Nel
secondo capitolo della dilogia dedicata al cardinale Richelieu, Natascia
Luchetti riporta in scena una figura
storica tanto controversa quanto affascinante. Attraverso una narrazione
avvincente e una rilettura attenta, l’autrice si confronta con il revisionismo
storico più recente, che restituisce al personaggio nuove sfumature, meno cupe
e più complesse rispetto alla tradizionale immagine negativa.
Richelieu è ormai
salito al potere: è l’uomo più influente di Francia, primo ministro e
confidente del re che si rivolge a lui con l’appellativo di “cugino”. Al suo
fianco ritroviamo personaggi già incontrati nel primo volume, in particolare
due figure centrali: madame de Winter,
amica, amante, confidente, l’altra metà della sua anima, e Jonás, il conte di Rochefort, la sua guardia del corpo, il comandante
delle sue guardie nonché il suo amico fraterno. Intorno a loro si muove una
moltitudine di altri personaggi, ciascuno con un ruolo preciso nell’intricata
rete di potere, passioni e intrighi che l’autrice tesse con estrema maestria.
Basato su solidi
elementi storici e frutto di un’accurata ricerca d’archivio, questo secondo
volume si sviluppa con un ritmo serrato, ricco di colpi di scena e svolte
imprevedibili. Nulla
è mai come appare, e il tradimento si annida proprio dove meno lo si
aspetterebbe. La narrazione non perde mai il filo, mantenendo viva l’attenzione
del lettore fino all’ultima pagina.
Rispetto
al primo volume, qui l’introspezione psicologica lascia più spazio all’intreccio narrativo, divenuto ancora più complesso e
articolato. I protagonisti sono ormai noti al lettore, e l’autrice dimostra
grande abilità nel costruire una trama avvincente senza mai cadere in errore,
riuscendo a tenere alta la tensione per oltre novecento pagine. Un’impresa non
da poco.
Vorrei
soffermarmi sul personaggio di Louis
XIII, che in queste pagine acquista una nuova regalità. Grazie alla guida
di Richelieu, suo mentore, consigliere e, in fondo, padre spirituale, il re
cresce, si forma, impara. Richelieu lavora per la Francia, e Louis è la Francia: questo il
cardinale non lo dimentica mai, anche quando il sovrano non è all’altezza delle
circostanze. Il loro rapporto, fatto di alti e bassi, è uno degli aspetti
più riusciti del romanzo, e ne ho apprezzato profondamente l’evoluzione.
Il cammino dei grandi
è sempre segnato da lotte e rinunce. Rinunce che Richelieu e il re sanno
accettare, ciascuno a modo suo. Non altrettanto si può dire del fratello del
re, Gaston d’Orléans, e ancor meno della madre, Maria de’ Medici, incapace di
cedere il potere a un figlio ormai affrancato dalla sua influenza.
Questo
secondo volume conferma pienamente le ottime impressioni lasciate dal primo. Non è facile mantenere le aspettative
quando il debutto è stato tanto amato, eppure l’autrice riesce nell’impresa, dimostrandosi
una narratrice di grande talento, capace di evocare atmosfere da grande
romanzo ottocentesco. Un’autrice che, per stile e respiro narrativo, ricorda i
grandi del passato: una sorta di Dumas contemporanea.
Ribadisco
la mia convinzione: questa storia meriterebbe una trasposizione cinematografica
o una serie TV. Sarebbe un piacere vederla prendere vita sullo schermo.
Nell’attesa, non posso che consigliarvi caldamente la lettura di questi due
splendidi romanzi: opere rare, ben scritte, costruite con intelligenza e
passione, in cui l’amore per il protagonista traspare in ogni pagina.

