Stagione di nebbie e morbida abbondanza,
Tu, intima amica del sole al suo culmine,
Che con lui cospiri per far grevi e benedette d'uva
Le viti appese alle gronde di paglia dei tetti,
Tu che fai piegare sotto le mele gli alberi muscosi del casolare,
E colmi di maturità fino al torsolo ogni frutto;
Tu che gonfi la zucca e arrotondi con un dolce seme
I gusci di nòcciola e ancora fai sbocciare
Fiori tardivi per le api, illudendole
Che i giorni del caldo non finirannomai
Perché l'estate ha colmato le loro celle viscose:
Tu, intima amica del sole al suo culmine,
Che con lui cospiri per far grevi e benedette d'uva
Le viti appese alle gronde di paglia dei tetti,
Tu che fai piegare sotto le mele gli alberi muscosi del casolare,
E colmi di maturità fino al torsolo ogni frutto;
Tu che gonfi la zucca e arrotondi con un dolce seme
I gusci di nòcciola e ancora fai sbocciare
Fiori tardivi per le api, illudendole
Che i giorni del caldo non finiranno
Perché
Chi non ti ha mai vista, immersa nella tua ricchezza?
Può trovarti, a volte, chi ti cerca,
Seduta senza pensieri sull'aia
Coi capelli sollevati dal vaglio del vento,
O sprofondata nel sonno in un solco solo in parte mietuto,
Intontita dalle esalazioni dei papaveri, mentre il tuo falcetto
Risparmia il fascio vicino coi suoi fiori intrecciati.
A volte, come una spigolatrice, tieni ferma
La testa sotto un pesante fardello attraversando un torrente,
O, vicina a un torchio da sidro, con uno sguardo paziente,
Sorvegli per ore lo stillicidio delle ultime gocce.
Può trovarti, a volte, chi ti cerca,
Seduta senza pensieri sull'aia
Coi capelli sollevati dal vaglio del vento,
O sprofondata nel sonno in un solco solo in parte mietuto,
Intontita dalle esalazioni dei papaveri, mentre il tuo falcetto
Risparmia il fascio vicino coi suoi fiori intrecciati.
A volte, come una spigolatrice, tieni ferma
La testa sotto un pesante fardello attraversando un torrente,
O, vicina a un torchio da sidro, con uno sguardo paziente,
Sorvegli per ore lo stillicidio delle ultime gocce.
E i canti di primavera? Dove sono?
Non pensarci, tu, che una tua musica ce l'hai -
Nubi striate fioriscono il giorno che dolcemente muore,
E toccano con rosea tinta le pianure di stoppia:
Allora i moscerini in coro lamentoso, in alto sollevati
Dal vento lieve, o giù lasciati cadere,
Piangono tra i salici del fiume,
E agnelli già adulti belano forte dal baluardo dei colli,
Le cavallette cantano, e con dolci acuti
Il pettirosso zufola dal chiuso del suo giardino:
Si raccolgono le rondini, trillando nei cieli.
Non pensarci, tu, che una tua musica ce l'hai -
Nubi striate fioriscono il giorno che dolcemente muore,
E toccano con rosea tinta le pianure di stoppia:
Allora i moscerini in coro lamentoso, in alto sollevati
Dal vento lieve, o giù lasciati cadere,
Piangono tra i salici del fiume,
E agnelli già adulti belano forte dal baluardo dei colli,
Le cavallette cantano, e con dolci acuti
Il pettirosso zufola dal chiuso del suo giardino:
Si raccolgono le rondini, trillando nei cieli.
(traduzione da http://www.keats-shelley-house.org/it/works)
“All’Autunno” è ritenuta da molti
critici una delle più perfette poesie mai scritte in lingua inglese e forse
proprio per tale motivo è oggi uno dei poemi più antologizzati in questa
lingua.
Composta nel 1819 venne
pubblicata nell’anno successivo e inclusa nella raccolta “Lamia, Isabella, La Vigilia di Sant’Agnese e
altre Poesie”.
Dalle molte correzioni ed errori
di scrittura presenti in un manoscritto senza titolo che sembrerebbe essere una
prima edizione dell’ode, ne possiamo dedurre che Keats scrisse molto
rapidamente queste tre stanze, preso dall’eccitazione creativa del momento.
Molti, infatti, sono i cambiamenti apportati dal poeta prima di darne alle
stampe la versione definitiva.
Keats compose questa poesia il 19
settembre dopo aver trascorso una piacevole e serena giornata in campagna. Le sensazioni
provate quel giorno furono da lui stesso descritte in una lettera, datata 22
Settembre, al suo amico J. H. Reynolds:
"How beautiful the season is now. How fine the
air -- a temperate sharpness about it. Really, without joking, chaste weather
-- Dian skies. I never liked stubble-fields so much as now -- aye, better than
chilly green of the Spring. Somehow, a stubble plain looks warm, in the same
way that some pictures look warm. This struck me so much in my Sunday's walk
that I composed upon it."
L’ode si compone di tre stanze
ciascuna di 11 versi in rima (la prima stanza ABABCDEDCCE, la seconda e la
terza ABABCDECDDE), non rintracciabili nella versione tradotta che,
per quanto eccellente, perde la musicalità e il ritmo dell’originale.
To Autumn
Season
of mists and mellow fruitfulness
Close
bosom-friend of the maturing sun
Conspiring
with him how to load and bless
With
fruit the vines that round the thatch-eaves run;
To
bend with apples the moss'd cottage-trees,
And
fill all fruit with ripeness to the core;
To
swell the gourd, and plump the hazel shells
With
a sweet kernel; to set budding more,
And
still more, later flowers for the bees,
Until
they think warm days will never cease,
For
Summer has o'er-brimm'd their clammy cells.
Who
hath not seen thee oft amid thy store?
Sometimes
whoever seeks abroad may find
Thee
sitting careless on a granary floor,
Thy
hair soft-lifted by the winnowing wind;
Or
on a half-reap'd furrow sound asleep,
Drows'd
with the fume of poppies, while thy hook
Spares
the next swath and all its twined flowers:
And
sometimes like a gleaner thou dost keep
Steady
thy laden head across a brook;
Or
by a cider-press, with patient look,
Thou
watchest the last oozings hours by hours.
Where
are the songs of Spring? Ay, where are they?
Think
not of them, thou hast thy music too,-
While
barred clouds bloom the soft-dying day,
And
touch the stubble-plains with rosy hue;
Then
in a wailful choir the small gnats mourn
Among
the river sallows, borne aloft
Or
sinking as the light wind lives or dies;
And
full-grown lambs loud bleat from hilly bourn;
Hedge-crickets
sing; and now with treble soft
The
red-breast whistles from a garden-croft;
And
gathering swallows twitter in the skies.
La prima stanza ci racconta dei
primi giorni d’autunno: la temperatura è ancora mite e la natura è tutto un'esplosione di colori e di frutti. Nella seconda assistiamo alla personificazione dell’Autunno
stesso, il ritmo inizia a rallentare e la stagione viene rappresentata come una
figura che con il suo falcetto è intenta a mietere, lasciando che il vento le
scompigli i capelli. Nell’ultima stanza invece la stagione autunnale viene
messa a confronto con quella primaverile, l’autunno sta per finire e tutto fa
presagire l’arrivo dell’inverno: la migrazione delle rondini, gli agnelli nati
in primavera che sono ormai cresciuti…
Non è tanto il declino
dell’autunno quello che John Keats vuole cogliere con questo inno ma piuttosto
l’infinito ciclo di morte e rinascita della vita e della natura.