domenica 14 ottobre 2018

“Nerone” di Margaret George


NERONE
di Margaret George
LONGANESI
Lucio Domizio Enobarbo è un discendente della dinastia Giulio-Claudia e la sua vita, per il solo fatto di essere uno dei possibili candidati alla successione, è in pericolo fin dalla sua nascita.

A soli tre anni impara a sue spese che Roma non significa solo potere e grandezza, ma anche rivalità e ferocia.
Suo zio Caligola, forse pensando di poter così eliminare un possibile futuro scomodo rivale, tenta di annegarlo buttandolo in acqua dalla nave e solo il buon cuore di Cherea lo salva da morte certa.

La madre Agrippina è in esilio e lui viene affidato alle cure della zia Lepida, madre di Messalina e moglie del futuro imperatore Claudio.

I giorni felici a casa della zia hanno breve durata perché Agrippina torna quasi subito sulla scena rivendicando il figlio per sé e soprattutto per i suoi disegni politici.

Sarà soprattutto grazie alle macchinazioni e alla spregiudicatezza della madre che Lucio Domizio Enobarbo diverrà l’imperatore Nerone che noi tutti abbiamo conosciuto grazie ai nostri libri di storia.

Ma siamo davvero sicuri che la storia ci abbia tramandato la vera immagine del quinto ed ultimo imperatore della dinastia Giulio-Claudia?

Per affermazione della stessa Margaret George il romanzo rappresenta la sua missione di salvataggio di questo sovrano divenuto imperatore all’età di soli sedici anni.

L’immagine che noi tutti abbiamo di Nerone è spesso quella hollywoodiana di un imperatore intento a suonare la cetra mentre Roma sta bruciando o, nella migliore delle ipotesi, quella di un imperatore sopra le righe, inviso tanto al Senato quanto all’intero popolo romano, tanto da essere colpito dalla damnatio memoriae, condanna subita da molti altri imperatori anche se quella neroniana risulta sempre essere forse la più famosa.

La biografia che ci regala Margaret George è una biografia romanzata e seducente, ma anche molto dettagliata e solidamente documentata.

Nerone amava l’arte e la musica e, affascinato dalla bellezza e dall’armonia della Grecia, primo tra tutti gli imperatori provò ad ellenizzare l’Urbe, cercando di fare della città e dei suoi abitanti persone più colte e, per quanto possibile, meno violente.

Egli amava la lotta, la corsa, la poesia e guidare le bighe, amava la competizione, ma non provava alcun piacere nell’assistere ai giochi gladiatori tanto che arrivò a vietare addirittura le uccisioni nell’anfiteatro.

Tutto questo però non può ovviamente cancellare i fatti: Roma era una città violenta, così come feroce era chi deteneva il potere.
Congiure, omicidi e veleni erano il pane quotidiano in un impero dove nessuno si faceva scrupoli neppure di assassinare i proprio congiunti pur di raggiungere il potere e lo stesso Nerone non fu da meno, macchiandosi persino dell’omicidio della sua stessa madre.
Vero è, però, che sotto il suo impero non solo rifiorirono le arti, ma vennero pianificate molte opere di carattere ingegneristico ed architettonico per il bene della comunità, furono ampliati i porti ed apportate sostanziali migliorie in tanti settori.
Per assurdo, proprio questo sovrano che oggi viene ricordato come un uomo corrotto, violento e depravato, in realtà fu, almeno all’inizio del suo impero, un uomo retto, generoso e anche se forse troppo ingenuo, un grande sostenitore della cultura popolare e del popolo stesso.

Azioni che a lui vengono ascritte e per le quali è stato pesantemente condannato, non sono poi così diverse da quelle compiute da alcuni suoi predecessori i quali però non furono altrettanto condannati per esse.

Non possiamo poi non considerare che ciò che ci è stato tramandato su Nerone spesso è giunto a noi grazie ad autori che scrissero durante la dinastia Nerva-Antonina, dinastia che aveva tutto l’interesse a screditare le dinastie precedenti, prima fra tutte proprio quella Giulio-Claudia.

Ero particolarmente curiosa di leggere questo romanzo, perché anni fa avevo letto della stessa autrice Il re e il suo giullare” che raccontava la vita di un altro grande sovrano passato alla storia per la sua spregiudicatezza e la sua violenza, Enrico VIII.

Come immaginavo, non sono rimasta delusa, “Nerone” è infatti un romanzo altrettanto intenso, affascinante ed intrigante.
Margaret George riesce in modo magistrale ad esplorare la psicologia del personaggio ed ad individuarne le fragilità, come già aveva fatto mettendo a nudo l’identità del celebre sovrano inglese.

Nerone, membro di una famiglia tanto influente quanto violenta ed assetata di potere, era cresciuto in mezzo alle congiure e fin da piccolo aveva dovuto imparare a guardarsi le spalle, eppure questo non gli aveva impedito di sviluppare il suo amore per l’arte e per la musica, grazie anche all’influenza dei suoi insegnati tra cui spiccava la figura di Lucio Anneo Seneca.
Ma Nerone, seppur energico ed influente, come ogni uomo al comando era un uomo solo, circondato da gente ambiziosa e priva di scrupoli, era naturale che non sarebbe riuscito per sempre a sottrarsi alla seduzione del potere.
L’amore di Atte, la liberta greca da lui amata e dal quale era profondamente ricambiato, non fu in grado di salvarlo anche da se stesso e Poppea ben presto riuscì ad irretirlo spingendolo verso quelle scelte che tanto contribuirono a renderlo impopolare.

Dobbiamo sempre ricordare che il romanzo di Margaret George non è un resoconto storico, ma piuttosto un’opera di fantasia destinata ad un pubblico del XXI secolo e come tale deve essere interpretata.
La scrittrice ha infatti usato termini moderni, ha in alcuni casi alterato la cronologia dei fatti e dato per sicuri alcuni avvenimenti che la storiografia ritiene invece ancora dubbi, il tutto ovviamente per rendere più fluida la trama e dare vivacità al racconto.

Di sicuro però Margaret George con questo romanzo ci ha regalato un’interessante e affascinante reinterpretazione di un personaggio storico molto discusso, dandoci la possibilità di riflettere in modo nuovo sull’immagine che di lui ci siamo fatti nel corso dei secoli.

“Nerone” è il primo dei due volumi dedicati da Margaret George alla vita del controverso imperatore romano.
Il secondo volume riprenderà il racconto dall’incendio di Roma, dove si interrompe il racconto di questo primo libro, ma, come assicura l’autrice stessa nella nota al termine del romanzo, i due volumi sono indipendenti e pertanto leggibili come romanzi autonomi.






martedì 2 ottobre 2018

“Donne che comprano fiori” di Vanessa Montfort


DONNE CHE COMPRANO FIORI
di Vanessa Montfort
FELTRINELLI
Nel quartiere più bohémiene di Madrid c’è una piccola oasi verde al centro della quale si trova un olivo secolare. Quest’angolo magico è il negozio di Olivia: il Giardino dell’Angelo.

Il piccolo regno fiorito di Olivia è anche il luogo dove cinque donne molto differenti tra loro si ritrovano per comprare fiori.
Ognuna lo fa per un motivo diverso: Victoria li compra per il suo amante segreto, Casandra per ostentarli in ufficio, Gala per il suo showroom, Aurora per dipingerli e infine Marina in ricordo di una persona che non c’è più.

Marina, io narrante del romanzo, si è appena trasferita nel quartiere, ha da poco perso il marito e sta ancora cercando di elaborare il lutto che l’ha recentemente colpita.
Affascinata dal Giardino dell’Angelo, una sera decide di entrarvi ed Olivia le offre un posto come commessa.
Marina non sa nulla di fiori, ma incalzata dalla proprietaria, si ritrova ad accettare il lavoro senza neppure accorgersene.

Olivia è una donna particolare e misteriosa, persino la sua età non è definibile, potrebbe avere sessanta come settant’anni.
Olivia sembra catalogare le persone allo stesso modo con cui cataloga i fiori, le osserva e le studia con affetto e occhio critico; sembra quasi che la sua missione sia aiutare le donne a ritrovare se stesse, a capire chi siano veramente, ma soprattutto cosa desiderino davvero dalla loro vita prima che sia troppo tardi per farlo.
Nessuno conosce la storia di Olivia, ma il lettore intuisce sin dalle prime pagine che la sua vita, per quanto molto vivace e creativa, non deve essere stata una vita semplice e che nel corso di essa ella debba essersi trovata a dover compiere delle scelte molto difficili.
L’impressione è che Olivia voglia aiutare le altre donne a non commettere gli stessi suoi errori, per questo le incita e le sprona a non avere paura ricordando loro che la vita sporca, ma non deturpa e che vivere è un compito urgente, ed è già tardi.

Marina, Victoria, Aurora, Gala e Casandra sono più o meno coetanee, cinque quarantenni molto diverse tra loro, ognuna alle prese con problematiche diverse, ma tutte ad un punto della loro vita in cui devono scegliere se accettare passivamente quello che sono diventate oppure trovare il coraggio di riscrivere se stesse.

Queste cinque donne hanno avuto l’opportunità di conoscersi grazie ad Olivia, ma l’amicizia che è sorta, lo spirito di gruppo che sono riuscite a sviluppare, la solidarietà femminile che le unisce è qualcosa che è nato grazie alla loro forza, al loro coraggio e alla loro voglia di riscatto.

Marina trova il coraggio di compiere un viaggio in barca a vela da sola grazie alle parole di Olivia, ma anche perché desidera a sua volta spronare, con il suo esempio, Aurora a mettersi in gioco come artista.
Ognuna di loro trae forza e ispirazione dall’altra, insieme possono trovare finalmente il coraggio di diventare indipendenti, anche se non è per nulla facile rinunciare ad una piccola felicità per cercare la felicità completa.

Ognuna delle protagoniste deve affrontare i propri fantasmi per riuscire a scrollarsi di dosso anni e anni di condizionamenti psicologici, vincoli e restrizioni imposti dall’educazione ricevuta in famiglia, limitazioni e regole imposte dalla società.
È necessario per loro fare chiarezza su cosa sia la “stabilità” o come debba interpretarsi il concetto di “dare priorità”; soffermarsi su quali differenze intercorrano tra alcune parole così simili eppure così diverse tra loro come “indipendenza”, “libertà” e “solitudine”.

Aurora, “la bella sofferente” come l’ha definita Olivia, dovrà smettere di boicottare la propria vita; dovrà trovare il coraggio di mettere se stessa al centro dei propri pensieri invece di continuare a donarsi completamente agli altri, dovrà accettare il fatto che alleviare le sofferenze altrui non potrà mai attenuare le sue angosce.

Gala dovrà lasciarsi il passato alle spalle e ritrovare fiducia negli uomini; Casandra dovrà chiudere la sua storia malata e trovare il coraggio di seguire le sue inclinazioni; Victoria dovrà accettare il fatto di avere dei limiti, prendere coscienza che essere felice è un suo diritto e che sarebbe una follia rinunciare a vivere accanto all’uomo che ama per puro senso del dovere nei confronti del compagno e dei figli.

Marina, come Aurora, ha sempre trovato la propria felicità in quella altrui, non ha mai saputo cercare la propria felicità né le è mai interessato farlo; non ha mai saputo essere libera né è mai stata in grado di fare qualcosa solo per se stessa.
Marina come una crisalide si trasformerà in farfalla grazie ai consigli di Olivia e all’amicizia delle altre donne, ma soprattutto grazie alla sua forza di volontà e al coraggio di riuscire a guardarsi finalmente dentro.
Imparerà ad accettare il fallimento, perché il fallimento non esiste. Esiste solo la fine delle cose, quelle belle e quelle brutte, come l’amore e la sofferenza.
L’unico vero fallimento è l’inerzia di fare continuare ciò che in realtà è ormai già finito.

L’atmosfera misteriosa e rarefatta all’inizio del volume, quando Vanessa Montort descrive il Giardino dell’Angelo, ricorda la magia di alcune pagine di Carlos Ruiz Zafón tanto che Olivia sembra sulle prime essere quasi un personaggio “angelico”.

Quell’impressione dura solo un attimo perché la narrazione entra immediatamente nel vivo ed il romanzo si rivela una storia quanto mai reale e moderna, le cui protagoniste sono donne vere nelle quali ogni lettrice riesce a trovare una corrispondenza fin da subito.
È innegabile che l’empatia che si crea con i personaggi di questo romanzo è immeditata e fortissima.

“Donne che comprano fiori” è uno di quei romanzi che il lettore non vede l’ora di finire per conoscere l’epilogo della storia, ma allo stesso tempo ha paura di arrivare all’ultima pagina perché è ben consapevole che quei personaggi gli mancheranno terribilmente.

Il libro di Vanessa Montfort è un romanzo che ci aiuta a comprendere meglio noi stesse; una lettura in grado di spronarci a credere nelle nostre capacità; un invito a non commettere l’imperdonabile errore di ignorare i nostri sentimenti e i nostri desideri.

“Donne che comprano fiori” è un romanzo intenso e appassionante, un viaggio nell’universo femminile contemporaneo assolutamente da leggere.



giovedì 27 settembre 2018

“La luna nera” di Winston Graham

LA LUNA NERA
di Winston Graham
SONZOGNO
Demelza e Ross hanno ritrovato la loro complicità, gli affari prosperano e la tranquillità sembra finalmente tornata a Nampara.
Elizabeth ha dato alla luce l’erede tanto atteso dagli Warleggan e, nonostante l’odio mai placato, la tregua stretta tra George e Ross almeno per il momento sembra reggere se pur appesa ad un filo sottile.
La guerra tra la Francia e l’Inghilterra però continua ad infuriare ed inevitabilmente le ripercussioni del conflitto si abbatteranno sulla vita di tutti loro.
Il dottor Enys cadrà prigioniero dei Francesi e Ross non potrà che accorrere in soccorso dell’amico mettendo così a repentaglio non solo la propria vita, ma anche la serenità familiare.
Nel frattempo, nuovi personaggi fanno il loro ingresso sulla scena, tra questi i fratelli Carne.
Alla morte del padre, infatti, Sam e Drake decidono di chiedere aiuto alla sorella Demelza che non esita a convincere il marito a dare loro un’opportunità assumendoli alla miniera.
Intanto a Trenwith, George Warleggan ha persuaso la moglie ad affidare Geoffrey Charles, il figlio nato dal primo matrimonio di Elizabeth con Francis Poldark, ad una governante.
La scelta ricade su una cugina di Elizabeth, la diciassettenne Morwenna, la cui famiglia versa in condizioni economiche piuttosto critiche dopo la morte del padre della ragazza.

I fatti narrati in questo quinto libro della saga dei Poldark corrispondono alle vicende raccontate nella prima parte della terza serie televisiva della BBC tratta dai romanzi di Winston Graham.

Nonostante la versione della BBC sia molto affine alla narrazione del romanzo, discostandosi da questa solo in alcuni punti con l’unico scopo di meglio adattarsi alla trasposizione televisiva, la lettura risulta comunque molto interessante e coinvolgente anche qualora si siano già viste le puntate in tv.

La scrittura di Graham è una scrittura lineare e scorrevole e la caratterizzazione dei personaggi è così minuziosa che è un piacere poter approfondire aspetti del loro carattere che, come ho già evidenziato precedentemente nelle recensioni dedicate agli altri romanzi della saga, in televisione tendono sempre a risultare necessariamente più approssimativi e superficiali.

Leggendo il libro si ha quindi spesso la percezione che alcuni particolari della personalità di ognuno di loro ci siano sfuggiti durante la visione ed è molto interessante quindi poterne indagare e approfondire la psicologia.

I personaggi che abbiamo conosciuto negli scorsi capitoli della saga confermano le nostre precedenti impressioni: l’ottimista Demelza che qualunque sia la situazione riesce a scovare sempre dieci ragioni per apprezzare la vita, l’anticonformista Ross sempre pronto a lottare  contro i capricci del destino, la solita ostinata ed indipendente Caroline Penvenen e tutti gli altri George, Elizabeth, Verity, il dottor Enys… senza dimenticare l’anziana zia Agatha che avrà un ruolo fondamentale in questo quinto capitolo della saga.

Alcuni nuovi personaggi meritano però un approfondimento.

Sam non svolge un ruolo da protagonista in questo romanzo, ma non possiamo escludere che potrebbe avere anche lui un’interessante storia da raccontare nei prossimi capitoli. Ha solo ventidue anni, ma sembra più maturo della sua età; è un fervente metodista e la sua vita è tutta dedicata a glorificare il Signore e a cercare di ricondurre sulla retta via le pecorelle smarrite.

Ma sono soprattutto Drake e Morwenna che, con la loro storia d’amore contrastata, intrigano il lettore e portano nuova linfa al racconto.

Il punto di forza della saga nata dalla penna di Winston Graham è proprio questo, ovvero, riuscire a portare in scena sempre nuovi personaggi e nuove storie in grado di mantenere viva l’attenzione del lettore; personaggi che interagiscono in maniera eccellente con gli altri integrandosi perfettamente nella trama del romanzo.

Drake è un ragazzo di bell’aspetto, irriverente e accattivante. Ricorda molto non solo nel sorriso la sorella Demelza. È un metodista anche lui come il fratello, ma non altrettanto estremista.
Il suo amore per Morwenna è un sentimento puro e sincero e, pur sapendo che lei appartiene ad una classe sociale differente, vive il suo amore in modo leale e totalizzante, senza risparmiarsi.

Morwenna invece ricorda molto Elizabeth per certi aspetti. È innamorata di Drake, ma come la cugina non ha la forza di combattere per i propri sentimenti, non ha il coraggio di schierarsi contro il mondo per difendere il proprio amore.
Inoltre, non perde occasione per ricordare a se stessa che Drake appartiene ad una classe sociale inferiore e non può fare a meno, nonostante l’amore che prova per il ragazzo, di notare la sua sfacciataggine, la sua grammatica non perfetta, i suoi abiti dimessi.
Morwenna non ha nulla della forza, della caparbietà e dello spirito di indipendenza che caratterizzano un personaggio entrato nel cuore di tutti noi lettori come quello di Caroline Penvenen. 

Per stessa ammissione dell’autore la saga dei Poldark doveva concludersi con il quarto volume. Solo alcuni anni dopo Winston Graham sentì l’esigenza di scoprire cosa fosse accaduto ai suoi personaggi, il risultato di tale di tale esigenza fu un quinto romanzo: “La luna nera”.

Noi lettori possiamo solo ringraziare la nostra buona stella che lo scrittore abbia accettato la sfida di riprendere il racconto regalandoci così nuove imperdibili storie sulla famiglia Poldark ambientate nella splendida cornice della Cornovaglia.



Qui i link dei precedenti romanzi:

-       Ross Poldark

-       Demelza

-       Jeremy Poldark

-       Warleggan




venerdì 21 settembre 2018

“L’ultima regina di Firenze” di Luca Scarlini


L’ULTIMA REGINA DI FIRENZE
di Luca Scarlini
BOMPIANI
I Medici, l’illustre famiglia che aveva raggiunto il potere grazia ad una efficiente banca e che nel corso degli anni successivi aveva fatto grande Firenze, quella famiglia che aveva dato i natali a personaggi illustri come Cosimo de’ Medici e Lorenzo de’ Medici detto il Magnifico, è ormai giunta alla sua estinzione.

Sulla Firenze medicea rinascimentale sono stati scritti numerosi libri, ma poco conosciute sono invece le vicende della famiglia Medici tra il Seicento e gli inizi del Settecento: proprio queste sono l’oggetto della narrazione del libro di Luca Scarlini.

Paggi, cospiratori, cardinali, musici, prostituite sono solo alcune delle figure di cui amano circondarsi gli ultimi esponenti di quella che era stata nei precedenti secoli una delle dinastie più importanti d’Italia.

Gli ultimi discendenti della famiglia sono figure grottesche: erotomani o uomini devotissimi, ma tutti irrimediabilmente folli.

Gian Gastone l’ultimo Granduca è un anarchico incoronato, un depresso cronico; omosessuale e schiavo del sesso, soggiogato dall’anima nera del suo amante Giuliano Dami, ama circondarsi di giovani e prestanti contadini soprannominati i “ruspanti”.
La corte di Gian Castone è una corte di performer sessuali e lui ne è l’indiscussa e bizzarra regina.

Con la sua morte avvenuta nel 1737 il Granducato di Toscana passa nelle mani dei Lorena.

Ad Anna Maria Luisa, sorella di Gian Gastone, non resta che rammaricarsi per non essere nata uomo, lei sì che avrebbe avuto la capacità e lo spirito per comandare, purtroppo però il destino aveva deciso diversamente:

Ogni passione è spenta: rimane il fatto che lei sarà l’ultima della stirpe di Cosimo, che le restano ancora bei momenti per testimoniare della passata grandezza della famiglia, per cancellare con la massima cura ogni traccia dell’impero dell’orrendo Dami. Così, ne è consapevole, getterà alle ortiche anche la memoria del suo amato fratello, ma non si può fare altrimenti. I Medici prima di tutto, e quel momento di follia corporale, di abbrutimento dell’anima, doveva essere minimizzato, quasi cancellato, al più presto. E poi che contava, in secoli di storia gloriosa?

Il romanzo di Lurca Scarlini è un libro piuttosto complesso; non è facile infatti collegare tra loro e ricordare tutti i personaggi che sono davvero tantissimi, alcuni più o meno conosciuti e altri totalmente oscuri.

A tratti sembra quasi di leggere delle novelle del Boccaccio, tanto sono bizzarri e goffi alcuni personaggi, ma ciò che Scarlini racconta, spesso anche con fredda brutalità e sarcasmo, sono tutte storie vere.

Alcuni dettagli arrivano da brani di diari dell’epoca, altri da quadri, altri ancora da cantate popolari e così via, ma ogni cosa è rigorosamente documentata come testimonia anche la lunga e approfondita bibliografia riportata al termine del volume.

I personaggi descritti ne “L’ultima regina di Firenze” sono personaggi singolari e fuori dal comune.

La galleria di ritratti tratteggiata da Luca Scarlini ci racconta di un mondo in disfacimento e ci restituisce l’immagine di una dinastia, corrotta nello spirito e nel corpo, destinata ad estinguersi nel peggior modo possibile.

Scarlini narra i fatti accaduti con una tale precisione ed una tale chiarezza quali solo una comare racconterebbe i più sordidi pettegolezzi; così attraverso le pagine del suo romanzo veniamo a conoscenza degli intrighi, delle passioni, dell’abbruttimento morale e fisico, delle perversioni che caratterizzarono gli ultimi anni al potere degli esponenti della famiglia Medici.
                                                                                                                            
Abituati ai fasti di questa gloriosa dinastia non è possibile affrontare la lettura delle vicende che ne hanno caratterizzato l’estinzione senza lasciarsi cogliere da un attimo di malinconia e amarezza per la loro fine ingloriosa, ma è pur vero che una storia si deve leggere sempre fino alla fine.

“L’ultima regina di Firenze” è il racconto dell’atto finale ed è pertanto lettura imprescindibile per chiunque voglia conoscere l’intera storia di questa affascinate famiglia.





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domenica 16 settembre 2018

“La leggenda degli albi” di Markus Heitz


LA LEGGENDA DEGLI ALBI
di Markus Heitz
TEA
Gli albi sono una razza crudele. Amano la guerra e l’arte; si dice che pratichino la magia nera e che la loro medicina sia molto avanzata.
Gli albi sono esseri quasi immortali: non conoscono le malattie e possono morire solo a seguito di una morte violenta causata da un fatto accidentale.
Amici giurati degli elfi, ai quali sono molto somiglianti, ma dai quali si differenziano per l’indole malvagia, gli albi, provano un odio indicibile verso ogni altra razza, soprattutto verso i nani e gli umani.
Gli Eterni, i due fratelli Nagsar e Nagsor Inastè, sono i sovrani degli albi; la loro bellezza è talmente abbagliante che neppure i loro sudditi possono guardarli se non vogliono compromettere la propria salute mentale.

“La leggenda degli albi” è il primo volume della saga nata dalla penna di Markus Heitz.
I titoli successivi sono “La battaglia degli albi”, “Il cammino oscuro: la vendetta degli albi” e “L’ira degli albi”.

Le storie narrate in questa saga si inseriscono in quelle di un’altra saga (La saga della Terra Nascosta), composta da cinque volumi ai quali le leggende degli albi fanno da prequel, midquel e sequel.

Protagonisti di questo primo volume “La leggenda degli albi” sono Sinthoras e Caphalor, entrambi protagonisti del primo volume della saga della Terra Nascosta intitolato “Le cinque stirpi”.

Nel Dsôs Faïmon si agitano due opposte fazioni: le Comete e le Stelle.
Sinthoras è un guerriero ambizioso che come membro delle Comete vorrebbe iniziare una campagna per estendere quanto prima possibile i domini del regno.
Caphalor, guerriero che ha ottenuto la consacrazione degli Eterni, appartiene alla fazione delle Stelle e, come tale, non vede di buon occhio una possibile guerra espansionistica, ma piuttosto vorrebbe aumentare le misure difensive per proteggersi da eventuali aggressori esterni.

Sinthoras e Caphalor si incontrano per caso durante una battuta di caccia e dopo un acceso diverbio, si lasciano da nemici giurati.

Il destino però ha in serbo per loro una sorpresa: per secoli elfi e nani hanno prosperato nelle Terre Nascoste le cui vie di accesso erano precluse agli altri popoli grazie ad un incantesimo di difesa.

Gli Eterni però hanno scoperto che un demone potente, il Demone di Nebbia, si è stabilito nelle regioni a nord-ovest. Egli è in grado di spezzare qualsiasi sortilegio e i sovrani degli albi vogliono proporgli un’alleanza.
Caphalor e Sinthoras saranno inviati insieme come ambasciatori per ottenere l’aiuto del demone e convincerlo a combattere al fianco del popolo degli albi.
Sulla loro strada i due guerrieri incontreranno molte difficoltà, diversi ostacoli, tanti pericoli e creature pericolose, ma soprattutto dovranno fare i conti con l’avversione che provano l’uno nei confronti dell’altro.

Caphalor e Sinthoras riusciranno a portare a termine l’incarico affidatogli dai sovrani? Saranno in grado di mettere da parte la loro faida personale per il bene del Dsôs Faïmon? Riusciranno a trovare un punto di incontro nonostante le loro profonde divergenze politiche e non solo?

Markus Heitz ha creato un mondo fantasy affascinante popolato da personaggi altrettanto seducenti.
Oltre alle figure dei due eroi Sinthoras e Caphalor, si muovono sulla scena moltissimi personaggi interessanti come la schiava umana Raleeha e l’artista Timānris, per non parlare poi di creature straordinarie, infide e ingannevoli, come ad esempio il Gålran Zhadár, un essere nanesco dotato di potere magici e Karjuna, una femmina appartenente alla razza degli obbooni altrimenti detti anche “ladri di carne”.

Le storie narrate in questo primo volume della saga degli albi sono storie di orrore indicibile, di battaglie spettacolari, di trionfi grandiosi e di terribili sconfitte; sono storie di guerra, di viltà, di amore, di coraggio, di sincerità, di valore e di amicizia.

Dopo aver letto “La leggenda degli albi” non stupisce che Markus Heitz sia l’autore fantasy più letto in Europa e che i libri della saga dei nani possano aver venduto oltre 150.000 copie in Italia.

I romanzi fantasy sono numerosissimi e gli autori sono tanti, ma non è facile trovare autori veramente bravi e dotati di così notevole fantasia da essere in grado di immaginare e creare nuovi mondi come Markus Heitz ha dimostrato di saper magistralmente fare.

Inutile dire quindi che ho già acquistato il secondo volume della saga, “La battaglia degli albi”: non vedo l’ora di iniziare la lettura e di potervi relazionare in merito.
Per ora vi lascio con un arrivederci dalla Porta di Pietra….




domenica 9 settembre 2018

“Cento poesie d’amore a Ladyhawke” di Michele Mari

CENTO POESIE D’AMORE
A LADYHAWKE
di Michele Mari
EINAUDI
Michele Mari, classe ’55, è un autore di prosa con all’attivo numerosi romanzi, uno scrittore molto stimato tanto da essere ritenuto uno dei migliori in circolazione.
La raccolta “Cento poesie d’amore a Ladyhawke” (2007) è il suo esordio poetico.

Il titolo del volumetto è un chiaro riferimento ad un famoso film intitolato appunto “Lady Hawke” di Richard Donner del 1985
La storia narrava le vicende di due innamorati che, a causa di una maledizione, erano condannati a non potersi mai incontrare nelle loro sembianze umane; lei, interpretata dalla bellissima Michelle Pfeiffer, di giorno era un bellissimo falco e lui, l’attore Rutger Hauer, di notte si trasformava in un temibile lupo.
I due innamorati, legati da una profonda passione, erano quindi destinati per l’eternità a restare sempre insieme eppure allo stesso tempo eternamente divisi. 

Come gli amanti del film anche il poeta vive un amore romantico e struggente, ed è proprio questo sentimento totalizzante, irrealizzato e irrealizzabile, ad ispirargli questo canzoniere d’amore moderno.

“Cento poesie d’amore a Ladyhawke” è una raccolta di poesie che riesce a ridare voce alla grande tradizione della poesia d’amore latina e medievale, rendendola quanto mai viva e moderna attraverso l’utilizzo di riferimenti alla realtà contemporanea; i richiami al cinema horror piuttosto che alla pubblicità ne sono un evidente esempio.

Fra il mulino bianco
e gli anelli di Saturno
la tua scelta era scontata

Ma non immaginerai mai
quanta farina
possono macinare quegli anelli

L’opera di Michele Mari si rifà, rivisitandone i versi, alle poesie della tradizione: al dolce stil novo, a poeti come Dante e Petrarca, solo per citarne alcuni, e così via fino ai nostri giorni con richiami a Pavese e Pascoli, senza tralasciare numerosi riferimenti anche alla filosofia.

Verrà la morte e avrà i miei occhi
ma dentro
ci troverà i tuoi

La donna amata da Mari è una donna reale, una compagna dei tempi del liceo. Un amore nato sui banchi di scuola, un amore mai dichiarato, ma non per questo meno intenso e vero. 
Uno di quegli amori che a volte è meglio non svelare a nessuno, neppure alla persona amata, forse per paura di un rifiuto o semplicemente perché si preferisce vivere nel dubbio.

Quando l’amore si rivela, quando i sentimenti di scontrano con la vita di tutti i giorni, la poesia potrebbe andare perduta e allora forse è preferibile accettare di rimanere nel limbo delle cose sospese.

Tertium dabatur
e sarebbe stato vivere
sfiorandoci

Ed è proprio quello che accade dopo trent’anni a Mari quando un giorno per caso ritrova la sua compagna di scuola. 
Dopo essersi confessati il loro reciproco amore adolescenziale, tra i due inizia una fitta corrispondenza, ormai però è troppo tardi per recuperare e lei non se la sente di fare un salto nel buio abbandonando la vita che si è costruita nel corso degli anni.

Certi amori sono nati per rimanere solo un’illusione, qualcosa che non deve essere contaminato dalla routine e dalla consuetudine.

Arrivati a questo punto
dicesti
o si va oltre
o non ci si vede più

Non capivi che il bello era proprio quel punto
era rimanere
nel limbo delle cose sospese
nella tensione di un permanente principio
nel nascondiglio di una vita nell'altra

Così il mio contrappasso di pokerista
è stato perdere tutto
appena hai forzato la mano

Quello cantato da Mari è un amore cerebrale, platonico e puro che scontrandosi con la realtà è destinato a perire. 
È un amore sospirato che non deve avere la possibilità di concretizzarsi carnalmente e quotidianamente perché ciò lo estinguerebbe inesorabilmente.

Ti cercherò sempre
sperando di non trovarti mai
mi hai detto all'ultimo congedo

Non ti cercherò mai
sperando sempre di trovarti
ti ho risposto

Al momento l’arguzia speculare
fu sublime 
ma ogni giorno che passa 
si rinsalda in me
un unico commento
ed il commento dice 
due imbecilli.

“Cento poesie d’amore a Ladyhawke” è un libro audace in un mondo dove i libri di poesia vendono pochissime copie e vengono sempre più visti come un prodotto editoriale di nicchia.
Michele Mari affronta con coraggio un tema, quello dell’amore esclusivo e totalizzante, che è una delle tematiche più sfruttate di tutti i tempi, ma riesce a farlo senza mai risultare banale; le sue poesie sono la testimonianza di un’ossessione privata, una lucida analisi dei mostri e dei tormenti che assillano la mente umana. 





domenica 2 settembre 2018

“Viking – Le ossa di Ardal” di Linnea Hartsuyker


VIKING
LE OSSA DI ARDAL
di Linnea Hartsuyker
GIUNTI
Ragnvald e Svanhild erano bambini quando il padre Eystein morì in battaglia. La madre Ascrida aveva allora sposato Olaf, l’amico del marito, che le aveva promesso che si sarebbe preso cura dei ragazzi e avrebbe amministrato le loro terre fino a quando Ragnvald avesse raggiunto la maggiore età e sarebbe quindi entrato in possesso dell’eredità paterna.

Ragnvald ha vent’anni ed è giunto il tempo per lui di reclamare quanto gli spetta, ma Olaf, per nulla intenzionato a mantenere fede al patto, decide invece che è arrivato il momento di sbarazzarsi definitivamente di lui.

Mentre Ragnvald, sta facendo ritorno a casa dopo essersi dimostrato audace e coraggioso durante le razzie compiute, il capitano della sua nave, Solvi Hunthiofsson, figlio di re Hunthiof, tenta di ucciderlo.

Ragnvald riesce a sopravvivere e, mentre lotta tra la vita e la morte, prima di essere ripescato in mare da un pescatore, ha una visione: un grosso lupo dal pelo dorato e gli occhi azzurri; il ricordo di questa visione non lo abbandonerà mai e anzi influenzerà non poco le sue future scelte di vita.

Se da Ragnvald ci si aspetta che sia disposto a morire per il suo onore e per quello della sua famiglia, dalla sorella Svanhild ci si aspetta invece un buon matrimonio.

Svanhild però è una donna testarda e assetata di libertà, così, pur di fuggire ad una unione matrimoniale con qualcuno impostole dal patrigno o scelto per lei dal fratello, nonostante non sia facile scegliere tra famiglia e libertà, decide di accettare l’opportunità offertale dall’acerrimo nemico di Ragnvald.
Sposa così Solvi Hunthiofsson, nonostante questo significhi essere solo una seconda moglie, essendo egli già sposato con Geirny, figlia di re Nokkve.

La saga di Viking, di cui “Le ossa di Ardal” è il primo volume, si ispira alla saga di Harald I di Norvegia raccontata da Snorri Sturluson (storico, poeta e uomo politico irlandese vissuto nel XIII secolo) nella sua Heimskringla. 

Linnea Hartsuyker ha usato come punto di partenza per il suo romanzo proprio le storie narrate nell’Heimskringla anche se, per sua stessa ammissione, alcuni legami tra i vari personaggi, ad esempio la storia d’amore tra Solvi e Svanhild, sono di sua invenzione così come di pura fantasia sono alcuni personaggi, tra questi Olaf e la moglie Vigdis.

Come in ogni saga che si rispetti i personaggi sono tantissimi così come i luoghi per lo più sconosciuti, quindi ben venga l’utilissimo elenco dei luoghi e dei personaggi posto alla fine del volume. Altrettanto utile poi, per chi non è ferratissimo sui costumi e sulle divinità del popolo vichingo, è il piccolo glossario.

Il libro, nonostante le sue 565 pagine, si legge tutto d’un fiato; la trama è avvincente e piacevolmente complessa; il ritmo del racconto incalzante e coinvolgente; la scrittura di Linnea Hartsuyker fluida, lineare e asciutta; i personaggi nati dalla sua penna affascinanti e indimenticabili.

Svanhild è una ragazza coraggiosa e indipendente, orgogliosa e libera. È per lei davvero straziante dover scegliere tra Ragnvald Eysteinsson, il fratello tanto amato, un uomo fiero e spesso troppo impulsivo, ma anche un valoroso uomo d’onore e Solvi Hunthiofsson colui che più di ogni altro comprende la sua sete di avventura e che può farle dono della libertà, ma purtroppo Solvi è anche lo stesso uomo che ha attentato alla vita di suo fratello.
Svanhild, però, non può che assecondare il suo spirito indomito e ribelle e seguire quell’uomo di cui, in realtà, si era innamorata sin dal primo momento che le era apparso senza ancora conoscerne né il nome né la storia.

“Le ossa di Ardal” è un romanzo emozionante e coinvolgente, capace di affascinare sia gli appassionati del romanzo storico quanto quelli delle Cronache del ghiaccio e del fuoco.

Ora non ci resta che attendere l’uscita a settembre del secondo episodio della saga, dal titolo “La regina dei mari”, per poter nuovamente leggere dei combattimenti, delle faide e degli amori di questi audaci navigatori che, attraverso la penna di Linnea Hartsuyker, riportano in vita i miti e le leggende di una Norvegia vichinga dove centinaia di re combattevano per un lenzuolo di terra.