sabato 26 giugno 2021

“Storia di un’altra Firenze” di Daniela Cavini

Daniela Cavini nasce e cresce a Firenze, ma dopo aver conseguito la laurea in Scienze Politiche lascia la sua città natale per una carriera giornalistica che la porterà in giro per il mondo ad affrontare esperienze estreme, dal conflitto dei Balcani a quelli in Medio Oriente ai campi profughi algerini.

Ritornata a vivere a Firenze dopo un lungo periodo di lontananza decide, complice la pandemia, di dedicarsi alla riscoperta della sua città che un giorno, quasi per caso, si accorge di non aver mai visto veramente. 

Calatasi nel ruolo della turista inizia a dedicarsi alla scoperta delle storie segrete di Firenze e dei suoi luoghi meno conosciuti, luoghi estranei a quel grande turismo di massa che fino a poco tempo prima affollava le strade e le piazze in modo tanto disordinato e irrispettoso.

Nasce così “Storia di un’altra Firenze” un viaggio in 25 tappe che ci conduce alla scoperta dei segreti e delle piccole, ma non per questo meno significative, realtà di una delle città d’arte più belle del mondo.

Attraverso le pagine di questo splendido libro, la cui sola introduzione già da sé sarebbe sufficiente a giustificarne l’acquisto, l’autrice ci conduce per mano attraverso la storia della città perché ogni luogo di Firenze, così come la sua gente e le famiglie che l’hanno fatta grande nei secoli, i Medici sono senza dubbio la più nota e importante sotto molti aspetti ma non l’unica, sono strettamente legati alle sua storia.

La storia dei monumenti e delle piccole realtà museali ci parla della Firenze medievale, di quella rinascimentale e così via sino ad arrivare al tempo in cui la città divenne per pochi anni capitale d’Italia, pochi anni che però lasciarono profonde ferite nel suo tessuto urbano oltre che nel bilancio comunale.

Accanto al racconto della vita dei più grandi personaggi che tutti noi conosciamo ci sono aneddoti che riportano alla memoria storie meno conosciute come quella di Maria Maddalena de’ Medici, sorella di Cosimo II, principessa malformata nel fisico ma dotata di un carattere forte e determinato.

Pur trattandosi “solo” di 25 tappe resta comunque impossibile cercare di riassumere in poche righe l’anima di questo affascinante itinerario che si snoda lungo le strade di Firenze tanti sono gli aneddoti e le rarità che vengono raccontate in modo davvero suggestivo e coinvolgente.

Posso dirvi però che anche laddove si parla di realtà più conosciute, come ad esempio il Chiostro dello Scalzo o San Carlo dei Lombardi, c’è sempre qualcosa di nuovo che riesce ad arricchire le nostre conoscenze.

La storia dei Medici fa da padrona in queste pagine e non potrebbe essere diversamente dal momento che questa famiglia per quasi tre secoli e mezzo predominò sui suoi concittadini. Tra le varie vicende Daniela Cavini ci ricorda anche quella di Isabella de’ Medici e lo fa schierandosi a favore della tesi, quasi ormai universalmente riconosciuta, secondo la quale la prediletta figlia di Cosimo I fu assassinata dal marito Paolo Orsini con l’appoggio del fratello di lei Francesco I. Mi ha piacevolmente stupito che il giudizio della Cavini sull’ultimo granduca della famiglia, ossia Gian Gastone, sia un giudizio equilibrato e benevolo come non spesso accade anche se ultimamente la storiografia si è un po’ ammorbidita nei suoi confronti.

Vari capitoli del libro sono poi dedicati all’importanza che Firenze ricoprì nell’ambito della ricerca scientifica, argomento che spesso viene dai più liquidato parlando della sola figura di Galileo Galilei. 

In queste pagine nessun settore viene trascurato dall’industria tessile con il racconto delle gualchiere di Remole sino ad arrivare alla Biblioteca Magliabechiana, all’Osservatorio Ximeniano, all’Archivio di Stato senza dimenticare i parchi botanici unici al mondo.

Mi aspettavo molto da questo libro ma la lettura ha superato di gran lunga le mie aspettative. “Storia di un’altra Firenze” è davvero un libro prezioso e ricco di spunti, in grado di far provare le stesse emozione che si provano passeggiando per le strade della città del Giglio. 

Spero sinceramente di essere riuscita con questo post a rendervi almeno un po' partecipi dell'intensa fascinazione che questa lettura ha esercitato su di me. 

 

 

 


sabato 19 giugno 2021

“Per l’uno e per l’altra” di Jayne Davis

William Charlemagne Stanlake, Visconte di Wingrave, sta per battersi in duello: a voler soddisfazione è Lord Elberton, marito tradito e non molto compiacente.

Il giovane Will non è nuovo a queste imprese, nei suoi venticinque anni di età ha infatti già collezionato una sfilza di amanti e un figlio bastardo.

In verità suo desiderio sarebbe stato arruolarsi per servire il proprio Paese, ma dal momento che il tirannico padre gli ha impedito di coronare il suo sogno, la vita di Will ha imboccato tutta un’altra strada se non altro proprio per rappresaglia verso il dispotico genitore.

Con la morte del fratello maggiore Will si è ritrovato ad essere l’unico erede maschio e il Conte di Marstone non può permettersi che accada qualcosa a quello scapestrato del suo secondogenito che sembra divertirsi a mettere continuamente in pericolo la successione del casato.

È giunto quindi il momento che Will si sposi e la scelta del Conte ricade su Connie. La giovane è figlia di un barone che, ben lieto di concederla in moglie ad un Visconte, non si fa alcuno scrupolo per i sentimenti della figlia considerandola un semplice oggetto di sua proprietà da usare a proprio piacimento.

Will e Connie si incontreranno per la prima volta in chiesa proprio il giorno delle nozze. Riusciranno i due giovani a trovare un’intesa? Un matrimonio di convenienza può trasformarsi in un matrimonio d’amore?

Will si rivelerà un personaggio molto diverso da quello che potrebbe apparire nelle prime pagine. Egli stesso non approva il proprio stile di vita dissoluto e la vicinanza di Connie farà emergere il suo vero carattere. Il Visconte di Wingrave, futuro Conte di Marstone, è in realtà un uomo sensibile e giusto, contraddistinto da un profondo senso dell’onore è un uomo che non si sottrae mai al suo dovere sia verso il suo Paese che verso il prossimo.

Connie è solo all’apparenza una ragazza mite e remissiva, in verità come ogni eroina che si rispetti, è invece una donna forte e determinata che non si lascia scoraggiare dagli eventi ed è sempre pronta a combattere per ciò in cui crede e per difendere coloro che ama.

Primo volume della collana Regency edita dalla Vintage Editore “Per l’uno e per l’altra” è un romanzo che strizza indubbiamente l’occhio ai romanzi di Jane Austen, ma ancora di più a quelli di Georgette Heyer.

In questo libro di Jayne Davis ritroviamo tutte le tipiche tematiche che contrassegnarono l’epoca in cui la storia è ambientata, dalla primogenitura alle rigide convenzioni sociali, dall’umiliante ruolo della donna considerata una semplice merce alla vilipesa condizione femminile più in generale, ma in questo romanzo troviamo anche l’elemento avventuroso che richiama alla mente i libri della bellissima saga dei Poldark nata dalla penna Winston Graham e di cui spesso vi ho parlato.

La trama di questo libro si presterebbe benissimo anche per una trasposizione cinematografica, una serie tv come Sanditon, che ho amato moltissimo, o come la tanto discussa Bridgerton; non stupisce affatto che Jayne Davis sia anche una scrittrice di fiction.

L’elemento avventuroso aggiunge brio al racconto rendendo la lettura davvero scorrevole; le 550 pagine volano via e senza rendersene conto ci si ritrova a leggere l’ultima riga dispiaciuti di dover lasciare andare i nostri beniamini. 

Nessuna paura però perché questo è solo il primo volume di una trilogia. In realtà i tre volumi sono autoconclusivi, nessun finale aperto che ci costringa a leggere anche gli altri romanzi, ma è comunque bello sapere che, se ne sentissimo la necessità, la famiglia Marstone sarebbe pronta ad accoglierci con altre due nuove avvincenti avventure. 

Difficile resistere…

 

 

 


lunedì 14 giugno 2021

“Misteri ed enigmi nell’archeologia e nell’arte” di Claudio Saporetti

Un’opera d’arte può essere più misteriosa di un thriller? Se l’investigatore che conduce le indagini è l’assirologo Claudio Saporetti, classe 1938, la risposta alla domanda della quarta di copertina non può essere che affermativa.

Il libro è una raccolta di sessanta articoli più o meno brevi, alcuni inediti e altri già pubblicati su riviste nel corso degli anni.

Gli argomenti trattati sono i più disparati e spaziano dall’arte moderna come con Giuditta I, opera di Gustav Klimt, fino all’arte rupestre. Anche la collocazione delle opere è molto ampia: Italia ed Europa, Medio Oriente, Africa e Sud America solo per accennare ad alcuni dei luoghi. 

Ovviamente non è possibile entrare nel particolare di tutte le opere e le tematiche affrontate dal libro, ma si può dire che ogni tematica, per quanto specifica, non è mai fine a se stessa.

Ogni analisi, ogni indagine spinge infatti il lettore ad interrogarsi su altre opere presenti o meno nel libro e stimola la sua voglia di ricerca e comprensione di elementi comuni tra esse. Proprio in questa prospettiva viene affrontato uno dei temi principali del volume ossia l’analisi della simbologia nelle opere d’arte.

Ovviamente non tutti i saggi possono interessare il lettore allo stesso modo, ognuno troverà argomenti che più lo coinvolgono. Io, ad esempio, ho apprezzato particolarmente le pagine dedicate alla costruzione delle cattedrali, all’arte di Benedetto Antelami, al confronto tra simbologia canonica tipica della pittura e quella invece tipica delle maestranze scultoree.

Saporetti ci mette in guardia dal prendere per buone tutte le interpretazioni che gli storici dell’arte ci hanno proposto e ci propongono perché spesso nel corso degli anni queste si sono rivelate fallaci alla luce di nuove scoperte. È importante quindi mantenere sempre la mente aperta e un atteggiamento critico nei confronti dell’opera.

Spesso è l’autore stesso a confutare in queste pagine una tesi di un collega lasciando però sempre aperto uno spiraglio per nuove interpretazioni.

Non è raro il caso in cui autorevoli professori e ricercatori abbiano elaborato teorie molto fantasiose per descrivere ad esempio quadri o per spiegare la funzione di alcuni particolari oggetti. Se ci pensiamo è la stessa cosa che accade quando si cerca di interpretare un testo letterario o una poesia leggendo tra le righe o tra i versi qualcosa che in realtà l’autore non aveva mai neppure lontanamente pensato.

Il libro edito da La Lepre Edizioni è una pubblicazione se vogliamo coraggiosa, una storia dell’arte e dell’archeologia sui generis raccontata con passione e anche con un pizzico di ironia sotto forma di indagine investigativa.

Va detto che a volte si fa un po’ fatica a seguire il testo mancando una completa documentazione fotografica di quanto descritto negli articoli, ma questo è abbastanza comprensibile poiché il volume non è, e non ha nessuna pretesa si essere, un libro d’arte illustrato.

Leggendo queste pagine si può avere a volte l’impressione che interpretare simboli, significati e iconografie sia una cosa semplice, invece non c’è nulla di più difficile e fuorviante. Questo volume ci aiuta a identificare molte soluzioni, ma apre anche tanti interrogativi a cui non vi è una soluzione immediata e chissà mai se si troverà.

Un libro da tenere a portata di mano, una guida da consultare e rileggere ogni qualvolta si è assaliti da un dubbio interpretativo o magari anche da una semplice curiosità. 




sabato 5 giugno 2021

“The Witcher – La Torre della Rondine" di Andrzej Sapkowski

Il precedente volume si era concluso con Geralt di Rivia fatto cavaliere dalla regina Meve dopo la vittoria contro le truppe nilfgaardiane.

Questo nuovo episodio di The Witcher, penultimo capitolo della saga, si apre con la descrizione dell’infernale Caccia Selvaggia che si svolge durante la notte dell’equinozio autunnale e che, come narrano le leggende, è portatrice di morte e sventura.

Tutti coloro che sono legati emotivamente alla principessa Cirilla hanno avvertito un funesto presagio che la riguarda.

La Leoncina di Cintra infatti giace ferita e svenuta nella paludi di Pereplut dopo essere riuscita a sfuggire ai suoi inseguitori. I suoi amici Ratti sono stati tutti barbaramente assassinati davanti ai suoi occhi. A soccorrerla è un anziano eremita, Vysogota di Corvo, che grazie alle sue conoscenze mediche riesce a strapparla alla morte.

Durante la convalescenza Ciri racconterà al vecchio le sue avventure rendendo così partecipe anche il lettore di quanto accaduto.

Geralt insieme ai suoi compagni, nel frattempo, cerca di raggiungere i Druidi con la speranza di riuscire ad ottenere informazioni su Ciri, ma anche i nemici non hanno smesso di cerarla con insistenza.

Le macchinazioni governative delle varie fazioni continuano senza sosta; nelle fila nilfgaardiane qualcuno trama contro l’Imperatore, la Loggia delle maghe vuole Ciri per portare a compimento il proprio disegno politico e il mago Vilgefortz è sempre più ossessionato dalle sue ricerche sul Sangue Antico.

Yennefer, da tutti accusata ingiustamente di tradimento, cerca in ogni modo di rintracciare la sua pupilla che proprio in questo libro per la prima volta pensando alla maga si rivolgerà a lei chiamandola mamma.

Chi riuscirà a raggiungere per prima Ciri? Geralt? Yennefer? O i suoi nemici? Ciri che, dismessi i panni della terribile Falka, è tornata a rivestire quelli dell’erede di Cintra è davvero così indifesa come tutti coloro che la amano sembrano pensare oppure il suo potere si è del tutto manifestato e la profezia è ormai prossima a compiersi?

Il racconto scorre veloce fin dalle prime pagine, il ritmo è incalzante, tanti i colpi di scena e gli avvenimenti che si susseguono senza interruzioni.

La narrazione brillantemente bilanciata presenta una perfetta alternanza di pagine dedicate a combattimenti senza esclusione di colpi e adrenalinici inseguimenti e di altrettante pagine dedicate alla descrizione di intrighi di corte, cospirazioni, incontri diplomatici e trame politiche.

In questo libro, inoltre, forse più che nei precedenti, si illustrano le caratteristiche che contraddistinguono le diverse popolazioni e i vari regni. In modo particolare davvero interessanti sono le pagine dedicate alle isole Skellige e al regno di Kovir.

“La Torre della Rondine” ci catapulta a tutta velocità verso l’epilogo della storia. Non siete un po’ curiosi di sapere come finirà? Allora a presto con il capitolo finale della saga ossia “La Signora del Lago”.



sabato 29 maggio 2021

“Gian Gastone (1671-1737) Testimonianze e scoperte sull'ultimo Granduca de' Medici" a cura di Monica Bietti

Il libro dovrebbe essere il primo volume di una collana dedicata agli studi e alle scoperte sulla famiglia Medici. Dico dovrebbe perché in realtà le mie ricerche in rete per adesso non hanno prodotto alcun risultato sulla pubblicazione di ulteriori volumi dell’opera.

La collana si prefiggeva come scopo quello di rendere noti i dati scientifici, storici e storico artistici che sarebbero emersi nel corso degli studi legati al Progetto Medici. Un progetto che prese avvio nel 2004 con lo scopo principale di effettuare una ricognizione sui resti del ramo Granducale della famiglia partendo da Cosimo I fino ad arrivare all’ultimo esponente Gian Gastone. 

Questo volume è la prima pubblicazione istituzionale su quanto emerso dalle prime ricerche effettuate dall’Università di Firenze, dall’Università di Pisa e dalla Soprintendenza affiancate dall’Opificio delle Pietre Dure, dall’Opera Medicea Laurenziana, dalla Parrocchia di San Lorenzo e da numerosi altri istituti di ricerca.

Il libro fu pubblicato nel 2008 in occasione della mostra ospitata nella Cappella dei Principi dedicata alla contraddittoria figura di Gian Gastone; in questa occasione venne anche esposto per la prima volta il piccolo corredo funebre rinvenuto nella sepoltura dell’ultimo Granduca Medici.

Contrariamente all’idea iniziale di seguire l’ordine cronologico per le esumazioni, fu scelto di esumare per primo il corpo di Gian Gastone. Infatti, mentre le altre famiglie erano state esumate negli anni Quaranta e Cinquanta del Novecento, la sepoltura di Gian Gastone non era stata più visitata dall’anno 1857. L’intervento si rendeva quindi prioritario soprattutto per i danni che senza dubbio, come fu subito chiaro all’apertura dell’ipogeo, erano seguiti all’inondazione dell’Arno del 1966.

Nel libro diversi saggi sono dedicati proprio a come si è operato per il recupero dei materiali, quali difficoltà si sono incontrate nel corso delle indagini e quali sono state le misure adottate per mettere in sicurezza il sito.

Alcuni saggi sono dedicati al ritrovamento e al restauro del corredo funerario altri alle indagini radiodiagnostiche effettuate sui resti di Gian Gastone. Tali indagini hanno evidenziato alcune patologie la cui sintomatologia potrebbe confermare alcuni disturbi di cui la cronaca dell’epoca ci ha lasciato memoria.

Molto interessante è il saggio di Franco Ugo Rollo in cui si vuole verificare attraverso la tecnica di sovrapposizione cranio-facciale la somiglianza dei ritratti di Gian Gastone giunti sino a noi con il suo vero volto.  

I primi due saggi del volume sono dedicati invece alla storia di Gian Gastone.

Il primo, scritto da Giovan Battista de’ Medici di Toscana (Principe di Ottajano, Duca di Sarno), come si evince dal titolo stesso “Due matrimoni sbagliati”, indaga su quanto abbiano influito negativamente sulla personalità di Gian Gastone la figura inesistente della madre Marguerite Louise d’Orléans e quella della moglie Anna Maria Franzisca di Saxe Lavemburg, vedova del principe Filippo di Neuburg. Una politica matrimoniale quella franco-fiorentina che si rivelò deleteria per la dinastia medicea.

Il secondo saggio del volume molto più articolato ad opera di Patrizia Urbani racconta la vita dell’ultimo Granduca della famiglia Medici cercando di indagarne la complessa psicologia e, attraverso quanto emerso proprio dagli ultimi studi e indagini, comprendere quanto ci sia di vero sugli eccessi di cui fu accusato Gian Gastone e quanto invece sia dovuto ad una falsa propaganda lorenese per cercare di legittimare la propria posizione come successori.

Patrizia Urbani ci racconta di un Gian Gastone che senza dubbio fu soggetto fin da giovane a crisi depressive, un giovane dal carattere introverso che mal si adattò alla rigida etichetta di Palazzo Pitti e al cerimoniale di corte.

Gian Gastone rimase schiacciato dal peso delle proprie responsabilità e non resse la tensione di dover dare per forza un erede alla dinastia. Patrizia Urbani non esclude inoltre che la sua misoginia potesse derivare sia dall’abbandono materno in giovane età sia dal pessimo rapporto che ebbe con la moglie. Non possiamo dimenticare che gli eccessi nel gioco e nel bere di Gian Gastone si manifestarono come diretta conseguenza dell’afflizione matrimoniale, un modo di evadere dalla gabbia a cui la politica paterna lo aveva condannato.

Se negli ultimi anni della sua vita vi furono eccessi di altro tipo le indagini non escludono che potessero essere causate da una malattia degenerativa forse causata anch’essa dall’eccesso di alcol e dall’intensificarsi delle crisi depressive. Non va però dimenticato che i racconti di coloro che incontrarono Gian Gastone alle corti europee lo descrivevano sempre come un principe che sapeva ben comportarsi, elegante e piacevole, tanto che lo stesso Cosimo III ricorreva spesso alle grandi doti da mediatore del suo figlio cadetto.

Gian Gastone era un uomo colto, nonostante fosse il secondogenito aveva ricevuto un’istruzione di prim’ordine, era un principe filosofo, amante delle arti, curioso e dalle maniere squisite la cui immagine venne purtroppo cancellata da quella di dissoluto e vizioso con la quale la cronaca lo ha fatto poi passare alla storia.

Il libro è corredato da un’amplia documentazione fotografica sia relativamente all’iconografia del Granduca e non solo sia come supporto esplicativo delle varie fasi degli studi (indagine del sito, indagini radiodiagnostiche, salvaguardia dei materiali e relativo restauro).

Non è facile riassumere questo libro in poche righe in quanto si tratta di una ricca raccolta di saggi molto approfonditi e ben strutturati.

Il mio giudizio potrebbe essere un po’ offuscato vuoi perché mi sono appassionata da tempo alla figura di Gian Gastone de’ Medici vuoi perché da laureata in archeologia la materia trattata mi è piuttosto familiare, ma credo che la lettura possa essere affrontata tranquillamente e interessare tutti nonostante all’apparenza alcuni aspetti trattati possano sembrare ostici per i non addetti ai lavori.

Un libro vivamente consigliato a chiunque voglia approfondire le sue conoscenze su, come recita la dedica del volume:

GIOVAN GASTON DE’ MEDICI

PRINCIPE DI GRAN MENTE

DI SOMMA AFFABILITÀ

E DI UNA VOLONTÀ TUTTA INCLINATA

AL PUBBLICO BENE




lunedì 17 maggio 2021

“Berthe Morisot. Le luci, gli abissi" di Adriana Assini

Parigi 1868, Berthe Morisot posa per Édouard Manet, l’artista più discusso e affascinante del momento .

Sono gli anni in cui la modernità entra prepotentemente nei caffè e nei salotti parigini, sono gli anni della prima corsa ciclistica nel parco di Saint-Cloud e del brevetto per la fotografia a colori di Ducos du Hauron.

Sulla scia di questo fermento socioculturale un gruppo di pittori lancia una sfida al conservatorismo delle accademie. I loro nomi sono Renoir, Degas, Monet, Manet, Cézanne solo per citare i più famosi; passeranno alla storia con il nome di Impressionisti.

Berthe Morisot, terzogenita di un funzionario della Corte dei conti, desidera fare della pittura la sua professione; traguardo quasi impossibile in un mondo dove l’arte è esclusivo appannaggio maschile.

Nulla riesce però a distrarre Berthe dalle sue tele e dai suoi pennelli eccetto il misterioso e seducente Édouard Manet.

Bijou, come viene chiamata in famiglia, non esita ad accantonare i suoi strumenti per posare per il pittore che ha conquistato la sua anima e il suo cuore fin dal loro primo incontro. Tutto accade sotto lo sguardo vigile e attento della madre di lei Marie-Cornélie che disapprova questa infatuazione della figlia e la vorrebbe quanto prima accasata come si converrebbe ad una donna del suo ceto. 

Adriana Assini è maestra assoluta nel saper ricreare le atmosfere dei periodi storici nei quali si muovono i suoi personaggi; i suoi sono romanzi corali e questo lo è forse anche più degli altri. Ad affiancare la protagonista Berthe Morisot non c’è solo Manet ma tutti coloro che fecero parte del loro circolo; una confraternita che non si componeva di soli pittori ma anche di scrittori del calibro di Émile Zola o di poeti quali Stéphane Mallarmé.

Adriana Assini ci presenta Berthe Morisot come una donna forte e volitiva che non arretra di fronte a nulla pur di ottenere quei riconoscimenti che sa di meritare e che vuole ottenere senza dover rinunciare al suo essere donna. La Morisot, infatti, non acconsentì mai a cambiare il proprio nome con un nome maschile né ad abbigliarsi con abiti da uomo per ottenere quanto le spettava di diritto per i suoi meriti.

Pagina dopo pagina prende vita davanti ai nostri occhi una galleria di personaggi vividi e reali con le loro manie e le loro peculiarità caratteriali: la passione di Manet per gli abiti sartoriali di alta moda, i modi scostanti di Degas, la meticolosità di Monet e così via.

La vita artistica, e non solo, di Berthe Morisot fu profondamente segnata dal suo rapporto con il carismatico Édouard Manet, uomo sposato e seduttore impenitente.

Fu infatti un amore totalizzante e platonico quello che legò la Morisot al pittore anche dopo la morte di questi. Se Manet fu per lei amico e maestro, lei per lui fu la sua musa nonché l’unica donna in grado di comprenderlo davvero e sapergli tenere testa, lei così selvaggia eppure allo stesso tempo così per bene. 

Berthe Morisot era una perfezionista, mai veramente soddisfatta dei risultati raggiunti anche nella vita privata. Eppure, dalle sue opere traspariva tutt’altro. Le sue tele erano luminose ed eternavano a volte scene di intimità familiare; esprimevano quella luce e quella pace interiore alle quali la pittrice tanto aveva aspirato, ma che mai riuscì davvero a raggiungere.

Al termine del romanzo, però, il lettore non può che immaginarla in pace accanto al suo Édouard, finalmente insieme e uniti per l’eternità.

Adriana Assini è riuscita a rendere in modo eccellente le luci e gli abissi, per citare il titolo stesso del romanzo, propri dell’animo di quell'affascinante artista tanto caparbia e umbratile da essere, a torto, spesso accusata di freddezza e anaffettività.

Un viaggio malinconico e inquieto attraverso i sentimenti e le profondità dell’animo umano quello in cui ci conduce Adriana Assini in questo suo ultimo romanzo, ricco di citazioni che spaziano dal pensiero di Eraclito ai versi di Shakespeare; un viaggio rischiarato però dai vivaci colori dei lussureggianti giardini, dalle sfumature azzurre dell’oceano e dagli infiniti tentativi di Monet di riuscire a fermare sulla tela i riverberi della luce.

Credo che “Berthe Morisot. Le luci, gli abissi” possa essere insieme ad “Agnese, una Visconti”, uno dei romanzi ad oggi più riusciti dell’autrice.




venerdì 14 maggio 2021

“Florentine. La pupilla del Magnifico" di Marina Colacchi Simone

Nel 1466 Luca Pitti insieme ad Agnolo Acciaiuoli, Diotisalvi Neroni ed altri personaggi ordirono un attentato ai danni di Piero de’ Medici. L’attentato venne fortunatamente sventato, ma in quell’occasione Francesco de‘ Bardi riportò un grave ferita facendo scudo al figlio di Piero, Lorenzo de’ Medici. Una volta guarito l’uomo partì alla volta della Borgogna dove mise la sua spada al servizio di Carlo il Temerario. A Firenze Francesco de’ Bardi lasciò la moglie e i due figli piccoli.

La sedicenne Vanna de’ Bardi è rimasta sola, la madre e il fratello sono morti e del padre non sa più nulla da molto tempo. Dopo sette anni trascorsi in un convento ad Arezzo, grazie alla bontà del fratello della madre, Duccio Salimbeni, può ora tornare a Firenze. Lo zio di Vanna è una persona molto vicina a Lorenzo de’ Medici e proprio questi, per il rispetto e l’affetto che lo legano al Salimbeni, accetta di prendere la ragazza sotto la sua protezione donandole anche delle proprietà insieme al titolo di contessa.

Vanna viene condotta dalla più ammirata dama della città del Giglio, Simonetta Cattaneo Vespucci, entrando a far parte dell’elitaria cerchia delle sue dame. In casa Vespucci la ragazza incontra per la prima volta il nipote di Clarice, la moglie del Magnifico, l’affascinante e pericoloso Matteo Orsini la cui avvenenza e i modi sfrontati non lasciano Vanna indifferente seppure parecchio confusa.

Ad una festa a casa Medici però Vanna ritrova un caro amico d’infanzia, il bellissimo Guido Montefiori. Il giovane innamorato di Vanna sin da ragazzino non l’ha mai dimenticata e Vanna ricambia i suoi sentimenti.

Ovviamente, come in ogni romanzo che si rispetti, mille saranno le traversie che i due giovani dovranno affrontare per coronare il loro sogno d’amore.

Intrighi di corte e passioni si compenetrano alla perfezione in questo romanzo che a tutti gli effetti si sviluppa su due piani narrativi: a fare da contraltare alla storia romantica di Vanna de’ Bardi e Guido Montefiori abbiamo infatti la storia di Firenze e del suo signore Lorenzo de’ Medici.

La finzione letteraria si intreccia perfettamente alla verità storica; sullo sfondo delle rocambolesche vicende che vedono coinvolti i due innamorati contrastati si intravedono le prime avvisaglie della terribile congiura dei Pazzi (26 aprile 1478).

Ogni cosa è descritta in maniera minuziosa: dagli arredi, all’abbigliamento, ai gioielli nessun dettaglio viene tralasciato per ricreare in modo impeccabile i fasti della grandiosa corte medicea.

L’autrice è molto riguardosa nel descrivere la storia d’amore che lega Simonetta Cattaneo a Giuliano de’ Medici; non ci è dato sapere se il loro fosse stato realmente solo un amore platonico e Marina Colacchi Simone lascia rispettosamente il lettore nel dubbio.

L’elemento protagonista del finale del romanzo, senza anticiparvi troppo, posso dirvi che è l’agnizione, una soluzione da commedia plautina quella del riconoscimento che si rivela nell’insieme indovinata.

Moltissimi sono i personaggi e tutti molto ben caratterizzati. Non si può non provare empatia per la giovane Vanna, rimanere affascinati dalla figura carismatica di Lorenzo de’ Medici o incuriositi da quella di Agnolo Poliziano, detestare Girolamo Riario e Matteo Orsini, ma un personaggio in modo particolare mi ha davvero colpita ed è quello di Duccio Salimbeni uomo colto, intelligente e d’animo nobile che al momento giusto sa dimostrare una forza e una determinazione che non ti aspetti.

Il libro di Marina Colacchi Simone è un ottimo romanzo storico, il perfetto compromesso tra verità e finzione.

Un’ultima precisazione sul titolo. Perché Florentine? Florentine è il nome del diamante che Francesco de’ Bardi riceve dal duca di Borgogna per i servizi resi e che invia ai suoi figli prima di morire. Nel libro al grande diamante giallo paglierino viene dato il nome di “Florentine” da Matteo Orsini in onore di Vanna. In realtà, come si legge nelle note dell’autrice al termine del volume,  il diamante entrò in possesso dei Medici solo con Ferdinando I e la sua storia prima di allora è molto lacunosa, tante sono le versioni. Gli Asburgo-Lorena ne entrarono in possesso alla morte di Gian Gastone, ultimo granduca di Toscana. Resta avvolto nel mistero cosa sia accaduto a questa preziosa gemma dopo il 1919.