato.

Firenze è fragile e fa gola a molti, teme l’ingordigia di Cesare Borgia e l’interesse delle altre potenze per le sue terre. L’immagine del David che sconfigge il gigante Golia diventa così il simbolo con cui dimostrare ai nemici il proprio valore e la propria forza.

In verità, sebbene i primi tre volumi della serie vengano intitolati dall’autore ciascuno ad uno dei tre grandi del Rinascimento (Leonardo, Michelangelo, Raffaello), tutti e tre gli artisti sono co-protagonisti di questo secondo libro.

Il rispetto e l’ammirazione di Raffaello verso Leonardo, la simpatia di questi per il giovane urbinate, l’animo tormentato e il carattere scontroso di Michelangelo emergono prepotentemente dalle pagine di questo romanzo.

L’autore dipinge in queste pagine un affresco quanto mai vivido e affascinante del periodo in cui furono protagonisti artisti di tale fama, ingegno e talento.

Come per il primo volume, anche in questo secondo libro viene posto l’accento sui vari pontificati per dare ordine agli eventi che si susseguirono nel corso della storia. Scelta quanto mai indovinata poiché coloro che sedettero sul soglio di Pietro furono tra i principali attori della storia del Rinascimento nonché ago della bilancia di quella politica internazionale fatta di continue alleanze e tradimenti.

Alessandro VI (Rodrigo Borgia), Giulio II (Giuliano della Rovere) e Leone X (Giovanni de’ Medici), tre papi molto diversi e dalla personalità complessa che segnarono profondamente la storia di Roma, della Chiesa e dell’Italia rinascimentale.

Dalle pagine di Antonio Forcellino emerge la figura affascinate di Giulio II che invoglia il lettore ad approfondire la storia di questo papa guerriero, fiero e volitivo, che venne immortalato da Raffaello in quell’atteggiamento remissivo e dolce che poco, in verità, lo caratterizzò nel corso della sua vita. Raffaello aveva però compreso quanto l’arte potesse essere un’arma più potente della spada per veicolare un messaggio. Quale modo migliore, quindi, per umanizzare un pontefice energico come un condottiero e scaltro come un diplomatico se non rappresentandolo in atteggiamento malinconico­?

Tantissime sono le figure che popolano queste pagine e tra loro anche molte donne dal temperamento straordinario come Vittoria Colonna, Giulia Farnese, Isabella d’Este e Lucrezia Borgia.

Questo secondo volume si conferma essere un racconto avvincente e avventuroso di una delle epoche più affascinanti della storia.

Originariamente la serie dedicata al Cinquecento italiano doveva essere una trilogia, ma alla fine i volumi sono diventati cinque. L’ultimo volume è uscito proprio in questi giorni.

 



giovedì 23 marzo 2023

“Il cavallo di bronzo” di Antonio Forcellino

Primo libro della saga dedicata da Antonio Forcellino ai grandi protagonisti dell’arte rinascimentale, “Il cavallo di bronzo” è incentrato sulla figura di Leonardo Da Vinci.

Il ritmo del racconto è scandito dall’avvicendarsi sul soglio pontificio dei diversi papi, da Niccolò V (6 marzo 1447 – 24 marzo 1455) ad Alessandro VI Borgia (11 agosto 1492 – 18 agosto 1503). 

Il romanzo è anche il racconto delle grandi famiglie baronali romane, Colonna e Orsini in primis, che di fatto tenevano sotto scacco lo Stato Pontificio con i loro eserciti e il loro peso politico. Chi voleva governare il mondo doveva governare Roma, così l'autore ci racconta dell’ascesa di Alessandro Borgia e della sua scellerata prole, nonchè dei falliti tentativi di Giuliano Della Rovere di sedere sul soglio di Pietro, ascesa in verità solo rimandata.

Ci narra della Milano degli Sforza e di Ludovico il Moro, ma soprattutto Forcellino ci regala un meraviglioso quadro della Firenze medicea.

Sotto lo sguardo vigile di Cosimo il Vecchio, Piero de’ Medici e Lorenzo il Magnifico l’arte fioriva rigogliosa sulle sponde dell’Arno e loro, i veri padroni di Firenze, furono bravissimi, come scrive l’autore stesso, ad abbagliare il popolo con la loro sobrietà e i principi con il lusso.

È davvero affascinante il modo in cui l’autore è riuscito a raccontare ogni singolo avvenimento, seguendo la verità storica, ma senza appesantire il ritmo del racconto. La narrazione rimane oltremodo fluida e piacevole. I molteplici dettagli del complicato quadro politico, così come quelli delle peculiarità degli artisti e delle loro opere, non spezzano minimamente la narrazione ma anzi la compenetrano in maniera eccellente.

I numerosi personaggi sono descritti con magistrale precisione a partite ovviamente dalla figura di Leonardo, il cui rapporto con il mondo, essendo egli di indole piuttosto taciturna, passava più attraverso i suoi disegni che attraverso le sue parole. Di Leonardo non viene indagata solo la psicologia, ma vengono esaminate minuziosamente anche le sue opere, dando ampio spazio alla sua tecnica pittorica, alle sue invenzioni e ai suoi studi nell’ambito della ricerca naturalistica.

Con sapienti pennellate Antonio Forcellino dipinge uno splendido affresco dell’epoca rinascimentale dove ogni singolo personaggio sa come affascinare e intrigare il lettore per rendersi interessante ai suoi occhi. Invero, mi sono ritrovata a desiderare di approfondire la storia di figure che fino ad oggi avevano suscitato solo parzialmente il mio interesse, una su tutte quella del futuro Giulio II.

Il racconto, con la sua prosa lineare e pulita, cattura l’attenzione del lettore fin dalle prime pagine. 

Oltre a Michelangelo, che sarà figura di spicco del secondo volume, ma che occupa già parte della trama di questo libro, fa il suo ingresso sulla scena anche un giovanissimo Raffaello Sanzio. 

Agli artisti e alle botteghe è dato ampio spazio nel romanzo così come ai diversi mecenati che si avvalsero dell’opera di pittori, scultori, letterati spesso per consolidare la propria posizione sociale e politica.

Non si può, poi, non accennare a tutte quelle indimenticabili figure femminili che furono protagoniste di quest’epoca straordinaria e, solo per citarne alcune, possiamo ricordare Lucrezia Borgia, Giulia Farnese e Cecilia Gallerani.

“Il secolo dei giganti” è indubbiamente una saga affascinante e coinvolgente in grado di appassionare anche il lettore più esigente.





domenica 11 settembre 2022

“La vita quotidiana nella Roma pontificia ai tempi dei Borgia e dei Medici” di Jacques Heers

Due date importanti segnano i limiti cronologici del periodo preso in esame da Jacques Heers in questo suo saggio del 1986 riproposto dal Corriere della Sera nella collana “Biblioteca della storia. Vite quotidiane”.

Nel 1420 Martino V, riconosciuto come unico sovrano pontefice, rientra a Roma. Con la sua elezione avvenuta il giorno 11 novembre del 1417 al Concilio di Costanza si risolve lo scisma d’Occidente. La sede del papato lascia Avignone per fare ritorno nell’Urbe. 

Roma tra la fine del Quattrocento e l’inizio del secolo successivo è una città piena di contraddizioni.

È contrassegnata da intrighi, violenze, guerre intestine, nepotismo e libertinaggio, ma in mezzo a tante ombre fioriscono anche quelle arti e quella letteratura che ne fanno un centro culturale di primo piano.

Roma in breve tempo grazie alla sua fervida vita intellettuale e all’amore per il bello iniziò infatti a rivaleggiare con i centri più importanti quali la Firenze di Lorenzo il Magnifico.

Il limite cronologico di questo periodo di risveglio e di trasformazione dell’Urbe viene identificato da Heers con il sacco di Roma avvenuto nel 1527 e compiuto dalle truppe imperiali di Carlo V composte principalmente da lanzichenecchi tedeschi. Sul soglio di Pietro sedeva Clemente VII, al secolo Giulio de’ Medici. Tale evento non causò un declino insanabile, ma rappresentò con la sua brutalità un forte punto di rottura.

Il libro di Jacques Heers è un saggio ben articolato che analizza la Roma pontificia del XV secolo e gli inizi del XVI secolo nel suo insieme. Non si sofferma banalmente sugli aspetti materiali e comuni dello stile di vita come, ad esempio, sugli alimenti o sui tessuti e non si focalizza neppure, come si potrebbe desumere dal titolo, sulla storia dei pontefici come singole figure storiche.

Osservando l’evoluzione degli eventi nel loro complesso, Heers preferisce indagare il motivo di certe dinamiche all’interno dello scacchiere politico e religioso dell’Urbe.

I pontefici erano a tuti gli effetti dei veri capi di Stato e come tali avevano una loro corte. Il loro però era uno Stato cosmopolita la cui azione si sviluppava ben oltre i paesi vicini estendendosi anche verso l’Oriente e ad un certo punto della storia anche verso le Americhe. Il loro potere era a tempo determinato, era un potere non trasmissibile in quanto eletti da un conclave di principi della Chiesa che, a loro volta, potevano vantare una loro propria corte personale. Talvolta ci furono comunque due papi appartenenti alla stessa famiglia nel giro di pochi anni, ad esempio, Borgia e Medici giusto per ricordare le due famiglie indicate nel titolo del libro.

Heers esamina ogni aspetto del periodo dettagliatamente: dalla politica estera a quella interna, dalle dinamiche dettate dalle alleanze delle varie famiglie nobili alle cerimonie religiose, ai conclavi, al mecenatismo.

La lettura non risulta sempre scorrevole perché le informazioni trasmesse sono davvero numerose e articolate. Tanti gli argomenti trattati, impossibile quindi anche solo fare un breve accenno di tutti quanti.

Un saggio interessante, preciso e approfondito che riesce a rendere perfettamente l’idea di quella che doveva essere la vita a corte in quella Roma tanto controversa eppur tanto ricca di fascino e colta quale fu la Città Eterna ai tempi dei Borgia, dei Medici, dei Della Rovere e dei Piccolomini.



 

 

venerdì 22 aprile 2022

“Cesare Borgia. Il principe spietato” di Lorenzo Demarinis

Il libro si apre con l’episodio che passerà alla storia come la strage di Senigallia, quando tra il 31 dicembre 1502 e il 18 gennaio 1503, Cesare Borgia si vendicherà in modo teatrale di coloro che lo avevano tradito.

Per Vitellozzo Vitelli, Francesco Orsini, Paolo Orsini e Oliverotto da Fermo che credevano, non solo di poter nuovamente tornare al servizio del Valentino, ma poterlo fare addirittura alle loro condizioni non ci sarà alcuno scampo; la vendetta del Borgia, sempre fedele al proprio motto aut Caesar aut nihil, si abbatterà implacabile su di loro.

È Niccolò Machiavelli, dal suo esilio all’Albergaccio, a narrare le vicende ad un mercante olandese che, dopo aver conosciuto la Toscana durante la propria attività lavorativa, ha deciso di eleggere questa terra a luogo del suo ritiro.

La scelta della figura di Machiavelli come narratore da parte dell’autore ha un duplice scopo. Nella finzione letteraria Machiavelli, rievocando i fatti, può fare il punto su quanto è intenzionato a scrivere su Cesare Borgia futuro protagonista del settimo capitolo di quello che diventerà il suo capolavoro “Il Principe”, ma allo stesso Lorenzo Demarinis riesce a trasmettete così al lettore il pensiero del fine politico e dei suoi contemporanei sul tanto chiacchierato figlio di Alessandro VI.

Sulla scena intervengono altri due personaggi Lucrezia Borgia, sorella di Cesare, e Francesco Guicciardini che conversando con Machiavelli ci espongono anche i loro punti di vista su una figura tanto controversa come quella del Valentino.

Il volume fa parte della collana intitolata I volti del male” in uscita in edicola e dedicata ai grandi criminali della storia. Nonostante il mio scetticismo, il libro si è rivelato una lettura piacevole e molto scorrevole.

Pensavo si trattasse di un saggio invece le vicende sono raccontate sotto forma di romanzo e, sebbene gli argomenti non vengano sviscerati in maniera esaustiva e capillare, l’insieme risulta comunque efficace.

Al termine del volume si trova una scheda curata da Vicente Garrido dedicata al profilo psicologico di Cesare Borgia. Ecco, questa scheda mi ha lasciata un po’ perplessa soprattutto per l’interpretazione troppo semplicistica del pensiero di Machiavelli che d’altra parte difficilmente può prestarsi ad essere sintetizzato in così poche pagine senza incorrere nell’evidente rischio di essere falsato e distorto.

Tornando invece al libro, ho molto apprezzato come  la descrizione della figura di Lucrezia Borgia, colei che per secoli è passata alla storia come un’avvelenatrice priva di scrupoli e di facili costumi, venga invece qui ritratta tenendo conto di quel revisionismo storico a cui è stata giustamente sottoposta negli ultimi anni.

Cesare Borgia era affascinante, coraggioso, risoluto e intelligente, ma è altrettanto vero che sapesse essere anche terribilmente spietato. Non si può certo negare questo aspetto del suo carattere, ma la sua figura andrebbe quantomeno storicamente contestualizzata. L’epoca in cui egli visse fu un’epoca dove tradimenti, crimini e assassinii erano all’ordine del giorno, eppure, egli passò alla storia come il più spietato di tutti. Stessa sorte toccò al tanto vituperato Alessandro VI, al secolo Rodrigo Borgia, sebbene il papato avesse già conosciuto papi altrettanto corrotti e nepotisti. Non possiamo dimenticare, per esempio, che solo pochi anni prima nel 1478 Sisto IV fu uno dei più potenti alleati della famiglia Pazzi in quella congiura che si concluse durante la messa nel Duomo di Firenze con l’assassinio di Giuliano de’ Medici e dalla quale per pura fortuna il Magnifico riuscì ad uscirne solo lievemente ferito.

La figura di Cesare Borgia, come molto raramente accade nella storia, assurse alla gloria del mito quando egli era ancora in vita ed è davvero apprezzabile l’idea di riproporre una rilettura moderna della leggenda del Valentino rifacendosi agli scritti e all’esperienza del Machiavelli, per cui se cercate una lettura valida, ma non troppo impegnativa sull’argomento questo libro potrebbe fare al caso vostro.

 

 

mercoledì 25 agosto 2021

“Giovanni dalle Bande Nere” di Carlo Maria Lomartire

Giovanni dalle Bande Nere, conosciuto anche come il Grande Diavolo, era figlio di Caterina Sforza, la Tygre di Forlì, e di Giovanni di Pierfrancesco de’ Medici, detto il Popolano.

Nato il 6 aprile 1498 fu chiamato dalla madre Ludovico in onore del Moro, lo zio per il quale Caterina nutriva una stima profonda.

Giovanni il Popolano era un uomo intelligente, elegante, colto e raffinato, ma anche con questo suo terzo marito Caterina non ebbe molta fortuna perché Giovanni morì quando il piccolo Ludovico aveva appena cinque mesi e otto giorni. In ricordo del padre il nome del bambino fu mutato quindi da Ludovico in Giovanni.

Quando Cesare Borgia, figlio di papa Alessandro VI, conquistò la rocca di Ravaldino facendo prigioniera la Sforza, Giovanni era già stato messo in salvo dalla madre a Firenze presso i parenti del padre.

Una volta riottenuta la libertà Caterina dovette intraprendere una dura battaglia legale per evitare che lo zio paterno di Giovanni ottenesse per sé la custodia del piccolo. Lo zio, in verità, non era mosso da affetto fraterno quanto piuttosto dal desiderio di impossessarsi dell’eredità.

Alla morte di Caterina, per suo volere, la tutela di Giovanni fu affidata a Jacopo Salviati, marito della primogenita del Magnifico Lucrezia, e a Francesco Fortunato l’unico precettore che fosse stato in grado di rimanere al fianco dell’irrequieto e indisponente ragazzino.

Quando Giovanni de’ Medici, figlio del Magnifico, salì al soglio pontificio con il nome di Leone X, grazie alla lungimiranza del Salviati, Giovanni venne iscritto nelle milizie pontificie. Ebbe così inizio quella brillante carriera di condottiero per la quale Giovanni dalle Bande Nere verrà ricordato come l’ultimo grande capitano di ventura.

Siamo giunti ad un punto di svolta nell’arte della guerra. Gli esiti delle battaglie da questo momento in poi, più che dall’abilità dei condottieri, dipenderanno infatti dal potere di fuoco degli eserciti.

Dal carattere arrogante, aggressivo e spietato, il destino di Giovanni de’ Medici non poteva essere altro che la milizia; se infatti dai Medici aveva ereditato il patronimico, degli Sforza aveva ereditato senza dubbio il sangue

Il fascino invece lo aveva ricevuto in dote dai genitori, ambedue grandemente provvisti di questa qualità sebbene espressa in forme diverse. Tralasciando le numerose conquiste femminili, il suo fascino faceva presa anche sulle truppe al suo comando, i suoi uomini lo seguivano anche nelle imprese più disperate raggiungendo spesso successi insperati.

Giovanni sposò Maria, figlia di Jacopo Salviati e Lucrezia de’ Medici; dalla loro unione, unione tra l’altro dei due rami della famiglia Medici, nacque Cosimo futuro primo Granduca di Toscana. Il loro non fu un matrimonio felice, infatti, mentre Maria era innamorata di Giovanni fin da bambina, lui aveva accettato le nozze più che altro per un sentimento di riconoscenza verso la famiglia che lo aveva amorevolmente accolto.

Giovanni de’ Medici teneva in massima considerazione onore, lealtà e coraggio e proprio per questo motivo aveva notevoli difficoltà a conformarsi alla logica degli intrighi di corte e ai continui ribaltamenti delle alleanze politiche; al suo fianco a sostenerlo c’era però sempre l’Aretino, amico e confidente che spesso si adoperava per lui anche come segretario e diplomatico.

Giovanni era molto legato ai suoi uomini, il suo onore e i loro diritti erano qualcosa su cui non si poteva trattare. A differenza delle consuetudini secondo le quali almeno 1/3 del bottino spettava al capitano, egli lasciava che il bottino venisse interamente spartito tra i suoi.

Fu sinceramente addolorato per la morte di Leone X per il quale nutriva una grande riconoscenza. Alla sua morte annerì le sue uniformi e i suoi stendardi che da bianchi e viola divennero da quel momento neri in segno di lutto perenne per quel papa che aveva dato fiducia a quel giovane violento e scavezzacollo, scorgendo in lui quell’abile e coraggioso condottiero che sarebbe un giorno diventato.

Non ebbe lo stesso rapporto con i suoi successori papa Adriano VI e l’altro papa Medici, Clemente VII, con il quale ebbe sempre un rapporto piuttosto conflittuale e burrascoso vuoi perché questi non si fidava pienamente di Giovanni, vuoi perché voleva salvaguardare gli interessi di Alessandro de’ Medici che si vociferava fosse suo figlio illegittimo e di Ippolito de’ Medici, figlio di Giuliano di Lorenzo de’ Medici duca di Nemour.

Il libro di Carlo Maria Lomartire è un’opera che intreccia sapientemente verità storica e finzione letteraria. Le lunghe digressioni sulle alleanze e sulle guerre che si succedettero incessantemente in quel turbolento periodo nella nostra penisola sono intramezzate da dialoghi che vivacizzando il racconto rendono la lettura oltremodo scorrevole.

Purtroppo al termine del volume non c’è nessuna bibliografia che invece sarebbe stata utile per conoscere le fonti consultate dall'autore e per trarre validi spunti nel caso si volesse approfondire la figura di Giovanni dalle Bande Nere.

Il libro sebbene sia di sole 200 pagine è comunque esaustivo e ben argomentato. Oltre ai fatti storici l’autore ha dedicato ampio spazio all’introspezione psicologica dei personaggi innanzitutto di Giovanni, come è giusto che sia, ma anche di Caterina Sforza alla quale sono dedicate più di 50 pagine.

Un libro interessante sulla figura di uno dei personaggi più leggendari della nostra storia la cui immagine è giunta a noi in forma quasi mitizzata e per il quale anche Niccolò Machiavelli, già estimatore del Valentino, nutriva un’ottima opinione.

Un condottiero che, pur vivendo in un mondo in trasformazione, con la sua veloce cavalleria, le armi leggere, gli attacchi fulminei e l’uso dell’archibugio riuscì a lasciare comunque il segno prima di doversi anch’egli arrendere alla modernità e alla potenza delle armi da fuoco.




lunedì 23 novembre 2020

“Rinascimento Babilonia” di Luca Scarlini

Il Rinascimento italiano è senza dubbio un periodo molto controverso. Teatro di devastanti guerre e tradimenti, di corruzione e  congiure dalla ferocia inaudita, eppure, nessuna altra epoca fu in grado, al pari del Rinascimento, di produrre altrettanti capolavori di così rara bellezza, basti pensare a un Botticelli, un Raffaello, un  Michelangelo, un Leonardo Da Vinci senza voler fare torto a tutti gli altri numerosi artisti che contribuirono alla magnificenza di questo periodo storico.

Il Rinascimento fu l’epoca che vide, quali attori principali, quelle famiglie che furono in grado, se non di cambiare totalmente il corso della storia, almeno di influenzarlo grandemente; Medici, Sforza, Borgia, Este, Gonzaga sono solo alcuni dei nomi delle dinastie più famose che operarono in quel panorama politico in cui l’Italia era ostaggio di potenze straniere in continuo movimento per la sua conquista.

Fu il periodo dove a principi illuminati quali Lorenzo de’ Medici si alternarono figure passate alla storia come la personificazione di tutti i vizi capitali quali Papa Alessandro VI, al secolo Rodrigo Borgia, e figure in odore di santità come il discusso predicatore e riformatore domenicano Girolamo Savonarola.

Il Rinascimento fu un’epoca che sfugge ad ogni possibile classificazione, la devozione al culto mariano così come le armeggerie furono solo due aspetti di un periodo che consacrò invece una parte di sé alla dea Voluptas e al potere di Cupido.

Proprio all’indagine di questo particolare aspetto è dedicato il saggio di Luca Scarlini “Rinascimento Babilonia. Una storia erotica dell’arte italiana”, un  saggio che sconfina nell'inizio dell’epoca barocca quando, a seguito delle trasformazioni dovute alla Controriforma, solo Venezia resistette mantenendo la palma di metropoli libertina d’Occidente.

Scarlini ci racconta episodi poco conosciuti e aneddoti curiosi, ci riporta brani e stralci di lettere che difficilmente potremmo incontrare in un’antologia del liceo, ci presenta una galleria di personaggi straordinari e bizzarri (ermafroditi, cortigiani e prostitute) che furono comunque parte integrante di quel mondo e del tessuto socio-culturale di importanti città quali Roma, Firenze, Milano, Napoli, Siena e Venezia.

Il Rinascimento più di ogni epoca ebbe il vizio o la virtù di mettere ogni cosa in piazza, permettendo così che giungessero fino a noi numerosi epistolari che ancor oggi ci forniscono interessanti dettagli sulla vita privata dei protagonisti del tempo e, perché no, anche sulle loro passioni più intime.

Alcuni episodi sono da tempo già universalmente noti come il legame di Leonardo da Vinci con Salaì o come l’amore senza freni di un artista quale Raffaello per il gentil sesso, altre vicende invece sono a noi meno conosciute come il motivo per cui Giovanni Antonio Bazzi  detto il Sodoma si sia guadagnato tale soprannome; se poi il nome di Imperia, la cortigiana più potente di Roma, era un nome noto ai più, pochi hanno invece sentito parlare di altri personaggi come ad esempio Zufolina o le “Aretine”.

Luca Scarlini ci restituisce attraverso le pagine del suo libro l’aspetto più licenzioso del Rinascimento, un aspetto che l’ipocrisia storica, in particolar modo quella ottocentesca, ha cercato di nascondere, ma che resta in ogni caso una delle più salienti peculiarità che caratterizzarono l’epoca.    

Dello stesso autore avevo letto già il romanzo/saggio “L’ultima regina di Firenze. I Medici: atto finale” dedicato al crepuscolo della più famosa dinastia fiorentina e anche in quell’occasione, come in questa, ero rimasta in prima battuta piuttosto spiazzata dal modo di affrontare certi argomenti da parte dell’autore, ma superata la confusione iniziale, devo ammettere che, anche questa volta, lo stile provocatorio e a tratti dissacrante di Luca Scarlini si è rivelato come sempre il più coerente ed efficace per trattare convenientemente l’argomento. 

“Rinascimento Babilonia” è un viaggio a ritroso nel tempo, in un’epoca che fece delle passioni estreme uno dei suoi temi principali e Luca Scarlini ci conduce lungo questo percorso attraverso la storia dell’arte e della letteratura scandagliandone gli aspetti più licenziosi e nascosti.

Un Rinascimento, quello raccontato da Scarlini in queste pagine, per certi versi inaspettato e anche un po’ irriverente, senza dubbio meno patinato e dorato di quanto siamo abituati a raffiguracelo, ma non per questo meno vero e affascinante.

 




sabato 24 ottobre 2020

“Le sette dinastie” – “La corona del potere” di Matteo Strukul

12 ottobre 1427, battaglia di MaclodioL’esercito visconteo capitanato da Carlo Malatesta viene sconfitto dall’esercito della lega anti-viscontea capitanato dal Carmagnola, al soldo della Repubblica di Venezia.

Inizia qui il racconto del Rinascimento italiano nato dalla penna di Matteo Strukul, una trilogia che si concluderà con il racconto del sacco di Roma avvenuto nel 1527.

“Le sette dinastie”, primo volume della saga, ci racconta delle città (Milano, Venezia, Roma, Firenze, Ferrara, Napoli) che dominano la scena italiana partendo dal 1427 fino a pochi anni prima della morte di Lorenzo il Magnifico e della scoperta dell’America.

Le figure che occupano la scena in questo primo romanzo sono soprattutto la potente famiglia Condulmer di Venezia che ha stretti legami con Roma, avendo avuto un papa in famiglia e muovendosi ora per poter insediare un altro famigliare sul soglio pontificio alla morte di Martino V, e i Visconti di Milano.

Filippo Maria Visconti non ha eredi maschi, non ha avuto figli né dalla prima moglie Beatrice di Toledo né dalla seconda Maria di Savoia.

Solo Agnese del Maino, la sua storica amante, è riuscita a renderlo padre di una bellissima e intelligente figlia, Bianca Maria, e a lei Filippo Maria vuole garantire il ducato.

Bianca Maria sposerà l’abile condottiero Francesco Sforza consegnando così se stessa e il ducato di Milano nelle mani della famiglia Sforza.


“La corona del potere”
inizia il racconto dal 1488, pochi anni prima della morte del Magnifico, morte della quale non viene dato alcun dettaglio.

È un volume dedicato per la maggior parte alla famiglia Borgia: papa Alessandro VI, al secolo Rodrigo Borgia, e ai suoi figli in particolar modo all’affascinate Lucrezia e al temuto Duca Valentino, Cesare Borgia.

Come per il primo volume non sono solo le figure di condottieri e politici a dominare la scena, ma bellissime ad esempio in questo secondo volume sono le pagine dedicate alla figura di Leonardo Da Vinci, alla sua pittura e ai suoi studi.

“La corona del potere” si conclude con le morti di Cesare Borgia e di Ludovico il Moro, due figure carismatiche e importanti che avevano a lungo dominato la scena politica e non solo.

Un progetto complesso ed ambizioso questo di Strukul dedicato al Rinascimento italiano, non è facile infatti riunire un periodo tanto complesso e che vede sulla scena così tanti personaggi in pochi volumi, per quanto ognuno di questi due primi libri conti più di 500 pagine ciascuno.

Il rischio è quello già corso da Burckhard nel suo “La civiltà del Rinascimento in Italia”, saggio al quale lo stesso Strukul ha dichiarato di essersi ispirato, ovvero di tralasciare alcune cose o al contrario di soffermarsi troppo su altre.

Il Rinascimento fu un periodo ricco di arte e letteratura, filosofia e studi scientifici, ma fu anche un periodo politicamente insidioso e in perenne stato di guerra.

L’Italia era un paese fatto di tanti piccoli stati, regni, repubbliche, ducati incapaci di trovare un punto di unione, un paese dove le informazioni erano la fonte di potere più efficace, un paese di traditori e disonesti dove la parola data veniva il più delle volte disattesa.

Matteo Strukul ci narra questo mondo in modo minuzioso senza tralasciare nulla, ci racconta in modo perfetto le battaglie, tanto che sembra di partecipare agli scontri sul campo in prima persona, ci racconta dell’arte, le pagine dedicate al Cenacolo di Leonardo e ai tarocchi commissionati da Agnese del Maino per Filippo Maria  Visconti ne sono un esempio su tutti, delle città e delle loro fortificazioni, delle chiese e dei palazzi, ma soprattutto riesce a ricreare l’atmosfera di quel mondo facendoci incontrare i suoi protagonisti.

Matteo Strukul non dedica molto spazio alla famiglia Medici, a loro del resto aveva già dedicato i volumi di un’intera saga, ma da queste pagine si evince il suo forte interesse per il ducato di Milano, per i Visconti e per gli Sforza e tale inclinazione risulta evidente nelle bellissime caratterizzazioni di personaggi quali Filippo Maria Visconti, Ludovico il Moro e Caterina Sforza.

Altri personaggi indimenticabili del secondo volume sono Lucrezia Borgia e Cesare Borgia del quale dà una descrizione straordinaria

Cesare Borgia, l’uomo che fu tutto e fu niente, fu notte e giorno, croce e spada, ma mai, mai gli riuscì d’essere chi davvero voleva.

Non posso affermare che siano romanzi sempre scorrevoli, a volte il ritmo rallenta e ho avvertito a tratti alcune difficoltà, non dovute di certo alla scrittura quanto piuttosto dall’insieme del racconto che presenta indubbiamente una trama davvero complessa.

Matteo Strukul però ha dimostrato di saper condurre per mano il lettore anche nei passaggi più difficili e il risultato è una saga assolutamente avvincente come il periodo storico a cui si riferisce.

Non si può correre leggendo queste pagine, bisogna avere la pazienza di aspettare per capire e comprendere le implicazioni che ogni singolo evento, ogni singola parola comporta nel quadro storico, solo così è possibile riuscire ad entrare appieno in quel mondo tanto spietato e allo stesso tempo così affascinante che è stato il Rinascimento italiano.

 

venerdì 18 settembre 2020

“Le nemiche” di Carla Maria Russo

Anno 1501, dopo lunghe ed estenuanti trattative, papa Alessandro VI  riesce ad accordarsi con Ercole d’Este.

Grazie ad una cospicua dote di ben 300.000 ducati, sua figlia Lucrezia Borgia, nata dalla sua lunga relazione con Vannozza Cattanei, una tenutaria di bordello come la definirà Isabella d'Este, potrà sposare in terze nozze il primogenito di Ercole d’Este, Alfonso d’Este.

La tanto discussa Lucrezia, una donna dalla dubbia moralità, figlia di un papa aborrito da tutti e sorella di Cesare Borgia, uomo corrotto, arrivista e violento come tutti i suoi familiari, diverrà quindi, alla morte del duca Ercole d’Este, la nuova duchessa di Ferrara prendendo il posto della defunta e compianta Eleonora d’Aragona.

Nel frattempo è destinata a spodestare dal ruolo di duchessa in pectore Isabella, la figlia prediletta di Ercole d’Este, che tale ruolo aveva assunto subito dopo la morte della madre Eleonora.

Isabella d’Este Gonzaga, marchesa di Mantova e moglie di Francesco II Gonzaga, è molto preoccupata che l’entrata in scena di Lucrezia le faccia perdere anche quel titolo di primadonna d’Italia, di arbiter elegantiarum, a lei unanimemente riconosciuto e al quale tiene moltissimo.   

La ventisettenne Isabella e la poco più che ventenne Lucrezia sono due figure dalle qualità non comuni, ma anche troppo diverse tra loro per poter andare d'accordo; è quindi chiara fin da subito l'inevitabilità di un acceso scontro tra le due donne.

La raffinata, orgogliosa e nobile Isabella fin dall’inizio dimostrerà di non aver alcuna intenzione di lasciarsi schiacciare da una donna arrivista, viziata e sensuale quale è da tutti considerata sua cognata Lucrezia.

Isabella è abituata a dominare la scena non solo sociale, ma anche politica di Mantova; quando il marito non è presente tocca a lei sostituirlo, ma in verità anche quando Francesco è a Mantova è sempre lei che si fa carico di indicargli quale sia la rotta politica migliore da seguire.

Isabella è da tutti riconosciuta come la regina indiscussa dell’arte del governo, della diplomazia oltre che del gusto della cultura e della moda.

Lucrezia, da parte sua, capirà fin dall’inizio che il matrimonio da lei tanto auspicato, quel matrimonio che desiderava perché l’avrebbe affrancata per sempre dall’autorità che il padre e il fratello esercitavano prepotentemente su di lei trattandola come una semplice pedina nei loro giochi di potere, non si rivelerà la fonte di pace nella quale aveva sperato.

La famiglia del marito non la accetterà mai, si limiterà semplicemente a tollerarla per la cospicua dote portata nella casse estensi, ma non smetterà mai di rinfacciarle le sue dubbie origini e i crimini dei suoi parenti.

La giovane Borgia non può vantare né la vasta cultura né la conoscenza dell’arte del governo che contraddistinguono la sua rivale Isabella, ma a suo favore giocano una straordinaria bellezza e un disarmante fascino, inoltre, cosa da non sottovalutare, Lucrezia è cresciuta nella Roma dei papi affiancata da figure del calibro di Cesare Borgia e di Alessandro VI per cui è ben consapevole delle proprie capacità.  Sempre pronta a dare battaglia, non si farà piegare facilmente dai suoi nemici né si fare abbattere dalle avversità.

Più che mai decisa a ritagliarsi il suo posto nel mondo e a conquistarsi un suo angolino di libertà non si tirerà indietro di fronte a nulla e non esiterà a colpire anche la scaltra Isabella là dove la sua avversaria è più vulnerabile ossia nei suoi affetti.

Attorno alle due donne, protagoniste indiscusse del romanzo, ruotano molti altri personaggi che non possono certamente definirsi minori in quanto anch’essi sono di elevata caratura.

Così, se all’inizio percepiamo tutta la tensione tra l’avido Ercole d’Este e l’ambizioso Alessandro VI, pagina dopo pagina facciamo la conoscenza con gli altri personaggi della famiglia.

Alfonso I, futuro duca di Ferrara, è un uomo capace con le armi, ma troppo poco accorto nelle questioni di stato, si lascia conquistare dalla bellezza della moglie, ma non per questo rinuncia ai piaceri della carne e della caccia.

Alfonso in realtà è costantemente ricattato del fratello, il cardinale Ippolito d’Este, un uomo malvagio, prepotente e corrotto che nulla ha da invidiare in quanto a nefandezze al tanto vituperato duca Valentino; di fatto è proprio Ippolito colui che nell’ombra governa il ducato.

Abbiamo poi gli altri tre fratelli d'Este: il più piccolo, Sigismondo, è una figura piuttosto marginale, un ragazzo servizievole e gentile con tutti;  il secondogenito, Ferrante, al quale sarebbe toccato il ruolo di cardinale, ma gli è stato preferito dal padre il terzogenito Ippolito in quanto più lungimirante e scaltro, è un tipo rancoroso e inconsistente e, infine, c'è il bellissimo Giulio, il figlio illegittimo, nato dalla  relazione del duca Ercole con una delle dame di compagnia della moglie Eleonora d’Aragona.

Sebbene Giulio e  Ferrante siano entrambi considerati dei damerini troppo concentrati sul loro guardaroba e sulle loro conquiste femminili per poter dare pensiero agli altri fratelli in merito ad eventuali congiure che potrebbero ordire ai loro danni, Giulio in realtà si rivelerà essere un uomo fiero ed orgoglioso, non così sottomesso e facile da piegare come si è portati a pensare in un primo momento.

Carla Maria Russo, della quale poco tempo fa avevo letto un altro splendido romanzo intitolato “Il cavaliere del giglio” ha una capacità straordinaria nel saper raccontare non solo la storia e i personaggi che la animano, ma anche nel saper dipingere un affresco quanto mai realistico dei luoghi in cui si svolgono i fatti.

Pagina dopo pagina, sembra davvero di aggirarsi in prima persona in quella corte nella quale si muovo amanti, spie, giovani affascinanti e uomini spietati, sembra di poterli toccare quei preziosi tessuti di cui sono fatti quegli straordinari abiti emblema essi stessi del potere di chi li indossa, di poter intravvedere il luccichio di quegli splendidi gioielli di Lucrezia Borgia e di poter ammirare le bellissime opere d’arte, il grande vanto della marchesa Isabella d’Este.

“Le nemiche” è un romanzo storico dalla lettura scorrevole e piacevole che racconta in modo appassionante e coinvolgente quel mondo rinascimentale fatto di intrighi e complotti, ma anche terribilmente affascinante e seducente come i suoi protagonisti.

Alle figure di Lucrezia e di Isabella è dedicato anche un saggio di Alessandra Necci, edito da Feltrinelli, intitolato “Isabella e Lucrezia, le due cognate” che a questo punto sarei piuttosto curiosa di leggere e credo quindi che provvederò ad aggiungerlo alla mia, ahimè, già lunghissima wishlist.

 


domenica 14 giugno 2020

“La civiltà del Rinascimento in Italia” di Jacob Burckhardt


LA CIVILTA’ DEL RINASCIMENTO
 IN ITALIA
di
Jacob Burckhardt
NEWTON COMPTON EDITORI
Jacob Burckhardt nacque a Basilea nel 1818 da una famiglia protestante, questa sua origine ebbe un notevole peso sulla sua vita di uomo e di studioso.

Dedito agli studi di filosofia, teologia, storia e storia dell’arte, egli fu soprattutto un grande erudito intento ad accumulare per tutta la sua esistenza conoscenze da trasferire nei suoi saggi.

Il suo “La civiltà del Rinascimento in Italia” (Die Kultur der Renaissance in Italien), pubblicato per la prima volta nel 1860, è ancor oggi considerato un classico della storiografia rinascimentale.

L’intenzione di Burckhardt era quella di fondere insieme le sue conoscenze di storico e di storico dell’arte per raccontare un’epoca, quella del Rinascimento italiano, in cui egli ravvisava un rinnovamento di ogni cosa: pensiero, morale, governo e cultura.

È indubbiamente notevole l’ampiezza delle ricerche e degli studi condotti dallo storico  che si trovano alla base di una tale opera, opera che ancora oggi riesce però a dividere gli studiosi sul suo reale valore.

Molte critiche infatti si levarono ben presto nei confronti di questo saggio; primo tra i suoi detrattori possiamo ricordare Benedetto Croce il quale non risparmiò critiche alquanto severe nei confronti dello studioso di Basilea.
Tra queste critiche mosse da Croce a Burckhardt ci furono quelle di eccessivo moralismo e di mancanza di continuità dello sviluppo storico.
Secondo Benedetto Croce infatti il Rinascimento buckhardtiano sarebbe risultato quasi completamente separato dal precedente periodo, il Medioevo.

Il libro di Burckhardt è diviso in sei parti.

Nella prima parte “Lo stato come opera d’arte” egli analizza le condizioni politiche del XIII secolo e dell’impero di Federico II, passando poi a parlare del ruolo del papato e ad analizzare le varie forme di governo, in particolare le tirannidi e le repubbliche.
Non tralascia di fare un excursus delle più o meno importanti famiglie che dominarono l’Italia né di prendere in esame la politica estera e quell'arte della guerra di cui tanto si scrisse anche proprio in epoca rinascimentale.

Nella seconda e terza parte del libro Burckhardt analizza i fatti occorsi nel XV e del XVI secolo, approfondisce la storia delle grandi personalità dell’epoca e di quelle città, Firenze e Venezia prime tra tutte, che guidarono il risveglio della civiltà.
Analizza inoltre lo studio ed il rinnovato interesse per la poesia, la cultura classica, l’epistolografia, la storiografia, la lingua latina, l’educazione e le istituzioni universitarie.

La quarta parte è dedicata alle scoperte.
Iniziano in questo periodo le grandi esplorazioni, è l’epoca di Cristoforo Colombo, si raggiungono mondi sconosciuti, ma in questo periodo si riscopre anche l’essere umano.
Si esaltano le virtù dei grandi uomini che hanno fatto ad esempio la storia delle letteratura quali Dante, Petrarca e Boccaccio.
Il crescente desiderio di raccontare la storia delle conquiste fatte in ogni campo da uomini illustri dà un forte impulso alla scrittura di biografie.

La quinta parte è dedicata alla vita sociale e alle feste, all'importanza del saper conversare ed atteggiarsi; è l’epoca de Il Cortegiano di Baldassare Castiglione.

Nella sesta ed ultima parte si analizzano infine il ruolo della morale e della religione nella vita dell’uomo rinascimentale.
Le campagne sono dominate da banditismo e barbarie, la fede si affievolisce e gli uomini sono soggiogati sempre più dall'influenza dell’astrologia, si lasciano irretire dal profetismo, cedono alla superstizione.
Tutti chiari segnali per Burckhardt che un’epoca sta per terminare; seguendo il pensiero machiavelliano anch'egli, come il segretario fiorentino, ravvisa nell'immoralità dilagante la principale causa di un’imminente ed irreparabile sfacelo politico dell’Italia.

Il libro di Burckhardt è indubbiamente un saggio illuminate ed interessante anche se non di facile lettura.

L’esposizione degli argomenti è chiara, ma l’argomento trattato è molto vasto e a volte risulta piuttosto ostico riuscire a mantenere alta la concentrazione.

È apprezzabile l’interdisciplinarità degli argomenti trattati; arte, letteratura, storia si compenetrano perfettamente regalandoci un ampio affresco dell’epoca rinascimentale e dello spirito che la pervadeva.

Il libro di Burckhardt  però presenta anche diverse lacune, ad esempio non si fa quasi menzione degli aspetti economici.
Non dimentichiamo infatti che le banche e le famiglie dei banchieri giocarono un ruolo di primissimo piano nel Rinascimento sia sul piano politico che su quello artistico.

A difesa di Burckhardt va senza dubbio detto che sarebbe stato umanamente impossibile riuscire a condensare in un unico volume ogni aspetto di una cultura così ricca e vasta come quella rinascimentale in modo esaustivo.

Tralasciando quindi la sterile polemica che per anni si trascina tra buckhardtiani e antiburckhardtiani, credo che per chiunque si interessi di storia rinascimentale il saggio è stato e resterà sempre un’imprescindibile pietra miliare sull'argomento, un volume ricco di suggerimenti da cui attingere per compiere più specifiche e dettagliate ricerche.