L’ULTIMO
FIORE DELL’ANIMA
di Anna Melis
FRASSINELLI
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Il
romanzo è ambientato in Sardegna alla fine degli anni Trenta.
L’azione si svolge tra Nuoro, all’epoca poco più di un
paese, e l’Ortobene, un’altura granitica che si eleva ad est della città e
sulla cui sommità nel 1901 fu posta la grande statua del Redentore.
Matilde Zedda è
considerata da tutti un’istranza, una
straniera. E’ figlia di una donna dell’isola e di un deportato.
Ilde, con la sua carnagione chiara e le trecce bionde, è diversa dalle altre donne dell'isola non solo per l’aspetto fisico, ma anche per la sua mente in quanto soggetta a frequenti crisi epilettiche.
I
suoi concittadini per ignoranza e superstizione, ritengono che le convulsioni
ed il delirio di cui la ragazza è spesso vittima a causa della malattia, siano
invece da considerarsi tipici segni di possessione demoniaca.
Ilde
è stata allevate dalle suore, ma all’età di 23 anni, su decisione del
vescovo in persona, è data in moglie, senza che
venga celebrato alcun matrimonio, al figlio maggiore della famiglia Caria,
Giovanni Antonio.
La
giovane è da sempre vista come una sciagura per il paese, una donna capace di ammaliare gli uomini per la sua bellezza, considerata da tutti una janua ovvero una fattucchiera.
Zuannantoni,
il marito che è stato scelto per lei, è fisicamente un gigante, un uomo rude ed
ignorante:
Non c’era poesia, né
delicatezza nel marito, e spesso aveva il dubbio che non ci fosse nemmeno
l’anima.
Inizia
così per Ilde una vita fatta di violenze
fisiche e psicologiche.
La
giovane è costretta a subire i soprusi e gli insulti della suocera e di tutte
le donne della famiglia Caria che la temono e la invidiano per la sua bellezza;
ogni giorno è vittima della rozzezza e della forza del marito oltre ad essere violentata
impunemente dai fratelli di lui ogni volta che questi decidono di trascorrere
la notte a casa di Zuannantoni.
Ilde conduce una vita di
sofferenze e di miseria,
nonostante i begli abiti che il marito le fa indossare per mostrare a tutti di
possedere la donna più bella del paese.
Alla
ragazza non è concesso neppure di parlare con il figlio, deve nutrirlo, curarlo
ma le è severamente proibito qualunque altro tipo di rapporto con lui.
Ilde si rifugia così nei
sogni, sogna di essere finalmente libera, libera di decidere per se stessa,
libera di fuggire, libera di uscire di casa. Sogna l’amore, l’amore di un uomo
che possa capire i suoi bisogni e che sia in grado di interpretare i suoi
desideri.
Un
giorno, dopo essere stata nuovamente vittima della violenza di Zuannantoni, rimasta
sola in casa con il piccolo Jaccheddu, riceve la visita di un uomo e scambiandolo
per il marito, stanca delle continue violenze, gli spara ferendolo gravemente.
Luigi Sanna, l’uomo che
giace sanguinante ai suoi piedi, è un’anima dannata propria come lei.
Ha
l’aspetto di un bellissimo giovane di soli ventisette anni, ma in realtà è un uomo molto pericoloso, un bandito evaso
e ricercato.
Sarà
lui il balente? il valoroso che Ilde ha sognato di poter
incontrare un giorno, colui che la libererà dalla sua terribile schiavitù?
“L’ultimo fiore
dell’anima” è una storia insolita, spietata e dalle immagini fortissime.
Racconta
di una Sardegna dove regnano ancora le superstizioni
e l’ignoranza.
Una
terra dove la violenza e la forza la
fanno da padrone, dove anche chi dovrebbe difendere la legge spesso non è degno
di indossare la divisa, dove le faide
tra le famiglie si protraggono all’infinito trascinando con sé lutti e
disperazione.
Su
questo scenario si staglia la figura di Ilde,
una donna dal carattere forte, una
combattente che pur se in un primo momento si rifugia in se stessa, nelle
sue visioni, nel suo linguaggio fatto non di parole ma di segni e sguardi, in
seguito riesce a riappropriarsi della propria vita, ritrova la parola, anche se
sulle prime quelle parole sembrano vuote e prive di significato a lei che, a
solo poco più di vent’anni, ha già vissuto terribili esperienze.
Nel
romanzo della Melis, come anche lei stessa segnala nella sua “nota
dell’autrice” al termine del libro, ci
sono precisi riferimenti a diversi artisti.
Non
possiamo, leggendo le pagine del romanzo, non richiamare alla memoria le opere
di una grande scrittrice sarda come Grazia
Deledda, così come è impossibile non riconoscere l’omaggio che la Melis fa, descrivendo la
cicatrice sul volto di Mariano Collu, al cantautore Fabrizio De Andrè:
e aveva un solco lungo
il viso
come una specie di
sorriso
(da “Il pescatore”)
“L’ultimo fiore
dell’anima” pur ambientato quasi un secolo fa stupisce per l’attualità della
sua storia, un'attualità
che troppo spesso ancora oggi riempi le pagine dei quotidiani e ci viene
sbattuta in faccia dai telegiornali.
Una
società, la nostra, che nonostante il progresso e la cultura, è costretta a
fare i conti ancora oggi con una realtà che vede ogni giorno i diritti delle donne troppo spesso calpestati,
una realtà dove ci sono ancora troppe donne vittime di violenze fisiche e
psicologiche ed incapaci di ribellarsi ai propri aguzzini.
Un
mondo, il nostro, dove la paura del
“diverso” è ancora fortemente radicata tanto che questi continua ad essere un
emarginato, una vittima di insensati pregiudizi.
Un
racconto che fa riflettere, una scrittura evocativa e una protagonista
combattuta tra il desiderio di assecondare la propria natura ribelle ed il dovere
di rispettare le convenzioni, fanno di “L’ultimo fiore dell’anima” un romanzo estremamente
appassionante e toccante, assolutamente consigliato.
E non c’è vento e non c’è
pioggia,
né abbastanza tormento
nell’anima
per partorire l’ultimo
fiore.