Visualizzazione post con etichetta Racconti. Mostra tutti i post
Visualizzazione post con etichetta Racconti. Mostra tutti i post

martedì 26 gennaio 2021

“L’ombra del maestro e altri racconti dell’invisibile” di Gianni Eugenio Viola

Sei brevi racconti, sei differenti storie che trascendono la realtà per sconfinare nel soprannaturale laddove il mondo visibile e quello invisibile, grazie ad un inaspettato varco, possono entrare in contatto tra loro anche se solo per un breve attimo.

Protagonista di “Mister Magic”, il racconto di apertura del libro, è un giornalista sul viale del tramonto intenzionato a smascherare il prestigiatore di un circo che sostiene di essere in grado di eseguire la trasmutazione dei metalli.

L’alchimia è la protagonista anche di un altro racconto intitolato “La rosa e la croce. Rosenkreutz” dove la vita dei proprietari di una locanda viene sconvolta da dei sedicenti architetti che affittano il locale per la loro riunione annuale.

Altri due racconti invece hanno come protagonista la letteratura.

“L’ombra del maestro” è la tardiva confessione di un cinico scrittore che in vita aveva pubblicato con uno pseudonimo alcuni libri di riflessioni filosofiche.

“Immortale” invece è il classico racconto di un autore che per ottenere imperitura fama letteraria accetta di vendere anima e corpo al diavolo.

Infine, gli atri due racconti sono legati alla morte delle compagne dei protagonisti delle rispettive storie.

In “L’ultima notte con Victoria Alba” il protagonista, nel tentativo di lenire il dolore causato dalla perdita della donna amata, si lascia convincere a contattare una negromante per poter parlare con lei un’ultima volta.

In “Amate mura” invece il protagonista della storia decide di cambiare tutte le lampadine dell’abitazione perché non riesce più a sopportare l’idea di convivere con la luce che quei lumi avevano sparso sulla tragedia consumatasi dentro il loro appartamento.

Il libro di Gianni Eugenio Viola è un libro breve, appena 157 pagine, ma non fatevi ingannare perché la sua lettura esige i suoi tempi, ogni pagina ha infatti bisogno di essere interpretata, analizzata e compresa.

Innumerevoli sono i richiami alla letteratura, alla storia, al mito, alla leggenda e alla ricerca alchemica.

Alcuni indizi sono più evidenti come i nomi degli immortali alchimisti che prendono parte all’annuale riunione alla locanda o il richiamo alla confraternita dei Rosacroce, altri meno e necessitano quindi di uno sguardo più approfondito.

La cosa che mi ha attratto di questo volume e mi ha spinto alla lettura è stata, come spesso succede, l’immagine della copertina che ho scoperto poi essere Abendlied di Franz Sedlacek (1891-1945), scelta quanto mai indovinata.

Le atmosfere di questi racconti portano il lettore in un’altra dimensione, a volte sembra di essere in un quadro di Marc Chagall altre in acquarello di un paesaggio toscano di quelli che i pittori sono soliti vendere ai turisti per le strade, talvolta, pur essendo i racconti ambientati in epoca contemporanea, sembra di rivivere le atmosfere gotiche del film Dracula di Bram Stoker e a tratti si ha l’impressione di udire l’eco delle opere di Franz Kafka

Le cose vicine sono le più difficili da raggiungere… Vuol sapere. Ebbene deve aspettare, caro signore, aspettare.

È un libro che a suo modo fa riflettere il lettore e lo spinge ad interrogarsi sul senso della vita e sulla verità o, piuttosto, su quelle verità che noi riteniamo tali.

La quarta di copertina pone l’interrogativo “L’essenziale è invisibile agli occhi?

Sì, fu la volpe a svelare al Piccolo Principe proprio questo suo segreto:

Non si vede bene che col cuore. L’essenziale è invisibile agli occhi

E verrebbe ancora da aggiungere ricordando Giulietta e Romeo (atto II, scena II)

Che cosa c’è in un nome? Quella che chiamiamo rosa, pur con un altro nome, avrebbe lo stesso dolce profumo.





martedì 1 novembre 2016

“Amo la notte con passione” Guy De Maupassant

AMO LA NOTTE CON PASSIONE
di Guy De Maupassant
IL SOLE 24 ORE
Guy De Maupassant (1850 – 1893) è autore conosciuto soprattutto per i suoi romanzi, tra cui forse i più famosi sono Una Vita e Bel-Ami.
L’erede spirituale di Flaubert in realtà fu anche un prolifico autore di racconti, sono infatti più di trecento quelli che vennero pubblicati.

“Amo la notte con passione” è una raccolta di sei brevissimi racconti che, come si evince dal titolo stesso, hanno in comune l’ambientazione notturna.

“La notte” primo racconto con cui si apre la raccolta inizia con una dichiarazione d’amore alle ore notturne:

Amo la notte con passione. L’amo come si ama il proprio paese o la propria amante, d’un amore istintivo, profondo, invincibile. L’amo con tutti i miei sensi, con i miei occhi che la vedono, il naso che la respira, le orecchie che ne ascoltano il silenzio, con tutto il mio corpo che le tenebre accarezzano.

La notte ammalia il protagonista del racconto che vaga affascinato per le strade della città sedotto dalle mille luci dei caffè concerto.
Quando però le luci dei lampioni vengono spente, egli si ritrova solo per le buie e solitarie vie di Parigi e tutto improvvisamente muta.
Egli avverte su di sé tutto il peso della solitudine e mentre passeggia lungo la Senna, sente salire il freddo glaciale dall’acqua, e capisce che non sarà mai più in grado di trovare la forza di risalire.

“La solitudine” è il tema della seconda storia. Due amici dopo un’allegra cena tra uomini, decidono di fare una passeggiata prima di tornare a casa. Complice la notte, l’uno rende partecipe l’altro dei suoi pensieri sulla sua solitudine e sulla condizione umana.
L’uomo è un essere isolato, infelice;  con l’amore si illude di poter trovare conforto in un altro essere, si aggrappa a lui con forza, ma è tutto inutile, tutto si riduce alla fine solo ad una vana illusione.
Come Flaubert scrisse ad un’amica ”Siamo tutti in un deserto. Nessuno capisce nessuno”, così il protagonista del racconto:

Ebbene, allo stesso modo l’uomo non sa cosa succede in un altro uomo. Noi siamo lontani gli uni dagli altri più di quegli astri, e più isolati, soprattutto, perché il pensiero è impenetrabile.

Ma la vita umana non è solo incomunicabilità e solitudine, ma anche infinita monotonia.

Lerac è il protagonista del terzo racconto dal titolo “Passeggiata”.
Egli è un anziano contabile, sono quarant’anni che fa lo stesso lavoro nello stesso negozio. Da quarant’anni trascorre tutte le sue giornate nello stesso stanzino buio e cupo anche in piena estate.
Una sera come tante, dopo aver chiuso il negozio, decide di fare una passeggiata. Nella sua solitudine inizia a ripercorre con la mente la sua esistenza e si rende conto con raccapriccio che la sua vita è stata un’esistenza monotona, ogni giorno uguale all’altro, senza emozioni, senza avvenimenti, senza speranze, senza amore.

E di colpo, come se un fitto velo si fosse strappato, Leras si rese conto della miseria, dell’infinita e monotona miseria della sua esistenza: la miseria passata, quella presente e quella futura; vedeva gli ultimi giorni uguali ai primi, senza niente davanti a sé, niente dietro di sé, niente attorno a sé, niente nel cuore, niente ovunque.

Lerac verrà trovato impiccato al mattino ad un ramo di un albero.

Il quarto racconto si intitola “Una serata a Parigi”. Dei sei racconti che compongono la raccolta è quello goliardico e spiritoso.
Protagonista del racconto è Savan, notaio a Vernon, appassionato di musica e amante della vita di Parigi, sempre a caccia di eventi mondani e della possibilità di conoscere personaggi famosi del mondo della letteratura, della musica e della pittura.
Un giorno riesce a farsi invitare ad una festa da un famoso pittore, ma la serata che prometteva per lui ogni sorta di gioia e delizia, si trasformerà in un’amara delusione. Invece di tornare a casa soddisfatto ed orgoglioso, Savan vi farà ritorno ferito nell’orgoglio e della dignità.

Protagonista del quinto racconto intitolato “Un’avventura parigina”, è una giovane donna, calma solo in apparenza, che trascorre le sue giornate tra le mura domestiche prendendosi cura della casa, del marito e dei figli.
La donna è un’avida lettrice di articoli di cronaca mondana e sogna incessantemente “un’avventura parigina”; poter prender parte a “quell’apoteosi di lusso magnifico e corrotto” è il suo più grande desiderio.
Ma proprio perché i sogni a volte si avverano, la donna riuscirà a coronare il suo e la sua grande occasione avrà le sembianze del famoso scrittore Varin.
Come spesso accade quando si ottiene quello che tanto a lungo si è desiderato, la delusione per la realtà avrà il sopravvento, la donna tornerà nel suo appartamento di provincia e, non appena nella sua stanza, scoppierà in singhiozzi.

Ho voluto conoscere il… il vizio… e… e insomma, non è divertente.

Chiude la raccolta il racconto intitolato “I boulevard”: una cronaca delle strade di Parigi e dei suoi abitanti, brevi frammenti di vita vissuta.

Grazie alla sua magistrale capacità di creare atmosfere, Guy De Maupassant ci regala profonde emozioni con le descrizioni della notte e della città di Parigi.
In questi racconti l’autore dimostra tutta la sua abilità nell’indagare l’animo umano porgendoci una visione tormentata e travagliata della condizione umana.
Attraverso i suoi racconti inoltre leggiamo la forte denuncia della società borghese e della cupidigia e crudeltà degli uomini.

Con questi racconti Guy De Maupassant si rivela essere un autore molto moderno, l’indagine dei malesseri dell’uomo ottocentesco che egli indaga sono infatti gli stessi dell’uomo di oggi.


  

lunedì 17 ottobre 2016

“Diario di un uomo superfluo” di Ivan Turgenev (1818 – 1883)

DIARIO DI UN UOMO SUPERFLUO
di Ivan Turgenev
IL SOLE 24 ORE
“Diario di un uomo superfluo” è un breve racconto, poco meno di un’ottantina di pagine, scritto da Ivan Turgenev nel 1850.

Protagonista della storia è il giovane Culkaturin che, consapevole di essere prossimo alla morte, decide di congedarsi dalla vita scrivendo un diario.

La scelta di scrivere di sé sotto forma di diario è una scelta profonda e introspettiva; il diario, infatti, è la forma di scrittura che più di tutte permette di parlare di se stessi in modo intimo e spontaneo.

Culkaturin nelle prime pagine racconta della sua infelice infanzia; di una madre fredda e rigida, di un padre debole, senza carattere e dedito al gioco, ma ben presto si lascia andare a ricordi più recenti e rende così partecipe il lettore dei suoi sentimenti e del suo amore non corrisposto per la bella Liza.

Culkaturin è per sua stessa definizione un uomo “superfluo”, aggettivo che il lettore non deve tradurre con inutile, ma piuttosto deve dargli un’accezione di impotente, inconsistente.
La natura lo ha trattato come “si fa con un ospite inatteso e incomodo”; per tutta la sua vita egli ha trovato costantemente il proprio posto occupato, ma egli non si indigna, non si adira per questo, piuttosto pensa che la colpa sia sua perché ha sempre cercato il posto laddove non avrebbe dovuto.

C’è stato solo un momento nella vita di Culkaturin in cui egli abbia pensato di poter essere veramente se stesso ed acquistare consistenza agli occhi del mondo, ovvero quando innamorandosi di Liza, egli crede davvero che la sua esistenza vuota e superflua possa finalmente essere riscattata.

L’intera mia esistenza venne rischiarata dall’amore, tutta tutta, fino ai particolari più insignificanti, come una stanza buia e abbandonata in cui abbiano portato la luce di una candela.

Egli potrebbe diventare qualcuno grazie all’amore di un’altra persona, potrebbe vivere negli occhi della donna amata, ma il sogno dura un battito di ali ed egli si ritrova nuovamente ai confini della sua stessa vita non appena entra sulla scena l’affascinante principe di cui la ragazza si invaghisce all’istante.

Le effusioni sentimentali sono come la radice di liquirizia: dapprima la succhi e non è male; poi, però, ti allappa la bocca.

Culkaturin è un antieroe, è colui che non riesce ad essere protagonista neppure del suo stesso diario.
E’ il simbolo delle persone che vivono ai margini della società, che non si riconoscono in essa e che la società stessa non vede, ma le attraversa con lo sguardo come se non esistessero, come se fossero trasparenti.

Il personaggio uscito dalla penna di Turgenev trova corrispondenza in tanti altri personaggi della letteratura, penso ai personaggi di Sartre, Musil, Kafka...

Culkaturin è un uomo fragile che non si sente mai all’altezza delle situazioni, un uomo stimato da nessuno e che per di più non sa neppure cosa sia l’autostima.
Egli si sente impotente e vive osservando da dietro un vetro le vite degli altri.
Lui è l’escluso, colui che è condannato a fare sempre da tappezzeria e a veder ogni volta vanificato ogni suo debole tentativo di riuscire ad ottenere un attimo di “popolarità”.

“Diario di un uomo superfluo” è un racconto struggente, inteso e ricco di pathos che commuove il lettore fin dalle sue prime pagine, un piccolo capolavoro della letteratura russa da leggere lentamente, gustandone con calma ogni singola pagina e soffermandosi ad ogni passaggio.

Addio, vita, addio, mio giardino, addio anche a voi, miei tigli! Quando l’estate giungerà, non scordate – mi raccomando -  di rivestirvi di fiori da capo a piedi…



domenica 13 ottobre 2013

“Brevi monologhi in una sala da ballo di fine Ottocento” di Alessandra Paoloni

Brevi monologhi in una sala
da ballo di fine Ottocento
di Alessandra Paoloni
formato Kindle
Nonostante il titolo imponente che farebbe pensare ad un tomo particolarmente sostanzioso, “Brevi monologhi in una sala da ballo di fine Ottocento” è in realtà un libretto di pochissime pagine, circa un centinaio.

Chi mi conosce sa che non amo particolarmente il formato e-book. Questa volta però mi sono lasciata tentare dal titolo davvero intrigante del libro d’esordio dell’autrice e, con mia grande sorpresa, mi sono ritrovata a leggere un’operetta in versi davvero interessante.

Alessandra Paoloni, come lei stessa racconta nella nota introduttiva, ha tratto ispirazione per questo libro dalla lettura de “L’antologia di Spoon River” una raccolta di poesie, opera di Edgar Lee Masters, pubblicate tra 1914 ed il 1915. 
Scritte sotto forma di epitaffio le poesie del poeta americano raccontano la vita di alcune persone sepolte nel cimitero di un piccolo paesino immaginario della provincia americana.
Inutile dire che ora sono davvero curiosa di leggere anche il libro di Edgar Lee Masters che ho già provveduto prontamente ad inserire nella lista dei prossimi acquisti.

In “Brevi monologhi in una sala da ballo di fine Ottocento” sono gli stessi invitati al ballo a dialogare con il proprio io. In sostanza ogni poesia consiste in una serie di brevi considerazioni tra sé e sé da parte dei diversi protagonisti della storia che, terminato il proprio monologo, introducono il personaggio successivo.
Sfilano dinnanzi a noi uomini e donne di ogni età, un vero e proprio corteo di vizi e virtù dell’essere umano: facciamo conoscenza con giovani prossime al matrimonio, mogli, figlie, fidanzate e amanti…incontriamo artisti, poeti, uomini anziani con giovani mogli al seguito, dandy…
Ogni inviato porta infatti sulla scena ansie, paure, desideri inconfessati, sentimenti non corrisposti, voglia di libertà ed evasione…

In poche pagine Alessandra Paoloni riesce a regalarci un quadro dettagliato di un mondo dove l’ipocrisia e il perbenismo regnano sovrani. Ascoltando i pensieri di ogni personaggio riusciamo a cogliere perfettamente l’estenuante lotta tra la voglia di essere e l’importanza di apparire, un conflitto che ha interessato l’uomo in ogni epoca e che ancora oggi è di estrema attualità.
Tutti indossano una maschera per sottrarre il proprio vero io agli sguardi indiscreti ed indagatori degli altri, ma nessuno però può sottrarsi dal giudicare e ancor meno dall’essere giudicato dal prossimo.

La scrittura di Alessandra Paoloni è elegante, scorrevole ed essenziale. Ogni parola è pensata e perfetta. I suoi versi sono degni dei più famosi poeti dell’Ottocento e ad essere sinceri, il lettore potrebbe essere facilmente ingannato sulla datazione dell’opera se non fosse già a conoscenza del fatto che Alessandra Paoloni è un’autrice contemporanea.

“Brevi monologhi in una sala da ballo di fine Ottocento” può essere definito tranquillamente una piccola perla. Assolutamente da leggere.



martedì 27 agosto 2013

“Le dame di Grace Adieu e altre storie di magia” di Susanna Clarke

LE DAME DI GRACE ADIEU
e altre storie di magia
di Susanna Clarke
LONGANESI
Il libro è, come si evince dal titolo stesso, una raccolta di racconti. Più precisamente si tratta di otto storie di diversa lunghezza che hanno tra loro in comune l’elemento magico.

Il primo racconto “Le dame di Grace Adieu” che dà il titolo all’intera raccolta può essere considerato per certi versi il seguito del primo romanzo di Susanna Clarke intitolato “Jonathan Strange & il Signor Norrell”.
Non solo la storia presenta la stessa ambientazione fantastica ma mostra anche chiari riferimenti ai personaggi e ai fatti del romanzo. Uno dei protagonisti del racconto è proprio lo stesso Signor Strange che, in visita al fratello della moglie ovvero il rettore della parrocchia di Grace Adieu, fa la conoscenza delle “famose” dame del paese che si dilettano compiendo incantesimi.
Il racconto, a differenza del romanzo, rivendica la magia come materia nella quale anche le donne possono eccellere.
Sinceramente delle varie storie, “Le dame di Grace Adieu” è quella che mi ha entusiasmata di meno nonostante abbia davvero apprezzato lo stile della scrittura che ricorda moltissimo quello di Jane Austen.

Le epoche in cui i racconti sono ambientati sono differenti ma in tutte le storie il confine tra la terra dei comuni mortali e quella delle creature magiche è davvero sottile. C’è un continuo sconfinare dei vari personaggi tra l’Inghilterra, terra di magia, e le Terre Altre, il mondo magico vero e proprio popolato di fate, elfi e folletti insomma di tutti i personaggi fantastici che popolano il mondo delle fiabe celtiche.

Tanti sono i riferimenti ad opere di altri scrittori oltre ovviamente alle storie che affondano le loro radici nel mondo folkloristico inglese e non solo.
Il racconto de “Il duca di Wellington e il suo cavallo” per esempio si rifà all’ambientazione di un celebre romanzo fantastico di Neil Gaiman intitolato “Stardust”, dal quale è stato tratto anche un film nel 2007 diretto da Matthew Vaughn.

“La collina di Lickerish”, uno dei miei racconti preferiti insieme a “John Uskglass e il Carbonaio del Cumberland”, è in realtà una versione riveduta e corretta, ambientata in epoca settecentesca, della celebre favola della ragazza che sapeva filare la canapa, una fiaba di origini nordiche che troviamo in varie versioni nei libri di favole per bambini.

Il mondo fantastico creato da Susanna Clarke è davvero vario, partendo da figure tipiche del mondo celtico come quella del Re Corvo si arriva a storie di magia e stregoneria come quella che vede protagonista addirittura la famosa Maria Stuarda che, imprigionata dalla cugina Elisabetta regina d’Inghilterra, trama giorno e notte per assassinare la parente rivale e impossessarsi del suo trono.

Bellissime sono le illustrazioni, opera di Charles Vess, che accompagnano le storie e rendono la vesta grafica de “Le dame di Grace Adieu e altre storie di magia” davvero simile ad un libro di favole per bambini.

La lettura di questi racconti è consigliata a chi ama il genere fiabesco e a chiunque voglia tornare bambino anche se solo per il tempo di qualche pagina…



domenica 21 luglio 2013

“La casa sfitta” di Ch. Dickens, E. Gaskell, W. Collins, A.A. Procter



 LA CASA SFITTA
di Dickens – Gaskell – Collins - Procter
Jo March Agenzia Letteraria
Charles Dickens, Elizabeth Gaskell, Wilkie Collins e Adelaide Anne Procter, quattro illustri personalità del mondo letterario di epoca vittoriana, sono gli autori di “A house to let”, storia pubblicata per la prima volta nel 1858 nell’edizione natalizia di Household Words, rivista diretta dallo stesso Dickens.

La signorina Sophonisba è una donna avanti negli anni, nubile e sola, alla quale il dottore ha prescritto una “vacanza londinese” ritenendo necessario un cambio d’aria per curare la depressione da cui è afflitta.
L’anziana signora lascia quindi la sua casa di Tunbridge Wells per trasferirsi in una casa in affitto nella capitale.
La sistemazione a Londra risponde perfettamente alle sue esigenze; l’unica nota stonata risulta essere la casa sfitta di fronte, una costruzione “parecchio malmessa, ma non in rovina”.
Un giorno Sophonisba avverte un’inquietante presenza nell’edificio di fronte e da quel momento non riesce più a pensare ad altro, la casa sfitta diventa la sua ossessione.
Per aiutare la donna ad uscire da questo suo stato d’ansia Trottle, il suo affidabile maggiordomo, e Jabez Jarber, il suo ex-spasimante ancora innamorato di lei, si improvvisano investigatori per risolvere il mistero della casa sfitta.
Alla voce di Jarber è affidato il racconto di tre storie slegate dalla vicenda principale, ovvero le storie degli inquilini che hanno affittato la casa nel corso degli anni.

Ognuno di questi racconti è opera di un diverso autore.

Il primo episodio “Il matrimonio di Manchester” scritto da Elizabeth Gaskell è la storia dei coniugi Openshaw: del passato della signora Alice prima di sposare il Signor Openshaw, del loro incontro e del loro trasferimento a Londra a seguito della promozione ottenuta dal signor Openshaw.

Il secondo episodio è opera di Charles Dickens ed è intitolato “Ingresso in Società”. Il racconto è narrato in prima persona dal signor Magsman il quale un tempo aveva preso in affitto la casa per i suoi spettacoli circensi. Egli ci narra la storia di un suo dipendente, il signor Chops, un nano con la fissazione di voler entrare in Società.

Il terzo episodio è affidato alla penna di Adelaide Anne Procter, una poetessa molto amata dalla regina Vittoria. “Tre sere nella casa” si differenzia dai precedenti racconti in quanto scritto in versi. La protagonista della poesia è Bertha, una giovane donna che per amore del fratello rinuncia a farsi una vita propria. Un giorno il fratello si sposa e lei capisce di aver rinunciato all’uomo amato ed alla sua felicità per nulla, ma ormai è troppo tardi per tornare indietro.

L’ultimo racconto “Il rapporto di Trottle” altro non è, come si evince dal titolo stesso, che il resoconto del maggiordomo a Sophonisba di quanto scoperto in merito alla casa. Questo ultimo episodio, opera di Wilkie Collins, si lega nuovamente alla vicenda principale e chiarisce il mistero della casa sfitta.

La cornice narrativa del romanzo è stata scritta a quattro mani da Dickens e Collins, ma l’influenza di Dickens si avverte anche nel racconto scritto dal solo Wilkie Collins.
L’umorismo e la satira che caratterizzano i personaggi dickensiani si integrano perfettamente con il racconto pieno di suspense e ricco di colpi di scena di Collins, maestro del sensational novel vittoriano.

Ogni racconto rispecchia lo stile del proprio autore. Così riconosciamo la penna di Elizabeth Gaskell nell’episodio de “Il matrimonio di Manchester” dall’introspezione psicologia dei personaggi e dalla particolare attenzione dell’autrice alla situazione economico-sociale all’interno della quale questi stessi personaggi si muovono.
Non è difficile riconoscere la penna di Dickens da alcune delle tematiche fondamentali dei suoi romanzi: il bambino orfano, il circo, l’ambiguità della società…
Una piacevole sorpresa è la poesia della Procter, poetessa molto famosa alla sua epoca ma non altrettanto ai giorni nostri. I suoi versi sono delicati e struggenti, malinconici e toccanti.

Dobbiamo ringraziare ancora una volta la Jo March Agenzia Letteraria per aver scovato questo romanzo dimenticato. Un regalo preziosissimo quanto inaspettato per tutti gli amanti della letteratura di epoca vittoriana.
Poiché la filosofia della casa editrice è quella di riscoprire ciò che è stato dimenticato, "i tasselli mancanti di un continente letterario sommerso”, a noi lettori non resta che rimanere in trepidante attesa della prossima uscita della collana Atlantide.


lunedì 1 luglio 2013

“La serie Victorian Solstice” di Federica Soprani e Vittoria Corella


Il taglio di questo post sarà un po’ diverso dal solito come diversa è stata la dinamica per cui mi sono ritrovata a leggere i primi due episodi della serie Victorian Solstice intitolati “La società degli spiriti” e “La lega dei gentiluomini rossi”.
E’ la prima volta che vengo contattata direttamente da un autore per fare una recensione della sua opera e colgo l’occasione per ringraziare Federica e la sua co-autrice Vittoria per la fiducia risposta nel mio blog.
In realtà sono stata un po’ indecisa se accettare o no l’incarico, per carattere non mi piace stroncare un libro o un racconto. Penso che vada sempre comunque premiato l’impegno di uno scrittore e che ciò che può non piacere a me non è detto non possa essere interessante per altri.
Per questo anche quando collaboro con le case editrici cerco sempre di scegliere libri che ritengo validi e che credo incontreranno i miei gusti.

Tornado alla serie in questione, davanti ai brevi cenni biografici delle autrici e sapendo che i racconti erano ambientati in epoca vittoriana, mi sono lasciata guidare dall’istinto e ho deciso di accettare. Oggi posso dire che le mie aspettative non sono state deluse ed il mio giudizio è più che positivo nonostante i racconti siano incentrati sull’elemento erotico, elemento che solitamente io non prediligo per le mie letture.

LA SOCIETA' DEGLI SPIRITI
di Federica Soprani e Vittoria Corella
Lite Editions
Nel primo episodio “La società degli spiriti” facciamo conoscenza con i due principali protagonisti della serie: Jericho Marmaduke Shelmardine e Jonas Marlowe.
Jericho è un medium molto conosciuto. Bello, affascinante ed elegante, è solito cenare nei migliori ristoranti e frequentare i salotti della buona società. Ha la capacità di riuscire a comprendere la personalità dei suoi interlocutori studiandone attentamente il comportamento.
Jonas Marlow è un ispettore di Scotland Yard, un tipo schivo e puntiglioso, una persona che non ama apparire sui giornali e che non crede nel soprannaturale. Fisicamente non si può definire un bell’uomo, ha i capelli rossi e la sua è una di quelle facce che vengono comunemente definite “facce da cavallo”.
Entrambi i personaggi nascondono vicende personali più o meno ambigue ed inquietanti di cui il lettore verrà a conoscenza a tempo debito nel corso del racconto e delle quali ovviamente non voglio anticiparvi nulla per non rovinarvi il piacere della scoperta.
In questo primo episodio Jonas e Jericho indagano sulla morte di Lord Kynaston, capofamiglia dei Conti di Shaftesbury, il cui cadavere straziato è stato rinvenuto nella sua biblioteca, chiusa a chiave dall’interno. Per far luce sull’omicidio, l’ispettore ed il medium rivolteranno la città fin nei luoghi più torbidi nel tentativo di ritrovare la protetta di Lord Kynaston, la giovane Miss Euphrosine Morris, di cui si sono perse le tracce dopo la morte di quest’ultimo.

LA LEGA DEI GENTILUOMINI ROSSI
di Federica Soprani e Vittoria Corella
Lite Editions
Nel secondo episodio invece dal titolo “La lega dei gentiluomini rossi” Jonas e Jericho sono impegnati a risolvere un caso di persone scomparse. A scomparire sono giovani uomini di bell’aspetto che hanno una caratteristica comune: hanno tutti i capelli rossi.
In questo episodio i nostri investigatori non avranno solo a che fare con povere famiglie di irlandesi immigrati, ma anche con persone molto vicine alla Corona.
Jonas e Jericho si ritroveranno ad indagare su una delle persone più influenti del Regno ovvero il Duca di Beaufort, il Lord Cancelliere. Uno dei ragazzi scomparsi infatti altri non è che George Coventry, fratello gemello di Gwendoline Coventry, la giovane e bellissima moglie del Duca.
Ma poiché ci sono cose che non devono essere portate alla luce e persone che non possono essere assolutamente compromesse, il medium e l’investigatore si troveranno in situazioni davvero pericolose.

L’atmosfera che si respira leggendo questi racconti è quella tipica della Londra di fine Ottocento. La città ci viene spesso descritta avvolta dalla nebbia, i protagonisti ci conducono nelle strade più pericolose, quelle stesse strade che hanno fatto da sfondo ai delitti commessi da Jack Lo Squartatore.
Il mondo ha perso la sua innocenza e imperversano il vizio, la corruzione e la depravazione. La sensualità e l’eros sono elementi fondamentali di questi racconti che pongono l’accento sulla dissolutezza dei costumi e sull’omosessualità.

Federica Soprani e Vittoria Corella hanno dimostrato con questi due episodi di essere dotate di molta fantasia; le descrizioni dei luoghi sono dettagliate e la scrittura è scorrevole.
L’elemento erotico non è mai osceno né fine a se stesso, ma perfettamente integrato nella storia. Pur non lasciando nulla all’immaginazione ogni cosa viene sempre raccontata in maniera garbata ed elegante cosicché anche le immagini più forti e dirette non risultano mai troppo volgari.

I racconti possono essere letti anche separatamente perché, al di là del filo conduttore che lega i vari personaggi, i singoli casi trovano la loro risoluzione alla fine di ogni episodio.
Nell’attesa di conoscere le nuove avventure di Jonas e Jericho, vi ricordo, nel caso foste interessati alla lettura, che i primi due racconti “La società degli spiriti” e “La lega dei gentiluomini rossi” sono stati pubblicati esclusivamente in formato e-book.
  


sabato 30 marzo 2013

Beatrix Potter (Londra 1866 – Sawrey 1943)


Ho pensato che per farvi gli auguri di Buona Pasqua il modo migliore fosse quello di raccontarvi la vita di una celebre illustratrice, scrittrice e naturalista inglese, famosa soprattutto grazie ai suoi libri per bambini. Sto parlando ovviamente di Beatrix Potter che tutti ricorderete per il racconto di Peter Rabbit conosciuto qui in Italia come Peter Coniglio.

Beatrix Potter nacque nel 1866 da genitori che disponevano di rendite ereditate dai loro genitori. La famiglia della scrittrice era quindi una tipica famiglia benestante di epoca vittoriana: il padre, avvocato, raramente esercitava la sua professione e preferiva trascorrere il tempo nei circoli esclusivi, mentre la madre era impegnata nel fare visite e  nel ricevere ospiti.
Betarix Potter fu allevata insieme al fratello Bertram, di sei anni più giovane, in un’atmosfera ovattata, dalle baby sitter e dalle governanti.
Non frequentò la scuola e la sua educazione fu delegata a delle istitutrici. Più tardi uno zio tentò di farla accedere come studente presso i Royal Botanic Gardens di Kew, ma fu respinta in quanto donna. Da bambina la scrittrice non ebbe alcuna possibilità di frequentare i suoi coetanei e i suoi unici compagni furono quindi i piccoli animali che teneva nello studio.
Per tre mesi all’anno, durante l’estate, il padre affittava una casa in campagna dapprima in Scozia e successivamente nel Lake District. Proprio qui Beatrix Potter ebbe la possibilità di osservare il mondo della natura e gli animali di cui amava studiare i comportamenti e fare schizzi.
La passione per la natura, per il mondo animale e per la pittura (soprattutto l’acquerello) furono il leitmotiv della sua vita fin dall’infanzia.
La carriera di Beatrix Potter come artista e scrittrice ebbe inizio nel 1902, anno in cui fu pubblicato il suo primo racconto “La storia di Peter Coniglio” grazie alla Frederick Warne & Co.
Si fidanzò segretamente con il suo editore Norman Warne nonostante l’opposizione dei suoi genitori i quali non potevano approvare che la figlia spossasse un uomo che lavorava per vivere. Lei decise di sposarlo ugualmente, ma purtroppo il giovane morì qualche mese prima del matrimonio a causa di un’anemia perniciosa.
La  Potter era un’anima libera e possedeva un’invidiabile determinazione. Grazie alla sua fervida e prorompente fantasia scrisse in media due libri all’anno fino al 1910. Protagonisti dei racconti erano conigli, anatre, topolini, maialini, scoiattoli…tutti antropomorfizzati.
Il denaro che guadagnava con le sue pubblicazioni, le consentì una certa indipendenza economica e nel 1905 comprò la sua prima proprietà nel Lake Disctrict, la fattoria di Hill Top nel villaggio di Sawrey. Nel 1913 sposò il suo avvocato, William Heelis e fissò definitivamente la sua residenza a Sawrey. Quando fu costretta a mettere da parte la scrittura per problemi di vista iniziò a dedicarsi all’agricoltura, all’allevamento delle pecore ed all’acquisto di terreni nella campagna del Lake Districk. Alla sua morte avvenuta nel 1943 lasciò alla nazione, e più precisamente al National Trust, più di quattromila acri di terra e quindici fattorie.
Fu una donna straordinaria, caparbia e piena di senso intuitivo, dotata di un grande talento letterario e artistico. I suoi libri in tutti questi anni non hanno mai perso popolarità e oggi le sue opere sono vendute in milioni di copie e tradotte in trenta lingue.
Verso la fine della sua vita scrisse:

Se mai ho dato un contributo, anche piccolo, per insegnare ai bambini ad apprezzare piaceri semplici e onesti, allora qualcosa di buono l’ho fatto.

Nel 2006 è stato realizzato un film intitolato “Miss Potter” in cui la scrittrice era interpretata da Renèe Zellweger mentre la parte dell’editore Norman Warne era stata affidata ad Ewan McGregor. La critica l’ha definito un po’ troppo lezioso e noioso, un film dal sapore di un’occasione mancata… Non credo sia un capolavoro del cinema ed è vero che a volte è  forse un po’ troppo lento ma nell’insieme l’ho trovato un film interessante, belli i costumi, bella la scenografia e simpatica l’idea dell’animazione dei disegni.


Tantissime sono le edizioni dei racconti di Beatrix Potter in lingua italiana, di tutti i tipi e formati, ma quello che consiglierei, perché più completo, è “Il mondo di Beatrix Potter” edito da Sperling & Kupfer.
Questo volume riunisce, infatti, tutti i 23 racconti in versione integrale e le poesie, accompagnati dalle illustrazioni originali a colori e in bianco e nero. Le storie sono presentate nella sequenza in cui furono pubblicate e, poiché spesso traggono spunti da persone, luoghi e animali reali,  sono tutte precedute da una brevissima nota introduttiva. Da segnalare inoltre che questa edizione comprende quattro storie inedite: “Tre topolini”, “La vecchia gatta infida”, La volpe e la cicogna” e “La festa di Natale dei conigli”.






venerdì 23 marzo 2012

"La sovrana lettrice" di Alan Bennett


"La sovrana lettrice", Alan Bennett
Adelphi (2007- Cusano MI)
“La sovrana lettrice” (titolo originale “The Uncommon Reader”) è un racconto di circa un centinaio di pagine ironico e piacevole.
Alan Bennett, con il suo consueto stile brioso e conciso, ci regala un romanzo brillante e originale; un libro davvero godile e divertente.

Fu tutta colpa dei cani. Di norma, dopo aver scorazzato in giardino salivano da veri snob i gradini dell’ingresso principale, e generalmente li faceva entrare un valletto in livrea.
E invece quel giorno, per qualche ragione, si precipitarono di nuovo giù dai gradini, girarono l’angolo e la regina li sentì abbaiare a squarciagola in uno dei cortili.
La biblioteca circolante del distretto di Westminster, un grande furgone come quelli dei traslochi, era parcheggiata davanti alle cucine.

Da qui prende via il racconto che vede come protagonista Elisabetta II d’Inghilterra nei panni della “sovrana lettrice” la quale, del tutto casualmente, scopre il piacere della lettura. Piacere che diventa ben presto un’ossessione ed il tempo trascorso senza leggere diventa irrimediabilmente perso. Assistiamo così a tutta una serie di scene esilaranti nelle quali Elisabetta cerca di nascondere il vizio della lettura, affinando la sua abilità a parlare in pubblico o a salutare la folla mentre i suoi occhi cadono sulla pagina del libro.
Il rapporto con la lettura diviene talmente travolgente ed incontrollabile che per la regina diventa sempre più difficile mantenere un equilibrio tra questa passione e gli impegni ufficiali, mentre l’intera corte è gettata nello scompiglio e la nazione inizia a preoccuparsi.

Certamente, –  disse  la regina – ma ragguagliare non è leggere. Anzi, è l’esatto contrario. Il raggiungimento è succinto, concreto e pertinente. La lettura è disordinata, dispersiva e sempre invitante. Il ragguaglio esaurisce la questione, la lettura la apre.

Passare il tempo? – esclamò la regina. I libri non sono un passatempo. Parlano di altre vite. Di altri mondi.

Un libro è un ordigno per infiammare l’immaginazione.

Ad un certo punto però la situazione precipita, Elisabetta si rende conto che leggere e prendere appunti non è più sufficiente.

Leggere non avrebbe cambiato le cose… Scrivere magari sì.
Dovendo rispondere alla domanda se la lettura le avesse arricchito la vita, avrebbe risposto di sì, salvo aggiungere con altrettanta certezza che l’aveva vuotata di qualsiasi scopo. In passato era stata una donna risoluta che conosceva i suoi doveri e intendeva compierli fin quando possibile. Adesso si sentiva troppo spesso scissa in due. Leggere non era agire, quello era il problema. Anche a ottant’anni, lei era una donna d’azione.
Riaccese la luce, prese il taccuino e annotò: “Non si mette la vita nei libri. La si trova”.

Dopo le innumerevoli letture confuse e disordinate Elisabetta alla fine raggiungerà una più profonda conoscenza di sé e, fatto un bilancio della sua vita, arriverà a compiere un gesto estremo ed inaspettato.

A volte mi sono sentita come una candela mangiafumo mandata qua è là per profumare delle dittature: al giorno d’oggi la monarchia è solo un deodorante governativo.
Io sono la regina d’Inghilterra, ma negli ultimi cinquant’anni me ne sono vergognata spesso.

Consiglio questo racconto a tutti coloro che amano leggere, a coloro ai quali piace l’odore delle vecchie pagine ingiallite così come quello delle pagine fresche di stampa, a tutte quelle persone che quando arrivano all’ultima pagina di un buon libro si sentono perse e smarrite come se avessero perso un amico…