RESTO QUI
di Marco
Balzano
EINAUDI |
Il romanzo è ambientato in Val Venosta nel
Südtirol, una terra di confine e di lacerazione che, con l’avvento del
fascismo, fu segnata dalla forte politica di italianizzazione; Mussolini, nella
messa al bando della lingua tedesca, arrivò persino ad imporre il cambiamento
dei nomi sulle lapidi.
Trina, ormai avanti con gli anni, decide di scrivere la storia della sua vita
e lo fa rivolgendosi immaginariamente alla figlia, quella figlia scomparsa
quando era appena una bambina senza lasciare traccia.
Sono passati tanti anni da quel giorno, Marica
ormai sarà diventata donna, ma Trina può solo immaginarne l’aspetto ed
interrogarsi su che tipo di madre sarebbe stata per lei.
Trina inizia raccontando il suo desiderio di diventare maestra,
un sogno realizzato solo in parte poiché, l’anno in cui aveva conseguito il diploma, le
scuole del paese erano state sostituite dalla scuole di lingua italiana dove
venivano assunti solo maestri che arrivavano da fuori.
Trina
però non si era data per vinta e aveva iniziato ad insegnare nelle catacombe ossia a fare la maestra
clandestina.
Sulla sua decisione aveva influito anche
il voler far colpo su Erich, un ragazzo
che faceva il contadino e che sarebbe divenuto di lì a breve, grazie
all’intervento paterno, suo marito.
La vita di Erich e di Trina era stata una vita
difficile segnata prima dall’ingerenza
fascista, poi dall’intromissione di
Hitler nella politica del Südtirol e subito dopo dallo scoppio della seconda guerra mondiale a cui aveva fatto seguito un dopoguerra che non aveva portato nessuna
pace per le loro terre.
Trina, pagina dopo pagina, ci racconta
del dolore provato per la scomparsa della figlia, della delusione per un figlio
seguace del Führer e di quei giorni in cui insieme al marito, disertore sulle
montagne, aveva imparato a non temere più nulla, neppure la morte.
Trina
è una donna caparbia ed intelligente, una donna che non si lascia intimorire
facilmente e che crede nel potere salvifico della parola, forte e resiliente
come solo la gente di montagna sa essere.
Il racconto di Trina è il racconto di
Curon e della sua gente, di quella gente che era rimasta e di quella che aveva
lasciato il paese; è il racconto di coloro che erano tornati invalidi dalla
guerra e di coloro che invece non ce l’avevano fatta; è il racconto
dell’angoscia delle madri per i figli dispersi e della tristezza di quelle
madri i cui figli, invece sopravvissuti, avevano scelto volontariamente di non
tornare più al paese natio che non aveva più nulla da offrire loro.
Così leggendo degli eventi che si susseguono
nella vita di Trina, pagina dopo pagina ci ritroviamo ad osservare anche la costruzione della diga, quella diga
che per anni aveva tenuto con il fiato sospeso gli abitanti di Resia e di Curon
nella speranza che il progetto non sarebbe mai stato portato a termine.
Invece, un giorno, l’acqua inonderà le
case e le strade, e, nel nome del progresso, tutto verrà sommerso; là in mezzo al lago artificiale resterà
visibile solo un campanile a ricordare che sotto quell’acqua un tempo viveva
una comunità.
Quella punta di campanile oggi è
diventata un’attrazione turistica, il pontile sul lago è il luogo ideale per
scattarsi foto.
La coda per fare un selfie è piuttosto
lunga, ma pochi si soffermano a pensare al dolore, alla delusione, alla rabbia
e al senso di lacerazione provati dalla gente di Resia e Curon quando furono
costretti ad abbandonare le loro case, le loro vite e a scordare la propria
identità in nome di un sedicente progresso.
Il libro di Marco Balzano è un romanzo sulla contrapposizione tra chi
vuole esercitare con prepotenza un potere improvviso e chi, invece, ha tutto il
diritto di rivendicare le proprie radici.
Un romanzo che parla di una pagina della
storia d’Italia dolosa e controversa intorno alla quale c’è senza dubbio ancora
molto da raccontare.
“Resto qui” è un libro che cattura fin
dalla prima pagina perché, pur
raccontando una storia accaduta quasi un secolo fa, ci sorprende per la sua
attualità spingendoci, non solo a riflettere sull’atteggiamento degli Altoatesini
e di come furono traditi dalla politica in passato, ma ad interrogarci anche
seriamente sul nostro futuro e sul prezzo che siamo disposti a pagare in nome
del tanto decantato progresso.
Una
diga si può costruire altrove, un paesaggio una volta devastato non può rinascere più. Non si può rimediare né replicare, un paesaggio.
Ho amato molto questo libro è sofferto con la sua protagonista: l'autore è stato in grado di trasmettere il dolore lacerante di un'intera comunità.
RispondiEliminaAnche a me è piaciuto molto. Una storia davvero bella, intensa e raccontata benissimo.
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