Pubblicato a puntate sulla
rivista Bentely’s Miscellany dal febbraio 1837 all’aprile 1839, Oliver Twist,
secondo romanzo dell’autore che aveva già ottenuto un grande successo con il
suo primo lavoro “Il circolo Pickwick”, fu scritto da un Dickens appena
venticinquenne.
A differenza del suo primo libro,
Oliver Twist è in realtà il più deprimente e per certi aspetti il più
irritante di tutti i romanzi dickensiani. Dopo aver fatto ridere il suo pubblico, con un
primo romanzo picaresco e divertente, Dickens offre al pubblico una storia
cruda e melodrammatica, dimostrando al tempo stesso, di saper anche maneggiare
elementi spettrali e sovrannaturali. Incontriamo, infatti, in Oliver Twist l’elemento
“macabro”, elemento attinto dal romanzo gotico del ‘700. A differenza però di
quest’ultimo, le cui storie erano spesso ambientate in paesi mediterranei quali
la Spagna , la Corsica e l’Italia,
Dickens ambienta questo suo libro in una città e per la precisione a Londra.
Questa viene descritta a tinte fosche, come un luogo sporco e decadente, con
strade piene di fango e infestate dai topi. Londra è in realtà una città
comandata dalla “cittadella” dei malviventi, dove a farla da padrone sono
l’avidità e l’ingordigia.
Dickens descrive il mondo dei
criminali come un mondo dotato di una forza incredibile, per certi aspetti la
loro forza è addirittura pari a quella delle istituzioni e spesso questi
individui non sono descritti come degli emarginati, ma piuttosto come persone
che conducono una vita quasi attraente.
Oliver Twist è un romanzo di
formazione e crescita individuale; l’incontro/scontro di Oliver con i criminali
con cui viene a contatto e che lo perseguitano è lo scontro tra il bene ed il
male, uno scontro che assume anche spesso un valore didattico perché Dickens
sottolinea che chiunque, grazie alla propria forza di volontà, può passare
dalla parte del bene.
Il romanzo si apre proprio con la
nascita di Oliver: una vagabonda muore dando alla luce un bambino che verrà
affidato ad un orfanotrofio dove resterà fino all’età di nove anni quando verrà
mandato a lavorare per un’impresa di pompe funebri. Oliver, maltrattato sia
dalla moglie che dall’aiutante del suo padrone, fuggirà a Londra. Qui sarà
costretto ad unirsi ad una banda di ladruncoli di strada e sarà obbligato a
partecipare a furti e rapine dal loro capo, Fagin, stereotipo dell’ebreo
taccagno. Solo dopo innumerevoli e tragiche peripezie, attraverso un intricato
intreccio di avvenimenti e colpi di scena, Oliver scoprirà di avere una
famiglia e, venuto a conoscenza delle sue origini, riuscirà anche a riscattarsi
definitivamente.
Attraverso le pagine del libro
Dickens coglie l’occasione per denunciare alcuni problemi che affliggono la
società dell’epoca vittoriana, come lo sfruttamento minorile e le condizioni di
degrado in cui vivono le persone più povere nelle città. Non manca di
polemizzare con alcune istituzioni dell’epoca: lo stesso ospizio di mendacità,
gestito dalla chiesa, nel quale è Oliver è ospitato, viene descritto come un luogo
gestito da persone avide e prive di scrupoli che non si preoccupano affatto del
bene dei bambini a loro affidati i quali riescono a sopravvivere a stento poiché
le persone preposte ad occuparsi di loro li fanno vivere nella sporcizia e
nella miseria per intascarsi il denaro destinato al loro mantenimento. La
polemica di Dickens investe anche le associazioni filantropiche, così di moda
nel periodo in cui lo scrittore vive, ritenendole prive di utilità; secondo lo
scrittore la carità elargita da un filantropo fornisce semplicemente un alibi a
chi vuole cercare di scaricarsi la coscienza davanti a problemi che dovrebbero
invece avere una risposta dalla politica.
Nonostante questo però Dickens
resta pur sempre un esponente della sua classe sociale e così inevitabilmente
Oliver troverà riscatto solo quando verrà a contatto con la borghesia, in
quanto luogo di rinascita spirituale. Poiché soltanto il possesso di denaro e
un lignaggio aristocratico-borghese rendono una persona perbene, sarà solo
nella cerchia dei suoi amici benestanti che Oliver potrà attuare la sua
predisposizione al bene. Alla fine, per quanto il mondo criminale possa essere
attraente, il malvivente deve morire, rispettando quella che secondo la
mentalità borghese dell’epoca è “la giusta condanna”. Così Fagin muore
impiccato e così soccombe Nancy, che poiché ha dimostrato affetto nei confronti
di Oliver, prendendone spesso le difese, e dimostrandosi pentita per gli errori
commessi durante la sua vita scellerata, viene assassinata da Sikes in un
accesso d’ira, riscattandosi così attraverso la morte.
Oliver Twist è stato oggetto di
diverse trasposizioni cinematografiche: film, serie tv, miniserie; l’ultimo
adattamento è quello del 2005, regia di Roman Polanski, di cui sono da
sottolineare soprattutto la splendida fotografia e la magistrale
interpretazione di Fagin da parte di Ben Kinsley.