Anny non
ha mai conosciuto il padre. Trentacinquenne, scapolo, benestante, l’uomo l’aveva
rifiutata ancora prima che nascesse perché non si sentiva pronto a farsi carico
di una famiglia. Sua madre, Rosy, l’aveva cresciuta da sola nonostante
in un primo momento anche lei non ne volesse sapere di quel bambino in arrivo.
Non avrebbe mai abortito, ma darlo in adozione, quello sì. Poi, però, qualcosa dentro
di lei era cambiato ed Anny era cresciuta circondata dall’affetto della
famiglia materna.
La storia
di Anny bambina la troviamo in un altro romanzo della Romand. In “Mia nonna d’Armenia”,
questo il titolo, oltre al racconto straziante del genocidio armeno e della fuga
per mettersi in salvo della madre di Rosy, c’è anche il racconto del legame speciale
che Anny aveva con la nonna materna. Rosy si infuriava sempre
quando, tornando a casa, le trovava abbracciate e in lacrime per il racconto
dei terribili ricordi rievocati dall’anziana.
Rosy era
stata forse una madre un po’ troppo dura, ma non aveva mai fatto mancare nulla
alla figlia. Forse per questo, per voler proteggere la madre, Anny non aveva
mai cercato quel genitore che l’aveva rifiutata. In verità, anche il solo
desiderio di volerlo incontrare la faceva sentire in colpa, quasi peccasse
di ingratitudine, nei confronti di Rosy.
Oggi però
Anny ha quarant’anni, sua madre è morta ed è giunto il tempo per lei di fare i
conti con il passato: incontrare quel padre che in tanti anni non l’ha mai
cercata. Come verrà accolta?
Un padre
presente può essere buono o cattivo. Un padre presente lo si può amare,
detestare, compatire o qualsiasi altra cosa. Un padre assente, invece, crea un
vuoto enorme, inaccettabile, impossibile da superare. Non si può mai davvero
fare a meno delle proprie radici, non si può convivere serenamente con una
mancanza del genere.
La quarta
di copertina pone una domanda per nulla facile: daresti una seconda
possibilità ad un padre che ti ha rifiutato? Ognuno reagisce in modo
diverso dinnanzi ai casi della vita, ma soprattutto nessuno è davvero in grado
di calarsi nei panni di qualcun altro, tanto più se quelle stesse esperienze non
le ha mai vissute sulla propria pelle.
Credo che
tutti noi abbiamo delle storie che meritino di essere raccontate, ma per farlo
bisognerebbe trovare il coraggio e la pazienza di ascoltare di più coloro che
ci sono vicino e cercare di sforzarsi di comprendere anche di più noi stessi.
La
differenza tra le persone comuni e gli scrittori veri è proprio questa: uno scrittore sa ascoltarsi e sa ascoltare, sa comprendere
cosa si nasconda tra le pieghe dell’esistenza, sa guardare oltre l’apparenza.
Anny Romand è bravissima a cogliere l’essenza delle cose, a comprendere le situazioni
e a descrivere i suoi personaggi di cui delinea alla perfezione, con brevi ed
efficaci pennellate, carattere e psicologia.
Il ritmo
serrato del racconto ci conduce in un vortice di sentimenti: rabbia,
senso di impotenza, rimorso, tenerezza, gioia… Tutto è in continuo mutamento
perché nulla resta uguale per sempre e le prospettive dalle quali si guardano
le cose fanno sempre la differenza.
“Abbandonata”
è un romanzo a tratti malinconico ma che non manca di ironia, proprio come la
vita.
Bellissima recensione
RispondiEliminaGrazie mille
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