Venezia, 27 maggio 1740. A
casa Vivaldi Zanetta e Margarita sono di nuovo alle prese con il messo del
tribunale. Il reverendo Don Antonio Vivaldi ha lasciato la Serenissima per
cercare fortuna presso la corte dell’Imperatore abbandonando le sorelle all’ingrato
compito di far fronte ai suoi numerosi debitori. La stella del Prete Rosso è ormai
tramontata, nuovi autori e nuova musica lo hanno scalzato dalle altre vette
raggiunte. Investimenti sbagliati e lavori sospesi lo hanno ridotto sul
lastrico. Solo la scaltrezza e l’intraprendenza del fratello Francesco può
giungere in soccorso delle due povere donne.
Occimiano nel Monferrato, autunno 1922. Nella villa portata in dote dalla moglie e nella quale si era rifugiato anni prima per lasciarsi alle spalle Genova e i dispiaceri famigliari, Don Marcello Durazzo sta per giungere al termine della sua vita terrena. La sua più grande preoccupazione è quella di trovare a chi affidare il suo tesoro: la sua biblioteca.
Libri e manoscritti appartenuti un tempo
alla biblioteca di famiglia che il padre volle dividere, compiendo una scelta
scellerata, tra i suoi due figli. Don Marcello, nonostante la marchesa Francesca,
sua moglie, molto più lungimirante di lui, lo abbia più volte sconsigliato in
tal senso, decide comunque di affidare tutti i suoi preziosi volumi ai
salesiani.
“L’affare Vivaldi” è la storia
della riscoperta dei manoscritti di Antonio Vivaldi. Una
storia che inizia a Venezia a metà del Settecento e termina nel 1938. Questo
almeno per quanto riguarda la trama del libro perché la riscoperta dei manoscritti
vivaldiani è tutt’oggi in corso e lo sa bene l’autore del romanzo che si
occupa proprio del catalogo vivaldiano ormai da anni. Ogni anno spuntano nuove
pagine, ma anche tante false attribuzioni spesso dovute a copisti senza
scrupoli.
Sulla vita di Antonio Vivaldi
ci sono ancora molte lacune. Sappiamo per certo che egli
finì i suoi giorni in povertà e in solitudine. Ad un certo punto la sua
musica passò di moda e le sue opere teatrali non incontrarono più il gusto del
pubblico. Fu l’inizio di quell’oblio che durò quasi due secoli.
La storia narrata in “L’affare
Vivaldi” può sembrare frutto di fantasia, ma in verità, come lo stesso Federico
Maria Sardelli specifica nelle note al termine del volume, questo è uno di quei
casi in cui la realtà supera di gran lunga l’immaginazione. All’inizio
del libro troviamo un elenco dei principali personaggi. Questi sono quasi tutti
personaggi reali tranne qualche raro caso in cui l’autore ha dovuto ricorrere
alla fantasia per sopperire alle lacune documentali. Né è un esempio
l’anarchico e tipografo Arnaldo Bruschi personaggio interamente nato dalla
penna del maestro Sardelli.
I veri eroi di questa storia sono
il compositore e musicologo Luigi Torri, direttore della Biblioteca
Nazionale di Torino nonché soprintendente bibliografico per il Piemonte e la
Liguria e il musicologo, direttore d’orchestra e compositore Alberto Gentili,
professore di storia della musica all’Università degli Studi di Torino. Queste
due figure con il loro impegno e la loro dedizione furono indispensabili per
assicurare allo Stato l’acquisizione dei volumi vivaldiani delle collezioni Foà
e Giordano.
Il racconto non segue una
linearità temporale narrativa, ma ricorre a continui flashback che trovano tutti
un loro epilogo nel capitolo conclusivo. Contrariamente a quanto si
potrebbe pensare la scelta dell’autore di fare ricorso a questi salti
spazio-temporali non spezza assolutamente il ritmo del racconto che risulta
invece coinvolgente e incalzante. I personaggi sono tutti ben delineati e
caratterizzati. La narrazione, sempre scorrevole, non manca di una vena
ironica. Essenziale, infatti, è riuscire a far sorridere il lettore e
stemperare la tensione laddove si presentano eventi particolarmente irritanti o
personaggi oltremodo indisponenti e superficiali. Un sarcasmo che fa sorridere,
ma che allo stesso tempo sottolinea l’incapacità, la superficialità e gli
errori commessi nel corso degli anni.
“L’affare Vivaldi” è il
racconto di un’indagine che ha il sapore di un giallo, ma alla cui base c’è
un gran lavoro di ricerca e consultazione documentaristica.
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