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mercoledì 14 agosto 2024

“Il conte Attilio” di Claudio Paglieri

Attilio Arrigoni è un valoroso capitano di ventura che, insieme al suo fedele amico il tenente Massimiliano Bonati, combatte nelle Fiandre sotto il comando del generale Ambrogio Spinola Doria.

Innamorato da sempre dell’unica donna che non potrà mai essere sua, quando riceve da lei una lettera in cui invoca il suo aiuto, Attilio, ottenuta licenza dallo Spinola, non esita a precipitarsi in suo soccorso. Affronterà un viaggio periglioso e ricco di insidie pur di arrivare in tempo a Milano per salvarla dal convento a cui il fratello l’ha destinata costringendola a prendere i voti.

Il conte Attilio è una vecchia conoscenza manzoniana. Nei Promessi Sposi egli scommetteva con il cugino Don Rodrigo se questi sarebbe riuscito o meno a sedurre Lucia, prendendo parte anche al piano per il rapimento della giovane.

Il conte Attilio dei Promessi Sposi era un nobile frivolo, un dongiovanni impenitente che viveva di rendita. Ben diverso il personaggio di Claudio Paglieri che nel suo romanzo vuole riscattarne la figura, prendendo spunto anche da una vecchia faida realmente esistita tra la famiglia Manzoni e quella degli Arrigoni.

“Il conte Attilio” è buon romanzo di cappa e spada che non manca di omaggiare i classici dello stesso genere attraverso numerosi richiami e riferimenti così come fa ovviamente nei confronti dei Promessi Sposi, di cui il romanzo si può ritenere un prequel o uno spin-off, se vogliamo usare la terminologia moderna delle serie televisive.

Invero, tanti sono i riferimenti alla letteratura, troviamo richiami a Dante, Machiavelli, Tasso, solo per citarne alcuni, ma molti sono pure i richiami alla pittura di cui la protagonista femminile Lucrezia è appassionata, dilettandosi essa stessa in quest’arte con pregevoli risultati.

Il conte Attilio è un protagonista affascinante, intelligente e arguto, un guascone dall’animo nobile, un seduttore impenitente, ma leale con gli amici e la famiglia. Impossibile non prenderlo in simpatia fin dalle prime pagine.

Attilio è molto impulsivo e, a bilanciare questa suo carattere precipitoso e focoso, troviamo l’amico Bonati altrettanto coraggioso, ma dall’animo più riflessivo e dai costumi più morigerati.

Da genovese, ho apprezzato parecchio le schermaglie verbali tra miei concittadini e i milanesi così come le descrizioni della Genova seicentesca e del suo entroterra. Mi hanno incuriosito alcuni personaggi in particolare della famiglia Balbi e la storia del capitano Ambrogio Spinola Doria la cui figura credo non mancherò di indagare successivamente.

Il romanzo è scritto molto bene, la storia è scorrevole e si legge con piacere. Non mancano colpi di scena e si percepisce chiaramente che l’autore si è molto documentato per rendere i personaggi e l’ambientazione quanto più verosimili possibile.

Unica nota stonata, a mio avviso, il finale che non è riuscito a coinvolgermi emotivamente come il resto del romanzo. Un epilogo alquanto scontato e annunciato che forse non sarebbe potuto essere diverso, ma che faceva comunque sperare nel sopraggiungere di un qualche colpo di scena a scompigliare le carte, tanto più trattandosi a tutti gli effetti di una storia di fantasia.

Le ultime battute lasciano uno spiraglio aperto per una possibile nuova avventura del conte Attilio ma, per quanto abbia apprezzato la lettura del romanzo, non riesco a intravederne la potenzialità per lo sviluppo di un secondo episodio.



 

domenica 26 dicembre 2021

Il soggiorno di Gian Gastone de’ Medici a Genova (giugno 1691)


Ritratto di Gian Gastone de' Medici 
di Niccolò Cassana (1690 circa) 


Il 6 maggio 1691 Anna Maria Luisa de’ Medici lasciava Firenze per raggiungere il suo sposo. Il matrimonio con l’Elettore Palatino era stato celebrato per procura a Firenze il giorno 26 aprile dello stesso anno.

Ad accompagnare la sorella per una parte di viaggio troviamo il principe Gian Gastone con un piccolo seguito, appena una quindicina di persone. Le spese erano tutte a carico del figlio cadetto del Granduca di Toscana Cosimo III pertanto il viaggio non si sarebbe potuto protrarre a lungo né tanto meno essere troppo dispendioso.

Sulla via del ritorno Gian Gastone ebbe modo di trascorre alcuni giorni a Genova nel mese di giugno.  Vittoria della Rovere scriveva al figlio Francesco Maria de’ Medici di essere sicura che il nipote avrebbe lasciato Genova il giorno del Corpus Domini (14 giugno).

Gian Gastone però fu sempre alquanto imprevedibile nel corso della sua vita, non amò mai seguire rigidi itinerari preferendo piuttosto lasciarsi trasportare dall’ispirazione del momento.

Dalle fonti sembra comunque che il principe fosse rientrato a Firenze con molta probabilità il 22 giugno 1691.

Il marchese Salviati scriveva a Francesco Maria de’ Medici sul soggiorno del principe “a Genova si è molto ben divertito delle allegrie che li anno fatte godere”.

Ad accendere la mia curiosità l’intervento di Patrizia Urbani con il suo articolo “Il principe nelle reti” in “Gian Gastone (1671-1737). Testimonianze e scoperte sull’ultimo Granduca de’ Medici” di cui vi ho parlato tempo fa e da cui ho tratto queste notizie sul viaggio.

Dunque, Gian Gastone a Genova dove aveva alloggiato e quali gli intrattenimenti per lui allestiti? Alla seconda domanda non ho ancora trovato risposte e chissà mai se le troverò.

Sulla prima invece ho iniziato a fare qualche ricerca e a formulare qualche ipotesi che potrebbe essere facilmente smentita da qualcuno più informato di me, ma vorrei comunque condividere con voi lettori del blog che ormai sarete stanchi di sentirmi parlare di questo ultimo Granduca Medici la cui storia tanto mi ha affascinato negli ultimi mesi.

Da quello che ho scoperto finora posso dire che tra i rappresentanti incaricati dalla Repubblica di Genova per l’accoglienza di Gian Gastone vi fu Francesco Maria Sauli, futuro 134° doge della Repubblica di Genova (dal 19 settembre 1697 al 26 maggio 1699).

Proprio a Francesco Maria Sauli toccò il privilegio di ospitare il principe cadetto del Granducato di Toscana, ma dove? 

A Genova esisteva dal 1576 un sistema di pubblica accoglienza conosciuto con il nome di Rolli ossia un elenco di dimore nobiliari che, suddivise in base a diversi parametri, tra cui il prestigio della famiglia di appartenenza, erano scelte per ospitare i visitatori nobili. 

L’ultimo elenco stilato è del 1664 e quella che a mio avviso potrebbe essere stata la dimora in cui venne ospitato Gian Gastone era iscritta a quel tempo nel bussolotto n. 3. Che cosa erano i bussolotti? Ad ogni residenza veniva attribuita una categoria che ne indicava l’idoneità ad ospitare visitatori di rango più o meno elevato. Le dimore assegnate al bussolotto n. 1 erano ovviamente quelle atte ad ospitare i personaggi di rango più alto tra cui anche i sovrani.


Palazzo Bendinelli Sauli - Genova

A mio avviso quindi Gian Gastone, quale figlio cadetto del Granduca di Toscana, potrebbe essere stato ospitato nel palazzo di famiglia più di rappresentanza della famiglia Sauli, attribuito alla terza categoria, ossia Palazzo Bendinelli Sauli vicino al Duomo, poco distante da Palazzo Ducale e a due passi dal porto.

Il palazzo si trova al n. 12 di Via San Lorenzo. La residenza fu ampliata nel corso dei secoli accorpando altre abitazioni fino a raggiungere l’aspetto attuale con l’ultimo accorpamento avvenuto nel XIX secolo.


Via San Lorenzo con scorcio sulla Cattedrale

Nel maggio 1684 il palazzo subì pesanti danneggiamenti per i bombardamenti della flotta francese di Luigi XIV, il Re Sole, cugino di primo grado proprio di Marguerite Louise d’Orleans, madre di Gian Gastone de’ Medici.

Il palazzo venne restaurato nel 1686. Tra le opere di pregio da ricordare ci sono in particolare gli affreschi di pittori genovesi quali Domenico Piola, Paolo Girolamo Piola e Lorenzo Ferrari.


La facciata sulla Cattedrale di San Lorenzo dopo gli ultimi accorpamenti

Per quanto riguarda la storia del palazzo vi rimando comunque agli Atti della Società Ligure di Storia Patria, nuova serie, LIII (CXXVII, fasc. I) e XLIX (CXXIII, fasc. II).

Speravo di trovare qualche accenno della visita di Gian Gastone a Genova nel manoscritto di Filippo Casoni, “De gli annali di Genova del secolo decimo settimo”, redatti proprio in quegli anni, ma non ne viene fatta menzione. Temo che la visita di un principe cadetto di un granducato come quello di Toscana non avesse molta rilevanza per la politica della Repubblica di Genova. Credo quindi che sarebbe forse più produttivo provare a cercare qualche riferimento tra la corrispondenza più che nelle cronache ufficiali dell’epoca.

La ricerca è appena iniziata e, se mai troverò il tempo di portarla avanti, vi terrò aggiornati…



sabato 16 gennaio 2021

Boccadasse (Genova - Albaro)

Lo so, viaggiare per scoprire nuovi luoghi o per ritornare in quelli dove abbiamo lasciato un pezzetto di cuore è diventata oggi un'impresa quasi impossibile, ma proviamo a guardare il lato positivo della situazione: abbiamo più tempo per ritrovare e riscoprire le bellezze delle nostre città e dei paesi in cui viviamo.

Complice la splendida giornata di sole questa mattina ho deciso di fare una passeggiata fino a Boccadasse per fare qualche foto da condividere con voi di questo suggestivo scorcio di Genova.



Boccadasse è un antico borgo marinaro, o almeno ciò che resta di esso, e fa parte di Albaro, uno dei quartieri del levante cittadino.



È uno dei luoghi di incontro più caratteristici della città, molto frequentato anche grazie alla presenza di numerosi bar, gelaterie e ristoranti che offrono la possibilità di assaggiare piatti tipici della cucina genovese, fritture di pesce o semplicemente di fermarsi a bere qualcosa in riva al mare godendosi qualche raggio di sole in qualunque stagione dell'anno.



I veri padroni del borgo però restano loro, i gatti, che si aggirano per le mattonate e tra le barche guardando i passanti con aria di sfida oppure che sornioni sonnecchiano al sole.  







Saluti da Boccadasse o meglio, per dirlo in genovese, salûi da Boccadäse





giovedì 15 agosto 2019

“La Diva Simonetta” di Giovanna Strano


LA DIVA SIMONETTA
la sans par
di Giovanna Strano
AIEP EDITORE

Il romanzo è ambientato nella Firenze rinascimentale di Lorenzo il Magnifico e di tutti i grandi maestri dell’epoca tra i quali possiamo ricordare Botticelli, Benozzo Gozzoli e il Ghirlandaio.

Io narrante del racconto è Lorenzo di Pierfrancesco, esponente del ramo secondogenito della famiglia Medici.
Il nonno di Lorenzo era figlio di Giovani di Bicci e fratello di Cosimo; Lorenzo di Pierfrancesco, che sarà poi conosciuto come Lorenzo il Popolano, era quindi cugino di Lorenzo il Magnifico e del fratello di questi Giuliano de’ Medici.

Lorenzo di Pierfrancesco, così come il fratello Giovanni, mostrarono ben presto un vivo senso di gelosia nei confronti dei parenti più autorevoli.
Una prima avvisaglia di quanto sarebbe poi accaduto negli anni successivi, fu proprio la  richiesta da parte di Lorenzo di Pierfrancesco di un arbitrato esterno che dirimesse l’annosa questione del patrimonio che il ramo primogenito della famiglia amministrava per conto del ramo cadetto fin dai tempi di Cosimo, essendo il fratello di questi scomparso prematuramente lasciando un figlio piccolo, Pierfrancesco, padre di Lorenzo.
       
La sentenza arbitrale condannò il 22 novembre del 1485 Lorenzo il Magnifico a corrispondere al cugino un indennizzo il cui valore era pari a trentamila ducati.

Nel romanzo di Giovanna Strano la poca stima che Lorenzo di Piefrancesco nutre nei confronti di Lorenzo de’ Medici, detto il Magnifico, emerge chiaramente dalle parole da questi pronunciate contro il più famoso cugino, manifestando, invece, tutta la sua stima per il maestro Botticelli, la sua musa Simonetta Cattaneo ed il cugino Giuliano de' Medici, da lui ampiamente preferito al fratello maggiore.

La storia tra Giuliano de’ Medici e Simonetta Cattaneo, moglie di Marco Vespucci è senza dubbio una delle storie d’amore più  celebri della storia.
Va quindi riconosciuto il grande merito a Giovanna Strano di essere riuscita a raccontare una storia tanto nota in modo nuovo, fresco ed emozionante.

La genovese Simonetta con molta probabilità non vide mai la città di Genova  poiché, all’epoca della sua nascita, la famiglia Cattaneo si era già trasferita a Portovenere.

Giovanna Strano inizia quindi a raccontare la vita di Simonetta immaginandola proprio come una bambina tutta intenta a giocare spensierata tra le onde del suo mare a Portovenere, ancora ignara che un giorno sarebbe diventata la donna più ammirata e corteggiata di Firenze, la sans par.

Il libro di Giovanna Strano, per quanto si basi su verità storiche, racconta una versione molto libera e romanzata delle vicende che videro sbocciare l’amore tra Giuliano e Simonetta, eppure, grazie al talento narrativo dell’autrice la storia risulta quanto mai credibile.

Simonetta viene descritta come una donna bella, colta e raffinata, dolce e gentile ma allo stesso tempi anche molto determinata e dotata di una forza di carattere non comune.

Per descrivere la sans par Giovanna Strano si è ispirata ai documenti di archivio  ed alla letteratura dell’epoca, ma soprattutto ha osservato con molto attenzione i dipinti di Botticelli.

Alessandro Filipepi, da tutto conosciuto come il Botticelli, fece di Simonetta Cattaneo la propria musa ispiratrice e così ancora oggi possiamo ammirarne la bellezza ineguagliabile in moltissime opere del maestro fiorentino, le più famose delle quali restano  “La Primavera” e “La nascita di Venere”.

Il Botticelli fu talmente legato alla bella Simonetta che alla sua morte volle essere sepolto nella chiesa di Ognissanti a Firenze dove riposava colei che tanto lo aveva ispirato.

Il personaggio di Botticelli svolge un ruolo fondamentale nel romanzo di Giovanna Strano, pittore dallo spirito arguto e dalla raffinata cultura, grazie alla sua acutezza ed alla sua sensibilità, diviene una sorta di amico-confidente per Simonetta che trova nel suo studio un di rifugio dalle macchinazioni del suocero.

Piero Vespucci è una persona gretta e meschina, un arrivista che, pur di raggiungere i suoi scopi, non si fa scrupolo di usare l’avvenenza della nuora mettendola in mostra alla stregua di una merce rara e preziosa per ingraziarsi le alte sfere del potere, complice il marito di lei che si lascia manipolare dall’ambizioso padre.

Giuliano de’ Medici, l’affascinante fratello del Magnifico, ricopre il ruolo del cavaliere innamorato che accorre in aiuto della donna amata la quale appare ai suoi occhi come un angelo.

Giuliano e Simonetta sono giovani, belli, innamorati ed ammirati da tutti, ma se la felicità, quando è piena, stenta a non farsi riconoscere, così l’invidia e la cattiveria sono sempre in agguato ed inevitabilmente la sventura si abbatterà su di loro.

Il romanzo si legge davvero molto volentieri grazie anche ad una scrittura veloce e scorrevole; l’autrice dimostra di avere molta fantasia e le interpretazioni che dà dei quadri di Botticelli per accordarli al racconto sono davvero suggestive ed interessanti.

Una storia d’amore struggente, dei protagonisti incantevoli e seducenti, una descrizione minuziosa della corte medicea quattrocentesca ricca di fascino, stimolante e suggestiva sulla cui scena si muovono tutti i personaggi di spicco del Rinascimento fiorentino, sono gli elementi che fanno di “La Diva Simonetta” un romanzo storico in grado di appassionare e coinvolgere decisamente anche il lettore più esigente.






sabato 5 aprile 2014

“Il crociato infedele” di Davide Mosca

IL CROCIATO INFEDELE
di Davide Mosca
RIZZOLI
Il giorno prima della chiusura del concilio di Clermont, Papa Urbano II lancia un appello ai Cristiani d’Occidente invitandoli a liberare la Terrasanta rispondendo così alla richiesta d’aiuto avanzata da Alessandro I Comneno, imperatore bizantino minacciato dai Turchi Selgiuchidi.
Il giorno 27 novembre 1095 viene quindi indetta la Prima Crociata.

I primi ad accogliere l’appello del papa furono una massa di avventurieri e popolani, una moltitudine composta di ogni sorta di delinquenti, nobili decaduti e servi della gleba guidati dal francese Pietro d’Amiens, detto Pietro l’Eremita, un monaco fanatico; questa prima spedizione viene spesso ricordata come la “crociata dei pezzenti”.

I crociati però si riunirono nell’agosto dell’anno 1096, a questa prima spedizione ufficiale presero parte diversi eserciti ognuno capeggiato da un suo proprio signore. I partecipanti erano dei nobili desiderosi di conquistarsi terre e fama oppure semplicemente desiderosi di servire Dio. Molti di loro erano figli cadetti o piccoli feudatari spesso in aperto contrasto gli uni con gli altri.
Tra i nomi più noti: Goffredo di Buglione, Raimondo di Saint Gilles, Roberto di Normandia, Boemondo e Tancredi di Taranto, tutti personaggi che incontreremo nel libro di Davide Mosca.

Non è mia intenzione annoiarvi ulteriormente raccontandovi la storia di battaglie, di assedi e conquiste che ebbero luogo negli anni successivi, per cui facciamo un salto nel tempo ed arriviamo al giugno del 1099 quando l’esercito dei crociati, ormai ridotto a soli 20.000 uomini, pone l’assedio alla città di Gerusalemme da poco riconquistata dai Fatimidi ai danni dei Selgiuchidi.
E’ proprio nell’assedio di Gerusalemme e nella conquista della città santa che i due protagonisti del libro di Davide Mosca reciteranno il loro ruolo fondamentale.

Nel 1099 una delegazione di crociati giunge a Genova per sollecitare soccorsi per coloro che stavano combattendo in Terrasanta.
A Genova in quel periodo imperversano lotte intestine tra le varie famiglie per ottenere il governo della città e nessuno è intenzionato a lasciare il paese rischiando così di perdere ogni possibilità di raggiungere il potere.
In questo periodo di lotte sanguinose, complotti e segreti solo due giovani sono così lungimiranti da capire che Genova può essere conquistata solo attraverso la conquista di Gerusalemme.

Genova sarà fondata su una spiaggia di Giaffa, in Terrasanta.

I due ventenni si chiamavano Caffaro di Rustico da Caschifellone e Guglielmo Embriaco Testadimaglio, figlio cadetto di una potente famiglia vescovile anch’essa in lizza per assicurarsi il controllo di Genova.
Amici fin dall’infanzia l’astuto e spensierato Caffaro, abile mercante, dotato di ottime qualità diplomatiche è il compagno perfetto per il forte e fiero Gugliemo Embriaco, condottiero indomito, sempre pronto a lanciarsi in prima persona là dove il pericolo è maggiore.
Quando Guglielmo decide di inseguire il suo sogno ovvero liberare la Terrasanta e con essa i mari che la dividono dall’amata Genova, per far sì che la sua città possa diventare grande, regina dei mari e dei traffici commerciali, Caffaro non può che unirsi a lui.
Vendono la loro parte di eredità, armano due galee e partono incontro al loro destino. Una volta, giunti a destinazione però si renderanno conto che le cose non sono così facili come avevano immaginato. L’impresa sembra disperata, ma i due non si daranno per vinti e sfruttando le loro qualità di abili diplomatici, guerrieri e mercanti riporteranno una grande vittoria che cambierà la storia.

“Il crociato infedele” è un romanzo scorrevole che si legge tutto d’un fiato. Il ritmo del racconto è dinamico e serrato pur lasciando ampio spazio a delle bellissime descrizioni della città di Genova all’inizio del racconto e dei paesaggi mediorientali nel corso della storia.

I personaggi sono descritti in modo vivace e spesso sono inserite battute per meglio descriverne le caratteristiche.

Buona la ricostruzione storica nella quale sono sapientemente inseriti frammenti romanzati.

Guglielmo, il valoroso condottiero testardo e senza paura dallo spirito combattivo e focoso che gli è valso il soprannome di Caput Mallei è senza dubbio un personaggio molto attraente ma Caffaro, io narrante della storia, è colui che riesce ad affascinare maggiormente il lettore con la sua ironia, la sua scaltrezza e quel suo sapersi destreggiare in ogni situazione. 

Genova è ovunque ci sia un genovese. Le nostre mura non contengono la città, la indicano soltanto.

E’ con un sentimento misto di orgoglio per la mia città e di riconoscenza per coloro che l’hanno resa grande nella storia che ho letto il libro di Davide Mosca.
Colgo l’occasione quindi per ringraziare l’autore per avermi ricordato ancora una volta, se mai ce ne fosse stato bisogno, di quali e di quanto grandi uomini Genova sia stata la patria.

Genova con il suo vessillo, la croce di San Giorgio, per secoli ha protetto i mari, i suoi mercanti hanno percorso le rotte da Occidente ad Oriente e ritorno. Genova ha dato i natali a personaggi quali Caffaro di Rustico da Caschifellone e Guglielmo Embriaco Testadimaglio, Andrea Doria, Cristoforo Colombo solo per citarne alcuni.
Nel corso dei secoli personaggi come Byron, Dickens, Chopin hanno soggiornato a Genova e pittori come Rubens, Van Dyck, Pieter Mulier vi hanno lavorato.

O tempora, o mores! Cos’è Genova oggi? Genova è ancora una città ricca di cultura e di opere d’arte. Genova è una città di mare, una città unica nel suo genere che tanto avrebbe da offrire ai turisti eppure sembra che lo spirito dei genovesi si sia addormentato sotto lo strato di polvere depositato nel corso dei secoli.
Non si tratta di modernizzarsi o costruire chissà quali opere, Genova è già bellissima così com’è. 
Ci vorrebbe così poco per tornare grandi, basterebbe smettere di continuare a nascondersi e trovare la volontà ma soprattutto il coraggio di aprirsi di nuovo al mondo.
E perché per esempio non iniziare cercando di migliorare i collegamenti ferroviari ed aerei? Genova oggi sembra proprio irraggiungibile come la Gerusalemme di Guglielmo e Caffaro!