lunedì 22 giugno 2020

“Cospirazione Medici” di Barbara Frale


COSPIRAZIONE MEDICI
di
Barbara Frale
NEWTON COMPTON EDITORI
Giugno 1478, a pochi mesi dalla congiura dei Pazzi e dalla morte di Giuliano de’ Medici, assassinato barbaramente durante la messa nel Duomo, Lorenzo il Magnifico viene avvicinato da un frate che lo conduce sul luogo dove giace in stato di putrefazione il cadavere del suo nemico Jacopo Pazzi.

Il corpo è stato dissotterrato da alcuni ragazzi che intendono farlo a pezzi prima di gettarlo nell’Arno in segno di scherno.
Lorenzo rimane sconvolto alla visione dello scempio che si sta perpetrando ai danni del cadavere del suo nemico, ma allo stesso tempo è irremovibile sul suo desiderio di vendetta.

Lorenzo si pente di aver ceduto alla seduzione del potere, ma è ben consapevole ormai da tempo che solo governando con il pugno di ferro gli sarà possibile tenere al sicuro la famiglia.
Su di lui pesa terribilmente il senso di colpa per non essere stato capace di proteggere suo fratello come sarebbe stato suo dovere fare.

Giuliano non aveva mai rivestito un ruolo di spicco nella politica fiorentina, la sua era una figura secondaria nelle vicende della Signoria, uno strumento nelle mani del fratello più scaltro e avvezzo al governo.
Ma allora perché ucciderlo? Perché volersi disfare di lui e accanirsi così tanto sul suo corpo inferendogli così tanti colpi? Chi avrebbe potuto trarre vantaggio dalla sua morte?

Il frate conosce particolari della vicenda sconosciuti a Lorenzo de’ Medici e spera che questi, una volta messo a parte della verità, sarà finalmente in grado di perdonare se stesso per la morte del fratello e magari anche rinunciare al suo insano desiderio di vendetta.

Il romanzo è quindi incentrato principalmente sulla figura di Giuliano.

Fratello minore di Lorenzo Il Magnifico, egli viveva da sempre nell’ombra del capofamiglia che raramente gli lasciava autonomia e, quando questo accadeva, spesso frustava poi ogni sua iniziativa con doloroso imbarazzo di Giuliano.

Il suo vero momento di gloria Giuliano lo ebbe nella primavera del 1475 quando trionfò in una giostra organizzata da Lorenzo dedicando questa sua vittoria alla donna da lui amata, Simonetta Cattaneo, moglie di Marco Vespucci.

Di quel suo momento di trionfo e della bella Simonetta, la san par, possiamo ancora oggi leggere nell’opera dedicata a questo evento da Angelo Poliziano.

Simonetta morì l’anno successivo a quello del torneo.
Per Giuliano la perdita dell’amata fu un duro colpo, incapace di elaborare il lutto, egli non si faceva scrupolo di vanificare uno dopo l’altro ogni progetto matrimoniale che il fratello aveva in serbo per lui.

Un giorno però Giuliano incontra Semiramide Appiani e la incontra proprio nello studio di Botticelli laddove un tempo aveva visto per la prima volta la sua Simonetta.

Il giovane Medici rimane affascinato dalla donna poiché Semiramide è la copia esatta della defunta Simonetta, sua parente per parte di madre.

Giuliano sente di essere tornato alla vita, capace di provare di nuovo dei sentimenti, ma purtroppo la via per la felicità non è così semplice.
Il suo primo amore gli era stato strappato dalla nera signora, Semiramide invece è promessa sposa niente meno che a Francesco Pazzi, membro della famiglia rivale dei Medici.

Riuscirà Giuliano a conquistare Semiramide? E soprattutto suo fratello Lorenzo accetterà di aiutarlo?

Il romanzo di Barbara Frale si muove su un terreno conosciuto e materia di numerosi romanzi: la congiura dei Pazzi, il ruolo di secondo piano di Giuliano accanto all’abile fratello, la disperazione di Giuliano per la morte di Simonetta.

“Cospirazione Medici” però, a differenza della maggior parte dei romanzi che hanno come protagonista la famiglia Medici, racconta una versione leggermente diversa dei fatti o meglio pone interrogativi che gli storici si sono spesso posti, ma che difficilmente si ritrovano nei romanzi di questo filone così prolifico ai nostri giorni.

Ci sono teorie secondo le quali a volere la morte di Giuliano potesse essere stato proprio lo stesso Lorenzo de’ Medici consapevole che il fratello, apprezzato per il carattere più moderato del suo, sarebbe stato preferito a lui da buona parte del popolo di Firenze.
Questa teoria ovviamente non trova alcun riscontro nelle fonti storiche, ma ciò non ha impedito a Barbara Frale, pur smentendola, di riportarla nel suo romanzo.

La vera novità però è rappresentata dalla storia d’amore di Giuliano de’ Medici e Semiramide Appiani, nipote di Simonetta Cattaneo, che nel libro della Frale viene invece presentata come cugina della san par.

In verità, tra le tante possibili mogli a cui Lorenzo aveva pensato per il fratello, non si esclude possa esserci stata anche la stessa Semiramide, figlia del signore di Piombino, che sposò poi Pierfrancesco de’ Medici, figlio del cugino del Magnifico, Lorenzo il Popolano.

Qui si apre poi un altro possibile scenario ancora dibattuto dagli esperti: “La Primavera”, famosa opera di Sandro Botticelli, commissionata da Pierfrancesco de’ Medici, ritraeva Simonetta, Semiramide o entrambe sono rappresentate nel dipinto?

Il romanzo di Barbara Frale è molto scorrevole e si legge tutto d’un fiato, il ritmo è incalzante e i personaggi davvero ben costruiti.

Il libro non difetta di verità storica soprattutto per quanto riguarda la descrizione degli affari del banco, ma questa verità passa in secondo piano, come è giusto che sia, quando ciò diventa necessario per l’economia del romanzo.

Lorenzo de’ Medici è descritto come un freddo calcolatore che non si fa alcuno scrupolo di usare gli altri per raggiungere i propri scopi.
A differenza di suo padre Piero e di suo nonno Cosimo egli però manca quasi completamente del senso della misura.
È un uomo molto innamorato della moglie Clarice Orsini.

Questo è il primo romanzo, tra i tanti che ho letto, nel quale Clarice viene descritta come una donna bella e affascinante in grado di ammaliare e sedurre il marito oltre a suscitare ammirazione e desiderio negli uomini che incontra.
Donna intelligente e di forte personalità, Clarice entra in contrasto spesso con la suocera Lucrezia, donna altrettanto intelligente, ma molto diversa per educazione e formazione.

Giuliano ha senza dubbio una visione politica meno spregiudicata del fratello, ma è pur sempre un Medici e pertanto come tutti i Medici è altero e orgoglioso.
Tanto Lorenzo è calcolatore, quanto Giuliano è invece impulsivo.
Giuliano sembra non conoscere le mezze misure quando si tratta di sentimenti.
Amava Simonetta di un amore infinito e la sua perdita lo aveva stordito gettandolo in una profonda apatia.
L’incontro con Semiramide riaccende in lui la passione, ma per chi come me è abituato a leggere libri in cui la coppia per eccellenza è quella formata da Giuliano e Simonetta, non è così semplice riuscire ad accettare questa variazione del tema.

Viene spontaneo chiedersi: Giuliano nota Semiramide per la sua somiglianza con Simonetta, ma poi si innamora veramente di lei? Oppure mentre prima si recava in chiesa per ritrovare il volto della sua amata nei dipinti di Botticelli ora si serve semplicemente di Semiramide per cercare di riportarla in vita?

E Semiramide che sa di essere stata scelta da lui per la somiglianza con Simonetta, non ne è gelosa? Ama davvero Giuliano oppure siamo di fronte ad un processo di trasposizione inconsapevole, Semiramide si identifica con Simonetta?

Il romanzo di Barbara Frale è solo all’apparenza uno dei tanti libri che seguono il filone assai sfruttato del momento, in realtà “Cospirazione Medici” è un romanzo in grado di regalare emozioni e lasciar correre la fantasia del lettore.




sabato 20 giugno 2020

“Se fossi fuoco, arderei Firenze” di Vanni Santoni


SE FOSSI FUOCO, ARDEREI FIRENZE
di
Vanni Santoni
EDITORI LATERZA
Il titolo, evidente richiamo al famoso sonetto di Cecco Angiolieri “S’i’ fosse foco, arderei ’l mondo”, è senza dubbio un titolo in grado di incuriosire un possibile lettore.

Il libro non è un romanzo vero e proprio, ma piuttosto un insieme di brevi racconti che si susseguono concatenati l’uno all'altro.
Un personaggio con la sua storia incontra un altro personaggio e qui la narrazione si sposta sul protagonista della nuova storia fino a ritornare al punto di partenza; unico filo conduttore le strade di Firenze, ecco quindi spiegato il motivo della pianta della città all'inizio del volume.

I personaggi appartengono alle più svariate categorie: artisti di strada, studenti d’arte, artisti mancati, figli di papà e modaioli, spacciatori e spostati, avvocati, tutti protagonisti, ognuno a suo modo, della movida e spesso della mala-movida fiorentina.
Alcuni di loro sono fiorentini, altri sono giunti a Firenze in cerca di qualcosa, attirati dall'intramontabile fascino della città d’arte.

Nessuno di loro è soddisfatto della propria vita, tutti loro sono alla ricerca di qualcosa di sfuggevole ed indefinito, per alcuni di loro è la fama, per altri l’amore, per altri ancora un’ispirazione; ognuno è infelice a modo suo nella continua ricerca dell’inafferrabile affermazione del proprio essere.

La città fa da sfondo alle loro storie, ma in realtà è Firenze stessa la vera protagonista del romanzo.
Una Firenze che sembra immobile, ferma nei secoli, ma dalla quale se ci si allontana anche solo per poco, si rischia di ritrovarsi tra facce sconosciute come accade a Maddalena.  

Firenze seduce e affascina e per quanto la si voglia lasciare, non è facile compiere questo passo; è come un’amante esigente, disinteressata ed egoista.

A Firenze sembra non sia possibile potersi ritagliare un proprio spazio e costruirsi una vita senza appoggiarsi ad una rete di conoscenze e amicizie; Ashlar si chiede se questo accada solo nella sua città o sia così in ogni parte del mondo.
Magari si dice Ashlar  l’unica differenza di chi, come lei, abita a Firenze è potersi gustare un panino al lampredotto piuttosto che mangiare del sushi.

La lunga galleria di personaggi, Diego, Gaia, Sylvie, Mattia, Niccolò, Vieri… le cui esistenze sfilano sotto i nostri occhi pagina dopo pagina, sono anche un pretesto per condurci a spasso per le strade e le piazze di Firenze.
Così, insieme ai numerosi protagonisti del libro, ci ritroviamo su Ponte alla Carraia, in Borgo Albizi, Piazza Strozzi, Via Tornabuoni, Piazza della Passera, Via Gino Capponi…

Santoni descrive una Firenze chiusa, di gente chiusa, una città che sembra condannata a volgere lo sguardo sempre al passato, una città oggi inadatta ed incapace di produrre arte.

Firenze sembra essersi adagiata sui suoi fasti passati e, in questo suo vivere nel tempo che è stato, sembra trascinare con sé i suoi abitanti, fiorentini e non, che non possono che restare soggiogati da tanta bellezza.
Un rapporto d’amore ed odio quello che li lega alla loro città natale o adottiva che sia; impossibile per loro sottrarsi al suo fascino così da essere inevitabilmente condannati anch'essi a condurre un’esistenza pigra e irregolare come quella della città.

Lo ammetto, all'inizio ho odiato questo libro: l’immagine di Firenze che Santoni presenta è quella di una città molto diversa da quella che tutti noi conosciamo o meglio da quella che tutti noi vogliamo credere che sia.

Firenze nonostante la sua bellezza non è una città che si lasci amare subito, se ne può rimanere immediatamente ammaliati, ma non la si può capire ad un primo incontro.
Troppi turisti, troppo caos per coglierne il carattere; Firenze nonostante sembri una città cosmopolita, come potrebbe essere ogni altra città d’arte, prendiamo Roma per esempio, in verità è invece una città molto chiusa e forse anche po’ provinciale, senza voler dare assolutamente alcuna accezione dispregiativa al termine.

Due dei protagonisti del libro, Mattia e Gaia, si interrogano sull'aurea lisa e logora che aleggia su Firenze, chiedendosi quale fiorentino oggigiorno potrebbe essere meritevole di una statua a lui dedicata nel Piazzale degli Uffizi, la risposta è nessuno.

Firenze era fucina di idee un tempo, oggi non è più in grado di produrre nulla, ma forse questo non è solo il problema del capoluogo toscano, forse, se ci soffermiamo un attimo a pensare, è il problema dell’intera Italia.
Ai giorni nostri è impensabile anche solo sperare di veder nascere un genio del calibro di Leonardo Da Vinci.

Firenze si è lasciata trasformare in una città per i turisti, in una città viziata che si è chiusa in se stessa, in nome di un turismo di massa spesso per assurdo irrispettoso della sua storia e della sua bellezza.

Il libro di Santoni in fin dei conti è un pugno nello stomaco per chi vuole continuare a coltivare l’immagine di una Firenze fuori dal tempo, perché apre gli occhi su quelle che sono anche le problematiche di una città contemporanea; il suo libro è a tratti dissacrante e demistificatore, ma reale e vero come la città dei giorni nostri.

Durante la lettura spesso ci si trova ad interrogarsi sulla vita dei protagonisti e ci sei chiede se sia possibile condurre un’esistenza piena e felice a Firenze, ma il male di esistere che si incontra tra le pagine di questo libro non è diverso da quello che provano le persone in qualunque città essi vivano.
Il mito della Firenze di Dante e di Lorenzo il Magnifico non  tramonterà mai, ma noi non possiamo e non dobbiamo dimenticare che Firenze è anche una città viva.

Firenze più di molte altre realtà italiane ha subito purtroppo danni a causa dell’emergenza Covid, ma ci è voluto una pandemia perché gli abitanti potessero finalmente riappropriasi della loro città.
L’unico augurio che posso fare a questa città a cui sono molto affezionata è che i turisti possano tornare presto a popolare le sue strade, ma che questo avvenga finalmente nel totale rispetto non solo del suo glorioso passato, ma anche del suo presente.

Vanni Santoni è anche autore di romanzi fantasy qui potete trovare un post dedicato alla sua saga, Terra Ignota.


domenica 14 giugno 2020

“La civiltà del Rinascimento in Italia” di Jacob Burckhardt


LA CIVILTA’ DEL RINASCIMENTO
 IN ITALIA
di
Jacob Burckhardt
NEWTON COMPTON EDITORI
Jacob Burckhardt nacque a Basilea nel 1818 da una famiglia protestante, questa sua origine ebbe un notevole peso sulla sua vita di uomo e di studioso.

Dedito agli studi di filosofia, teologia, storia e storia dell’arte, egli fu soprattutto un grande erudito intento ad accumulare per tutta la sua esistenza conoscenze da trasferire nei suoi saggi.

Il suo “La civiltà del Rinascimento in Italia” (Die Kultur der Renaissance in Italien), pubblicato per la prima volta nel 1860, è ancor oggi considerato un classico della storiografia rinascimentale.

L’intenzione di Burckhardt era quella di fondere insieme le sue conoscenze di storico e di storico dell’arte per raccontare un’epoca, quella del Rinascimento italiano, in cui egli ravvisava un rinnovamento di ogni cosa: pensiero, morale, governo e cultura.

È indubbiamente notevole l’ampiezza delle ricerche e degli studi condotti dallo storico  che si trovano alla base di una tale opera, opera che ancora oggi riesce però a dividere gli studiosi sul suo reale valore.

Molte critiche infatti si levarono ben presto nei confronti di questo saggio; primo tra i suoi detrattori possiamo ricordare Benedetto Croce il quale non risparmiò critiche alquanto severe nei confronti dello studioso di Basilea.
Tra queste critiche mosse da Croce a Burckhardt ci furono quelle di eccessivo moralismo e di mancanza di continuità dello sviluppo storico.
Secondo Benedetto Croce infatti il Rinascimento buckhardtiano sarebbe risultato quasi completamente separato dal precedente periodo, il Medioevo.

Il libro di Burckhardt è diviso in sei parti.

Nella prima parte “Lo stato come opera d’arte” egli analizza le condizioni politiche del XIII secolo e dell’impero di Federico II, passando poi a parlare del ruolo del papato e ad analizzare le varie forme di governo, in particolare le tirannidi e le repubbliche.
Non tralascia di fare un excursus delle più o meno importanti famiglie che dominarono l’Italia né di prendere in esame la politica estera e quell'arte della guerra di cui tanto si scrisse anche proprio in epoca rinascimentale.

Nella seconda e terza parte del libro Burckhardt analizza i fatti occorsi nel XV e del XVI secolo, approfondisce la storia delle grandi personalità dell’epoca e di quelle città, Firenze e Venezia prime tra tutte, che guidarono il risveglio della civiltà.
Analizza inoltre lo studio ed il rinnovato interesse per la poesia, la cultura classica, l’epistolografia, la storiografia, la lingua latina, l’educazione e le istituzioni universitarie.

La quarta parte è dedicata alle scoperte.
Iniziano in questo periodo le grandi esplorazioni, è l’epoca di Cristoforo Colombo, si raggiungono mondi sconosciuti, ma in questo periodo si riscopre anche l’essere umano.
Si esaltano le virtù dei grandi uomini che hanno fatto ad esempio la storia delle letteratura quali Dante, Petrarca e Boccaccio.
Il crescente desiderio di raccontare la storia delle conquiste fatte in ogni campo da uomini illustri dà un forte impulso alla scrittura di biografie.

La quinta parte è dedicata alla vita sociale e alle feste, all'importanza del saper conversare ed atteggiarsi; è l’epoca de Il Cortegiano di Baldassare Castiglione.

Nella sesta ed ultima parte si analizzano infine il ruolo della morale e della religione nella vita dell’uomo rinascimentale.
Le campagne sono dominate da banditismo e barbarie, la fede si affievolisce e gli uomini sono soggiogati sempre più dall'influenza dell’astrologia, si lasciano irretire dal profetismo, cedono alla superstizione.
Tutti chiari segnali per Burckhardt che un’epoca sta per terminare; seguendo il pensiero machiavelliano anch'egli, come il segretario fiorentino, ravvisa nell'immoralità dilagante la principale causa di un’imminente ed irreparabile sfacelo politico dell’Italia.

Il libro di Burckhardt è indubbiamente un saggio illuminate ed interessante anche se non di facile lettura.

L’esposizione degli argomenti è chiara, ma l’argomento trattato è molto vasto e a volte risulta piuttosto ostico riuscire a mantenere alta la concentrazione.

È apprezzabile l’interdisciplinarità degli argomenti trattati; arte, letteratura, storia si compenetrano perfettamente regalandoci un ampio affresco dell’epoca rinascimentale e dello spirito che la pervadeva.

Il libro di Burckhardt  però presenta anche diverse lacune, ad esempio non si fa quasi menzione degli aspetti economici.
Non dimentichiamo infatti che le banche e le famiglie dei banchieri giocarono un ruolo di primissimo piano nel Rinascimento sia sul piano politico che su quello artistico.

A difesa di Burckhardt va senza dubbio detto che sarebbe stato umanamente impossibile riuscire a condensare in un unico volume ogni aspetto di una cultura così ricca e vasta come quella rinascimentale in modo esaustivo.

Tralasciando quindi la sterile polemica che per anni si trascina tra buckhardtiani e antiburckhardtiani, credo che per chiunque si interessi di storia rinascimentale il saggio è stato e resterà sempre un’imprescindibile pietra miliare sull'argomento, un volume ricco di suggerimenti da cui attingere per compiere più specifiche e dettagliate ricerche.




sabato 13 giugno 2020

Vinci e la casa natale di Leonardo ad Anchiano


Il borgo di Vinci, situato sulle colline del Montalbano, è circondato da vigneti ed uliveti, un paesaggio davvero incantevole, ma non è il paesaggio ad attirare qui ogni anno i numerosi visitatori bensì il suo legame con Leonardo Da Vinci.


Il duecentesco castello dei conti Guidi, conosciuto anche come “castello della nave" per la sua particolare forma, è oggi la sede del museo leonardiano, un museo dedicato al Leonardo ingegnere ed inventore.


All'interno del museo si trovano un’ampia e creativa esposizione di modelli (carri armati, macchine volanti, macchine tessili, meccanismi ed ingranaggi vari) tutti ricostruiti in base ai disegni e agli appunti di Leonardo oltre ad una sezione dedicata agli studi anatomici.

Dalla torre del castello si gode di una bellissima vista sulla campagna circostante e sul borgo.




Vinci è un borgo curato nei minimi dettagli ed è oltremodo suggestivo passeggiare tra le incantevoli antiche stradine che lo attraversano.








Nella chiesa di Santa Croce, di cui qui vedete il campanile, si trova ancora oggi il fonte battesimale nel quale venne battezzato Leonardo Da Vinci.
Purtroppo non mi è stato possibile visitarla a causa di una cerimonia in corso, una buona scusa per ritornare...


Il vero luogo di nascita di Leonardo è però la frazione di Anchiano, a poco più di tre chilometri da Vinci, raggiungibile sia in auto che a piedi.
Immersa negli uliveti, la casa natale di Leonardo apparteneva alla famiglia di suo padre, Ser Piero.


Della madre di Leonardo non si sa praticamente nulla tranne il nome, Caterina, forse una contadina o forse una cameriera, ma certamente una donna del popolo.
Il figlio, seppur illegittimo, venne allevato nella casa paterna e la madre per un primo periodo abitò insieme al bambino nella stessa casa.
Ser Piero si sposò per ben quattro volte, dai primi due matrimoni non ebbe figli, mentre dal terzo e dal quarto ne ebbe addirittura dodici.


Qui potrete trovare tutte le informazioni sul museo di Leonardo a Vinci.



Sul romanzo da abbinare a questi luoghi non ho alcun dubbio.
L’ombra di Caterina” di Marina Marazza ci regala un autentico affresco di quella che doveva essere la vita dell’epoca oltre ad un’immagine diversa di quel Leonardo che noi tutti siamo soliti conoscere.
Un romanzo creato su solide basi storiche, ma che ci racconta una storia di fantasia estremamente affascinate e coinvolgente.

sabato 6 giugno 2020

Villa Medici (Accademia di Francia) - Roma

Situata nel cuore di Roma, sulla collina del Pincio, Villa Medici deve il suo nome al Cardinale Ferdinando de’ Medici (1549 - 1609) che la acquistò nel 1576 e ne affidò i lavori di ristrutturazione e completamento probabilmente a Bartolomeo Ammannati (1511- 1592).

In totale contrasto con il disadorno aspetto esterno, Villa Medici, presenta una facciata interna decoratissima, completamente rivestita da antichi marmi alcuni dei quali provenienti dall’Ara Pacis.


Seguendo la moda del suo tempo Ferdinando de’ Medici amava collezionare capolavori dell’arte romana e infatti utilizzò parte di esso per fare decorare non solo la facciata della villa, ma anche lo splendido giardino che si estende ancora oggi per più di sette ettari e dal quale si può godere di una splendida vista della Città Eterna.


Quando nel 1587 il cardinale divenne Granduca di Toscana, a seguito della morte del fratello Francesco I, portò con sé a Firenze buona parte della sua collezione, altre opere invece arrivarono successivamente nel capoluogo toscano per desiderio degli eredi di Ferdinando I che nel tempo si disinteressarono sempre più della villa sul Pincio.



I leoni che fiancheggiano la scalea della loggia di Villa Medici sono copie del leone originale antico e di quello di Flaminio Vacca (1538-1605) che oggi possiamo ammirare ai fianchi della gradinata di ingresso della Loggia dei Lanzi.
Entrambe le sculture di Villa Medici furono infatti sostituite per volere di Ferdinando I quando decise di trasferire ed esporre gli originali a Firenze.



Copia del gruppo dei Niobidi. Le statue originali furono trasportate nel 1770 a Firenze dove nel 1780 trovarono collocazione in una sala a loro dedicata nella Galleria degli Uffizi.



Quella che troviamo qui a Villa Medici è una copia dell’obelisco il cui originale oggi si può ammirare nei Giardini di Boboli a Firenze dove fu fatto trasferire e collocare dal Granduca Pietro Leopoldo di Lorena nel 1788.



Padiglione di Ferdinando de’ Medici decorato da Jacopo Zucchi (1541-1590)



Scorcio della gipsoteca di Villa Medici che ospita tra gli altri anche alcuni pregevoli calchi dei rilievi della Colonna Traiana 



 Particolari del giardino, la loggia di Venere



Allegoria delle Muse, Jacopo Zucchi (1584-85 circa) soffitto a cassettoni nella Stanza delle Muse


Villa Medici nel 1804 fu acquistata dalla Repubblica Francese e da allora è sede dell’Accademia di Francia.
La prestigiosa istituzione oltre ad offrire residenza agli artisti, si fa anche promotrice di numerosi eventi culturali quali concerti, convegni e mostre.


Le visite possono essere effettuate solo con la guida e sono previsti diversi percorsi.

Ho visitato Villa Medici a luglio dello scorso anno scegliendo il percorso dedicato ai giardini e agli appartamenti; la guida era molto preparata, il numero di partecipanti molto contenuto ed erano anche previste delle soste per poter fare foto senza così dover perdere neppure un attimo di spiegazione.
Mi sono letteralmente innamorata di questo luogo magico nel centro di Roma, un'oasi di pace a due passi da Piazza di Spagna e da Scalinata Trinità dei Monti, una vera sorpresa.

Qui il link dove trovare tutte le informazioni per poter organizzare la visita.




Veniamo infine al libro da abbinare, direi “I Medici” di G.F. Young". Una pubblicazione non recentissima, senza dubbio filomedicea, ma che resta comunque per me il volume più esaustivo che abbia letto sulla dinastia fiorentina sia per quanto riguarda gli esponenti del ramo primogenito della famiglia sia per quello secondogenito, o cadetto che dir si voglia, che si estinse nel 1743 con la morte di Anna Maria Ludovica, “Ultima della stirpe reale dei Medici”, come si legge sulla sua tomba.






sabato 30 maggio 2020

“Canone inverso” di Paolo Maurensig

CANONE INVERSO
di
Paolo Maurensig
MONDADORI

Filo conduttore della storia è un antico violino del Seicento opera del famoso liutaio Jakob Stainer.

La particolarità di questo strumento è una testina antropomorfa intagliata sul cavigliere al posto della chiocciola tradizionale.

Il violino viene acquistato ad un’asta di strumenti musicali di Christie’s da un ricco e distinto signore.
Il giorno successivo all'acquisto lo strumento viene consegnato al nuovo proprietario nell'hotel dove questi è alloggiato e dove qualche ora dopo si presenta un uomo che dice di essere uno scrittore intenzionato ad acquistare il violino.

La motivazione addotta come giustificazione per una tale insolita richiesta è che lo strumento sarebbe stato per lui l’unica prova della veridicità di una storia singolare raccontatagli l’anno prima da un uomo conosciuto per caso.

Lo scrittore inizia il suo racconto.
Una sera in un’osteria viennese aveva assistito alla performance di un artista di strada dal talento straordinario, questi, che si sarebbe poi presentato con il nome di Jenő Varga, quel giorno aveva eseguito su sua richiesta un pezzo difficilissimo per qualunque violinista,  la Ciaccona di J.S. Bach, e lo aveva eseguito in modo oltremodo impeccabile.

Il giorno successivo all'incontro, lo scrittore che si trovava a Vienna per le celebrazioni del trecentesimo anno della nascita di Bach, aveva deciso che doveva assolutamente saperne di più su quello strano personaggio e così si era messo alla ricerca dell’uomo che ovviamente, solo per puro caso, era stato in grado di ritrovare.

Il violinista iniziò su richiesta dello scrittore a raccontare la sua storia.

Jenő Varga era originario di Nagyret, un paese dell’Ungheria al confine con l’Austria e la Slovenia.
Figlio naturale, viveva solo con la madre; del padre non  conosceva neppure il nome anche se in età adulta avrebbe avuto poi modo di farsi un’idea della sua identità.
L’unico ricordo che gli rimaneva di quel genitore mai conosciuto era un violino.
La madre di Jenő era una bella donna e quando lui era ancora piccolo si era sposata con il suo datore di lavoro, un uomo piuttosto ordinario, ma di buon cuore.
L’uomo si era preso cura del bambino come se fosse stato suo figlio, ma Jenő  non riusciva a vedere in lui il padre che non aveva mai conosciuto.
Jenő sentiva di non avere nulla in comune con quell'uomo rozzo, mentre la musica faceva parte di lui ed il suono del violino lo faceva entrare in contatto con il suo vero padre ovunque egli fosse.
Aveva iniziato dapprima a studiare come autodidatta, la musica sgorgava da lui come per magia, poi gli era stato permesso di prendere lezioni.
Jenő Varga era un talento non comune e presto aveva vinto una borsa di studio che lo aveva portato a studiare nella più prestigiosa scuola di musica.
Il Collegium Musicum, contrariamente a quanto ci si potesse aspettare, era un ambiente malsano dove insegnanti gretti e meschini mettevano a dura prova la resistenza psicologica dei loro allievi.
Tra quelle mura fredde ogni rapporto umano era bandito e la competizione regnava sovrana, ma nonostante questo un giorno in quel terribile  luogo Jenő aveva fatto la conoscenza di Kuno Blau, il suo primo ed unico amico.

Kuno e Jenő erano entrambi violisti eccellenti, ma mentre il primo era un barone, un aristocratico, l’altro era semplicemente un figlio del popolo.

Una volta diplomati, Kuno invita l’amico a passare qualche tempo nel suo castello, ansioso di presentargli la sua blasonata famiglia.
Jenő decide di accettare, ma ben presto si accorgerà che Kuno è una persona molto diversa da quella conosciuta in collegio .

La famiglia Blau nasconde molti segreti, molti dei quali inconfessabili riguardano proprio la vita di Jenő.

Nonostante “Canone inverso” sia un romanzo molto breve, sono solo 150 pagine, la storia è molto intensa e la narrazione piuttosto complicata, abbiamo infatti tre diversi narratori: l’acquirente del violino, lo scrittore e l’artista di strada.

“Canone inverso “ è una storia avvincente e appassionante che si svolge nella metà degli anni ’80 ma che grazie a continui flashback ci riporta continuamente indietro negli anni ’30.

Jenő Varga è il virtuoso che vive per la sua arte, insegue il suo sogno senza curarsi della sofferenza che provoca nelle persone a lui vicine, la madre ed il patrigno in primis.
La musica è la sua passione, ma questa passione lo consuma tanto da costringerlo addirittura a dover abbandonare il suo strumento per qualche tempo onde evitare di mettere irrimediabilmente a  repentaglio la sua salute fisica e mentale.

L’amore per Sophia e l’amore per la musica sono per certi versi due facce della stessa medaglia.
Per Jenő  Sophie Hirschbaum è la personificazione della musica stessa, si innamora di lei da bambino ancora prima di vederla, si innamora di lei semplicemente ascoltandola suonare attraverso le assi del pavimento e da quel momento ne fa la sua musa.

Jenő Varga prova invidia nei confronti di Kuno, vorrebbe potersi vantare come l’amico dei propri antenati, ma a lui tutto questo è precluso; allo stesso tempo però Kuno mostra insofferenza nei confronti dell’amico perché in cuor suo non può che riconoscerne la superiorità, sa che la sua tecnica mai potrà competere con il talento innato di Jenő. 

La trama del romanzo è indubbiamente coinvolgente ed intensa anche se il triplice piano narrativo non facilita sempre la fluidità del racconto e crea qualche problema di comprensione soprattutto nel finale laddove uno straordinario quanto inaspettato colpo di scena attende il lettore.

L’autore dimostra una capacità eccezionale nel saper indagare e descrivere la complessità dell’animo umano nelle sue molteplici sfaccettature.

Avventura, introspezione psicologica, mistero, passione sono solo alcuni degli  ingredienti di questo romanzo che sa toccare le corde del cuore.

Da questo romanzo è stato liberamente tratto nel 2000 un film pluripremiato intitolato “Canone inverso. Making Love” per la regia di Ricky Tognazzi.
Un film bellissimo, assolutamente da vedere, anche se la trama, soprattutto per quanto riguarda la storia d’amore, si discosta tantissimo da quella del romanzo.

Ho apprezzato in egual misura il libro ed il film, ognuno di loro a suo modo riesce a coinvolgere ed emozionare il lettore e lo spettatore come solo le grandi storie hanno la capacità di fare.

Tra i vari premi ricevuti dal film assolutamente da ricordare l'assegnazione del David di Donatello per la straordinaria colonna sonora di Ennio Morricone.