Due date importanti segnano i
limiti cronologici del periodo preso in esame da Jacques
Heers in questo suo saggio del 1986 riproposto dal Corriere della Sera
nella collana “Biblioteca della storia. Vite quotidiane”.
Nel 1420 Martino V, riconosciuto
come unico sovrano pontefice, rientra a Roma. Con la sua elezione
avvenuta il giorno 11 novembre del 1417 al Concilio di Costanza si risolve lo
scisma d’Occidente. La sede del papato lascia Avignone per fare ritorno
nell’Urbe.
Roma tra la fine del
Quattrocento e l’inizio del secolo successivo è una città
piena di contraddizioni.
È contrassegnata da intrighi, violenze,
guerre intestine, nepotismo e libertinaggio, ma in mezzo a tante ombre fioriscono
anche quelle arti e quella letteratura che ne fanno un centro culturale di
primo piano.
Roma in breve tempo grazie
alla sua fervida vita intellettuale e all’amore per il bello iniziò infatti a
rivaleggiare con i centri più importanti quali la Firenze di Lorenzo il
Magnifico.
Il limite cronologico di
questo periodo di risveglio e di trasformazione dell’Urbe viene identificato da
Heers con il sacco di Roma avvenuto nel 1527 e compiuto dalle
truppe imperiali di Carlo V composte principalmente da lanzichenecchi tedeschi.
Sul soglio di Pietro sedeva Clemente VII, al secolo Giulio de’ Medici. Tale
evento non causò un declino insanabile, ma rappresentò con la sua brutalità un forte
punto di rottura.
Il libro di Jacques Heers è un
saggio ben articolato che analizza la Roma pontificia del XV secolo e gli inizi del
XVI secolo nel suo insieme. Non si sofferma banalmente sugli aspetti
materiali e comuni dello stile di vita come, ad esempio, sugli alimenti o sui
tessuti e non si focalizza neppure, come si potrebbe desumere dal titolo, sulla
storia dei pontefici come singole figure storiche.
Osservando l’evoluzione degli
eventi nel loro complesso, Heers preferisce indagare il motivo di certe
dinamiche all’interno dello scacchiere politico e religioso dell’Urbe.
I pontefici erano a tuti gli
effetti dei veri capi di Stato e come tali avevano una loro
corte. Il loro però era uno Stato cosmopolita la cui azione si sviluppava
ben oltre i paesi vicini estendendosi anche verso l’Oriente e ad un certo
punto della storia anche verso le Americhe. Il loro potere era a tempo
determinato, era un potere non trasmissibile in quanto eletti da un
conclave di principi della Chiesa che, a loro volta, potevano vantare una loro propria
corte personale. Talvolta ci furono comunque due papi appartenenti alla stessa
famiglia nel giro di pochi anni, ad esempio, Borgia e Medici giusto per
ricordare le due famiglie indicate nel titolo del libro.
Heers esamina ogni aspetto del
periodo dettagliatamente: dalla politica estera a quella interna, dalle
dinamiche dettate dalle alleanze delle varie famiglie nobili alle cerimonie
religiose, ai conclavi, al mecenatismo.
La lettura non risulta sempre scorrevole
perché le informazioni trasmesse sono davvero numerose e articolate. Tanti gli
argomenti trattati, impossibile quindi anche solo fare un breve accenno di
tutti quanti.
Un saggio interessante, preciso
e approfondito che riesce a rendere perfettamente l’idea di
quella che doveva essere la vita a corte in quella Roma tanto controversa eppur
tanto ricca di fascino e colta quale fu la Città Eterna ai tempi dei Borgia,
dei Medici, dei Della Rovere e dei Piccolomini.
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