I giardini di Boboli, dichiarati dall’UNESCO sito
patrimonio dell’Umanità nel 2013, sono con i loro 45 ettari di estensione il
più significativo dei giardini medicei.
Come recita il sottotitolo i giardini di Boboli sono
una passeggiata nella storia, una storia che, iniziata nel 1549 con l’acquisto
dei terreni da parte di Eleonora di Toledo, giunge fino ai giorni nostri.
I giardini di Boboli sono molto di più del monumentale
giardino di Palazzo Pitti, sono di fatto un museo a cielo aperto che
racchiude opere che vanno dall’epoca romana fino al XX secolo con il Tindaro screpolato di Igor Mitoraj,
prima scultura novecentesca qui accolta per sottolineare la continuità della
cultura, dell’arte e della bellezza ospitate in questo luogo nel corso di tanti
secoli.
Il libro di Mariella Zoppi si apre con l’interrogativo
ancora aperto su quale sia l’origine del termine “Boboli” che potrebbe
risalire ad alcuni nomi di famiglie del luogo oppure da Bobilo un
dignitario germanico che qui dimorava. Altra ipotesi è una derivazione da bubilia
cioè la stalla bovina per la macellazione degli animali.
Cione di Bonacorso Pitti acquistò nel 1341 un primo
nucleo di terreni e nel 1418 Luca Pitti iniziò a costruirvi il proprio
palazzo che doveva rivaleggiare per magnificenza con quello dei Medici di
via Larga, oggi Palazzo Medici Riccardi. Il declino della famiglia Pitti portò
la proprietà all’abbandono fino a quando Eleonora di Toledo, sposa di Cosimo
I de' Medici, volle acquistare il palazzo e il terreno circostante per far si che i
propri figli potessero crescere in un ambiente più salubre di quello offerto
da Palazzo Vecchio. Inoltre, fattore non secondario, da donna abile e
accorta qual era, aveva compreso l’esigenza di dover dotare il Granducato di
Toscana di una sede di rappresentanza degna del nuovo status raggiunto dalla famiglia.
Ogni Granduca operò delle trasformazioni e contribuì a
suo modo a rendere questi giardini il luogo unico e magnifico giunto sino a
noi. Mariella Zoppi descrive la passeggiata attraverso i giardini seguendo due
itinerari: quello che definisce l’asse antico, che fa riferimento al
primo impianto del giardino mediceo quello del cosiddetto anfiteatro, e un
secondo percorso che si rifà all’ampliamento seicentesco con il
Viottolone e la Vasca dell’Isola.
È presente anche un capitolo, opera di Paola Maresca,
dedicato alla simbologia e alle tante allegorie alchemiche che
caratterizzano i giardini in ogni loro elemento.
In verità, come scrive Paola Maresca, nonostante il
giardino abbia subito vari rimaneggiamenti nel corso dei secoli e abbia subito
l’influenza delle varie correnti artistiche in particolare quelle del Rinascimento e
del Manierismo, ha sempre mantenuto costante il concetto di giardino come iter
iniziatico. Alchimia e scienza, del resto, sono sempre state molto
importanti per la maggior parte degli esponenti della famiglia Medici.
La seconda parte del libro è dedicata alle biografie
dei personaggi che hanno fatto la storia dei giardini di Boboli. Si tratta di
brevi schede precise e accurate suddivise in tre parti: Granduchesse e
Granduchi della famiglia Medici, i Lorena e infine le due figure femminili che occuparono la scena durante l’intermezzo napoleonico Maria Luisa di Borbone ed Elisa
Bonaparte Baciocchi.
“I giardini di Boboli” è un libro di appena 130
pagine, ben articolato e corredato da un’ampia documentazione fotografica. Un
giusto compromesso per chi voglia un volume che sia una valida via di mezzo tra
la semplice guida turistica e il ponderoso saggio storico-artistico. Da leggere
prima della visita e da portare con sé.