giovedì 21 novembre 2024

“Deo simillimum principem” a cura di Samuele Lastrucci

Il catalogo della mostra per i 300 anni dalla morte di Cosimo III de’ Medici, inaugurata nell’ottobre del 2023 a Palazzo Strozzi Sacrati (Firenze), offre una nuova prospettiva sulla figura del Granduca.

Cosimo III è stato spesso ricordato come un sovrano rigido e bigotto, noto per aver imposto tasse su ogni cosa, persino sulle parrucche, e per aver vissuto gli ultimi anni della sua vita ossessionato dalla questione della successione dinastica. Descritto quasi come una macchietta, Cosimo fu a lungo osteggiato da una moglie capricciosa e caparbia, che lo abbandonò insieme ai figli per tornare in Francia, senza mai più fare ritorno.

Cosimo III visse fino alla veneranda età di ottantuno anni, un traguardo notevole per l’epoca. Non si possono di certo negare i tanti difetti e le mancanze che lo contraddistinsero nel corso della sua esistenza, ma in verità non possiamo neppure esimerci oggi dal riconoscergli anche alcuni meriti.

Durante la sua lunga vita, viaggiò moltissimo e si distinse per le sue maniere. Amante della botanica, diede notevole impulso agli studi naturalistici e allo sviluppo degli orti botanici di Pisa e Firenze. Fu anche un uomo di cultura e un mecenate, istituendo l’Accademia Fiorentina a Roma. Inoltre, a lui si deve la promulgazione del primo disciplinare vinicolo della storia, con il bando del 1716 che delimitò le quattro zone di produzione del Chianti, del Pomino, del Valdarno di Sopra e del Carmignano.

Questo volume, come la mostra stessa a cui fa riferimento, sono nati con l'intento di fare luce sulle diverse sfaccettature che contraddistinsero la figura di Cosimo III de’ Medici.

La bigotteria di Cosimo, per quanto irritante e fastidiosa, potrebbe essere mitigata ai nostri occhi se si considerasse che l’uso da lui fatto della religione fu anche di natura politica e non solo strettamente di natura religiosa. La stessa Vittoria della Rovere non fu la donna bacchettona che la storia ci ha tramandato. Come il figlio, anche lei fu una grande appassionata di botanica e di scienza; non possiamo neppure trascurare il fatto che proprio a lei si dovesse l’istruzione di prim’ordine che venne impartita ad Anna Maria Luisa e a Gian Gastone.

Il matrimonio di Cosimo III con Marguerite Louise d’Orléans fu indubbiamente un fallimento, sebbene all'epoca potesse essere considerato un vero capolavoro dal punto di vista diplomatico.

Marguerite Louise d’Orléans, principessa del sangue, cugina del Re Sole, nonché sorellastra della famosa Anne Marie Louise De Montpensier, anche conosciuta come la Grande Mademoiselle, crebbe in un clima di emancipazione sociale e culturale. Questo fatto non può certamente giustificare il comportamento capriccioso e ostinato che Marguerite Louise tenne durante la sua permanenza sul suolo toscano, né la decisione di tornare in patria abbandonando marito e figli, ma potrebbe forse in parte mitigare il giudizio negativo che la storia le ha sempre riservato.

"Deo simillimum principem" è un libro che getta uno nuovo sguardo su Cosimo III, sul suo operato e sul suo governo. Un catalogo ragionato che invita a esplorare quanto ancora è rimasto nascosto tra le pieghe del tempo. Una pubblicazione che analizza ogni aspetto della vita del Granduca e del periodo storico in cui visse, un periodo che dal punto di vista politico fu tutt'altro che semplice.

Nessun aspetto che lo riguardi viene tralasciato: dalla sua educazione ai viaggi, dalle scienze ai personaggi eccezionali che vissero alla sua corte, come il Redi e il Tilli per citarne solo alcuni, fino all'attività militare e alla politica estera del Granducato di Toscana. Il libro riporta in appendice perfino un interessante documento musicale, ossia la prima trascrizione diplomatica di una “Serenata fatta in Firenze per la Sera della Nascita del Ser.mo Principe Sposo di Toscana il 14 Agosto 1662”.

 


domenica 10 novembre 2024

“Il priore oscuro” di Jack Roland

Il campo di battaglia è disseminato di cadaveri, l’Ordine Bianco è stato sconfitto, ma la strega non è morta, la guerra non è finita. È solo questione di tempo prima che l’esercito di Wèn (Vortingern), torni a seminare terrore e morte.

I dodici Priori, i custodi dei dodici elementi sui quali si basa l’equilibrio del mondo, stanno morendo. Wèn, la creatrice del tredicesimo elemento, la stregoneria, ne sta distruggendo la stabilità con il suo esercito di strigoi e lamie.

Ad un cavaliere risorto per mano dei Priori spetterà il compito di fermare la strega e le sue orde di spettri. Ad affiancarlo, in questo incarico dagli esiti quantomai incerti, ci saranno tre donne: la gatta mutaforma Vesper, la veggente Avril e la regina Valka, conosciuta da tutti anche come Valka la Sanguinaria o la Madre dei Predoni.

Il romanzo di Jack Roland è un racconto in cui nulla è come sembra e dove la sottile linea che distingue il bene dal male è fragilissima. Bene e male non possono mai essere concetti assoluti e il personaggio del cavaliere Tristo è l’incarnazione stessa del principio per cui, talvolta, un male diventa necessario quando il bene che ne scaturisce è superiore.

La conoscenza di Jack Roland dei grandi classici del ciclo arturiano è indubbia così come è vasta la sua conoscenza della letteratura fantasy, possiamo citare due saghe su tutte quella di The Witcher di Andrzej Sapkowski e quella del Trono di Spade di George R.R. Martin. Jack Roland, però, conosce altrettanto bene i racconti del terrore, si potrebbero in questo caso citare come Lovecraft e Poe.

Jack Roland è stato bravo a trarre ispirazione da questa vasta materia letteraria per ricreare un mondo tutto suo, dove i personaggi hanno una loro propria identità. Non è facile creare un mondo dove una veggente, che a tratti richiama alla mente la leggendaria Morgana, e un cavaliere, che presenta alcune caratteristiche tipiche dei paladini arturiani e allo stesso tempo quelle di un Geralt di Rivia, riescano a risultare credibili aggirandosi tra vampiri e inquisitori. Eppure, non solo il racconto è estremamente piacevole, ma i personaggi sono tutti dotati di un carisma e un fascino non comuni. 

Interessante poi la sottotraccia del racconto in cui si evidenza l’importanza di una convivenza civile e rispettosa tra le varie etnie e le varie professioni di fede, una tematica estremamente attuale.

Quella narrata nel Priore Oscuro è una storia molto interessante e coinvolgente, a suo modo anche originale, senza dubbio un racconto cupo e potente come i suoi protagonisti.