sabato 2 maggio 2020

“Niccolò Machiavelli. Ragione e pazzia” di Michele Ciliberto


NICCOLO’ MACHIAVELLI
RAGIONE E PAZZIA
di Michele Ciliberto
EDITORI LATERZA
Machiavelli è considerato uno dei più grandi teorici della ragione politica e, nonostante siano passati secoli, egli rimane uno degli autori più studiati.
Perché l’interesse per la sua opera resta ancora oggi così vivo e attuale? Ma soprattutto chi era davvero Niccolò Machiavelli?
Sono questi alcuni degli interrogativi a cui Michele Ciliberto desidera dare una risposta.

Niccolò Machiavelli amava la vita attiva e detestava l’ozio; per un uomo del genere l’esilio dovette pesare senza alcun dubbio in modo terribile.
L’esilio lo condannava a stare lontano dall’attività politica e dalle istituzioni, insomma da quel mondo per cui egli stesso si sentiva tagliato sopra ad ogni altra cosa.
Era proprio nelle sue funzioni di politico, infatti, che sapeva di riuscire ad esprimere al meglio le proprie qualità.
Il suo piacere più grande era quello di poter mettere quelle qualità al servizio della collettività, ma sopratutto della sua amata Firenze perché Machiavelli era innanzitutto un patriota.

Politica e letteratura, teatro e poesie erano le sue vere vocazioni quelle per cui egli avrebbe voluto vivere e morire.

Machiavelli era un uomo ostinato e questa sua ostinazione lo costrinse, nonostante la sorte avversa, a non fermarsi mai anche quando non vedeva alcuna possibilità di vittoria.

Non era un uomo religioso, alla religione riconosceva un unico merito, quello di poter essere un collante in grado di spronare le masse a battersi per un fine comune.
La religione per Machiavelli poteva essere un utile artificio per tenere unito il popolo così come potevano esserlo simboli quali gli stendardi o il Marzocco.

Egli non condivideva l’idea di una repubblica teocratica come quella di Savonarola, ma sapeva riconoscerne lucidamente i punti di forza così come allo stesso modo sapeva indovinare i punti deboli del pensiero del frate, errori che di fatto portarono il domenicano all’inevitabile sconfitta.

Secondo il segretario fiorentino è la Fortuna con la effe maiuscola a governare il mondo, ma la Fortuna non guarda in faccia nessuno, è mutevole ed imprevedibile.
Proprio per questo motivo non bisogna arrendersi, perché laddove non si pensa di avere alcuna speranza il destino può volgere a nostro favore.
Non bisogna però dimenticare che, allo stesso modo, non si dovrà mai abbassare la guardia perché, proprio quando si crederà di aver raggiunto un obiettivo, basterà un nonnulla per perdere tutto.

Niccolò Machiavelli. Ragione e pazzia.
Ragione è un termine che riusciamo facilmente ad associare alla sua figura. Tutti noi, infatti, siamo a conoscenza di quelle che erano le sue grandi capacità di analizzare e prevedere l’andamento degli avvenimenti.
Ma come associare la figura di Niccolò Machiavelli alla pazzia?
La pazzia di Machiavelli non deve assolutamente essere intesa come idiozia o stupidità, la sua è una pazzia ragionata, una lucida follia.
Per Machiavelli laddove la situazione è disperata solo qualcosa di pazzo e di ardito, qualcosa di inaspettato può far si che i fatti volgano a nostro favore.

Machiavelli conosce bene l’ingratitudine degli uomini dei quali in generali ha un’idea piuttosto miserevole, su di loro getta spesso uno sguardo disincantato, crudele e disilluso.

Al di là di quello che si è portati comunemente a pensare egli non era un uomo noioso, ma un uomo che a suo modo sapeva scherzare, amava la buona compagnia degli amici e non disdegnava quella delle donne.
Tutto questo lo si ritrova nelle sue lettere, quelle stesse lettere nelle quali troviamo anche conferma del suo pensiero politico.

Machiavelli era un uomo pienamente consapevole del proprio valore così come era totalmente consapevole della mancanza dei riconoscimenti ricevuti per i propri meriti, nonostante questo però non fu mai né tenero né condiscendente quando parlava di sé.

Gli anni che trascorse al servizio della Repubblica dal 1498 al 1512 furono gli anni migliori della sua vita.

Nemico della neutralità, Machiavelli fu sempre un estremista, convinto che solo azioni audaci ed eccessive potessero dare qualche risultato.

Lo vediamo nelle immagini giunte ai giorni nostri sempre raffigurato con un mezzo sorriso sulle labbra, un’espressione indecifrabile ed enigmatica.
Egli indossò sempre una maschera, per tutta la sua vita.
Conosceva l’importanza di non svelare mai troppo di se stesso a coloro che aveva di fronte, sapeva quanto fosse necessario nascondere la proprie debolezze ed i propri dubbi, mai porgere il fianco scoperto al nemico, mai mostrare la propria vulnerabilità.

Amava la storia, soprattutto quella romana, ma era e restava sempre un uomo del suo tempo.
Riconosceva alla storia una grande importanza poiché attraverso lo studio di questa e degli antichi riteneva si potesse apprendere molto su quale fosse il modo migliore di comportarsi e confrontarsi con il presente.
Non credeva però che la storia potesse ripersi identica a se stessa nel corso dei secoli e, per tale motivo, non poteva essere maestra di vita in senso stretto, poteva comunque essere fonte di ispirazione, questo sì.
L’importante, però, era non dimenticare mai il ruolo che la Fortuna avrebbe sempre giocato nella vita degli uomini.

Egli trascorse tutta la sua vita nell’ostinato tentativo di cercare di mettere in ordine gli eventi, cercando di parare i colpi della Fortuna, quella Fortuna che troppo spesso gli  fu avversa.

Era dotato di una capacità straordinaria quella di saper analizzare gli eventi così da riuscire a cogliere in anticipo ciò che sarebbe potuto accadere, tanto che i suoi stessi amici gli attribuivano capacità profetiche.

Machiavelli indossava una maschera anche quando scriveva, la sua era sempre una recita ed il teatro, del resto, esercitò sempre su di lui un fascino particolare.
Egli stesso fu autore di commedie e l’elemento tragicomico fu quello che più di ogni altro si addiceva alla sua personalità; amava l’ironia e Boccaccio era uno dei suoi autori preferiti.

Il libro di Michele Ciliberto, al contrario di altri saggi, mette in rilievo l’uomo Machiavelli oltre che la sua opera, aiutandoci a comprendere meglio la sua ermetica personalità.
L’esperienza umana di Machiavelli fu imprescindibile dalle sue opere e dal suo pensiero politico.

Michele Ciliberto ci fornisce la chiave per comprendere chi fosse davvero Niccolò Machiavelli, quell’uomo il cui pensiero è troppo spesso passato alla storia liquidato con le parole “il fine giustifica i mezzi”, parole che in realtà il fiorentino non pronunciò mai.

Analizzando la sua vita e gli eventi che lo segnarono profondamente, attraverso lo studio delle sue opere, dei suoi scritti, delle sue lettere Michele Ciliberto ci presenta un Machiavelli per molti versi inedito ovvero un uomo visionario, un uomo capace di sporgersi oltre le barriere e di vedere al di là delle situazioni.

Il libro di Michele Ciliberto credo che sia il saggio che più di ogni altro tra quelli da me letti riesca a svelare per quanto possibile la vera anima di Niccolò Machiavelli, un personaggio che, come avrete capito, ha sempre esercitato e sempre eserciterà su di me un fascino davvero particolare.





venerdì 17 aprile 2020

“I Medici. Decadenza di una famiglia” di Matteo Strukul


DECADENZA DI UNA FAMIGLIA
di Matteo Strukul
NEWTON COMPTON EDITORI
Ultimo libro della tetralogia, “Decadenza di una famiglia” è incentrato sulla figura di Maria de’ Medici, figlia di Francesco I de’ Medici, granduca di Toscana.

Nel 1600 Maria de’ Medici sposò Enrico IV, divenendo così la seconda esponente della sua famiglia a sedere sul trono di Francia.

Il ricordo di Caterina de’ Medici, la regina maledetta, era ancora troppo vivo perché  Maria non venisse osteggiata in quanto anch’essa fiorentina e per giunta esponente della stessa illustre famiglia.

Maria al contrario di Caterina era molto affascinante, ma neppure questo le risparmiò l’umiliazione di essere continuamente tradita dal consorte come era accaduto a colei che l’aveva preceduta.

Enrico IV sembrava però tenere in gran conto il giudizio della moglie che da scaltra fiorentina qual era, avvezza ai sotterfugi e alle confidenze, seppe manovrare nell’ombra per far valere la propria influenza sugli affari di Francia.   

Accanto a Maria troviamo l’inseparabile Leonora Galigai, la sua dama di compagnia giunta con lei da Firenze,  una donna scaltra, seducente e molto pericolosa.

Leonora Caligai insieme al marito Concino Concini anch’egli toscano, grazie all’amicizia di Maria, furono colmati di onori e riconoscimenti.

Questo atteggiamento di Maria de’ Medici nel favorire i suoi amici più cari non fece che alimentare giorno dopo giorno sempre più l’odio della nobiltà francese nei suoi confronti e nei confronti dei coniugi Concini.

Alla morte di Enrico IV, poiché Luigi XIII era ancora un bambino, Maria poté assumere la reggenza a suo nome, ma una volta cresciuto, il figlio la esautorò.

La regina madre venne imprigionata nel castello di Blois dal quale riuscì però a fuggire grazie all’aiuto di Richelieu la cui ascesa politica era stata alquanto favorita proprio da Maria stessa.

Ahimè però, come ben sappiamo, Richelieu era un uomo astuto e ambizioso e Maria comprese troppo tardi di aver concesso la sua fiducia all’uomo sbagliato.
Al momento opportuno infatti il cardinale Richelieu, divenuto ormai primo ministro, non si fece scrupolo di sbarazzarsi di lei.

Il romanzo, come i precedenti, si basa su dati storici; le ricerche dell’autore sono state effettuate non solo attraverso lo studio di biografie e documenti, ma anche attraverso numerosi viaggi nei luoghi in cui si svolsero i fatti.

Quello che più colpisce sono le bellissime e minuziose descrizioni che Matteo Strukul fa dei luoghi, dei palazzi e delle tele; il lettore si sente trasportato in un’altra epoca e la sua voglia di viaggiare per poter vedere dal vivo quegli stessi luoghi, quegli stessi dipinti così magistralmente raccontati viene oltremodo stimolata dalla lettura.

Alcuni fatti storici come ad esempio l’incidente della carrozza reale o la rocambolesca fuga dal castello di Blois della regina, potrebbero sembrare invenzioni di pura fantasia e invece,  per quanto romanzeschi e romanzati, sono fatti realmente accaduti.

Il materiale a disposizione dell’autore per quanto concerne la vita di Maria de’ Medici era in effetti già piuttosto ricco, ma a Matteo Strukul va il merito di averne fatto un romanzo davvero avvincente.

“Decadenza di una famiglia” più che il precedente “Una regina al potere” schiaccia l’occhio al romanzo di cappa e spada e soprattutto ai romanzi di Alexandre Dumas; non possiamo certo dimenticare che lo stesso Richelieu è protagonista di famosi suoi romanzi.

I personaggi di questo ultimo libro sono davvero tutti ben caratterizzati, affascinanti e seducenti seppur molti di loro siano ingannevoli, pericolosi e  voltagabbana.

La figura di Mathieu Laforge, l’uomo della regina prima e di Richelieu dopo, incarna perfettamente questo tipo di personaggio disinvolto e opportunista, tipico esponente di quest’epoca assai spregiudicata.

In ogni romanzo della tetralogia c’è una figura particolare che affianca il personaggio principale appartenente alla famiglia Medici: Brunelleschi, Leonardo Da Vinci, Nostradamus e in questo ultimo romanzo troviamo Pieter Paul Rubens, il celebre pittore fiammingo.

L’amicizia tra Maria de’ Medici e l’artista, al contrario di quanto uno sarebbe portato a pensare, è una realtà storica al punto che qualcuno ipotizza che veramente Maria abbia trascorso alcuni anni nella casa di Rubens.

Matteo Strukul ha dedicato i primi due capitoli della tetralogia al racconto di due figure maschili e fiorentine, mentre gli altri due capitoli sono stati dedicati alla storia di due figure femminili e francesi.
Ognuno dei quattro volumi può però essere letto tranquillamente come un romanzo a sé.

“Decadenza di una famiglia” è il libro che ho apprezzato in maggior misura; ho trovato la narrazione di questo romanzo più scorrevole delle precedenti e il ritmo narrativo molto più incalzante.

Un racconto avvincente e adrenalinico, personaggi  accattivanti ed ambigui, descrizioni di meravigliose dimore storiche e di dipinti di straordinario valore artistico, fanno di questo ultimo romanzo della saga dei Medici un libro che sa come affascinare il lettore e catturarne fantasia.


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lunedì 13 aprile 2020

“I Medici. Una regina al potere” di Matteo Strukul


UNA REGINA AL POTERE
di Matteo Strukul
NEWTON COMPTON EDITORI
Eccoci al terzo volume della quadrilogia di Matteo Strukul dedicato alla celebre famiglia Medici.

Protagonista del romanzo è Caterina de’ Medici, moglie di Enrico II di Valois, re di Francia dal 1547 al 1559.

Ad Enrico II succedette il figlio primogenito, Francesco II, appena quindicenne e sposato con la giovane Maria Stuart di Scozia.

Francesco II era di salute cagionevole e morì poco tempo dopo senza lasciare eredi, così il trono passò al fratello Carlo IX che, avendo appena dieci anni, consentì a Caterina di assumerne la reggenza.

Appena due anni dopo però anche Carlo morì e a salire sul trono fu il figlio prediletto di Caterina, Enrico III.
Egli prese in mano la guida del regno, ma Caterina lo affiancò sempre nelle decisioni senza mai farsi veramente da parte.

La storia di Caterina de’ Medici si presta particolarmente ad essere raccontata in forma di romanzo. 
Quella sorta di leggenda nera e quella fama sinistra che da sempre ne hanno accompagno il nome, l’hanno portata ad essere soprannominata in passato la regina maledetta.

Accusata soventemente di avvelenamenti e di stregoneria, sospettata di lasciarsi influenzare da maghi e da astrologi dai quali si diceva amasse contornarsi, a lei fu imputata una delle pagine più violente della storia di Francia, il massacro della notte di San Bartolomeo, massacro avvenuto nella notte tra il 23 e il 24 agosto del 1572.

Oggi sappiamo di dover riconoscere a Caterina de‘ Medici di essere stata in grado di dimostrare una forza e una capacità non comuni nel saper gestire il regno di Francia e nel saper difendere l’eredità dei suoi figli in un momento così violento ed incerto della storia francese.

L’amore per l’arte, la capacità di mediazione, ma anche la forza dimostrata nel saper punire i propri nemici così come il suo saper attendere prima di colpire, hanno fanno di Caterina de’ Medici una degna erede di figure quali Cosimo de’ Medici e Lorenzo Il Magnifico, dai quali la regina di Francia sembrava aver quindi ereditato non solo il patrimonio culturale, ma anche il carattere.

Due figure in particolare che si muovevano sulla scena dell’epoca si prestavano ad essere romanzate e Matteo Strukul attinge ampiamente ad esse per tessere la trama del suo terzo volume della saga dedicata alla famiglia Medici.

La prima, quella forse più scontata, è quella della leggendaria Diana di Poitiers, favorita di re Enrico II, figura con la quale Caterina dovette convivere per buona parte della sua vita.
Un ménage à trois che la Medici dovette sopportare fino alla morte del consorte quando finalmente poté togliersi i proverbiali sassolini dalle scarpe.
Nonostante tutto però Caterina dimostrerà, verso chi l’aveva umiliata per tanti anni, più clemenza di quanto non ci si sarebbe aspettati da colei che tutti definivano implacabile e vendicativa.

L’altra figura, il cui ruolo l’autore ha volutamente enfatizzato, è quella di Nostradamus.
Gli incontri tra Caterina de’ Medici e Nostradamus sono storicamente provati, ma Strukul ne fa un personaggio fondamentale nella vita della regina.
I riti e le pozioni di Nostradamus, la cui figura nel romanzo ricorda molto quella di Merlino, sono indispensabili a Caterina per poter sbaragliare i nemici.
La regina proprio grazie a Nostradamus, ai suoi consigli e alla sua presenza, ritrova fiducia in se stessa e grazie alle visioni del mago, pur non potendo ovviamente cambiare il futuro, ha la possibilità almeno di non farsi trovare impreparata davanti alle avversità che il destino metterà sul suo cammino.

La figura che più di tutte ho amato nel romanzo è però quella di Raymond de Polignac, il protettore della regina, la sua guardia del corpo.
Raymond pur amandola, non solo come sovrana ma anche come donna, rimane fermo nei suoi propositi, non tradisce il proprio onore, per tutta la vita riesce a starle accanto, proteggendola con la sua spada e confortandola con la sua presenza, senza mai lasciar trapelare nulla dei propri sentimenti.
Raymond del Polignac è la figura che ti aspetti di trovare nei romanzi di Dumas, il moschettiere senza macchia e senza paura, il paladino valoroso e coraggioso

Caterina de’ Medici governò la Francia per circa trent’anni in un periodo storico dominato dalle guerre di religione.

Fu dipinta come una mercantessa, un’eretica, un’adoratrice del diavolo, una corruttrice, un’assassina, ma ella in realtà fu una donna di potere in terra straniera, una donna dotata di forte pragmatismo e di grande pazienza.
La verità è che non le furono mai  perdonate le sue origini fiorentine, così come non le fu mai perdonato di essere una Medici.

“Una regina al potere” è un libro che come i precedenti, e forse ancor più dei precedenti, può essere letto come un romanzo a se stante e non come parte di una saga.

La ricerca di documenti, gli studi e la lettura di alcune biografie del personaggio sono stati fondamentali per  la stesura di questo romanzo, come lo stesso Strukul scrive nelle note dell’autore al termine del libro.
Per chi poi si fosse appassionato alle vicende della protagonista, è possibile trovare in questa stessa nota diversi interessanti testi per poterne approfondire ulteriormente la storia.





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domenica 5 aprile 2020

“I Medici. Un uomo al potere” di Matteo Strukul


UN UOMO AL POTERE
di Matteo Strukul
NEWTON COMPTON EDITORI
Il secondo libro della quadrilogia di Matteo Strukul dedicata alla famiglia Medici vede come protagonista il suo più famoso esponente Lorenzo il Magnifico.
                                                                                                       
Siamo nel 1469 e Lorenzo de’ Medici ha appena vinto il torneo a cui ha preso parte dedicando la vittoria alla donna da lui amata: Lucrezia Donati.

In realtà Lorenzo ha da poco sposato per procura Clarice Orsini che giungerà a Firenze poco tempo dopo scortata da Giuliano, fratello del Magnifico.

Il matrimonio con una nobildonna romana porterà non solo lustro alla famiglia Medici ma gli garantirà anche l’appoggio di una famiglia, quella degli Orsini appunto, che rafforzerà i rapporti e l’influenza medicea in Vaticano qualora venisse eletto un papa avverso alla famiglia fiorentina.

Pochi mesi dopo l’arrivo di Clarice a Firenze, Piero de’ Medici muore ed il ventenne Lorenzo viene chiamato a guidare la Repubblica.

Lorenzo fin da piccolo ha sempre avuto coscienza di quello che sarebbe stato il suo destino: la guida della famiglia Medici e il governo della Repubblica.
Nonostante questa sua consapevolezza però egli si sente profondamente combattuto tra desideri e obblighi, tra amore e potere.

Il Magnifico deve guardarsi le spalle da nemici molto agguerriti tra i quali spiccano Girolamo Riario, nipote di Sisto IV, Jacopo e Francesco Pazzi, storici avversari della sua famiglia, e l’arcivescovo di Pisa Francesco Salviati.
                                                                                                                                                 
Tra tutti i nemici che tramano nell’ombra c’è anche una vecchia conoscenza del lettore, Laura Ricci, protagonista di fantasia del primo volume della saga di Matteo Strukul, “Una dinastia al potere”.
In questo secondo libro la donna è più agguerrita che mai ed al suo fianco ora fa il suo ingresso anche il figlio di lei, Ludovico.

Il romanzo non racconta tutta la vita di Lorenzo il Magnifico, ma si ferma all’anno 1478, anno della famosa congiura dei Pazzi, l’attentato in cui Lorenzo riuscì a salvarsi per miracolo e nel quale invece perse la vita suo fratello Giuliano.

In “Un uomo al potere” Matteo Strukul ci racconta la vita di due importanti figure dell’epoca: quella Lorenza il Magnifico e quella di Leonardo Da Vinci.

Leonardo Da Vinci era una figura di spicco dell’epoca del Magnifico eppure il suo genio brillò a Milano più che a Firenze.
La corte di Ludovico il Moro, alla quale senza dubbio il genio approdò grazie anche ai buoni rapporti del duca con Lorenzo de’ Medici, si rivelò senza dubbio più vicina alle sue inclinazioni.

Il tipo di rapporto che viene quindi descritto tra Lorenzo e Leonardo in questo romanzo, per quanto verosimile, è però da considerarsi privo di ogni comprovato rigore storico.

La storia raccontata da Strukul è però davvero affascinante: appassionante è la storia d’amore di Lucrezia e Lorenzo e altrettanto coinvolgente è il racconto del legame di amicizia profonda seppur conflittuale che lega Leonardo a Lorenzo.

Lorenzo era indubbiamente molto innamorato della bella Lucrezia Donati e si sa che il matrimonio con Clarice Orsini era stato un matrimonio non d’amore, ma di interesse.

A mio avviso l’autore ha calcato un po’ la mano sull’indifferenza di Lorenzo nei confronti della povera Clarice che, non dimentichiamolo, gli diede pur sempre dieci figli di cui tre morti in fasce e Lorenzo, a differenza dei suoi predecessori, non ebbe figli illegittimi.

La figura di Clarice Orsini nel romanzo di Matteo Strukul però è una figura davvero ben riuscita.
Clarice affascina il lettore per la sua fragilità e per l’amore che nonostante tutto prova per il marito.
È una bella donna, seppur non sensuale come Lucrezia e non è affatto una donna sciocca, ma è cresciuta in Vaticano e la sua educazione di carattere religioso mal si accorda all’ambiente dalla mentalità aperta della Firenze umanista di cui Lorenzo è il perno.  
Clarice è a tutti gli effetti una straniera e mai riuscirà a godere delle bellezze e delle opportunità che le può offrire la sua nuova patria.
Mortificata dalla vita non vede altra strada che cedere all’autolesionismo e rifugiarsi sempre più in se stessa e nella preghiera.

Lorenzo, invece, è costretto ad affrontare ogni giorno i suoi conflitti interiori, egli è un personaggio fatto di luci ed ombre, è un personaggio affascinante proprio perché sempre in bilico tra il bene e il male, tra il giusto e l’ingiusto, costretto spesso a dover agire in modo riprovevole in nome di un bene superiore.

La descrizione del carattere di Lorenzo e l’esposizione dei fatti della congiura dei Pazzi, al di là della presenza di alcuni personaggi di finzione, sono forse le due realtà più fedeli alla verità storica.

Leggendo l’innumerevole saggistica che ci racconta la figura di Lorenzo il Magnifico ci facciamo un’idea del carattere dell’uomo molto vicina a quella narrata da Strukul nel suo romanzo e per quanto riguarda la congiura, argomento che è stato anch’esso sviscerato in numerosi saggi, la narrazione si attiene piuttosto fedelmente all’esposizione dei fatti del saggio di Franco Cardini e Barbara Frale intitolato “La congiura”, libro che ho apprezzato molto.
                                                                                                                                                   
Un consiglio, se conoscete davvero bene la storia di Lorenzo de’ Medici, cercate per quanto più vi è possibile di mettere da parte le vostre conoscenze storiche, perché solo così riuscirete ad apprezzare totalmente l’intrigante trama e gli affascinanti personaggi del romanzo di Strukul.





domenica 29 marzo 2020

“Il giardino dell’arte” di Claudio Strinati


IL GIARDINO DELL’ARTE
di Claudio Strinati
SALANI
David, il protagonista del romanzo, si sta per laureare in Storia dell’arte all’Università di Halifax in Canada.
Affascinato dalle bellezze del nostro paese, riceve in regalo dalla nonna un viaggio in Italia per poter ammirare parte dei tesori che sono stati per anni oggetto dei suoi studi.

In questo Grand Tour sarà affiancato, seppur virtualmente, dal suo professore che lo seguirà passo passo tramite un continuo scambio di mail e tramite le lezioni che il giovane prima di partire ha caricato sul suo iPod.

Il nostro paese più di ogni altro al mondo è in grado di offrire bellezze artistiche e David purtroppo dovrà fare i conti fin da subito con l’amara sorpresa che i giorni a sua disposizione sono troppo pochi per poter visitare l’Italia come avrebbe desiderato.

Firenze, Roma, Venezia, Napoli sono le mete più ambite e conosciute dai turisti, esse racchiudono un inestimabile patrimonio artistico, ma come si può passare sotto silenzio le ricchezze di altre affascinanti città come Cremona, Udine, Orvieto solo per citarne alcune? 

Durante il suo viaggio David conoscerà molte persone, farà esperienze importanti per la sua futura carriera universitaria, incontrerà forse anche l’amore, ma soprattutto imparerà a conoscere se stesso.

“Il Giardino dell’arte” è un romanzo di formazione oltre che un emozionante viaggio attraverso le meraviglie d’Italia che ci farà guardare con occhi diversi le bellezze del nostro paese.

Leggendo questo romanzo mi è tornato in mente un altro libro piuttosto simile come tipologia che trattava però di tutt’altra materia, per la precisione di filosofia, libro che tutti voi consocerete intitolato “Il mondo di Sofia” di Jostein Gaarder.

“Il giardino dell’arte” non è un libro che si possa definire di facile lettura e vi confesso che ha messo a dura prova la mia resistenza perché alcune digressioni sono davvero ardue da affrontare, però vi assicuro che gli sforzi sono stati ben ripagati.

La narrazione risulta piuttosto frammentaria e non è facile prendere subito dimestichezza con i vari registri narrativi, ma una volta che ci si riesce a sintonizzare sul ritmo del racconto, si riesce anche ad apprezzare appieno non solo la spiegazione delle opera d’arte, ma anche i dialoghi tra i vari personaggi, dialoghi spesso divertenti e scanzonati.

Il protagonista, devo confessarvi, non mi ha ispirato molta simpatia, ma non fraintendetemi, credo sia una figura davvero ben riuscita; David è un personaggio vero e ben caratterizzato.
Quando leggiamo di questo giovane e bel ragazzo straniero e delle sue peripezie in giro per l’Italia, degli imprevisti che deve affrontare, delle sue paure e delle sue ansie ci sembra di vederlo proprio lì davanti ai nostri occhi.
Il mio riserbo nei suoi confronti, proprio perché l’ho letto e riconosciuto come un personaggio così vivo e reale, è senza dubbio dovuto al mio essere vagamente prevenuta nei confronti del turista un po’ presuntuoso d’oltreoceano che giunge in Italia ad ammirare le nostre bellezze.

La figura del professore, invece, mi ha ispirato fin da subito molta simpatia così come la nonna italiana di David della quale facciamo la conoscenza solo attraverso i racconti di David stesso e dei suoi parenti a Venezia.

Un consiglio per chi volesse affrontare la lettura di questo tomo, ebbene sì il libro consta di ben 700 pagine, munitevi di un tablet o tenete a portata di mano lo smartphone poiché a tratti diventa impossibile seguire l’esposizione, perché di lezioni si tratta, senza un pronto riscontro delle opere di cui l’autore ci parla.

Pagina dopo pagina vedrete che sarà oltremodo emozionante scoprire quanti degli artisti di cui ci viene raccontata la storia o di cui ci vengono illustrate le opere, sono in realtà già parte di noi, nascosti tra i nostri ricordi, mentre noi pensavamo di averli scordati completamente.

“Il giardino dell’arte” ci insegna a riscoprire il piacere dello studio e dell’approfondimento; troppo spesso infatti facciamo l’errore di andare in giro cercando di vedere il più possibile, mossi senza dubbio dalle migliori intenzioni, ma finiamo per fare indigestione di opere d’arte senza in realtà guardarle davvero.

Claudio Strinati con questo libro prova a riportarci sulla retta via, ricordandoci l’importanza del guardare, azione che sembra che noi abbiamo ormai dimenticato, noi vediamo le cose ma non le guardiamo e questo errore spesso lo facciamo anche quando ci avviciniamo alle opere d’arte.

Ci soffermiamo a vederle, le giudichiamo belle o brutte, secondo il nostro gusto estetico o rifacendoci a quanto leggiamo o percepiamo dall’ambiente che ci circonda, ma senza guardarle con attenzione, senza indagarle a fondo, senza pensare al periodo in cui l’artista è vissuto, senza confrontarle con altre opere coeve o meno.

Spesso subiamo l’arte, ci meravigliamo sì di fronte ad essa, ma non la indaghiamo, non la viviamo come dovremmo, non la facciamo veramente nostra.

Come avrete notato non ho fatto alcun nome di artista riportato nel libro, è stata una scelta voluta perché ritengo sia giusto che scopriate da soli i loro nomi leggendo il romanzo.
Vi posso però anticipare che accanto ai nomi più famosi ne troverete molti che non vi sareste mai aspettati di incontrare tra queste pagine e, perché no, vi stupire anche della mancanza di altri di cui non è stata fatta menzione.

Se dovessi descrivere questo libro con tre aggettivi? Direi stimolante, prezioso ed emozionante. 

A questo punto, non mi resta che augurarvi buon viaggio tra le meraviglie della nostra splendida Italia.





domenica 15 marzo 2020

“Lo straniero venuto dal mare” di Winston Graham


LO STRANIERO VENUTO DAL MARE
di Winston Graham
SONZOGNO
Siamo nel 1810 e sono trascorsi ormai dieci anni dagli eventi narrati nella Furia della marea laddove si era interrotto anche il racconto della serie televisiva.

Demelza attende a Nampara il ritorno di Ross impiegato in Portogallo per conto del governo presso l’armata di Wellington.

Il rapporto tra Ross e Demelza è ormai un rapporto consolidato e sereno così come quello tra il dottor Enys e la sua bella moglie Caroline.

Sono ora le nuove generazioni che iniziano ad imporsi sulla scena.

I figli di Ross e Demelza sono ormai cresciuti, Isabella-Rose ha appena dieci anni, ma Jeremy ne ha ormai diciannove anni e Clowance sedici.

George Warleggan, vedono da undici, sembra deciso a risposarsi e per questo inizia a corteggiare un’elegante lady.
Deve però fare i conti con i comportamenti piuttosto dissoluti del suo primogenito Valentine e con alcune avventate scelte finanziarie che metteranno a rischio il suo patrimonio.

Anche i fratelli di Demelza conducono ormai una vita serena: Drake e Morwenna hanno coronato la loro storia d’amore e hanno avuto una figlia, mentre Sam è felicemente sposato con Rosina.

Un giorno Jeremy trae in salvo dal naufragio di una nave un marinaio, il suo nome è Stephen Carrington.

L’uomo è un tipo gioviale, allegro e passionale; Jeremy e Clowance restano entrambi affascinati dalla nuova conoscenza, ognuno ovviamente a modo suo.

Jeremy vede infatti incarnato in Stephen lo spirito di avventura e Clowance invece se ne innamora fin da subito.

Clowance che, a dire il vero, vanta un nutrito numero di ammiratori tra i quali spicca persino un lord, non è una ragazza frivola e senza senno per cui, seppur scossa e spaventata dai sentimenti che sente di provare per Stephen, non si lascia assolutamente travolgere dalla passione.

Come avrete capito anche questo nuovo capitolo della saga di Poldark non delude il lettore.
La scrittura è scorrevole, piacevole ed il romanzo si legge tutto d’un fiato.

I personaggi sono intriganti ed affascinanti; le vicende come sempre appassionanti ed emozionanti.

I protagonisti che si affacciano sulla scena per la prima volta riescono a coinvolgere il lettore con le loro storie fin dalle prime pagine.

Come sempre quello che colpisce di più è la grande capacità di Winston Graham di saper raccontare nuove storie senza mai perdere continuità con le precedenti.

La fluidità del racconto è assoluta; le nuove storie si inseriscono perfettamente in quelle raccontare precedentemente; i vecchi personaggi interagiscono con i nuovi restando sempre fedeli a se stessi, senza che il racconto evidenzi mai un minimo scollamento.

Ne è un esempio il modo in cui l’autore ci racconta il conflitto tra il vecchio e il nuovo che avanza.
Jeremy è entusiasta delle nuove tecnologie, egli vede tutte le meravigliose potenzialità che un uso più ampio del vapore potrebbe apportare alla società e cerca di persuadere di questo suo padre. 
Ross all'inizio è piuttosto scettico e fatica a lasciarsi convincere, ma poi cede dinnanzi alle competenze di quel figlio che gli ha anche dimostrato di essere ormai diventato un uomo.

Lo straniero venuto dal mare inaugura la seconda parte della saga di Poldark e lo fa, non solo attraverso il racconto delle vicende della nuova generazione della famiglia, ma anche attraverso il racconto di un epoca e delle sue conquiste. 

Protagonista del romanzo, però, non è esclusivamente la nuova scienza tecnologica, ma, come per i precedenti volumi, i veri protagonisti della storia sono i sentimenti e gli amori che siano questi appena nati, contrastati o impossibili.

Protagoniste del libro sono le pene d’amore di Jeremy per Cuby, ma anche i sentimenti dei pretendenti di Clowance.
Ci dispiace per Ben Carter che sembra avere ben poche speranze, nutriamo forti dubbi nei confronti di Stephen che sembra nascondere un qualche segreto, ma soprattutto facciamo il tifo per Lord Edward che sembra un personaggio uscito dalle pagine di un romanzo di Jane Austen. Come si potrebbe non fare il tifo per lui?

Per sapere come andrà a finire, però, non ci resta che aspettare l’uscita del prossimo libro sperando davvero di non dover attendere troppo a lungo.



Qui potete trovare gli altri post relativi alla saga di Poldark


domenica 1 marzo 2020

“La congiura” di Franco Cardini e Barbara Frale


LA CONGIURA
Potere e vendetta nella Firenze dei Medici
di Franco Cardini e Barbara Frale
LATERZA
La famiglia Medici è considerata oggi un’indiscussa protagonista di centrale importanza per il Rinascimento italiano.

La storia dei Medici occupa quasi tre secoli e mezzo di storia, ma possiamo affermare che il periodo che va dal 1434, anno in cui Cosimo Pater Patrie prende in mano le redini della famiglia, al 1492, anno della morte di Lorenzo de’ Medici, conosciuto anche come Lorenzo il Magnifico, sono gli anni più interessanti dal punto di vista sia storico che artistico.

Il quarantennio che corre tra il 1454 e il 1494 è definito, su indicazione di Francesco Guicciardini, l’età dell’equilibrio.
In realtà questo lungo periodo corrisponde a una fase piuttosto instabile della situazione della penisola italiana.

La storia della famiglia Medici fu una successione ininterrotta di congiure e complotti, ma la congiura per eccellenza, il momento cruciale che doveva mettere fine al dominio mediceo una volta per tutte, fu senza dubbio quella del 1478, conosciuta come la congiura dei Pazzi.
  
Il saggio di Franco Cardini e Barbara Frale ci racconta non solo l’evento in sé, ma ne analizza ogni sua possibile conseguenza, non tralasciando nessuna ipotesi e raccontando la storia dall’inizio, partendo proprio da quegli eventi, anche quelli all’apparenza più insignificanti, che provocarono pian piano il gonfiarsi della tempesta.

La figura di Lorenzo de’ Medici viene analizzata in ogni suo aspetto.

Particolarmente interessante è l’indagine che gli autori compiono per cogliere quei cambiamenti del suo carattere e del suo modo di agire che inevitabilmente avvennero a seguito degli accadimenti occorsi quando il Magnifico era all’apogeo della sua fortuna.

Lorenzo de’ Medici aveva un temperamento cerebrale, era dotato di una mentalità pragmatica, sicuro e caparbio, era senza dubbio più ambizioso dei suoi predecessori.

Il giorno 26 aprile 1478 è lo spartiacque della storia: mentre il fratello, Giuliano de’ Medici, viene assassinato barbaramente, a Lorenzo il destino riserva una sorte diversa, egli esce quasi indenne dall’agguato, riportando solo ferite superficiali.

Lorenzo medita la sua vendetta, è un uomo del Quattrocento e come nel Medioevo vige ancora la legge della Bibbia, “occhio per occhio e dente per dente”, Lorenzo vuole e deve difendere il suo onore.
Non sarà facile, saranno tempi dura per la famiglia Medici, ma Lorenzo nonostante gli  errori commessi, a volte inevitabili altre volte meno, saprà uscire vittorioso da quella guerra che la congiura ha finito per innescare, la cosiddetta “guerra dei Pazzi”, anche se il prezzo che dovrà pagare sarà molto elevato, non solo in termini economici.

Cupo, sospettoso, chiuso in se stesso, il Lorenzo degli anni dopo la congiura è un uomo completamente diverso dal Lorenzo che si era affacciato sulla scena politica prima del 26 aprile 1478.

I nemici si sono coalizzati contro di lui, non ha più una vita propria, la sua quotidianità è avvolta nell’oscurità e teme costantemente per la propria sicurezza e per quella della sua famiglia.

Partendo proprio dal cambiamento avvenuto in Lorenzo de’ Medici gli autori si dicono propensi a credere che la famosa Canzona di Bacco, che egli scrisse nel 1490, non sia da interpretare come un inno di gioia alla vita e alla gioventù, come i più sono soliti interpretarla, bensì piuttosto come una presa di coscienza da parte del Magnifico di una mesta e consapevole memoria di tutti gli errori e i mali commessi.

Personalmente, sin dai tempi della scuola, ho sempre avvertito una certa malinconia, mai allegria, leggendo queste strofe, quindi mi trovo pienamente d’accordo con questa possibile interpretazione.

Tra i numerosi scritti sulla storia dei Medici in generale e su Lorenzo de’ Medici in particolare, “La congiura. Potere e vendetta nella Firenze dei Medici” si impone come un saggio che sa regalare molti spunti al lettore per approfondire gli argomenti trattati.
Non va tralasciato, infatti, di sottolineare anche che il volume è corredato di numerose e interessanti note, suddivise per capitolo, dalle quali si può ricavare una ricca bibliografia.

Un libro scorrevole e dalla scrittura elegante, un saggio dettagliato e ricco di contenuti.

Un volume indispensabile nella libreria di tutti gli appassioni di storia medicea e non solo.