mercoledì 23 novembre 2022

“La spada che dona la vita” di Yagyu Munemori (a cura di Marina Panatero e Tea Pecunia)

Il volume si apre con una lunga ed esaustiva introduzione a cura di Marina Panatero e Tea Pecunia in cui si dà immediatamente notizia delle note biografiche di Yagyu Munemori nato nel 1571 nel villaggio di Yagyu-mura.

Egli fu maestro di spada del primo shogun Ieyasu Tokugawa e in seguito di suo figlio Hidetada, secondo shogun, e di suo nipote Iemitsu, terzo shogun.

Negli anni divenne anche un importante consigliere di corte. Tra i vari interessi che il maestro di spada coltivò ci fu quello per il buddhismo zen forse perché stimolato dal suo caro amico, il monaco Takuan Soho.

L’introduzione però non si limita solo alle notizie biografiche dell’autore dell’Heiho kadensho (La spada che dona la vita), uno dei più importanti trattati sulle arti marziali della tradizione giapponese, ma prosegue descrivendo quel mondo e raccontando il periodo in cui Yagyu Munemori visse e trasmise i suoi insegnamenti.

Apprendiamo attraverso queste pagine la storia del Giappone e dei Samurai; veniamo introdotti al concetto di zen che, come abbiamo già ripetuto in occasione di altre letture, non può essere definito né una religione né una filosofia, ma meditazione.

Non manca neppure un’interessante storia della spada giapponese dalle origini fino ai giorni nostri. Le spade attuali, o comunque quelle realizzate dopo il 1953 con i metodi tradizionali, sono note con il nome di shinsakuto (spade recenti o contemporanee).

Si passa poi al libro di Munemori vero e proprio che è diviso in tre sezioni: “Il ponte della scarpa”, “La spada che dà la morte” e “La spada che dona la vita”.

La prima sezione è quella più legata alla pratica della spada così come l’appendice che si trova al termine del libro ossia “Il catalogo illustrato delle arti marziali della Shinkage-ryu”.

Le altre due sezioni invece, sebbene legate all’insegnamento dell’arte della spada o meglio dell’arte della “non spada”, sono più discorsive e offrono insegnamenti utili nella vita di tutti i giorni non solo in un combattimento.

L’arte marziale è prima di tutto osservazione. L’osservazione in tempo di pace è utilissima a comprendere quando stia per sopraggiungere il caos e intervenire prima che sia troppo tardi. Stupisce quanto tutto ciò sia ancora straordinariamente attuale. Inoltre, leggendo queste pagine, non ho potuto fare a meno di notare diversi punti di contatto tra il pensiero di Munemori e anche di Musashi con quello di Niccolò Machiavelli vissuto in Occidente poco tempo prima.

Analogie si riscontrano laddove si parla dell’importanza di imparare a leggere le situazioni per prevenire il peggio perché la battaglia si vince prima di combatterla; della necessità di mantenersi imperturbabili perché “la spada che manca il bersaglio è una spada morta”, oppure della necessità di annientare un uomo malvagio se questo fa soffrire diecimila persone. In questo caso infatti la spada che dona la morte ad un uomo è la stessa che dona la vita agli altri diecimila.

Ci sono molte risposte che non vi aspettereste di trovare in questo libro. Per esempio, vi siete mai chiesti perché proprio quando fate più attenzione nel fare una cosa, ecco, proprio allora è più facile che commettiate un errore? Questo accade perché prima di iniziare, vi siete fissati nel farla in un certo modo e tale comportamento vi porterà a non ottenere il risultato sperato. Per riuscire la mente non deve essere mai occupata dal pensiero di fare bene qualcosa.

Fondamentale è eliminare le malattie della mente, quello che nel buddhismo viene definito attaccamento. La mente deve rimanere vuota. Dobbiamo dimenticare le fissazioni che sono dannose e imparare a lasciare andare. Se ci fissiamo su qualcosa perdiamo la percezione di quello che ci circonda. Perdere lucidità in un combattimento favorisce il nostro avversario mentre nella vita di tutti i giorni comporta la perdita di occasioni importanti perché non riusciamo a vederle.

“La spada che dona la vita” è un libro che, sebbene scritto secoli fa, sa parlare e offrire un valido aiuto anche a noi che viviamo nel XXI secolo poiché oggi come allora non essere colpiti è già una vittoria.





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