La storia non può essere
riscritta, ciò che è accaduto non può mutare, ma la letteratura può ridisegnare
il passato, addirittura modificarne il finale.
La storia di Lucrezia de’
Medici, la minore delle figlie di Cosimo I ed Eleonora di Toledo, andata in
sposa ad Alfonso II d’Este è una di quelle storie poco conosciute che, forse
proprio per questo motivo, più di altre si prestano ad essere reinterpretate
dalla letteratura.
Maggie O’Farrell ci racconta la
storia di una donna del Rinascimento la cui esistenza è avvolta nel mistero. Lucrezia
morì di tisi a neppure un anno dal suo ingresso a Ferrara come duchessa
consorte. Sulla sua morte circolarono all’epoca molte voci di un possibile
avvelenamento. Proprio da queste dicerie l’autrice trae spunto per il suo
romanzo.
Corre l’anno 1561,
Lucrezia è stata condotta dal marito nella fortezza vicino a Bondeno. La
giovane sa con certezza che il marito ha intenzione di assassinarla. Non si
spiegherebbe diversamente la scelta di portarla lì, senza la compagnia delle sue cameriere,
scortati solo da alcune guardie.
In un rincorrersi di continui
flashback, Maggie O’Farrell tratteggia la figura di Lucrezia a partire dal suo
concepimento avvenuto in una delle stanze di Palazzo Vecchio, la Sala delle
Carte geografiche.
Lucrè, come veniva chiamata dai
familiari, era una bambina particolare, una ribelle fin dalla nascita. Intelligente
e appassionata, minuta per la sua età, veniva trascurata da tutti i famigliari, ignorata e sbeffeggiata dai fratelli, spesso derisa dalle sorelle maggiori
Isabella e Maria.
Insofferente al cerimoniale
spagnolo che vigeva alla corte fiorentina, lo sarà altrettanto nei confronti di
quello della corte ferrarese. La giovane Medici mal sopportava dover posare per
farsi ritrarre, ma amava in modo viscerale dipingere. La pittura e il disegno le
donavano quella pace e quell’equilibrio interiore di cui aveva bisogno; attraverso
l’arte riusciva ad esorcizzare le sue paure e a ritrovare se stessa.
Per un perverso gioco del
destino Lucrezia dovette prendere il posto della sorella. Doveva essere, infatti, la primogenita
di Cosimo ed Eleonora a diventare un giorno duchessa consorte a
fianco del futuro Alfonso II d’Este. Purtroppo, però, Maria sì ammalò gravemente e morì durante il fidanzamento. Lucrezia dovette accettare il
suo destino e piegarsi
alla fredda ragion di stato.
Quando neppure sedicenne venne consegnata al marito, per un momento volle credere che il suo matrimonio
potesse rivelarsi un’unione felice come quella dei suoi genitori. Ben presto, però, dovette
ricredersi poiché Alfonso era un uomo spietato che governava con
il pungo di ferro. Lei, figlia della fecondissima
Eleonora di Toledo, non era altro che un mero strumento per dare un erede
al ducato, nulla di più.
Il ritmo del romanzo è piuttosto
lento e una sensazione di angoscia pervade tutta la narrazione. L'atmosfera è pervasa fin dalla prima pagina da un senso di incombente ed ineluttabile tragedia. Le figure che ruotano
attorno a Lucrezia sono caratterizzate nei minimi dettagli e si stagliano
vivide nel racconto delle corti rinascimentali descritte magistralmente dalla
penna di Maggie O’Farrell. In particolare, il personaggio della sorella di
Alfonso Nunciata, che sembra quasi uscita da un quadro di Botero, riesce a
suscitare un sentimento di antipatia tale nel lettore che sarebbe difficile da
raggiungere se l’autrice non fosse tanto capace a delineare la
psicologia dei personaggi.
Moltissime sono le licenze
storiche che Maggie O’Farrell si è concessa per scrivere il suo romanzo, ma
come è giusto che sia, sebbene piuttosto spesso questo non accada, il
lettore troverà al termine della lettura una valida nota dell’autrice in cui
viene fatta chiarezza su tutte le modifiche fatte in favore della coerenza narrativa.
In fin dei conti un romanzo storico è un’opera di
fantasia ed è giusto che la creatività del suo autore venga lasciata libera di
correre senza freni né intralci.