Attilio
Arrigoni è un valoroso capitano di ventura che, insieme al suo fedele amico il
tenente Massimiliano Bonati, combatte nelle Fiandre sotto il comando del
generale Ambrogio Spinola Doria.
Innamorato da sempre dell’unica donna
che non potrà mai essere sua, quando riceve da lei una lettera in cui invoca il
suo aiuto, Attilio, ottenuta licenza dallo Spinola, non esita a precipitarsi in
suo soccorso. Affronterà un viaggio periglioso e ricco di
insidie pur di arrivare in tempo a Milano per salvarla dal convento a cui il
fratello l’ha destinata costringendola a prendere i voti.
Il
conte Attilio è una vecchia conoscenza manzoniana. Nei Promessi Sposi egli
scommetteva con il cugino Don Rodrigo se questi sarebbe riuscito o meno a
sedurre Lucia, prendendo parte anche al piano per il rapimento della giovane.
Il conte Attilio dei Promessi Sposi era
un nobile frivolo, un dongiovanni impenitente che viveva di rendita. Ben
diverso il personaggio di Claudio Paglieri che nel suo romanzo vuole
riscattarne la figura, prendendo spunto anche da una vecchia faida
realmente esistita tra la famiglia Manzoni e quella degli Arrigoni.
“Il
conte Attilio” è buon romanzo di cappa e
spada che non manca di omaggiare i classici dello stesso genere attraverso
numerosi richiami e riferimenti così come fa ovviamente nei confronti dei
Promessi Sposi, di cui il romanzo si può
ritenere un prequel o uno spin-off, se vogliamo usare la terminologia moderna
delle serie televisive.
Invero,
tanti sono i riferimenti alla letteratura, troviamo richiami a Dante,
Machiavelli, Tasso, solo per citarne alcuni, ma molti sono pure i richiami alla
pittura di cui la protagonista femminile
Lucrezia è appassionata, dilettandosi essa stessa in quest’arte con pregevoli
risultati.
Il conte Attilio è un protagonista
affascinante, intelligente e arguto, un guascone dall’animo nobile, un
seduttore impenitente, ma leale con gli amici e la famiglia. Impossibile
non prenderlo in simpatia fin dalle prime pagine.
Attilio
è molto impulsivo e, a bilanciare questa suo carattere precipitoso e focoso,
troviamo l’amico Bonati altrettanto coraggioso,
ma dall’animo più riflessivo e dai costumi più morigerati.
Da
genovese, ho apprezzato parecchio le schermaglie verbali tra miei concittadini e
i milanesi così come le descrizioni della Genova seicentesca e del suo
entroterra. Mi hanno incuriosito alcuni personaggi in particolare della
famiglia Balbi e la storia del capitano Ambrogio Spinola Doria la cui figura
credo non mancherò di indagare successivamente.
Il romanzo è scritto molto bene, la
storia è scorrevole e si legge con piacere. Non mancano colpi di scena e si
percepisce chiaramente che l’autore si è molto documentato per rendere i
personaggi e l’ambientazione quanto più verosimili possibile.
Unica
nota stonata, a mio avviso, il finale che non è riuscito a coinvolgermi
emotivamente come il resto del romanzo. Un epilogo alquanto scontato e
annunciato che forse non sarebbe potuto essere diverso, ma che faceva comunque
sperare nel sopraggiungere di un qualche colpo di scena a scompigliare le
carte, tanto più trattandosi a tutti gli effetti di una storia di fantasia.
Le
ultime battute lasciano uno spiraglio aperto per una possibile nuova avventura
del conte Attilio ma, per quanto abbia apprezzato la lettura del romanzo, non
riesco a intravederne la potenzialità per lo sviluppo di un secondo
episodio.