domenica 23 novembre 2025

“La libreria del venerdì” di Sawako Natori

All’interno della stazione ferroviaria di Nohara, un tranquillo sobborgo a nord di Tōkyō, si trova una libreria avvolta da un’aura di mistero. Secondo le voci che circolano in rete, chiunque vi entri riesce a scoprire proprio il libro di cui ha bisogno in quel preciso momento.

Fumiya, uno studente refrattario alla lettura, è alla disperata ricerca di un volume per il padre malato. Spinto dall’urgenza e dalla speranza, decide di varcare la soglia di questa insolita libreria.

La libreria del venerdì si  rivela un luogo magico: oltre agli scaffali colmi di volumi, ospita un piccolo spazio caffè dove vengono preparati piatti ispirati ai libri stessi e un magazzino sotterraneo immenso ricavato da un vecchio binario dismesso. A guidare questo mondo incantato ci sono tre figure: Makino, la direttrice, Yasu, il proprietario, e Sugawa, che si occupa dell’angolo ristoro.

Grazie a loro, Fumiya riscoprirà il piacere della lettura e  accetterà addirittura un lavoro part-time nella libreria, trasformando così quel rifiuto per i libri in una nuova passione.

Il romanzo di Sawako Natori si distingue per la sua originalità: i libri e i personaggi delle storie non restano soltanto sullo sfondo della vita dei protagonisti, ma si intrecciano con le loro esistenze e con quella di tutte le figure che popolano le pagine del romanzo. La letteratura, giapponese e non solo, diventa così il filo conduttore che dà voce e respiro alle vicende umane narrate fatte di emozioni. I sogni, le speranze, le paure, le illusioni e le fragilità dei protagonisti rispecchiano quelle dei clienti della libreria. Quegli stessi sentimenti vengono messi a nudo, indagati e trasformati grazie alla lettura e al suo potere curativo.

Diverse sono le tematiche affrontate in questo libro. Una, in particolare, riguarda l’incapacità di confrontarsi con le emozioni autentiche, abituati ormai a gestirle attraverso i social senza averne un’esperienza diretta. Un altro tema centrale è il rapporto tra genitori e figli: da un lato le aspettative dei primi, dall’altro il conflitto dei secondi, divisi tra il desiderio di affermare la propria personalità, realizzare i propri sogni e la paura di deludere chi li ha cresciuti. L’insicurezza emerge in ogni sua forma: dal timore di non essere abbastanza intelligenti o attraenti per suscitare interesse, fino alla sensazione di non meritare l’amore o l’amicizia di qualcuno.

Ho trovato il libro non sempre di facile lettura: in alcuni passaggi si avverte una certa fatica, soprattutto quando i romanzi citati non sono conosciuti dal lettore. Le soluzioni narrative proposte, talvolta, strappano un sorriso e appaiono volutamente sopra le righe, sfiorando il comico e persino l’assurdo. Tuttavia, è forse proprio questa sua eccentricità che contribuisce a renderlo un romanzo moderno, capace di riflettere con ironia e leggerezza sulle contraddizioni della nostra epoca.

Al di là delle sue particolarità narrative, l’opera conserva un senso profondo: invita a interrogarsi sul ruolo della letteratura nella vita quotidiana e sul potere che le storie hanno di trasformare, consolare e persino destabilizzare chi le legge.



 


martedì 11 novembre 2025

“L’apprendista” di Bruno Di Marco

Martino da Fano giunge a Urbino animato da un ardente desiderio: diventare pittore. Viene accolto nella bottega di Giovanni Santi, padre del piccolo Raffaellino, un bambino dal talento straordinario, destinato a un futuro luminoso nel mondo dell’arte.

Ma il destino di Martino prende una piega inaspettata. Poco dopo la morte di Giovanni Santi, viene strappato alla quiete della bottega e condotto a Palazzo Ducale. Qui, i pennelli e i colori lasciano il posto alle armi, all’inganno, allo spionaggio e all’arte del trasformismo. I migliori maestri lo istruiscono in ogni disciplina, affinando le sue abilità fino a trasformarlo nello Scorpio Major: una spia letale e silenziosa, capace di muoversi con astuzia in un mondo violento, intricato e pieno di insidie.

Il ritmo del romanzo nelle prime ottanta pagine è piuttosto lento e costellato di interrogativi. Il lettore si trova spiazzato, ma anche irresistibilmente attratto: l’apparente vaghezza degli eventi stimola la curiosità e invita a proseguire, nella speranza di scoprire dove la narrazione voglia condurre. Poi, all’improvviso, la trama si schiarisce: gli eventi si delineano con chiarezza e il racconto accelera, trasformandosi in una sequenza incalzante di colpi di scena e svolte impreviste che mantengono alta la tensione e catturano l’attenzione fino all’ultima pagina.

La narrazione si intreccia con la storia in modo puntuale. Sebbene nelle prime pagine il lettore, che abbia poca famigliarità con il Rinascimento, possa incontrare qualche difficoltà nel collocare gli eventi con precisione nel contesto storico, man mano che il racconto si sviluppa tutto diventa più chiaro e accessibile.

L’apprendista è un thriller storico in cui la fantasia regna sovrana. Per apprezzarlo appieno è necessario compiere un atto di fede e lasciarsi trasportare dall’immaginazione. Non è un romanzo per chi cerchi una ricostruzione storica rigorosamente fedele ai fatti: il personaggio di Raffaello è frutto di pura invenzione e si ispira alla ricca tradizione letteraria del travestimento.

Il Rinascimento, con la sua duplice anima, epoca di splendore artistico ma anche di guerre, intrighi e tradimenti, si rivela il palcoscenico ideale per una storia dai toni oscuri e avvincenti come quella narrata da Bruno Di Marco.

L’autore dimostra una profonda conoscenza dell’epoca. Nella trama si integrano perfettamente le figure storiche, come quella di Cesare Borgia e di Leonardo da Vinci, ed eventi reali, come la strage di Senigallia e le lotte tra le famiglie baronali romane. A questi elementi si aggiungono dettagli più sottili e suggestivi, come le superstizioni e la diffusa fiducia negli oroscopi, che contribuiscono a rendere l’ambientazione ancora più viva e credibile.

Il romanzo si chiude con un finale aperto, una conclusione sospesa e carica di tensione che lascia nel lettore il sottile presentimento di un possibile ritorno sulla scena dei protagonisti.




domenica 2 novembre 2025

“Richelieu. La storia dell’uomo che governò la Francia” di Natascia Luchetti

Nel secondo capitolo della dilogia dedicata al cardinale Richelieu, Natascia Luchetti riporta in scena una figura storica tanto controversa quanto affascinante. Attraverso una narrazione avvincente e una rilettura attenta, l’autrice si confronta con il revisionismo storico più recente, che restituisce al personaggio nuove sfumature, meno cupe e più complesse rispetto alla tradizionale immagine negativa.

Richelieu è ormai salito al potere: è l’uomo più influente di Francia, primo ministro e confidente del re che si rivolge a lui con l’appellativo di “cugino”. Al suo fianco ritroviamo personaggi già incontrati nel primo volume, in particolare due figure centrali: madame de Winter, amica, amante, confidente, l’altra metà della sua anima, e Jonás, il conte di Rochefort, la sua guardia del corpo, il comandante delle sue guardie nonché il suo amico fraterno. Intorno a loro si muove una moltitudine di altri personaggi, ciascuno con un ruolo preciso nell’intricata rete di potere, passioni e intrighi che l’autrice tesse con estrema maestria.

Basato su solidi elementi storici e frutto di un’accurata ricerca d’archivio, questo secondo volume si sviluppa con un ritmo serrato, ricco di colpi di scena e svolte imprevedibili. Nulla è mai come appare, e il tradimento si annida proprio dove meno lo si aspetterebbe. La narrazione non perde mai il filo, mantenendo viva l’attenzione del lettore fino all’ultima pagina.

Rispetto al primo volume, qui l’introspezione psicologica lascia più spazio all’intreccio narrativo, divenuto ancora più complesso e articolato. I protagonisti sono ormai noti al lettore, e l’autrice dimostra grande abilità nel costruire una trama avvincente senza mai cadere in errore, riuscendo a tenere alta la tensione per oltre novecento pagine. Un’impresa non da poco.

Vorrei soffermarmi sul personaggio di Louis XIII, che in queste pagine acquista una nuova regalità. Grazie alla guida di Richelieu, suo mentore, consigliere e, in fondo, padre spirituale, il re cresce, si forma, impara. Richelieu lavora per la Francia, e Louis è la Francia: questo il cardinale non lo dimentica mai, anche quando il sovrano non è all’altezza delle circostanze. Il loro rapporto, fatto di alti e bassi, è uno degli aspetti più riusciti del romanzo, e ne ho apprezzato profondamente l’evoluzione.

Il cammino dei grandi è sempre segnato da lotte e rinunce. Rinunce che Richelieu e il re sanno accettare, ciascuno a modo suo. Non altrettanto si può dire del fratello del re, Gaston d’Orléans, e ancor meno della madre, Maria de’ Medici, incapace di cedere il potere a un figlio ormai affrancato dalla sua influenza.

Questo secondo volume conferma pienamente le ottime impressioni lasciate dal primo. Non è facile mantenere le aspettative quando il debutto è stato tanto amato, eppure l’autrice riesce nell’impresa, dimostrandosi una narratrice di grande talento, capace di evocare atmosfere da grande romanzo ottocentesco. Un’autrice che, per stile e respiro narrativo, ricorda i grandi del passato: una sorta di Dumas contemporanea.

Ribadisco la mia convinzione: questa storia meriterebbe una trasposizione cinematografica o una serie TV. Sarebbe un piacere vederla prendere vita sullo schermo. Nell’attesa, non posso che consigliarvi caldamente la lettura di questi due splendidi romanzi: opere rare, ben scritte, costruite con intelligenza e passione, in cui l’amore per il protagonista traspare in ogni pagina.