MARCH
di Geraldine
Brooks
BEAT
Edizione
originale NERI POZZA
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Ancora
una volta sono a proporvi un libro di Geraldine
Brooks, un’autrice di cui apprezzo molto non solo il modo di scrivere, ma anche
la capacità di trovare sempre storie
interessanti da raccontare; storie che ci fanno riflettere, storie popolate
di personaggi ben caratterizzati e perfettamente inquadrati storicamente grazie
soprattutto alla sempre attenta e
minuziosa ricerca di fonti e documenti da parte dell’autrice.
Proprio
con “March”, pubblicato in Italia da
Neri Pozza nel 2005 con il titolo di
“L’idealista”, Geraldine Brooks vinse nello stesso anno il premio Pulitzer per
la narrativa.
Chi
di voi ha letto “Piccole donne” di
Louise May Alcott avrà già capito che la Brooks ha voluto con questo libro rendere omaggio
ad una scrittrice cha ha amato molto e indirettamente ha voluto rendere omaggio
anche a sua madre, Gloria Brooks, che gliene consigliò la lettura quando aveva circa
dieci anni:
Mia madre, che è una delle
persone più ciniche esistenti al mondo, mi diceva sempre, quando ero bambina,
che non esistono nella vita reale persone così buone come Marmee, la madre
delle piccole donne, ma io ho sempre amato e ammirato l’eroina di Louise May
Alcott.
Questa
una delle dichiarazioni di Geraldine Brooks che nella postfazione del libro
dichiara che per scrivere “March” ha
attinto non solo da “Piccole donne”, ma anche dalla vita della famiglia della
sua autrice ed in particolare da quella del padre Amos Bronson Alcott, filosofo
trascendentalista, educatore ed abolizionista.
E’
sempre la stessa Brooks a scrivere che:
La famiglia reale di
Louisa M. Alcott era tutt’altro che perfetta, e quindi molto più interessante
di quelle santarelline delle March.
Vero:
quanti di noi non hanno pensato almeno una volta rileggendo “Piccole donne” che
le quattro sorelle erano un po’ troppo perfette?
Personalmente
ricordo che da ragazzina, come ancora oggi, ho amato ed amo il personaggio di
Jo, ma non sono mai riuscita a nutrire molto simpatia per il personaggio di
Amy.
Geraldine
Brooks si affranca dal romanzo di formazione nel quale rientra l’opera della
Alcott, per regalarci una storia più concreta
e matura di alcuni suoi protagonisti senza stravolgere per questo la storia
originaria, cosa che ho davvero molto apprezzato.
A
parlarci di questa insolita Marmee è il marito, il reverendo March che si trova al fronte, arruolato come cappellano
nelle truppe unioniste durante la guerra civile.
Egli
ci racconta della sua vita, dei conflitti che vede ogni giorno, non solo di
quelli combattuti sui campi di battaglia, ma anche di quelli dell’animo, ci
parla della difficile strada dell’integrazione, della situazione degli schiavi
liberati, della corruzione che imperversa tra le truppe e soprattutto tra
coloro che dovrebbero tutelare i diritti dei più deboli e che al contrario
pensano esclusivamente ai propri interessi personali.
Nel racconto del reverendo
c’è spesso spazio per raccontare anche della sua vita passata: di quando era un giovane commesso
viaggiatore, di come fece la propria fortuna e di quando conobbe e di come poi
riuscì a conquistare la madre delle sue adorate piccole donne.
Nella seconda parte del
libro il racconto è invece affidato alla signora March.
Come
tutti sappiamo dalla lettura di “Piccole donne” Marmee riceve un telegramma nel
quale le comunicano che il marito gravemente ammalato è stato ricoverato in un
ospedale militare a Washington.
Quanto
lei giunge al Blank Hospital fatica a riconoscere quel corpo che giace
febbricitante in un letto disfatto, un corpo che la vita sembra già aver quasi
abbandonato.
Marito e moglie dovranno
fare i conti con un ingombrante passato, con verità nascoste e parole non dette
per ricostruire il loro rapporto e preservare così l’integrità della loro amata
famiglia.
La
signora March scoprirà cose insospettate sulla vita del marito e dovrà ammettere
almeno con se stessa di aver sbagliato a tacere al marito ciò che le pesava sul
cuore.
Ripenserà
a quando avrebbe dovuto opporsi all’idea del marito di arruolarsi nonostante
l’età già matura o a quando non avrebbe dovuto lasciar passare sotto silenzio la
perdita di tutte le loro ricchezze per l’avventatezza di lui seppur per una causa
giusta e umanitaria.
Il
signor March da parte sua dovrà essere abbastanza forte da capire che è giunta
l’ora per lui di mettere da parte l’orgoglio e riuscire a convivere con i propri
sensi di colpa e i rimorsi per gli errori commessi.
Della storia raccontata da
Geraldine Brooks fanno parte moltissimi personaggi reali e d’invenzione.
Troviamo
nomi noti come Ralph Waldo Emerson e
Henry David Thoreau, che furono nella realtà non solo due tra gli amici più
intimi di Amos Bronson Alcott, ma anche due tra i maggiori rappresentanti della
cultura e della filosofia del trascendentalismo.
Il
personaggio più riuscito è però quello di Grace,
la schiava del signor Clement, che March conosce in giovane età quando da
umile commesso viaggiatore era stato ospite a casa di questi.
Grace è giovane,
bellissima, intelligente, ha un portamento fiero e i suoi gesti sono sempre
eleganti e pacati.
Nonostante
sembri così perfetta anche lei però nasconde dei segreti.
La donna apparirà più
volte nella vita del reverendo March e ogni volta gli ricorderà con la sua
presenza errori e debolezze della sua vita passata.
Eppure
Grace lo ha perdonato, lei non l’ha mai giudicato perché nonostante le
apparenze anche lei come ogni essere umano ha il suo fardello di errori e
rimorsi che pesano sulla coscienza, ma lei al contrario degli altri accetta di
conviverci per poter espiare attraverso il lavoro e le opere buone le sue
colpe, se di colpe si può veramente parlare.
Ancora
una volta Geraldine Brooks è stata bravissima
ad indagare l’animo umano attraverso i suoi personaggi ed allo stesso tempo
a spingere il lettore a riflettere sui dubbi, sulle incertezze, sulle paure che
animano i protagonisti del romanzo.
Chi
ha amato “Piccole donne” o ha apprezzato gli altri libri di Geraldine Brooks
non potrà che rimanere affascinato ancora una volta dall’opera di questa
scrittrice.
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