Dante si sentiva un
predestinato, lo si evince dalle sue opere e da come condusse la sua vita. Uno
degli aspetti più rilevanti della sua personalità fu il suo sentirsi diverso.
In ogni evento della sua esistenza, in ogni cosa detta e fatta, che si trattasse
della morte della donna amata, della sua attività politica o della condanna all’esilio,
egli vi intravide sempre la mano del destino.
Santagata si interroga su come
potesse venire percepita dagli altri la personalità di un uomo tanto
particolare e come potesse essere giudicato dai suoi contemporanei.
L’immagine che noi abbiamo di Dante oggi è spesso quella di un uomo egocentrico
e persuaso della propria eccezionalità. Un uomo che non proveniva da una
famiglia magnatizia, ma che, come tale, aveva scelto di vivere. Aveva
amicizie altolocate, aveva sposato una Donati e lo studio, la
letteratura, la filosofia erano le uniche occupazione che riteneva adatte a
lui, sebbene questo gli procurasse delle difficoltà economiche talvolta anche
piuttosto rilevanti come si evince dalle fonti archivistiche.
Il libro di Marco Santagata è,
come recita il sottotitolo, il romanzo della vita del Sommo Poeta. Un’esistenza
che indubbiamente fu ricca di avvenimenti e consumata in un’epoca assai
movimentata dal punto di vista sociopolitico. In verità, il libro è un
saggio molto ben documentato e articolato, la cui lettura si presenta
scorrevole come quella di un’opera romanzata.
Il racconto della vita di
Dante Alighieri non può prescindere dal racconto della storia di Firenze. Santagata ci riporta dettagliatamente gli eventi di quel tempo e ci racconta dei
vari personaggi che vi presero parte regalandoci un quadro vivissimo di quell’epoca.
Dante non visse però sempre a
Firenze ed ecco, allora, che Santagata ci narra anche delle diverse realtà
al di fuori di Firenze e delle varie corti nelle quali l’esule trovò asilo.
Lo storico indaga quindi anche i rapporti, famigliari e politici, che legavano tra
loro i vari personaggi, gli appoggi sui quali Dante poté contare e quali furono
i pericoli che corse.
Tra le pagine del libro non troviamo
solo il racconto di Guelfi e Ghibellini, magnati e popolani, battaglie e scontri tra fazioni, ma Santagata va alla ricerca anche dei dettagli, se vogliamo, più intimi della
vita di Dante. Tenta di fare
emergere ad esempio la figura del Dante bambino di cui è rimasta solo
un’impercettibile traccia. All’epoca, infatti, si pensava che non fosse di
alcuna utilità riportare i fatti privati dell’infanzia e della giovinezza di un
individuo in quanto privi di valore morale esemplare. Cerca inoltre di comprendere quale fu il rapporto tra Dante e la moglie Gemma, che tipo di padre egli fu e
che rapporto ebbe con le sorelle, in particolare con Tana, e con l fratello
Francesco.
Il libro di Santagata prende
in esame ogni aspetto della vita di Dante Alighieri riuscendo ad intrecciare
gli eventi pubblici e privati della sua vita con le sue opere. Marco Santagata rilegge i vari passi degli scritti mettendoli in
relazione con i fatti occorsi nella vita del poeta in quegli stessi anni in cui le
varie parti delle opere vennero elaborate riuscendo così a darcene un'interpretazione
più completa e, anche se talvolta non proprio condivisibile, senza dubbio sempre
interessante e affascinante.
Un saggio dettagliato, ben
documentato, scorrevole. Una lettura estremamente piacevole che conferma
l’ottimo giudizio su Santagata che avevo avuto leggendo il suo “Le donne di Dante”.