lunedì 2 dicembre 2024

“Lady Constance Lloyd” di Laura Guglielmi

Lady Constance Lloyd, moglie di Oscar Wilde, è una figura affascinante e complessa. Nata in Irlanda, Constance crebbe a Londra e incontrò Wilde durante una lettura della Divina Commedia in cui lei recitava i celebri versi del V canto dell’Inferno.

Constance era una donna attraente e intellettualmente curiosa, attirata dagli ambienti culturali e desiderosa di un marito che le permettesse di perseguire le proprie aspirazioni.

Il libro di Laura Guglielmi, scritto sotto forma di diario, mette in luce la personalità di Constance: una giovane donna affascinata dal carattere forte di donne indipendenti e forti quali furono Mary Shelley e Lizzie Siddal.

Con alle spalle una storia familiare difficile, una madre violenta e anaffettiva e un padre assente che morì quando lei era ancora giovane, Constance sviluppò un forte senso di libertà che volle mantenere anche nel matrimonio.

All'inizio, quella con Oscar Wilde fu una vera storia d'amore, legati l’uno all’altra da profondi sentimenti, da un’ottima intesa sessuale e da una forte corrispondenza intellettuale. Con la nascita del secondo figlio, Wilde però inizio ad allontanarsi sempre più dalla moglie e iniziò a frequentare diversi giovani uomini fino al fatale incontro con l’aristocratico Bosie che ne decretò la rovina, ovvero il processo per sodomia e la successiva condanna a due anni di lavori forzati.

Nonostante tutto, Constance non fu mai una vittima passiva come venne dipinta per molto tempo. Ella si dimostrò invece una donna coraggiosa e forte, che difese il suo matrimonio e l'amore per Oscar rimanendo fermamente al suo fianco anche quando la società e tanti amici gli avevano voltato le spalle.

Il libro di Laura Guglielmi è un testo ben scritto e documentato, con bellissime descrizioni dei paesaggi e dei tantissimi personaggi che ruotavano intorno alla vita di Constance. Tuttavia, a mio avviso, alcune frasi dette dalla Constance, protagonista del romanzo, e a tratti anche il suo modo di difendere e comprendere l'omosessualità di Wilde, per quanto indubbiamente ella avesse dimostrato di essere una donna illuminata, straordinariamente moderna e di mente aperta, sembrerebbero un po’ forzate per l’epoca.

“Lady Constance Lloyd. L’importanza di chiamarsi Wilde” offre un quadro completo e affascinante della vita di Constance e delle sue vicende famigliari.

Per chi fosse interessato alla storia della famiglia di Oscar Wilde ricordo anche un altro bellissimo libro scritto proprio dal figlio minore della coppia, Vyvyan Holland, di cui vi avevo parlato qualche tempo fa intitolato “Essere figlio di Oscar Wilde” (2023, La Lepre Edizioni).

giovedì 21 novembre 2024

“Deo simillimum principem” a cura di Samuele Lastrucci

Il catalogo della mostra per i 300 anni dalla morte di Cosimo III de’ Medici, inaugurata nell’ottobre del 2023 a Palazzo Strozzi Sacrati (Firenze), offre una nuova prospettiva sulla figura del Granduca.

Cosimo III è stato spesso ricordato come un sovrano rigido e bigotto, noto per aver imposto tasse su ogni cosa, persino sulle parrucche, e per aver vissuto gli ultimi anni della sua vita ossessionato dalla questione della successione dinastica. Descritto quasi come una macchietta, Cosimo fu a lungo osteggiato da una moglie capricciosa e caparbia, che lo abbandonò insieme ai figli per tornare in Francia, senza mai più fare ritorno.

Cosimo III visse fino alla veneranda età di ottantuno anni, un traguardo notevole per l’epoca. Non si possono di certo negare i tanti difetti e le mancanze che lo contraddistinsero nel corso della sua esistenza, ma in verità non possiamo neppure esimerci oggi dal riconoscergli anche alcuni meriti.

Durante la sua lunga vita, viaggiò moltissimo e si distinse per le sue maniere. Amante della botanica, diede notevole impulso agli studi naturalistici e allo sviluppo degli orti botanici di Pisa e Firenze. Fu anche un uomo di cultura e un mecenate, istituendo l’Accademia Fiorentina a Roma. Inoltre, a lui si deve la promulgazione del primo disciplinare vinicolo della storia, con il bando del 1716 che delimitò le quattro zone di produzione del Chianti, del Pomino, del Valdarno di Sopra e del Carmignano.

Questo volume, come la mostra stessa a cui fa riferimento, sono nati con l'intento di fare luce sulle diverse sfaccettature che contraddistinsero la figura di Cosimo III de’ Medici.

La bigotteria di Cosimo, per quanto irritante e fastidiosa, potrebbe essere mitigata ai nostri occhi se si considerasse che l’uso da lui fatto della religione fu anche di natura politica e non solo strettamente di natura religiosa. La stessa Vittoria della Rovere non fu la donna bacchettona che la storia ci ha tramandato. Come il figlio, anche lei fu una grande appassionata di botanica e di scienza; non possiamo neppure trascurare il fatto che proprio a lei si dovesse l’istruzione di prim’ordine che venne impartita ad Anna Maria Luisa e a Gian Gastone.

Il matrimonio di Cosimo III con Marguerite Louise d’Orléans fu indubbiamente un fallimento, sebbene all'epoca potesse essere considerato un vero capolavoro dal punto di vista diplomatico.

Marguerite Louise d’Orléans, principessa del sangue, cugina del Re Sole, nonché sorellastra della famosa Anne Marie Louise De Montpensier, anche conosciuta come la Grande Mademoiselle, crebbe in un clima di emancipazione sociale e culturale. Questo fatto non può certamente giustificare il comportamento capriccioso e ostinato che Marguerite Louise tenne durante la sua permanenza sul suolo toscano, né la decisione di tornare in patria abbandonando marito e figli, ma potrebbe forse in parte mitigare il giudizio negativo che la storia le ha sempre riservato.

"Deo simillimum principem" è un libro che getta uno nuovo sguardo su Cosimo III, sul suo operato e sul suo governo. Un catalogo ragionato che invita a esplorare quanto ancora è rimasto nascosto tra le pieghe del tempo. Una pubblicazione che analizza ogni aspetto della vita del Granduca e del periodo storico in cui visse, un periodo che dal punto di vista politico fu tutt'altro che semplice.

Nessun aspetto che lo riguardi viene tralasciato: dalla sua educazione ai viaggi, dalle scienze ai personaggi eccezionali che vissero alla sua corte, come il Redi e il Tilli per citarne solo alcuni, fino all'attività militare e alla politica estera del Granducato di Toscana. Il libro riporta in appendice perfino un interessante documento musicale, ossia la prima trascrizione diplomatica di una “Serenata fatta in Firenze per la Sera della Nascita del Ser.mo Principe Sposo di Toscana il 14 Agosto 1662”.

 


domenica 10 novembre 2024

“Il priore oscuro” di Jack Roland

Il campo di battaglia è disseminato di cadaveri, l’Ordine Bianco è stato sconfitto, ma la strega non è morta, la guerra non è finita. È solo questione di tempo prima che l’esercito di Wèn (Vortingern), torni a seminare terrore e morte.

I dodici Priori, i custodi dei dodici elementi sui quali si basa l’equilibrio del mondo, stanno morendo. Wèn, la creatrice del tredicesimo elemento, la stregoneria, ne sta distruggendo la stabilità con il suo esercito di strigoi e lamie.

Ad un cavaliere risorto per mano dei Priori spetterà il compito di fermare la strega e le sue orde di spettri. Ad affiancarlo, in questo incarico dagli esiti quantomai incerti, ci saranno tre donne: la gatta mutaforma Vesper, la veggente Avril e la regina Valka, conosciuta da tutti anche come Valka la Sanguinaria o la Madre dei Predoni.

Il romanzo di Jack Roland è un racconto in cui nulla è come sembra e dove la sottile linea che distingue il bene dal male è fragilissima. Bene e male non possono mai essere concetti assoluti e il personaggio del cavaliere Tristo è l’incarnazione stessa del principio per cui, talvolta, un male diventa necessario quando il bene che ne scaturisce è superiore.

La conoscenza di Jack Roland dei grandi classici del ciclo arturiano è indubbia così come è vasta la sua conoscenza della letteratura fantasy, possiamo citare due saghe su tutte quella di The Witcher di Andrzej Sapkowski e quella del Trono di Spade di George R.R. Martin. Jack Roland, però, conosce altrettanto bene i racconti del terrore, si potrebbero in questo caso citare come Lovecraft e Poe.

Jack Roland è stato bravo a trarre ispirazione da questa vasta materia letteraria per ricreare un mondo tutto suo, dove i personaggi hanno una loro propria identità. Non è facile creare un mondo dove una veggente, che a tratti richiama alla mente la leggendaria Morgana, e un cavaliere, che presenta alcune caratteristiche tipiche dei paladini arturiani e allo stesso tempo quelle di un Geralt di Rivia, riescano a risultare credibili aggirandosi tra vampiri e inquisitori. Eppure, non solo il racconto è estremamente piacevole, ma i personaggi sono tutti dotati di un carisma e un fascino non comuni. 

Interessante poi la sottotraccia del racconto in cui si evidenza l’importanza di una convivenza civile e rispettosa tra le varie etnie e le varie professioni di fede, una tematica estremamente attuale.

Quella narrata nel Priore Oscuro è una storia molto interessante e coinvolgente, a suo modo anche originale, senza dubbio un racconto cupo e potente come i suoi protagonisti.  

  

 


domenica 27 ottobre 2024

“Lady Athlyne” di Bram Stoker

Non a molti è noto che Bram Stoker, il famosissimo autore di Dracula, scrisse anche un romanzo rosa o forse sarebbe meglio dire una commedia romantica.

Lady Athlyne è infatti una storia molto particolare, caratterizzata fin dalle prime pagine da un fitto intreccio giocato su equivoci e mezze verità taciute.

Joy Ogilvie è una giovane ricca americana, determinata e molto moderna sia nei modi che nel pensiero. Joy è figlia del Colonello Ogilvie, un uomo all’antica, ossessionato dal concetto di onore tanto da aver sfidato parecchie persone a duello per codesto motivo. Nonostante questa rigida personalità, però, il Colonnello è sempre molto indulgente verso la sua unica figlia per la quale prova un affetto incondizionato.

Joy si ritrova per caso a fantasticare sulla possibilità di diventare la moglie di un certo Lord Athlyne. La giovane, in verità, non ha mai visto l’uomo in questione, ma è rimasta affascinata dalle parole con cui la balia di questi gliene ha descritto pregi e qualità. Il destino vuole che un giorno, in modo alquanto avventuroso, le strade di Joy e di Lord Athlyne si incrocino davvero. Joy ignora l’identità del giovane appena conosciuto e lui, a sua volta, non sa ovviamente che Joy sia proprio quella donna che va in giro spacciandosi per sua moglie e che lui è più che mai determinato a smascherare.

L’intreccio sembrerebbe presagire una storia scoppiettante e ricca di colpi di scena, ma in verità le lunghe descrizioni rallentano notevolmente il ritmo del racconto. Insomma, se le aspettative del lettore sono quelle di un romanzo alla Jane Austen, queste saranno inevitabilmente deluse.

Non fraintendetemi, il racconto è ben articolato e la storia interessante, ma i personaggi non riescono a coinvolgere totalmente il lettore. Insomma, non si crea tra il lettore e i protagonisti quell’empatia che ci si aspetterebbe leggendo un romanzo di questo genere.

L’intento di Bram Stoker di voler denunciare attraverso le pagine di questo suo racconto la rigidità delle regole della società vittoriana è esplicito e ben condotto, ma talvolta a discapito della descrizione dei protagonisti che troppo spesso assumono le caratteristiche di una macchietta.

Zia Judy, la cognata del Colonnello, è forse il personaggio più austeniano del libro. Come lei stessa suole definirsi facendosi beffe della società, è una vecchia zitella che vive con la famiglia della sorella. In verità, la donna ha appena quarant’anni ed è il personaggio più coerente del romanzo. Mentre la giovanissima Joy che vorrebbe rompere i rigidi schemi imposti dalla società, sembra sempre un po’ frenata nel momento in cui si getta nell’impresa; Judy trasgredisce alle regole quanto la giovane nipote, ma lo fa in modo più cauto, più ragionato come l’età più matura e l’esperienza le hanno insegnato a fare.

Lady Athlyne è una lettura interessante che fa conoscere al lettore un Bram Stoker diverso e se vogliamo inaspettato. Un plauso va alla casa editrice Caravaggio Editore per la decisione di stampare questa prima edizione italiana integrale di un romanzo che altrimenti sarebbe rimasto sconosciuto ancora a lungo ai lettori. Bellissima anche la veste grafica scelta.

 


domenica 15 settembre 2024

“Inquisizione Michelangelo” di Matteo Strukul

È un Michelangelo avanti con gli anni e in cerca di redenzione il protagonista di questo bellissimo romanzo di Matteo Strukul.

Le parole di Lutero hanno infiammato l’Europa e la Chiesa sta attraversando una delle peggiori crisi degli ultimi tempi, persino a Roma si parla di una nuova fede. Michelangelo, si interroga sul ruolo da lui svolto alla corte papale, pentendosi e quasi vergognandosi di essere stato proprio lui, con la sua arte, uno dei maggiori artefici di quello splendore e di quel fasto che ad altro non servivano se non a camuffare la vera essenza del potere e del dominio.

Giunge in suo soccorso l’amica Vittoria Colonna, marchesa di Pescara, donna colta e illuminata, che lo mette in contatto con un gruppo di riformatori di cui ella stessa fa parte e che sono capeggiati dal cardinale inglese Reginald Pole. Michelangelo ritrova se stesso, ma non la pace perduta perché Gian Pietro Carafa, capo del Santo Uffizio, è più che mai deciso ad eliminare la setta degli Spirituali. 

 

Matteo Strukul riesce in maniera magistrale a ricreare l’ambientazione perfetta per raccontare fatti realmente accaduti facendo interagire personaggi storici con altri di pura fantasia. Protagonisti affascinanti che coinvolgono il lettore con le loro storie fin dalle prime pagine, come nel caso di Malasorte, una ragazzina a cui la vita non ha mai fatto sconti. Forte, intelligente e determinata, anche aggressiva se necessario, Malasorte è anche capace di donare amore incondizionato, sempre leale con chi gli ha dimostrato affetto. Questa ragazzina, dal nome così particolare, non può che far breccia nel cuore del lettore, così come lo ha fatto in quello del rude Michelangelo. Pagina dopo pagina, però, scopriremo che l'artista in fin dei conti non è l'uomo burbero che la storia ci ha sempre dipinto, ma è un uomo che, a suo modo, sa anche essere sensibile e generoso.

 

Il presunto coinvolgimento di Michelangelo con il gruppo degli Spirituali e con l’Ecclesia Viterbensis di Reginald Pole, a cui si ricollega Matteo Strukul, nasce dalle tesi sostenute da una particolare corrente della critica dell’arte a cui fanno capo Antonio Forcellino, Maria Forcellino e Adriano Prosperi. Essi sostengono che nell’ultima produzione di Michelangelo è evidente l’importanza delle sue frequentazioni in quanto nelle sue ultime opere si scorgono chiari segni di quella dottrina riformata che sosteneva un ritorno alla purezza evangelica.

 

“Inquisizione Michelangelo” è un bellissimo romanzo storico coinvolgente ed emozionante, ricco di colpi di scena. Tradimenti, amore, cospirazioni… non manca proprio nessun elemento per tenere incollato il lettore alle pagine. Come sempre Matteo Strukul ci regala un puntuale affresco storico dell’epoca nel quale si muovono i suoi meravigliosi personaggi di fantasia che ci raccontano la loro storia interagendo con quei personaggi reali, altrettanto straordinariamente narrati dall’autore, che a loro volta ci raccontano la Storia.





 

sabato 31 agosto 2024

“I Leoni di Sicilia” di Stefania Auci

Nel 1799 Paolo e Ignazio Florio lasciano Bagnara Calabra per trasferirsi a Palemo. I fratelli Florio sono ambiziosi e gran lavoratori, hanno tutta l’intenzione di farsi strada, ma i nobili palermitani sono aggrappati ai loro privilegi e, seppur pesantemente indebitati, guardano dall’alto chi si ammazza di fatica per ritagliarsi il proprio posto in società.

I Florio sono gente tenace e nel giro di due generazioni la bottega di spezie con la quale hanno cominciato è solo l’infinitesima parte dei loro giro d’affari. In meno di un secolo sono riusciti a costruire quella che oggi verrebbe definita una vera e propria holding. I loro interessi economici si sono diversificati: hanno acquistato case e terreni, sono proprietari di una compagnia di navigazione, gestiscono diverse tonnare, sono produttori di marsala.

Nonostante il successo economico e politico raggiunto, molti a Palermo li definiscono ancora facchini, la nobiltà gli è ancora preclusa, il sangue fa la differenza. Con la terza generazione si avverte che il vento sta cambiando, ma questa sarà materia per il secondo volume della saga, “L’inverno dei  Leoni”.

Sullo sfondo della storia italiana dai moti del 1818 fino all’unità d’Italia la storia dei Florio imprenditori si intreccia con quella delle loro vicende personali. Una saga famigliare seducente e intrigante come i suoi protagonisti. Una storia che, sia per scrittura che per tematiche, ricorda i grandi testi della letteratura, primo tra tutti Il Gattopardo di Giuseppe Tomasi di Lampedusa.

Molti sono gli spunti di riflessione che nascono durante la lettura del romanzo: alcuni di carattere più generale e legate alla società dell’epoca, come il ruolo della donna oppure la collusione tra politica e imprenditoria, altri di carattere umano come i rapporti tra genitori e figli oppure gli amori segreti e le complicate relazioni sentimentali. 

I protagonisti del romanzo, specialmente quelli maschili, non riescono mai ad avere rapporti sereni con gli altri famigliari. L’impero che riescono a costruire è qualcosa di immenso, ma la smodata ambizione e l’impegno profuso assorbono ogni loro energia. Qualunque cosa deve essere sacrificata sull’altare di Casa Florio.

Una trama interessante e una scrittura scorrevole caratterizzano questo romanzo. Alcune parole in dialetto talvolta potrebbero risultare un po’ ostiche, ma le ho trovate decisamente utili affinché il lettore riesca a calarsi ancora più profondamente nell’atmosfera del racconto che risulta sempre molto intenso e coinvolgente.

Ognuno all’interno del libro proverà simpatia per alcuni personaggi piuttosto che per altri. I miei personaggi preferiti sono stati Ignazio, il primo, quello arrivato a Palermo con il fratello Paolo, e Giulia Portalupi. Alcuni personaggi invece incontreranno le simpatie del lettore all’inizio per perderla magari nel corso della narrazione.  A me è accaduto con Giuseppina, la moglie di Paolo Florio.

Sono curiosa di leggere il secondo volume della saga e di vedere la serie TV omonima tratta da questo primo libro con Vincenzo Florio interpretato da Michele Riondino e Miriam Leone nei panni di Giulia Portalupi.





domenica 25 agosto 2024

“Figlia della palude” di Priska Nicoly

Aprile 1782 Caroline del Sud. La milizia lealista dei Bloody Scout giunge a Little Eden, la proprietà dei Langstone, e appicca il fuoco distruggendo ogni cosa. La figlia di Solomon Langston, Laudicea (Dicey), viene fatta prigioniera dal famigerato capo dei Bloody Scout, Bloody Bill.

Alcuni uomini della milizia credono che la ragazza sia una strega e lei non fa nulla per non alimentare tale sospetto, nonostante questo possa mettere seriamente a repentaglio la sua vita. Bloody Bill, però, sembra intenzionato a salvarla ad ogni costo dai suoi soldati perché Dicey sa dove si trova l’accampamento del fratello, il capitano James Langston. Una motivazione che col tempo sembra sempre più una mera scusa per coprire la vera ragione. 

Il romanzo cerca di rimanere il più fedele possibile alla realtà dell’ambientazione storica. I protagonisti del romanzo Bloody Bill (William/Liam Cunningham) e Dicey (Laudicea Langstom) sono due personaggi realmente esistiti. Proprio dalle loro storie l’autrice ha tratto ispirazione per creare la trama di questo libro nato dalla sua fantasia.

Il racconto stenta un po’ a decollare, il ritmo iniziale è piuttosto lento e la parte legata ai riti e alle pratiche hoodoo, filo conduttore dell’intero romanzo, non è sempre di facile e immediata comprensione. Una volta entrati, poi, nel cuore della storia il ritmo si fa decisamente più rapido e incalzante.

Lui, il bello e dannato, ma che in verità non è poi così dannato; lei, giovane e innocente, ma che rivela fin da subito di possedere un carattere combattivo e ribelle; non ci si aspetterebbe nulla di diverso dai protagonisti di un romance, però Priska Nicoly è stata molto brava a renderli oltremodo carismatici e affascinanti. Unica pecca, non perché voglia essere puritana, ci stanno le pagine dedicate al sesso, però, le ho trovate talvolta non necessarie all’economia del romanzo, anzi alle volte sembrano entrare un po’ a gamba tesa nel racconto a discapito dello stesso.

Molto buona la trama del racconto, impeccabile la soluzione degli enigmi, a cui il lettore tenta di trovare una spiegazione fin dalle prime pagine,  e ottimo il colpo di scena finale in buon parte per niente scontato.

Assolutamente da fare una menzione alla stupenda veste grafica del libro.

Una lettura consigliata a chiunque ami il romance storico che porti con sé qualcosa di magico e misterioso.



venerdì 16 agosto 2024

“Le otto montagne” di Paolo Cognetti

Il romanzo racconta la storia di Pietro, un ragazzino di città, e del suo legame con Bruno, un figlio della montagna. Un’amicizia fatta di partenze e di ritorni, di separazioni e di riavvicinamenti, ma allo stesso tempo un legame solido che durerà tutta una vita.

I genitori di Pietro erano emigrati in città all’età di circa trent’anni subito dopo essersi sposati. Avevano lasciato il Veneto e le loro amate Dolomiti per trasferirsi a Milano. Due caratteri differenti, i loro: ansioso e ombroso lui, aperta e socievole leiAvevano trovato un loro equilibrio alla base del quale c’era la montagna. Avevano, però, modi diversi di viverla questa montagna: per lui significava raggiungere la vetta, laddove non si poteva più andare oltre; la quota prediletta di lei, invece, era quella dei 1500 metri, dove i caprioli si nascondono tra abeti e larici e dove fiorisce il rododendro.

“Le otto montagne” è un romanzo di formazione. Nel Piero e nel Bruno adulti  il lettore scorgerà molti tratti comuni ai loro genitori, ma la loro crescita porterà con sé anche singolarità di un carattere tutto loro. La quota prediletta di Bruno non sarà né la vetta, né il bosco, bensì quella che si trova nel mezzo dove ci sono la prateria alpina, i torrenti, le torbiere, l’erba d’alta quota e le bestie al pascolo. Proprio quel paesaggio che, quando era ragazzino, faceva da cornice alle sue estati spensierate in compagnia dell’amico di sempre, più prezioso di un fratello, così diverso da lui ma a lui complementare.

Avevo sentito parlare molto di questo romanzo e della sua successiva trasposizione cinematografica (2022). Proprio per questo motivo, ho preferito attendere un po' di tempo prima di affrontarne la lettura.

“Le otto montagne” è un libro intenso e toccante che analizza e osserva i tanti aspetti della vita, anche quelli più duri come la montagna d’invero, quando i turisti tornano nelle loro case di città e lassù, tra i monti, regnano il silenzio, la neve il ghiaccio, perché la montagna d’inverno non è fatta per gli uomini e deve essere lasciata in pace.

La montagna si presta ad essere una perfetta metafora della vita perché non è solo nevi e dirupi, creste, torrenti, laghi, pascoli. La montagna è un modo di vivere la vita. Un passo davanti all’altro, silenzio tempo e misura.

Un racconto emozionante dove il tempo è dettato dalle stagioni, dove si parla una lingua antica, un microcosmo dove una società primitiva è ancora detentrice di quei valori del passato che stanno via via scomparendo come le sue genti, come i ghiacciai sulle montagne.



mercoledì 14 agosto 2024

“Il conte Attilio” di Claudio Paglieri

Attilio Arrigoni è un valoroso capitano di ventura che, insieme al suo fedele amico il tenente Massimiliano Bonati, combatte nelle Fiandre sotto il comando del generale Ambrogio Spinola Doria.

Innamorato da sempre dell’unica donna che non potrà mai essere sua, quando riceve da lei una lettera in cui invoca il suo aiuto, Attilio, ottenuta licenza dallo Spinola, non esita a precipitarsi in suo soccorso. Affronterà un viaggio periglioso e ricco di insidie pur di arrivare in tempo a Milano per salvarla dal convento a cui il fratello l’ha destinata costringendola a prendere i voti.

Il conte Attilio è una vecchia conoscenza manzoniana. Nei Promessi Sposi egli scommetteva con il cugino Don Rodrigo se questi sarebbe riuscito o meno a sedurre Lucia, prendendo parte anche al piano per il rapimento della giovane.

Il conte Attilio dei Promessi Sposi era un nobile frivolo, un dongiovanni impenitente che viveva di rendita. Ben diverso il personaggio di Claudio Paglieri che nel suo romanzo vuole riscattarne la figura, prendendo spunto anche da una vecchia faida realmente esistita tra la famiglia Manzoni e quella degli Arrigoni.

“Il conte Attilio” è buon romanzo di cappa e spada che non manca di omaggiare i classici dello stesso genere attraverso numerosi richiami e riferimenti così come fa ovviamente nei confronti dei Promessi Sposi, di cui il romanzo si può ritenere un prequel o uno spin-off, se vogliamo usare la terminologia moderna delle serie televisive.

Invero, tanti sono i riferimenti alla letteratura, troviamo richiami a Dante, Machiavelli, Tasso, solo per citarne alcuni, ma molti sono pure i richiami alla pittura di cui la protagonista femminile Lucrezia è appassionata, dilettandosi essa stessa in quest’arte con pregevoli risultati.

Il conte Attilio è un protagonista affascinante, intelligente e arguto, un guascone dall’animo nobile, un seduttore impenitente, ma leale con gli amici e la famiglia. Impossibile non prenderlo in simpatia fin dalle prime pagine.

Attilio è molto impulsivo e, a bilanciare questa suo carattere precipitoso e focoso, troviamo l’amico Bonati altrettanto coraggioso, ma dall’animo più riflessivo e dai costumi più morigerati.

Da genovese, ho apprezzato parecchio le schermaglie verbali tra miei concittadini e i milanesi così come le descrizioni della Genova seicentesca e del suo entroterra. Mi hanno incuriosito alcuni personaggi in particolare della famiglia Balbi e la storia del capitano Ambrogio Spinola Doria la cui figura credo non mancherò di indagare successivamente.

Il romanzo è scritto molto bene, la storia è scorrevole e si legge con piacere. Non mancano colpi di scena e si percepisce chiaramente che l’autore si è molto documentato per rendere i personaggi e l’ambientazione quanto più verosimili possibile.

Unica nota stonata, a mio avviso, il finale che non è riuscito a coinvolgermi emotivamente come il resto del romanzo. Un epilogo alquanto scontato e annunciato che forse non sarebbe potuto essere diverso, ma che faceva comunque sperare nel sopraggiungere di un qualche colpo di scena a scompigliare le carte, tanto più trattandosi a tutti gli effetti di una storia di fantasia.

Le ultime battute lasciano uno spiraglio aperto per una possibile nuova avventura del conte Attilio ma, per quanto abbia apprezzato la lettura del romanzo, non riesco a intravederne la potenzialità per lo sviluppo di un secondo episodio.



 

domenica 11 agosto 2024

“La vita a mano libera” di Alessandra Tempesta

Angelica ha 30 anni appena compiuti e la consapevolezza di non poter più procrastinare oltre le proprie scelte.

Angelica può contare sull’appoggio dei suoi genitori, dell’amica Clizia e del collega Max che segretamente è innamorato di lei, ma l’ansia sembra comunque non volerle dare tregua. Angelica ama il proprio lavoro, ha fatto tanti sacrifici per aprire la sua libreria, ma nulla sembra allontanare da lei gli attacchi di panico che la colgono all’improvviso sempre più spesso. È stanca del suo essere sempre controllata, di guardare la sua vita scorrerle davanti agli occhi senza prendervi mai davvero parte. 

Le troppe notti insonni, i tanti pensieri smarriti, i numerosi rimorsi per opportunità non colte la portano alla scelta non facile di lasciare il confortevole nido famigliare e andare a vivere da sola.

Il piano narrativo si sdoppia quando Angelica un giorno trova, in modo del tutto fortuito, sotto una mattonella del magazzino della libreria la foto di una donna e una chiave. La chiave apre un armadietto a muro che custodisce un vecchio diario, datato 1970-71, che racconta la triste vicenda di Bianca, una giovane donna figlia di contadini.

Ci sono libri che parlano al cuore e “La vita a mano libera” è decisamente uno di questi. Ogni lettrice, troverà nelle pagine i propri sogni, desideri e speranze perché le protagoniste nate dalla penna di Alessandra Tempesta sono oltremodo realistiche. Ogni pagina porta con sé parole che spingono ad analizzare la propria vita, a rimettere in discussione le proprie scelte, a chiedersi quali siano davvero le nostre priorità, a capire se la persona che siamo oggi corrisponde a quella che avremmo desiderato essere.

“La vita a mano libera” è un racconto di dolore e sofferenza, di paure inconfessate, di sogni dimenticati e di compromessi, ma è anche un racconto di rinascita che dona speranza. Una storia che pone l’accento sull’importanza di credere in se stessi, sul valore dell’amicizia e dell’amore; un invito a non aver paura di vivere i propri sentimenti e di aprirsi all’altro.

È vero, talvolta la vita offre all’improvviso ciò che si è inseguito per anni e, anziché tuffarcisi e prenderlo a piene mani, si resta fermi, immobili, ipnotizzati a guardarlo mentre il tempo lo trascina via. E così si cercano altre chimere, altri aneliti, per dare un senso ai propri giorni.



lunedì 5 agosto 2024

“Il nido segreto” di Martina Tozzi

Mary e Fanny erano figlie della famosa Mary Wollstonecraft, una delle più importanti filosofe femministe della sua epoca. Mentre Mary era anche figlia di William Godwin, stimato e apprezzato filoso e scrittore britannico, Fanny, invece, era frutto di una relazione precedente della donna.

Fanny, che era stata adottata da Godwin, aveva solo tre anni quando la madre morì di parto dando alla luce la sua secondogenita Mary. 

Le bambine crebbero in un ambiente culturalmente molto stimolante. Il padre amava, infatti, circondarsi di filosofi, scienziati, letterati e non solo lasciava che le figlie prendessero parte a quegli incontri, ma ne incoraggiava proprio la partecipazione.

Quando William Godwin decise di risposarsi, lo fece con una donna che aveva già due figli coetanei delle sue bambine: Jane e Charles. Tra i ragazzi si stabilì fin da subito una bella intesa, ma non altrettanto sereno fu il rapporto della nuova signora Godwin con le figlie del marito in particolare con la giovane Mary.

Al centro del romanzo troviamo la storia delle tre ragazze Godwin Mary, Fanny e Jane e del poeta Percy Bysshe Shelley, la cui conoscenza cambiò per sempre le loro vite.

Un romanzo avvincente quello di Martina Tozzi come affascinanti e seducenti sono i personaggi che l’autrice descrive in modo talmente vivido e dettagliato che al lettore sembra quasi di farne la conoscenza di persona.

Tanti e suggestivi i riferimenti alle opere letterarie dei protagonisti che non possono non invogliare a leggere, o rileggere, le opere di Percy Bysshe Shelley, di Mary Shelley e di Lord Byron.

Un solo appunto, giusto per essere pignola: in un dialogo viene nominato lo Stregatto. Si tratta di una licenza letteraria in quanto il libro di Lewis Carroll è successivo alla morte dei protagonisti del romanzo di Martina Tozzi.

Le tre sorelle hanno un carattere diversissimo tra loro eppure tutte riescono ad entrare nel cuore del lettore: la dolce e insicura Fanny, l’esuberante e  intelligente Mary, la capricciosa e testarda Jane, che deciderà di farsi poi chiamare Claire.

Tutte e tre le donne, a modo loro, sono affascinate e innamorate di Shelley, un idealista dall’animo vivace e curioso, un ragazzo esuberante che rivelava di possedere ancora un lato infantile mai sopito.

Tanti i personaggi a fare da sfondo alla vicenda come l’affascinante Lord Byron e ovviamente il padre delle ragazze William Godwin.

Sia Byron che Godwin sono l’immagine del’ipocrisia. Il primo, l’uomo delle grandi passioni e dalle molte relazione con donne diversissime per estrazione sociali, non si fa scrupolo di rinchiudere la figlia, ancora bambina, in un convento perché diventi una giovane virtuosa. Il secondo, che tanto era animato dall’amore per Mary Wollstonecraft e tanto sosteneva di ammirare tutto ciò che il suo pensiero femminista rappresentava, non si fa scrupolo di allontanare la figlia prediletta Mary perché fuggita con un uomo sposato.

Shelley contrae debiti, è vero, ma è un poeta idealista e sognatore che non comprende il valore del denaro arrivando addirittura a regalare ai poveri quel poco che ha; Godwin, invece, non mostra la minima remora a sfruttare lo stesso Shelley, pur sapendolo in difficoltà economiche, pensando che tutto gli sia dovuto.

“Il nido segreto” è un romanzo estremamente scorrevole. Il racconto è appassionante e la descrizione dei personaggi non è mai banale.

Martina Tozzi è riuscita a riportare sulle pagine uno vero spaccato di vita dell’epoca e a far rivivere sulla carta dei personaggi dal fascino indimenticabile.

Impossibile rimanere indifferenti di fronte all’amore di Percy e Mary e al suo rafforzarsi nel corso degli anni dopo le tante difficoltà e tragedie affrontate dalla coppia.

Ogni personaggio di questo libro evolve nel corso del tempo acquistando spessore; Jane/Claire, Mary, Percy, Fanny, ognuno di loro reagisce alle avversità che la vita gli mette innanzi in modo differente, qualcuno ne esce più forte qualcuno soccombe, ma nessuno di loro resta lo stesso che abbiamo conosciuto all’inizio della storia,

Se amate il romanticismo inglese “Il nido segreto” è un romanzo che vi conquisterà fin dalle prime pagine.

 

 

giovedì 1 agosto 2024

“Un principe di Toscana in Inghilterra e in Irlanda nel 1669” a cura di Anna Maria Crinò

Si tratta del testo originale completo della relazione ufficiale del viaggio che Cosimo III de’ Medici compi nel 1669 in Inghilterra e in Irlanda.

Il testo è presente in due bei codici cartacei manoscritti illustrati da numerosi acquarelli conservati presso la Biblioteca Mediceo Laurenziana. Di questa relazione ufficiale esiste anche un secondo esemplare, senza pretese estetiche, ma più corretto come testo conservato presso la Biblioteca Centrale di Firenze. Anna Maria Crinò ha preferito quindi riprodurre questo secondo esemplare che contiene anche un’appendice sullo stato generale dell’Inghilterra dell’epoca.

Il testo è preceduto da un’interessante introduzione della curatrice in cui vengono evidenziati sia i criteri da lei usati per la riproduzione del testo sia una sintesi ragionata su quello che attende il lettore di questa “Relazione ufficiale del viaggio di Cosimo de’ Medici tratta dal Giornale di L. Magalotti”.

Non si tratta di quella che si potrebbe definire una lettura scorrevole, ma si tratta di un testo molto interessante sia per le descrizioni dei luoghi sia per il racconto dell’accoglienza riservata a Cosimo dal Re d’Inghilterra, dalla famiglia reale e dalle più importanti famiglie del regno.

Tanti i particolari curiosi narrati come le pagine dedicate alle sette religiose, al governo, alla personalità degli inglesi, alla storia recente del Paese o le pagine dedicate alla navigazione.

Cosimo visitò Londra negli anni subito successivi a quelli dell’incendio (1666) in cui gran parte della città antica andò distrutta; di particolare interesse sono alcuni dettagli raccontati di prima mano su come si presentasse all’epoca Londra e in particolare è suggestiva la descrizione dei resti della Cattedrale di Saint Paul che sarà ricostruita solo negli anni avvenire.

Il testo venne attributo negli corso degli anni ora al Marchese Filippo Corsini ora al conte Lorenzo Magalotti, l’attribuzione più probabile è quella del Magalotti.

Anche sulla datazione ci sono diverse ipotesi, la più accreditata è però quella che ritiene il testo definitivo redatto nel 1689, ben vent’anni dopo il viaggio compiuto da Cosimo.

Da sottolineare una particolarità del volume edito nel 1968 da Edizioni di Storia e Letteratura: si tratta di un libro intonso ovvero un volume che per scelta editoriale presenta i fogli non rifilati così da dover essere separati con il tagliacarte. Un tocco nostalgico che ho apprezzato molto.

 

venerdì 26 luglio 2024

“Amare note” di Matteo Della Rovere

La morte di Mozart resta ancora tutt’oggi un mistero, per anni si è addirittura pensato che fosse stato sepolto in una tomba comune. Gioacchino Rossini scrisse numerose opere, grandi successi, ma poi all’improvviso la sua vena artistica si esaurì, si dice a causa di una forte depressione.

Matteo Della Rovere con il suo romanzo “Amare note” regala al lettore uno scherzo, come recita lo stesso sottotitolo del libro: “Uno scherzo su Mozart e Rossini”. 

Una storia affascinante in cui l’autore fantastica su un improbabile, seppur seducente, legame tra i due artisti; un filo narrativo che ha dello straordinario e che si presterebbe benissimo come trama per il libretto di un melodramma.

Siamo nella Bassa Romagna, corre l’anno 1798,  quando una giovanissima Marietta prende servizio presso il maestro Amedeo Gasperini. Nonostante gli iniziali e legittimi dubbi nel dover vivere da sola con un uomo maturo in un isolato casale, Marietta si rende conto molto presto che il maestro Gasperini è davvero l’uomo dabbene che le avevano descritto. Questi, da parte sua, avendo preso fin da subito in simpatia la giovane, si adopera per darle un’istruzione e, nonostante l’iniziale scetticismo di lei che definisce l’idea una stramberia, le insegna a leggere e scrivere.

Il maestro, valente musicista, si guadagna da vivere dando lezioni di musica. Un giorno tra i suoi allievi arriva un bambino di dieci anni, il suo nome è Gioacchino Rossini. Il nuovo arrivato si rivelerà, sebbene molto dotato musicalmente, anche una vera spina nel fianco e metterà a dura prova l’equilibrio perfetto creatosi tra Amedeo e Marietta.

Non si può anticipare molto di più della trama per non rovinare al lettore il piacere di scoprire da sé i tanti intrighi, i molti colpi di scena e i numerosi sotterfugi che si susseguono incessantemente pagina dopo pagina rendendo la narrazione vivace e scorrevole.

Bellissimo il personaggio del maestro Gasperini: un uomo gentile, premuroso ma anche tremendamente tormentato. Amedeo ama Marietta per la sua vitalità, ma mai si sognerebbe di imporle i suoi sentimenti sapendoli non ricambiati. La sua è una figura malinconica e sin dall’inizio il lettore si interroga su quale sia il dolore che si cela dietro la sua pacatezza, quel dolore che il maestro cerca di annegare costantemente nel vino.

Marietta è un personaggio che cresce nel corso della storia non solo anagraficamente. Sin da ragazzina si comprende che ha un carattere forte e deciso. Una figura estremamente moderna nel rivendicare le proprie scelte di donna anche quelle che la conducono a commettere errori pesanti dei quali, però, è sempre pronta ad assumersi le proprie responsabilità. Quello di Marietta non è un personaggio che ispiri immediata simpatia nel lettore, però, grazie ad una sensibilità e ad una generosità inaspettate, riesce a conquistarne, nel corso del racconto, completamente l’anima regalandogli anche qualche interessante sorpresa.

Infine, troviamo “il cattivo” della storia: Gioacchino Rossini. Un personaggio riprovevole che racchiude in sé tutte le caratteristiche più negative: egoista e arrogante; fin da bambino risulta un elemento antipatico, viziato e prepotente.

“Amare note” è un romanzo breve, piacevole e denso di significati. Un plauso al suo autore per aver saputo creare una storia tanto accattivante e originale al tempo stesso.

 


domenica 7 luglio 2024

“È colpa nostra” di Mercedes Ron

Lo so, ero stata spietata nel mio giudizio sul secondo libro della trilogia, ma avevo promesso che avrei comunque letto il volume conclusivo non appena fosse uscito. Promessa mantenuta.

La storia d’amore tra Nick e Noah sembra arrivata al capolinea. Delusione, rimpianto, disperazione, desiderio di rivalsa, odio sembrano ormai da più di un anno gli unici sentimenti che riescono ad avere la meglio nel loro rapporto. Quando la speranza sembra ormai ridotta al lumicino, accade qualcosa, un evento inaspettato, che potrebbe nuovamente rimettere tutto in discussione. Quando si ferisce la persona amata tanto dolorosamente, il perdono non è mai scontato, ma è anche vero che quando conosci la persona con cui vuoi passare il resto della tua vita, non c’è più marcia indietro”.

La trama è piuttosto banale; c’è un particolare, poi, che non può sfuggire ad un lettore attento e che preannuncia quale possa essere l’imprevisto che potrebbe fare riavvicinare Nick e Noah.

D’altra parte devo riconoscere che ci sono anche alcuni colpi di scena non scontati e soprattutto che la narrazione è molto scorrevole fin dalle prime pagine. A differenza dei primi libri, infatti, il ritmo della narrazione di questo terzo romanzo mantiene un ritmo costante e coinvolgente.

La trama è ben costruita e i personaggi sono ben caratterizzati come lo erano quelli del primo volume.

Mercedes Ron riesce a mantenere alta l’attenzione del lettore per l’intero racconto che non è neppure brevissimo dal momento che sono più di cinquecento pagine.

Dopo la mia sofferta lettura di “E’ colpa tua?” direi che Mercedes Ron con il capitolo conclusivo della saga si è riscattata. 

Romanzo young adult dalla trama apprezzabile e dall’ottima impostazione.

Credo che valga la pena superare la lettura della prima parte del secondo volume, per approdare alla lettura di “E’ colpa nostra”.




venerdì 5 luglio 2024

“I superbi. Una donna tra amori e vendette” di Corrado Occhipinti Confalonieri

Papa Paolo III, al secolo Alessandro Farnese, non è mai riuscito a negare nulla al figlio prediletto nonostante questi abbia dimostrato in più d’una occasione di essere un’anima nera.

Nel 1545 Pier Luigi Farnese ottiene dal padre il ducato di Parma e Piacenza sebbene molti, tra cui anche l’imperatore, avrebbero preferito che il titolo ducale fosse stato assegnato al figlio del Farnese, Ottavio, marito di Margherita d’Austria e figlia naturale di Carlo V.

Animato dalla più una sfrenata ambizione e dalla smania di dimostrare le proprie doti di abile principe, Pier Luigi Farnese, appena stabilitosi a Piacenza, suscita fin da subito con il suo arrogante comportamento l’ostilità della nobiltà locale la quale, a sua volta, non perde tempo ad organizzarsi per liberasi di lui con la forza.

Tra i nobili chiamati a partecipare alla congiura c’è Gianluigi Confalonieri, un uomo giusto e leale, la cui fermezza però, dinnanzi ai soprusi perpetrati dal Farnese, inizierà a vacillare. La moglie, la bellissima e irreprensibile Elisabetta, dovrà impegnarsi non poco per fare desistere il marito dal tradire i suoi saldi principi.

Il libro di Corrado Occhipinti Confalonieri porta sulla scena personaggi realmente esistiti e tesse, restando quanto più possibile fedele alla veridicità storica, una coinvolgente trama in cui le vicende dei protagonisti danno vita ad un susseguirsi di colpi di scena.

Amori, tradimenti, alleanze, vendette, inganni, speranze e sogni infranti si alternano pagina dopo pagina. Ogni dettaglio, anche il più piccolo, apporta il proprio contributo nel ricreare l’affresco dell’epoca narrata: la descrizione di un abito, la ricetta di un dolce, la spiegazione di un’opera d’arte, l’illustrazione di una fortificazione.

Dopo una prima parte dedicata in maggiormente alla narrazione di fatti più strettamente storici, prende avvio la seconda parte del racconto dove a fare da padrone è l’amore.

Una storia  intensa e appassionata, che si rifà alla poesia epica-cavalleresca e riporta alla mente del lettore le vicende delle coppie di amanti più famose della letteratura quali Paolo e Francesca, Tristano e Isotta, Ginevra e Lancillotto.

Per dovere di cronaca devo sottolineare la presenza di un passaggio del libro che mi ha fatto un po’ sorridere poiché la scena in questione sembra ambientata più in un salotto di epoca Regency che in un palazzo rinascimentale; tutto è però concesso trattandosi di fatto di un romanzo e non di un saggio.

Ecco, quello che più ho apprezzato del libro di Corrado Occhipinti Confalonieri è proprio questa sua grande capacità di riuscire a far volare il lettore con la fantasia, trasportandolo in un altro tempo e in un altro mondo.

I romanzi storici sono difficili da affrontare perché è sempre molto complicato per l’autore riuscire a trovare la giusta combinazione tra verità storica e fantasia. 

“I superbi. Una donna tra amori e vendette” è un romanzo ben strutturato, un racconto di evasione che si basa su solide basi storiche senza che queste ne appesantiscano la trama e dove ampio spazio è concesso alla creatività e all’immaginazione.

Sempre difficile fare paragoni, ma se dovessi pensare ad un autore di romanzi storici che si possa avvicinare come stile a Corrado Occhipinti Confalonieri, ricorderei la penna di Marina Colacchi Simone, autrice di “Florentine. La pupilla del Magnifico” e di “Sacro Romano Impero. La Principessa di Charolles”.





giovedì 27 giugno 2024

“Amore e guerra nel tardo Rinascimento. Le lettere di Livia Vernazza e Don Giovanni de’ Medici” a cura di Brendan Dooley

Un tempo ci si scriveva lettere e cartoline. Tanta è la corrispondenza d’amore giunta sino a noi, alcune lettere furono scritte appositamente con intento letterario, altre invece esclusivamente come messaggi privati destinati ad essere letti solo dalla persona a cui erano indirizzati.

Grazie agli epistolari che sono arrivati nelle nostre mani abbiamo oggi la possibilità di curiosare nella vita di personaggi famosi, cogliere i loro pensieri e i loro sentimenti, nel momento in cui erano più vulnerabili perché convinti di non essere osservati. Quelle pagine ingiallite ci restituiscono la loro immagine di donne e uomini comuni, senza la maschera che erano soliti indossare in pubblico.

Viene da chiedersi cosa invece resterà di noi, donne e uomini del XXI secolo, quando i posteri vorranno approfondire la nostra vita. Il modo di comunicare ha subito una trasformazione epocale; le lettere sono state sostituite dalla messaggistica istantanea che non lascerà alcun segno a chi verrà dopo di noi.

Veniamo però, adesso, al nostro libro e alle lettere di Livia Vernazza e Don Giovanni de’ Medici.

Livia era figlia di un materassaio genovese andata in sposa poco più che tredicenne a Giovanni Battista Granara, anche lui materassaio come il padre e molto più anziano di lei. Dopo meno di due anni dalle nozze Livia fuggì a Firenze dove fece la serva o forse la prostituta. A diciotto anni conobbe il quarantunenne Giovanni; il loro fu amore a prima vista.

Sebbene illegittimo, Giovanni era pur sempre il figlio del granduca Cosimo I de’ Medici, fratello e zio di granduchi; la famiglia Medici non poteva assolutamente accettare una relazione con una donna di così bassa estrazione sociale. Eppure, sebbene fortemente avversata dalla famiglia a cui Giovanni era comunque molto legato, la loro storia durò ben 13 anni. La loro unione trovò il giusto coronamento a Venezia nel 1619 quando venne celebrato il loro matrimonio.

Alla morte di Don Giovanni la famiglia Medici, forte del proprio nome, fece imprigionare Livia che, in un secondo momento, fu trasferita e richiusa in convento. Il matrimonio fu fatto annullare e il figlio avuto da Don Giovanni dichiarato illegittimo. Solo molto tempo dopo fu permesso alla donna di risiedere nella casa di Montughi dove morì nel 1655.

Inutile dire che quanto tramandato sulla figura di Livia Vernazza è per la maggior parte un resoconto deformato da radicati pregiudizi e volutamente molti aspetti della vicenda furono passati sotto silenzio per volere della famiglia Medici e di coloro che erano al suo servizio.

La maggior parte della corrispondenza tra Livia e Don Giovanni a noi giunta risale al periodo in cui il Medici era impegnato nella campagna militare di Gradisca (detta anche guerra degli Uscocchi) al sevizio della Repubblica di Venezia.

Dalle lettere emergono un sentimento profondo e una passione ardente. Questa coppia, senza dubbio ai più sconosciuta, venne però immortalata anche da Gabriele D’Annunzio che, in “Il secondo amante di Lucrezia Buti”, la definì la bellissima genovese, la venturiera ligure ch’era riuscita a farsi sposare da Giovanni de’ Medici.

Nel carteggio a noi giunto (aprile 1614 - settembre 1619) vediamo la coppia affrontare i più disparati argomenti: dalla gestione della casa a quella delle proprietà finanche ai problemi militari e politici. Risulta evidente quanto fosse stretto il legame tra i due e quanto Don Giovanni de’ Medici si fidasse delle capacità e della perspicacia di Livia. Invero, entrambi si affidavano ai consigli l’uno dell’altro nelle più svariate occasioni.

Don Giovanni non si tratteneva dal raccontare cose che riguardavano la campagna militare che stava conducendo e quando lo faceva, non era di sicuro perché non si fidasse del giudizio di Livia, ma semplicemente perché le lettere potevano essere intercettate e di certe cose, ovviamente, era meglio parlare di persona.

Livia era libera di disporre dei mezzi economici di Don Giovanni; quando fu necessario il Medici non ci pensò due volte a rimettersi al suo discernimento e le firmò anche due pagherò in bianco così che lei potesse scrivere la cifra  necessaria alla transazione in corso.

Molte nel carteggio sono anche le lettere d’amore; Don Giovanni era solito rivolgersi a Livia come alla Signora mia unica et vera Padrona. Ad un certo punto, però, salta fuori che lui dovette farsi perdonare un tradimento. Don Giovanni impiegò fiumi di carta per ottenere la tanto sospirata assoluzione e la donna, oltremodo orgogliosa, seppe tenergli testa dimostrandosi molto risoluta nel volergliela fare pagare.

Il carteggio è anche una sorta di cronaca della vita dell’epoca; sono riportati, infatti, in maniera chiara e dettagliata nomi di luoghi, notizie di eventi, modi di dire spesso tutt’oggi ancora in uso oltre ad un preciso resoconto di fatti quotidiani e famigliari.

Molto interessante è anche il breve saggio introduttivo di Brendan Dooley curatore di questa edizione pubblicata da Edizioni Polistampa (2009).