IL PRINCIPE
di Niccolò Machiavelli
versione in italiano contemporaneo
di Piero Melograni
OSCAR MONDADORI
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Niccolò Machiavelli, storico,
scrittore, drammaturgo, politico e filosofo italiano, è considerato il fondatore della scienza politica moderna.
Nato nel 1469, anno in cui
Lorenzo il Magnifico divenne signore di Firenze, Machiavelli visse in un’epoca
straordinariamente florida per la sua città.
Compose
“Il Principe” nel 1513
quando, con il ritorno dei Medici a Firenze, accusato di aver preso parte alla
congiura ordita da Pietro Paolo Boscoli e Agostino Capponi, fu allontanato
dagli incarichi pubblici.
L’opera doveva essere dedicata
in un primo momento a Giuliano de’ Medici, ma dopo la morte di questi
sopraggiunta nel 1516, venne dedicata a
Lorenzo de’ Medici, figlio di Piero de’ Medici e omonimo del famoso Lorenzo il Magnifico.
“Il Principe” fu divulgato per
circa vent’anni esclusivamente sotto forma di manoscritto e vide la stampa per la prima volta solo nel
1532, cinque anni dopo la morte del suo autore.
Nel 1552 l’opera era inclusa
nel primo “Indice” dei libri proibiti
dalla Chiesa.
L’opera
si apre con la dedica a Lorenzo de’ Medici, nella quale Niccolò Machiavelli, con la speranza di non
essere accusato di presunzione, dichiara
la sua intenzione di voler mettere al servizio del Principe la sua conoscenza
della dottrina politica, frutto di studi attenti e meticolosi eseguiti operando confronti tra le vicende antiche e quelle contemporanee.
Il
libro è diviso in 26 capitoli.
Ogni capitolo affronta un argomento specifico con l’intento di tracciare quelle
linee guida necessarie al Principe per poter raggiungere il potere, esercitarlo
nel migliore dei modi e soprattutto mantenerlo a lungo.
Sono evidenziati i vari tipi di
principati (ereditari, misti, civili, ecclesiastici), i rapporti che intercorrono
tra il principe e i propri eserciti (propri, mercenari, ausiliari, misti), i
metodi per conquistare un principato e infine le qualità del Principe, le doti che devono essere sue proprie così come le
capacità, i comportamenti da tenere e i sentimenti che il Principe deve essere
in grado di suscitare nei sudditi.
Riuscire a riassumere il tutto
in un semplice post di sole poche righe è davvero impresa impossibile e, ancora
più impensabile, sarebbe riuscire a sviscerare ogni argomento a livello storico
e letterario che quest’opera inevitabilmente ci pone innanzi.
Per questo preferisco lasciare
alle varie antologie e agli assai numerosi saggi la trattazione più rigorosa e
critica dell’argomento e portare invece alla vostra attenzione altri aspetti,
primi tra tutti il valore di questa bella
versione de “Il Principe” edita da Mondadori e pubblicata per la prima volta da
Rizzoli nel 1991.
Piero
Melograni (1930 – 2012) è autore sia dell’introduzione sia della versione del
trattato di Machiavelli in italiano contemporaneo.
Il lettore è solito accostarsi
agli scritti del Machiavelli leggendolo nella sua propria lingua ovvero il fiorentino
cinquecentesco, lingua alquanto ostica per la maggior parte dei contemporanei.
In questa edizione invece il testo italiano a fronte rende
decisamente più fruibili i contenuti facilitando il lettore nella comprensione
degli stessi.
Il mio vivo consiglio però è
sempre quello di leggere prima il capitolo in versione originale, per non
perdere nulla della piacevole, concreta ed avvincente scrittura del
Machiavelli.
L’introduzione
affascinante e coinvolgente,
scritta da Melograni, è la premessa ideale per avvicinarci al testo.
Piero Melograni, grazie alla
sua straordinaria capacità di sintesi,
è riuscito in poco meno di una trentina di pagine a riassumere gli aspetti
principali della vita privata e politica del Machiavelli e, nello stesso tempo, a
darci un quadro completo della fortuna delle sue opere e di come il suo
pensiero abbia influenzato quello dei posteri nel corso dei secoli.
Ricorda inoltre come Jean-Jacques Rousseau nel suo “Contratto
sociale” ritenesse il Machiavelli semplicemente un “buon cittadino” che
aveva usato un artifizio per dare una lezione ai poveri, ovvero che il suo vero
intento non fosse quello di ingraziarsi il Principe, ma piuttosto quello di
mettere in guardia il popolo dalle miserie e dalle malefatte dei potenti.
L’intento vero di Niccolò
Machiavelli in realtà era quello scaturito dal piacere di spiegare le regole
della politica e formulare tesi che nessuno prima di lui aveva enunciato con
tanta chiarezza e coraggio, senza ovviamente tralasciare l’idea di far cosa
gradita, con il suo omaggio, a Lorenzo de’ Medici così da poter tornare quanto prima alla
vita politica attiva.
Perché
rileggere “Il Principe”?
A costo di essere scontata e banale, non posso che rispondere: perché è un
classico sempre attuale, un trattato profondo, inquietante ed estremamente
“vero”.
Rileggendolo si ritrova tutta
la forza e il fascino di un Machiavelli che purtroppo, nello studio scolastico, tende
troppo spesso a ridursi a una mera sequenza di frasi fatte.
Rileggendolo avrete modo di
fare vostri molti concetti che, alla luce di un percorso scolastico completo e
grazie alle esperienze di vita vissute nel corso degli anni, assumeranno accezioni
completamente diverse e molto più profonde.
Ho letto per la prima volta “Il
Principe” all’età di 13 anni e questa rilettura è stata per certi versi una
vera sorpresa. Ad una così giovane età non mi ero ovviamente soffermata
sugli esempi storici che sono una parte importante del trattato, ma troppo
noiosi per una ragazzina; sono quindi rimasta molto stupita da quanto alcuni
concetti fossero rimasti, senza che me fossi mai resa conto, così radicati
nella mia mente.
Ho letto molti libri da allora
e alcuni li ricordo con estremo piacere, ma nessuno come “Il Principe” credo
abbia attecchito così profondamente nella mia
mente da lasciare, a distanza di numerosi anni, un’eco così forte dei suoi
insegnamenti.
“Il
Principe” è un libro da leggere lentamente per avere il tempo di assimilarne
meglio i concetti e le idee.
E' una di quelle opere da leggere più volte nel corso degli anni e perché
no? magari tenerne una copia sul comodino per rileggerne un passo ogni tanto.
E’
necessario che un principe sappia servirsi
dei
mezzi adatti sia alla bestia sia all’uomo.
Il
principe è dunque costretto a saper essere bestia
e
deve imitare la volpe e il leone.
Dato
che il leone non si difende dalle trappole
e
la volpe non si difende dai lupi,
bisogna
essere volpe per riconoscere le trappole,
e
leone per impaurire i lupi.