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venerdì 23 agosto 2019

“Io, Caterina” di Francesca Riario Sforza

IO, CATERINA
di Francesca Riario Sforza
TEA
Caterina, figlia di Galeazzo Maria Sforza e della sua amante Lucrezia Landriani, nacque nel 1463 e fu allevata, con i fratelli nati dalla medesima relazione, insieme ai figli legittimi del duca nati dal matrimonio con Bona di Savoia.

Caterina Sforza diede prova del suo forte carattere già da bambina quando, ad appena  dieci anni, accettò di sposare senza alcun timore il pretendente per lei scelto, Girolamo Riario, nipote di papa Sisto IV, un matrimonio che l’avrebbe resa la figura femminile più importante dello Stato Pontificio.

Quando quattordicenne giunse a Roma per le nozze, Caterina trovò un ambiente che la ammaliò per il suo sfarzo ma che allo stesso tempo fu in grado di stimolare il suo già vivo interesse per l’arte e la cultura.

Dopo che il marito venne assassinato, a seguito di una congiura ordita ai suoi danni, Caterina dimostrò ancora una volta tutta la sua fierezza e la sua propensione al comando.

Infatti, come già accadde in occasione della morte di papa Sisto IV, quando ella non esitò a barricarsi dentro Castel Sant’Angelo tenendo in scacco l’intero Stato Pontificio pur di salvare le proprietà del marito, così, anche in questa occasione, la Tigre di Forlì non si tirò indietro pur di difendere quanto spettava al legittimo erede di Girolamo, Ottaviano Riario, che all’epoca era solo un bambino.

La vita di Caterina Riario Sforza fu una vita davvero avventurosa e vivace.

Rimasta vedova, dopo una breve e passionale relazione con Antonio Maria Ordelaffi, sposò in seconde nozze Giacomo Feo, fratello del suo castellano, molto più giovane di lei e, quando pure lui morì per mano della congiura ordita tra gli altri anche dal suo primogenito Ottaviano, sposò Giovanni de’ Medici, fratello di Lorenzo de’ Medici e figlio di Pierfrancesco de’ Medici, appartenenti al ramo cadetto dell’illustre famiglia.

Proprio dal matrimonio con Giovanni nascerà l’ultimogenito di Caterina Sforza, l’ultimo di molti figli nati da lei nel corso degli anni.

Il piccolo Giovanni, che passerà alla storia con il nome di Giovanni dalle Bande Nere, sarà il padre del futuro Cosimo I de’ Medici, il primo Granduca di Toscana.

Caterina Sforza lottò a lungo per difendere i suoi possedimenti di Imola e di Forlì; unica donna in mezzo agli uomini, riuscì per anni a destreggiarsi tra guerre, faide e congiure, fino a quando anche lei, come molti altri, dovette arrendersi di fronte al famigerato Cesare Borgia, il duca Valentino, il figlio del tanto discusso papa Alessandro VI, al secolo Rodrigo Borgia.

Caterina, dopo essere stata rinchiusa per quasi un anno in una prigione senza sapere quale sarebbe stato il suo destino, venne finalmente liberata e le fu concesso di vivere gli ultimi anni della sua vita lontano dalla scena politica nella città di Firenze dove morì nel 1509.

Caterina Sforza fu una donna fuori dal comune, capace di guidare un esercito in battaglia, così come di saper fronteggiare gli avversari nel più sottile gioco della politica e della diplomazia.

Possedeva una cultura vastissima che sconfinava anche in quei campi che fino ad allora erano stati di esclusivo appannaggio maschile come l’alchimia e la chimica.

Appassionata di erbe, di medicina e di cosmesi, scrisse lei stessa un trattato giunto ai giorni nostri con il titolo di Experimenti composto da quattrocentosettantun ricette per combattere le malattie del corpo e conservare la bellezza. 

Dotata di un fascino speciale oltre che di una particolare bellezza, riuscì ad ammaliare artisti quali Leonardo Da Vinci e Botticelli, nei dipinti dei quali è oggi forse possibile individuare alcuni tratti che la ritraggono.
Nel libro si fa riferimento ad esempio al volto di una delle Grazie nella “Primavera” del Botticelli ed al sorriso della “Gioconda” di Leonardo Da Vinci.

“Io, Caterina”, scritto proprio da una discendente della protagonista del romanzo, Francesca Riario Sforza, è un libro molto piacevole e di facile e scorrevole lettura.

I riferimenti storici e l’ambientazione sono stati quasi sempre rispettati tranne laddove ovviamente l’autrice ha dovuto prendersi qualche licenza a favore dell’economia narrativa, non possiamo dimenticare che si tratta pur sempre di un romanzo.

Caterina Sforza fu indubbiamente un personaggio davvero singolare, una donna che pure alla fine dei suoi giorni non riuscì a rassegnarsi all’idea di dover ormai ricoprire un ruolo da comprimaria, lei che aveva voluto essere sempre padrona del suo destino anche a costo di pagare duramente le proprie scelte.

Aveva saputo lottare come una tigre per difendere gli interessi suoi e dei suoi figli distinguendosi, in un mondo di uomini, come una donna indipendente, forte e coraggiosa.

Caterina Sforza fu in grado di anticipare i tempi, una donna moderna alla quale, seppur vissuta quasi seicento anni fa, dovremmo ancor oggi ispirarci guardando a lei come ad un esempio da cui trarre ispirazione.










martedì 13 agosto 2019

“Machiavelli e l’Italia” di Alberto Asor Rosa


MACHIAVELLI E L’ITALIA
di Alberto Asor Rosa
EINAUDI
“Machiavellico” è considerato sinonimo di subdolo, astuto, amorale e doppio; è un termine oggi universalmente riconosciuto come riferito ad una persona falsa e senza scrupoli che manipola gli altri e le circostanze per raggiungere i propri scopi.

Ma chi era il segretario fiorentino secondo il professor Alberto Asor Rosa? L’intento del professore è quello di superare la dicotomia che vede contrapposta ormai da secoli la visione di un Machiavelli “buono” ad un Machiavelli “cattivo”.

Secondo Alberto Asor Rosa esiste un solo Machiavelli che non è né buono né cattivo, ma che ha semplicemente come unico fine quello di realizzare lo scopo migliore servendosi dei mezzi più adeguati al suo raggiungimento.

Lo strumento cattivo diventa buono se buono è il fine da raggiungere, ma allo stesso tempo lo strumento è da considerarsi buono o cattivo a seconda che sia utile o meno al raggiungimento dello scopo prefissato.   

La leggendaria figura del pensatore, letterato e politico Niccolò Machiavelli, viene in questo libro raccontata nella sua dimensione più umana attraverso l’analisi dei molteplici interessi e vocazioni che lo appassionarono durante l’arco della sua esistenza.

Alberto Asor Rosa ci racconta dell’uomo Machiavelli e del suo pensiero partendo dal presupposto che “il pensiero non è spirito, è materia, al pari del corpo: ed esattamente come il corpo funziona e agisce”.

Machiavelli era un profondo conoscitore del suo tempo ed un acuto osservatore, ma come il professor Asor Rosa sottolinea egli era anche uno sconfitto.

La teoria sull’Italia che egli arriva a sintetizzare ne “Il Principe”, la sua opera forse più famosa, nasce infatti da un’esperienza di disfatta e di perdita.

Machiavelli era un repubblicano, un democratico, ma aveva compreso, grazie all’acume politico di cui era dotato, che l’unica strada percorribile per se stesso e per l’Italia non poteva essere che quella del Principato.

L’Italia all’epoca di Machiavelli non era una nazione nel senso stretto del termine bensì un’idea che fondava le sue radici nel mondo politico e letterario.

L’Italia non corrispondeva sulla cartina politica del tempo a nessun territorio unitario, come potevano essere allora la Francia o l’Inghilterra, essa era frazionata in una moltitudine di stati, comuni e signorie; l’italianità però era una denominazione continuamente ricorrente in tutti i più importanti autori del periodo.

La percezione di questa comune identità era un sentire che apparteneva già ad autori di epoca classica, primo fra tutti Virgilio, e che era destinata a perdurare ed ad ingrossare le proprie fila nei secoli a venire con letterati, poeti e politici del calibro di Dante, Boiardo, Ariosto e così via.

La dura condanna quindi che Machiavelli e Guicciardini rivolgono ai principi italiani per aver, non solo permesso, ma anche attirato l’intervento di armi straniere e barbare nel territorio della penisola, è una tematica che ha interessato letterati e politici fin dai tempi antecedenti alla  loro denuncia e continuerà ad essere tematica di discussione e dibattito per molti secoli a venire.

“Machiavelli e l’Italia” ripercorre gli anni che vanno dal 1492 (anno della morte di Lorenzo Il Magnifico nonché dell’elezione di Alessandro VI al soglio pontificio) al 1530, anni in cui si delinea un grave e decisivo momento per la storia italiana, un momento che l’autore definisce la “grande catastrofe”.

La ricostruzione del periodo che emerge dalle pagine del libro è una ricostruzione completa ed affascinante dell’epoca, un quadro minuzioso delle più svariate tematiche, esperienze e personalità del tempo.

Alberto Asor Rosa però, prendendo in esame l’epoca oggetto del suo saggio, non tralascia di indagare quegli eventi che hanno preceduto tale periodo e ad esso hanno inevitabilmente condotto; allo stesso modo, inoltre, al fine di ottenere una più giusta e corretta visione d’insieme, si preoccupa anche di gettare uno sguardo sulle ripercussioni future che la “grande catastrofe” avrà sull’Italia negli anni e nei secoli a venire.

La storia di Niccolò Machiavelli viene raccontata attraverso i suoi scritti, non solo quelli più conosciuti come “Il Principe”, i “Discorsi sopra la prima Deca di Tito Livio”, le “Istorie fiorentine”, ma anche attraverso accenni ad altri suoi testi di natura all’apparenza, passatemi il termine, più “frivola” come i testi teatrali (“La mandragola”) o i racconti (“La favola di Belfagor Arcidiavolo”).

Sono però le sue lettere, quelle a Francesco Vettori e a Francesco Guicciardini in primis, ad essere, più di ogni altro scritto, a darci gli elementi più validi per riuscire ad inquadrare quello spirito appassionato ed arguto che, insieme all’acuta intelligenza, facevano del segretario fiorentino un personaggio ricco di fascino, un fascino che, nonostante siano passati secoli, continua a sedurci.

Il Machiavelli che emerge dalle pagine del libro è un personaggio a tutto tondo che, liberato finalmente  da tutte quelle odiose “etichette” che la storia gli ha attaccato nel corso dei secoli, appare come un uomo dotato di viva intelligenza, lungimiranza e perspicacia, un uomo appassionato che, al momento giusto, era anche capace di sfoggiare tutta la sua arguzia e la sua ironia.

“Machiavelli e l’Italia”, grazie all’indiscusso talento del suo autore, è una lettura scorrevole e di grande fascino dove la storia del passato vi si legge come se si trattasse della storia più coinvolgente dei nostri giorni.

Sarà forse perché l’epoca di Machiavelli ha molto più in comune con i nostri tempi di quanto ad un primo superficiale esame si potrebbe pensare? 






domenica 7 aprile 2019

“I Borgia” di Elena e Michela Martignoni


I BORGIA
di Elena e Michela Martignoni
CORBACCIO
Il libro riunisce in unico volume tre romanzi pubblicati precedentemente: “Requiem per il giovane Borgia”, “Autunno rosso porpora” e “Vortice di inganni”.

Il romanzo ripercorre la storia di una delle più influenti famiglie del Rinascimento italiano: i tanto detestati quanto temuti Borgia erano di origine catalana e per questo ancora più invisi alla nobiltà romana alla quale avevano sottratto potere e terre.

Papa Alessandro VI, al secolo Rodrigo Borgia, fu una delle figure più discusse e contestate della storia vuoi per il modo con cui ottenne il soglio pontificio, vuoi per la sue azioni politiche e vuoi per l’amore smisurato che nutriva per i propri figli Lucrezia, Juan, Cesare e Goffredo, tutti nati dalla relazione del papa con la sua amante ufficiale Vannozza Cattanei, donna di origini lombarde di cui si ignorano ancor oggi i natali probabilmente di bassa estrazione.

I Borgia erano affascinanti, calcolatori, geniali e manipolatori; non si facevano scrupoli neppure di sacrificare i loro stessi consanguinei per la ragion di stato e per i propri scopi. 
Le loro armi erano il delitto, la vendetta e l’inganno.

I tre volumi ripercorrono la storia degli anni che si snodano dal 1497 al 1502; l’epilogo della trilogia viene affidato ad una lettera che Lorenz Beheim (classicista tedesco, astrologo ed ingegnere militare che visse alla corte di Alessandro VI) scrisse all’amico umanista Pirckheimer per raccontargli della morte di Cesare Borgia avvenuta il giorno 12 marzo dell’anno 1507.

Il primo volume si apre con la morte del figlio prediletto del papa, Juan Borgia, barbaramente assassinato. 
La morte di Juan Borgia è a tutt’oggi uno dei più grandi cold case della storia.
I nemici dei Borgia era molti e quelli del giovane Juan erano i più numerosi, tanto che nell’elenco dei sospettati veniva annoverato persino lo stesso Cesare, fratello della vittima.
Requiem per il giovane Borgia” oltre a raccontare il fatto in sé passa in rassegna tutti i possibili mandanti dell’omicidio indagandone la psicologia e analizzandone i possibili moventi più o meno validi.

Il secondo volume “Autunno rosso porpora” è forse dei tre libri quello dalla trama più romanzata. 
Il delitto irrisolto di Juan Borgia è un ottimo pretesto per le autrici di lasciar correre la fantasia sull’identità dell’assassino e sul movente che l’ha portato a compiere il crimine.
Partendo dalla morte che ha colto improvvisamente tre cardinali che avrebbero potuto essere tutti possibili mandanti dell’omicidio del figlio del papa, Elena e Michela Martignoni creano una storia carica di suspense e molto coinvolgente.   
L’ultimo libro “Vortice di inganni” chiude la trilogia raccontandoci la storia del Valentino fino alla punta massima della sua ascesa politica e militare.
Dei tre romanzi è quello che più di tutti concede meno spazio alla fantasia e si attiene maggiormente a verità storiche.

I Borgia erano assetati di potere, erano spietati e superbi e, proprio per queste loro caratteristiche, si sono prestati più di ogni altro personaggio a diventare i protagonisti di romanzi storici più o meno verosimili oltre che ad ispirare ai giorni nostri fantasiose serie televisive.

I libri delle sorelle Martignoni si differenziano dai soliti romanzi perché non si limitano a raccontare la storia dei Borgia, ma ci regalano anche un affresco più ampio e completo dell’epoca raccontandoci la storia degli altri personaggi che si muovevano sulla scena attorno alla famiglia di Alessandro VI.

Il punto di forza dei loro romanzi è a mio avviso la capacità di aver saputo raccontare la storia degli altri protagonisti, antagonisti o amici dei Borgia che fossero, anche al di fuori del loro rapporto diretto con quella famiglia.

Possiamo così approfondire la conoscenza di personaggi realmente esistiti come Guidobaldo da Montefeltro, Ascanio Sforza, Antonio Pico della Mirandola, solo per citarne alcuni, oltre ovviamente a lasciarci sedurre da tutti quei personaggi di fantasia che si integrano perfettamente nella storia rendendo il racconto credibile, affascinante e coinvolgente.

Un accenno alla personalità intrigante e seducente di Cesare Borgia, vero protagonista del volume conclusivo della trilogia, è d’obbligo.
Adulato dai potenti, amato e desiderato dalle donne, temuto e rispettato dai familiari, il Valentino aveva una personalità sfuggente, non temeva la morte e viveva ogni giorno proiettato verso il futuro, sempre alla ricerca di nuove sfide e nuove conquiste.
Il suo fascino e la sua potenza stavano proprio in quel suo essere misterioso, riservato e multiforme, inutile cercare di capirlo e rovinoso cercare di ingannarlo.

A tal proposito per chi poi volesse approfondire la storia su Cesare Borgia consiglio un libro dello storico Giulio Leoni intitolato “Il principe. Il romanzo di Cesare Borgia” (2018, Casa Editrice Nord).

La trilogia di Elena e Michela Martignoni è un giallo storico ben riuscito capace di affascinare il lettore giocando su un sapiente equilibro tra storia ed immaginazione; un romanzo che, nella vasta letteratura che vede protagonista la famiglia Borgia, merita decisamente una menzione particolare.


Altri riferimenti ai Borgia nel blog li potete trovare qui

domenica 17 febbraio 2019

“Leonardo Da Vinci. Il Rinascimento dei morti” di G. Albertini – G. Gualdoni – G. Staffa


LEONARDO DA VINCI
IL RINASCIMENTO DEI MORTI
di G. Albertini – G. Gualdoni – G. Staffa
NEWTON COMPTON EDITORI
Milano, settembre 1493. Leonardo Da vinci viene convocato per assistere al trapasso di un uomo affetto da una rara e sconosciuta malattia.

Leonardo giunge troppo tardi, l’uomo infatti è ormai spirato ed a lui non resta che procedere con l’autopsia del cadavere.
Improvvisamente però il corpo dell’uomo ritorna in vita e tenta di assalire lo studioso e i suoi assistenti.

Leonardo Da Vinci ha appena assistito agli effetti di una pestilenza che sta colpendo tutta l’Europa, una malattia sconosciuta che riporta in vita i morti facendo di questi delle belve affamate di carne umana.

Ludovico il Moro ordina a Leonardo di recarsi immediatamente a Roma per informare papa Alessandro VI di quanto sta accadendo e chiedere il suo aiuto.

Leonardo Da vinci in questa impresa sarà scortato da alcune guardie del Signore di Milano ed accompagnato dai suoi più fedeli assistenti: Zoroastro, al secolo Tommaso Masini, uomo, dall’aspetto d’un negromante, ma dotato di un acume e di una intelligenza non comuni, e Gian Giacomo Caprotti, detto Salaì, un uomo di natura piuttosto inquieta e spavalda.

Il morbo grigio, di cui si ignora la provenienza sta mietendo vittime in tutta Europa, diffondendosi rapidamente non solo tra i poveri, ma anche tra i ricchi ed i nobili, tanto da non risparmiare neppure teste coronate e gli alti scranni della Chiesa.

La malattia si abbatte su tutti indistintamente come un castigo divino ed il giorno dell’Apocalisse sembra ormai vicino.

Il viaggio di Leonardo e dei suoi compagni è un cammino pericoloso, non solo per le orde di non morti che devono affrontare, ma anche per la situazione politica della penisola italiana dell’epoca, un territorio frammentato in un numerosi stati in perenne stato di guerra tra di loro.

Lorenzo Il Magnifico è da poco deceduto ed il suo successore Piero, detto il Fatuo, non è all’altezza dell’eredità paterna; Firenze è ormai ostaggio di Savonarola e dei suoi Piagnoni, mentre Roma è in mano al papa più osteggiato della storia, il famigerato Papa Borgia.

“Leonardo Da Vinci. Il Rinascimento dei morti” è un romanzo che unisce in sé tre diversi generi letterari: il romanzo d’avventura, il romanzo storico ed il romanzo horror.

I suoi autori, rifacendosi a personaggi per la maggior parte tutti realmente esistiti ed a una ricostruzione piuttosto accurata dei fatti dell’epoca, creano una storia dalle tinte macabre ed irrazionali, facendo ricorso anche alla descrizione di alcune scene dal carattere piuttosto splatter tipiche di un certo tipo di cinematografia.

La caratterizzazione dei personaggi è accurata; Leonardo Da vinci è un uomo sempre alla ricerca di verità nascoste, ossessionato dalla sete di sapere; un genio la cui esistenza si condensa  in una unica parola “conoscenza; quella conoscenza che deve venire prima di tutto anche a rischio della propria incolumità.

La lettura è piuttosto scorrevole nonostante il triplice piano narrativo così ripartito: il racconto principale del romanzo vero e proprio che vede protagonista Leonardo Da Vinci, un secondo racconto che invece ha come protagonista Cristoforo Colombo e il suo viaggio in America, focolaio del morbo e per finire la documentazione fatta di dispacci e carteggi con i quali giungono notizie dell’avanzamento del contagio nelle varie parti d’Europa.

Ho apprezzato molto l’idea degli autori di ricreare le lettere diplomatiche e i resoconti che sembrano essere davvero originali per linguaggio e contenuti, così come ho apprezzato che nelle ultime pagine un personaggio del popolo parli in romanesco rendendo il racconto più vivo e dinamico.

Non amo particolarmente il genere horror, ma incuriosita dal fatto che il romanzo fosse ambientato in un’epoca storica per la quale nutro un particolare interesse, mi sono lasciata tentare dalla lettura che devo ammettere non mi ha totalmente convinta perché ho trovato la trama piuttosto inconsistente, quasi fosse solo una premessa ad un racconto vero e proprio che verrà.

Il finale del romanzo lascia infatti aperti molti interrogativi per cui non è del tutto illogico aspettarsi presto un seguito che dia solidità e vigore ai fatti narrati in questo primo libro.




sabato 27 ottobre 2018

“Il Principe – Il romanzo di Cesare Borgia” di Giulio Leoni


IL PRINCIPE
IL ROMANZO DI CESARE BORGIA
di Giulio Leoni
EDITRICE NORD
Dicembre 1502, Cesare Borgia vede ormai sfumato il sogno di dominare l’Italia intera. Con le poche truppe rimastegli fedeli, non gli resta che contemplare il tramonto del suo grandioso progetto, ma fedele al suo motto aut Cesare aut nihil, il duca Valentino non ha intenzione di rinunciare a vendicarsi in modo teatrale di coloro che l’hanno tradito.

Rincuorato dall’arrivo inaspettato di Leonardo Da Vinci, l’uomo a cui aveva affidato il compito di creare nuove armi, Cesare Borgia fa allestire un suntuoso banchetto i cui unici invitati saranno quei quattro personaggi che credevano di poterlo tradire impunemente: Vitellozzo Vitelli, Francesco Orsini, Paolo Orsini e Oliverotto da Fermo.
Sotto lo sguardo attonito, ma allo stesso tempo affascinato di Leonardo Da Vinci, il duca Valentino porta a termine, con la sottile crudeltà e la disumana spietatezza che lo hanno sempre contraddistinto, quella che sarà ricordata come la strage di Senigallia.

Il libro di Giulio Leoni ripercorre gli anni in cui Cesare Borgia, grazie alle sue intrepide e numerose campagne militari attraverso l’Italia, aveva iniziato a dare forma al suo audace progetto politico.
Un sogno ambizioso per cui i tempi non erano ancora maturi e per questo destinato inevitabilmente al fallimento; un disegno politico che, non solo incuteva timore ai suoi avversari, ma anche a coloro ai quali lui stesso pagava regolarmente le condotte.

In quell’Italia divisa da innumerevoli lotte e sanguinose faide, soggetta alla continua ingerenza delle potenze straniere, in quell’Italia dove nessuno aveva intenzione di perdere il controllo dei propri possessi per quanto esigui potessero essere, non poteva esserci posto per un novello Cesare che potesse fare del suolo italico una terra nuovamente degna degli antichi padri romani.

Cesare Borgia era un condottiero spregiudicato, un uomo ambizioso, astuto e spietato eppure è una delle figure più affascinanti della nostra storia.
Figlio illegittimo di papa Alessandro VI, uno dei papi più avversati e discussi di tutti i tempi, il duca Valentino era ritenuto colpevole di incesto con la sorella Lucrezia e persino sospettato di essere l’assassino del suo stesso fratello, Juan Borgia, il figlio prediletto del papa.

Il desiderio di riscatto, la sete di gloria, la smania di potere che hanno contraddistinto Cesare Borgia hanno fatto sì che egli divenisse fin da subito oggetto di saggi storico-politici, (primo tra tutti “Il principe” di Machiavelli) e in seguito figura di spicco di romanzi storici più o meno verosimili.

Come lo stesso Giulio Leoni scrive nel suo romanzo ci sono due modi per raggiungere la bellezza, due forme diverse di arte che apparentemente sono agli antipodi, sebbene entrambe abbiano come fine ultimo la ricerca della bellezza stessa.
L’artista Leonardo Da Vinci esprimeva il suo desiderio di bellezza attraverso le sue opere, rappresentando l’armonia e le forme perfette del corpo umano, il condottiero Cesare Borgia invece quello stesso desiderio di bellezza lo aveva espresso dando forma ad un grande progetto politico, perché esiste la bellezza anche nell’atrocità.

La figura così spregiudicata e spietata del duca Valentino è una figura affascinante, ma allo stesso tempo piuttosto inquietante.
Nel suo romanzo Giulio Leoni gli riconosce, seppur con degli evidenti limiti, la forza e la capacità necessari per orchestrare un ambizioso progetto politico: Cesare Borgia, l’uomo che voleva diventare re d’Italia.
Quegli stessi limiti gli venivano attribuiti dallo stesso Machiavelli che non aveva esitato ad esporli nel suo capolavoro “Il principe”, pensieri e considerazioni che Giulio Leoni ha sapientemente inserito nel suo romanzo nelle parole che l’ambasciatore di Firenze rivolge al condottiero durante un loro incontro.

Il titolo stesso “Il principe. Il romanzo di Cesare Borgia” può essere interpretato come un chiaro omaggio all’illustre politico fiorentino.

Lo sfondo storico del romanzo è ricostruito con precisione e i personaggi si muovono sulla scena come attori su un palcoscenico; quando Cesare Borgia dialoga con Machiavelli e Leonardo Da Vinci al lettore sembra davvero di assistere ad una pièce teatrale.

“Il principe. Il romanzo di Cesare Borgia” è la storia di un uomo enigmatico e sfuggente, un uomo che ancora oggi, a distanza di secoli, riesce a sedurre con il suo fascino e la sua forza.

Da sottolineare infine che, grazie alla bravura di Giulio Leoni, il lettore riesce fin da subito a calarsi nella storia ed avere così la sensazione di assistere in prima persona agli eventi.




sabato 12 maggio 2018

“La spia dei Borgia” di Andrea Frediani


LA SPIA DEI BORGIA
di Andrea Frediani
NEWTON COMPTON EDITORI
Alessandro VI, al secolo Rodrigo Borgia, è salito al soglio pontificio da cinque anni e, nonostante il suo comportamento non sia stato diverso da quello di tutti gli altri papi che lo hanno preceduto, è uno dei pontefici più avversati e discussi degli ultimi decenni.

I Borgia sono stranieri e per questo invisi alla nobiltà romana e italiana. Tutte le illustri famiglia i Della Rovere, gli Orsini, i Colonna, solo per citarne alcune, tutte, nessuna esclusa, avrebbero interesse a eliminarli.
Così, quando Giovanni Borgia, il secondogenito del papa, viene assassinato, l’indagine per individuare il colpevole si rivela fin da subito un problema di difficile, se non impossibile, soluzione.

Giovanni, il figlio prediletto del papa, Duca di Gandia e di Benevento, Gonfaloniere della Chiesa e capitano generale delle truppe pontificie, era forse il membro più odiato dell’intera famiglia.

La rosa dei possibili colpevoli è ampia, chiunque avrebbe potuto volerlo morto e per i più svariati motivi.
Un nemico di Alessandro VI che voleva colpire il padre attraverso la morte del figlio? O forse uno dei tanti mariti traditi? Giovanni Borgia era infatti un uomo molto passionale che non guardava in faccia nessuno quando si trattava di scegliersi una nuova amante. Oppure il colpevole era semplicemente qualcuno a cui il Duca di Gandia si era reso odioso a causa del suo atteggiamento strafottente e altezzoso?
In verità non si può neppure escludere che il colpevole sia stato un membro della stessa famiglia Borgia.
Magari proprio il fratello maggiore, il cardinale Cesare Borgia, che da sempre aspirava alle cariche ricoperte da Giovanni.
L’astuto Cesare, affabile e garbato all’apparenza, ma in realtà capace di una ferocia inaudita, è certo che il suo vero destino non sia la chiesa come desidera il padre, ma piuttosto la conquista dell’Italia; lui sa di essere destinato a diventare un condottiero come il suo stesso nome suggerisce.
Persino Alessandro VI ha timore di suo figlio, nel quale vede riflessa l’immagine di se stesso; ostinazione, fierezza e sete di potere gli elementi distintivi del suo carattere di un tempo.

Tutta Roma viene mobilitata alla ricerca dello spietato assassino e della guardia del corpo di Giovanni, un uomo mascherato di cui tutti ignorano l’identità, come la ignorava il Duca di Gandia stesso.
Questo misterioso personaggio potrebbe essere però l’unico  in grado di svelare l’enigma.

Lo stesso Bernardino di Betto Betti, conosciuto da tutti come il Pinturicchio, il pittore preferito del papa, viene mobilitato insieme a tutta la confraternita di pittori e scultori.
Il giovane Michelangelo, Filippino Lippi, il Perugino e tutti gli altri artisti che operano a Roma saranno gli occhi e le orecchie dei Borgia nelle case dei nobili, loro committenti, per cercare di scoprire se qualcuno di questi possa essere coinvolto in una supposta congiura.

Il romanzo di Andrea Frediani prende spunto da un avvenimento tra i più oscuri della storia della fine del Quattrocento; l’omicidio di Giovanni Borgia è uno dei più celebri cold case del passato.

Giovanni Borgia fu effettivamente assassinato nel 1497 e di fatto, dopo due settimane di intense ricerca del suo assassino, papa Alessandro VI fece interrompere bruscamente le indagini, alimentando i sospetti di un possibile coinvolgimento nell’omicidio da parte di Cesare Borgia.

I Borgia erano una famiglia che aveva un’infinità di nemici o, nella migliore delle ipotesi, poteva vantare amici sleali e alleati temporanei.
Le voci che sono arrivate nel corso dei secoli fino a noi oggi, ci parlano di personaggi spregiudicati e senza scrupoli; la possibilità che ad uccidere Giovanni Borgia fosse stato il fratello Cesare, un uomo dalla fama assai discussa, ma indubbiamente anche affascinante quanto pericoloso, non possono essere del tutto smentite.
Lucrezia Borgia, sorella di Cesare, con il quale si vocifera avesse avuto addirittura una relazione incestuosa, non gode di una fama migliore dei suoi congiunti; viene infatti ancor oggi ricordata come una donna bellissima ma anche una letale esperta di veleni e molto vendicativa.

Il romanzo di Andrea Frediani ricostruisce il quadro dell’epoca in un modo molto convincente pur raccontando una storia di invenzione che prende spunto da un fatto realmente accaduto.

Tutti i personaggi sono descritti in maniera accurata e precisa: la gelosia del Perugino per il suo allievo, l’avidità di Gandia, la moglie del pittore del papa, la tensione che tormenta il Pinturicchio, la malinconia di Lucrezia, il timore e il senso di colpa di Rodrigo Borgia, l’avidità delle famiglie nobili, la ferocia mascherata dai modi garbati propri di Cesare.

Ma la vera protagonista del romanzo è Isabella, amica di Lucrezia e amante di Giovanni, figura di pura fantasia, intrigante, coinvolgente e appassionante.

L’amore che Isabella prova per Giovanni è smisurato, il trasporto che lei sente e la dedizione che gli dimostra sono assoluti, difficilmente raggiungibili da qualunque essere umano, uomo o donna che sia.
Lei lo ama talmente da sopportare ogni cosa, permettendogli di calpestare la propria dignità; cieca e sorda davanti alla sua sfrontatezza, al suo rendersi odioso; noncurante del fatto che egli fosse inviso a tutti per motivi più che validi.
Non stupisce quindi che nonostante il suo aspetto mostruoso il Pinturicchio resti affascinato dalla sua forza e dalla sua sensibilità, intrigato dalla sua capacità di provare un amore così intenso e totalizzante.

Non posso raccontarvi di più di questa donna onde evitare di svelarvi i misteri della storia e rovinarvi la lettura, ma la storia di Isabella siate certi che vi conquisterà.

“La spia dei Borgia” è un romanzo coinvolgente e, nonostante in qualche punto il racconto tenda a rallentare il ritmo, la lettura rimane comunque scorrevole e piacevole.

La storia dei Borgia fatta di  intrighi, delitti e passioni ha indubbiamente ispirato per queste sue caratteristiche moltissimi romanzi e serie TV.

“La spia dei Borgia” di Andrea Frediani è un thriller intrigante e avvincente dal finale a sorpresa, un finale, se volete anche fantasioso, ma quando si parla della famiglia Borgia nulla si può considerare davvero impossibile.




lunedì 26 dicembre 2016

“Il Principe” Niccolò Machiavelli (1469 – 1527)

IL PRINCIPE
di Niccolò Machiavelli
versione in italiano contemporaneo
di Piero Melograni
OSCAR MONDADORI 
Niccolò Machiavelli, storico, scrittore, drammaturgo, politico e filosofo italiano, è considerato il fondatore della scienza politica moderna.

Nato nel 1469, anno in cui Lorenzo il Magnifico divenne signore di Firenze, Machiavelli visse in un’epoca straordinariamente florida per la sua città.

Compose “Il Principe” nel 1513 quando, con il ritorno dei Medici a Firenze, accusato di aver preso parte alla congiura ordita da Pietro Paolo Boscoli e Agostino Capponi, fu allontanato dagli incarichi pubblici.

L’opera doveva essere dedicata in un primo momento a Giuliano de’ Medici, ma dopo la morte di questi sopraggiunta nel 1516, venne dedicata a Lorenzo de’ Medici, figlio di Piero de’ Medici  e omonimo del famoso Lorenzo il Magnifico.

“Il Principe” fu divulgato per circa vent’anni esclusivamente sotto forma di manoscritto e vide la stampa per la prima volta solo nel 1532, cinque anni dopo la morte del suo autore.

Nel 1552 l’opera era inclusa nel primo “Indice” dei libri proibiti dalla Chiesa.

L’opera si apre con la dedica a Lorenzo de’ Medici, nella quale Niccolò Machiavelli, con la speranza di non essere accusato di presunzione, dichiara la sua intenzione di voler mettere al servizio del Principe la sua conoscenza della dottrina politica, frutto di studi attenti e meticolosi eseguiti operando confronti tra le vicende antiche e quelle contemporanee.

Il libro è diviso in 26 capitoli. Ogni capitolo affronta un argomento specifico con l’intento di tracciare quelle linee guida necessarie al Principe per poter raggiungere il potere, esercitarlo nel migliore dei modi e soprattutto mantenerlo a lungo.

Sono evidenziati i vari tipi di principati (ereditari, misti, civili, ecclesiastici), i rapporti che intercorrono tra il principe e i propri eserciti (propri, mercenari, ausiliari, misti), i metodi per conquistare un principato e infine le qualità del Principe, le doti che devono essere sue proprie così come le capacità, i comportamenti da tenere e i sentimenti che il Principe deve essere in grado di suscitare nei sudditi.

Riuscire a riassumere il tutto in un semplice post di sole poche righe è davvero impresa impossibile e, ancora più impensabile, sarebbe riuscire a sviscerare ogni argomento a livello storico e letterario che quest’opera inevitabilmente ci pone innanzi.

Per questo preferisco lasciare alle varie antologie e agli assai numerosi saggi la trattazione più rigorosa e critica dell’argomento e portare invece alla vostra attenzione altri aspetti, primi tra tutti il valore di questa bella versione de “Il Principe” edita da Mondadori e pubblicata per la prima volta da Rizzoli nel 1991.

Piero Melograni (1930 – 2012) è autore sia dell’introduzione sia della versione del trattato di Machiavelli in italiano contemporaneo.

Il lettore è solito accostarsi agli scritti del Machiavelli leggendolo nella sua propria lingua ovvero il fiorentino cinquecentesco, lingua alquanto ostica per la maggior parte dei contemporanei.
In questa edizione invece il testo italiano a fronte rende decisamente più fruibili i contenuti facilitando il lettore nella comprensione degli stessi.
Il mio vivo consiglio però è sempre quello di leggere prima il capitolo in versione originale, per non perdere nulla della piacevole, concreta ed avvincente scrittura del Machiavelli.

L’introduzione affascinante e coinvolgente, scritta da Melograni, è la premessa ideale per avvicinarci al testo.

Piero Melograni, grazie alla sua straordinaria capacità di sintesi, è riuscito in poco meno di una trentina di pagine a riassumere gli aspetti principali della vita privata e politica del Machiavelli e, nello stesso tempo, a darci un quadro completo della fortuna delle sue opere e di come il suo pensiero abbia influenzato quello dei posteri nel corso dei secoli.

Ricorda inoltre come Jean-Jacques Rousseau nel suo “Contratto sociale” ritenesse il Machiavelli semplicemente un “buon cittadino” che aveva usato un artifizio per dare una lezione ai poveri, ovvero che il suo vero intento non fosse quello di ingraziarsi il Principe, ma piuttosto quello di mettere in guardia il popolo dalle miserie e dalle malefatte dei potenti.

L’intento vero di Niccolò Machiavelli in realtà era quello scaturito dal piacere di spiegare le regole della politica e formulare tesi che nessuno prima di lui aveva enunciato con tanta chiarezza e coraggio, senza ovviamente tralasciare l’idea di far cosa gradita, con il suo omaggio, a Lorenzo de’ Medici così da poter tornare quanto prima alla vita politica attiva.

Perché rileggere “Il Principe”? A costo di essere scontata e banale, non posso che rispondere: perché è un classico sempre attuale, un trattato profondo, inquietante ed estremamente “vero”.

Rileggendolo si ritrova tutta la forza e il fascino di un Machiavelli che purtroppo, nello studio scolastico, tende troppo spesso a ridursi a una mera sequenza di frasi fatte.

Rileggendolo avrete modo di fare vostri molti concetti che, alla luce di un percorso scolastico completo e grazie alle esperienze di vita vissute nel corso degli anni, assumeranno accezioni completamente diverse e molto più profonde.

Ho letto per la prima volta “Il Principe” all’età di 13 anni e questa rilettura è stata per certi versi una vera sorpresa. Ad una così giovane età non mi ero ovviamente soffermata sugli esempi storici che sono una parte importante del trattato, ma troppo noiosi per una ragazzina; sono quindi rimasta molto stupita da quanto alcuni concetti fossero rimasti, senza che me fossi mai resa conto, così radicati nella mia mente.

Ho letto molti libri da allora e alcuni li ricordo con estremo piacere, ma nessuno come “Il Principe” credo abbia attecchito così profondamente nella mia mente da lasciare, a distanza di numerosi anni, un’eco così forte dei suoi insegnamenti.

“Il Principe” è un libro da leggere lentamente per avere il tempo di assimilarne meglio i concetti e le idee.
E' una di quelle opere da leggere più volte  nel corso degli anni e perché no? magari tenerne una copia sul comodino per rileggerne un passo ogni tanto.

E’ necessario che un principe sappia servirsi
dei mezzi adatti sia alla bestia sia all’uomo.
Il principe è dunque costretto a saper essere bestia
e deve imitare la volpe e il leone.
Dato che il leone non si difende dalle trappole
e la volpe non si difende dai lupi,
bisogna essere volpe per riconoscere le trappole,
e leone per impaurire i lupi.