sabato 8 marzo 2025

“La pazzia di Dio” di Luigi De Pascalis

Andrea Sarra nasce a Borgo San Rocco il 12 marzo 1895. È lui il protagonista e io narrante della vicenda che prende avvio proprio dal racconto dei suoi primi trent'anni di vita. Una narrazione che si intreccia con quella dei suoi familiari, dei compaesani e, in un gioco di sovrapposizioni, con le grandi vicende della Storia, quella con la "S" maiuscola.

Dal 1895 al 1925, Andrea attraversa il delicato passaggio dall'infanzia all'età adulta, crescendo e forgiandosi come uomo. Sullo sfondo troviamo un mondo sconvolto da eventi epocali: la Prima Guerra Mondiale, le ondate di emigrazione, l'epidemia di spagnola e l'avvento del fascismo.

La pazzia di Dio si presenta come un romanzo di formazione, ma è al contempo anche un racconto corale. Borgo San Rocco, il paese natale di Andrea, è frutto della fantasia dello scrittore, così come lo è la famiglia Sarra, protagonista della vicenda. Questo microcosmo immaginario diventa metafora e ritratto della realtà contadina, quella stessa realtà destinata a scomparire nel volgere di pochi decenni.

La narrazione si dipana attraverso diversi registri, riflettendo la varietà dei personaggi che animano le pagine del romanzo. Anche il ritmo del racconto muta costantemente: accelera o rallenta in sintonia con l'intensità degli eventi. Così, la scrittura passa dall’essere ironica e divertente all’uso di toni riflessivi e malinconici, seguendo il fluire imprevedibile delle circostanze.

Nella vita nulla resta invariato, tutto è cambiamento. I rapporti tra le persone si trasformano: ci si scopre spesso più vicini a coloro che si ritenevano tanto diversi e più distanti da chi invece si pensava essere tanto simile.

La pazzia di Dio è un'opera di legami familiari, di sogni spezzati, di speranze tradite e di rimpianti. Ma è anche un racconto intriso di voglia di riscatto e di speranza.

De Pascalis dipinge un mondo antico e ancestrale, intriso di riti, credenze e religiosità. Un mondo dove il rispetto e la dignità rappresentano valori assoluti, indipendentemente dal ceto sociale, e dove non sorprende neppure incontrare il fantasma di famiglia aggirarsi tra le mura di casa. È un mondo scandito dal ritmo ciclico delle stagioni, armonizzato con la terra.

Ma quel mondo antico, con le sue buone maniere e l’importanza dell'abito della festa, si sgretola sotto il peso del progresso e delle rivoluzioni sociali lasciando sempre più spazio alla forza e alla prepotenza del nuovo che avanza.

Quello dipinto da De Pascalis con tanta maestria è un mondo capace di imprimersi profondamente nel cuore e nella memoria del lettore, lasciando in lui una traccia indelebile.

 


domenica 23 febbraio 2025

“I sette corvi” di Matteo Strukul

Nicla Rossi vede due alunni allontanarsi durante la pausa e decide di seguirli per riportarli indietro. Si addentra nel bosco, li chiama, ma di loro non sembra esserci traccia. L’insegnante avverte qualcosa di diverso in quel luogo a lei tanto familiare, percepisce la presenza di un qualcosa di inquietante e primordiale che non sa spiegare. Nicla Rossi non uscirà viva da quel bosco.

Ad indagare sul presunto omicidio vengono inviati da Belluno la giovane ispettrice Zoe Tormen e il medico legale Alvise Stella. Il caso si rivelerà fin da subito complesso e carico di dettagli inspiegabili.

 

Zoe Tormen indossa abiti sportivi, una camicia a quadri e un parka, è dotata di un fascino molto particolare. È appassionata di rally, guida una Lancia Delta Martini, è amante della montagna e ascolta musica grunge.

 

Zoe e Alvise hanno due caratteri molto diversi. È la prima volta che si trovano a lavorare insieme, ma tra i due nasce subito un’ottima intesa, grazie anche alla capacità del medico legale di saper rispettare le zone d’ombra di Zoe.

 

Per la prima volta Matteo Strukul si cimenta con il genere thriller e direi che lo fa nel modo migliore. Il soggetto è una leggenda nera che dimora da cinquecento anni in un immaginario paesino di montagna situato al confine tra il Veneto e il Friuli. È un paesaggio a metà tra reale e fantastico quello in cui si trova immerso il lettore, un luogo ai confini del mondo popolato da centinaia di leggende, un luogo dove il limite tra possibile e impossibile diventa pagina dopo pagina sempre più impalpabile.

 

Come per ogni suo romanzo, si vede quanto lavoro di ricerca ci sia stato prima di arrivare alla stesura definitiva del racconto che non presenta mai una sbavatura. La storia è perfettamente ambientata nella metà degli anni ’90 e un aspetto che ho molto apprezzato è quello di aver arricchito il racconto con una colonna sonora di quegli anni. The Cure, The Cranberries, Nirvana, The Black Crowes sono solo alcuni degli artisti citati. Molto indovinata l’idea di inserire al termine una playlist delle canzoni.

 

Se tante sono le citazioni musicali, altrettante sono le fonti di ispirazione e le citazioni letterarie e fumettistiche; da quelle più evidenti, come “Il Corvo” di James O'Barr o “Gli Uccelli” di Daphne du Maurier, a quelle meno palesi. Potrei citare una frase su tutte: “cadde come corpo morto” di dantesca memoria.

 

“I sette corvi” è un thriller dal ritmo incalzante, una fiaba gotica dove leggenda e magia si fondono in un intreccio oscuro e affascinante.

 

Una cosa è certa, sia che si tratti di un romanzo storico, sia che si tratti di un thriller, Matteo Strukul sa sempre come catturare l’attenzione del lettore.





 

giovedì 13 febbraio 2025

“Bianca Cappello” Atti del secondo convegno: le signore di Firenze

Nello scorso dicembre, al Palagio di Parte Guelfa, si è tenuto il secondo convegno dedicato alla scoperta e riscoperta delle donne di Casa Medici. Dopo un primo seminario incentrato su Anna Maria Luisa de’ Medici, questo secondo incontro ha puntato i riflettori su Bianca Cappello, con l’obiettivo di fare chiarezza sulle sue vicende umane e storiche.

I convegni organizzati dall’Associazione degli Amici del Museo Stibbert colmano una significativa lacuna nella storia della Toscana, riportando l’attenzione sull’importante contributo delle donne della Famiglia Medici, protagoniste della storia al pari dei loro padri, mariti e figli, sebbene spesso trascurate dalla storiografia.

La figura di Bianca Cappello è alquanto controversa, sia per il suo avventuroso arrivo a Firenze, sia per la sua morte, avvenuta poche ore dopo quella del secondo marito, Francesco I de’ Medici. Le maldicenze attribuirono la colpa al cognato Ferdinando de’ Medici, futuro terzo Granduca di Toscana.

Nei vari interventi riportati in questi atti, si cerca non solo di chiarire l’improbabile coinvolgimento di Ferdinando I nella morte del fratello e di Bianca Cappello, ma anche di esaminare le motivazioni alla base di tali calunnie e le origini dell’ostilità del cardinale nei confronti della cognata.

Molti elementi interessanti emergono da queste pagine sulla famiglia di Bianca Cappello, in particolare sul legame del padre di lei con Cosimo de’ Medici, legame nato molti anni prima. Vi sono inoltre riferimenti e aneddoti sull’educazione della giovane veneziana, che aiutano a comprendere sia la sua fuga a Firenze con Pietro Bonaventuri, sia l’attrazione di Francesco de’ Medici per lei, che la portò a diventare prima la sua amante e poi, una volta rimasti entrambi vedovi, sua moglie.

Bianca Cappello era una donna di straordinaria bellezza, ma il profondo legame tra lei e Francesco aveva radici ben più profonde, come la condivisione degli interessi legati alla scienza alchemica.

In queste pagine viene dato ampio risalto ai fondamentali della dottrina alchemica, ma altrettanto spazio è dedicato anche all'influenza che essa esercitò sulla vita di Bianca Cappello e Francesco de’ Medici. Questo lo troviamo ancora oggi riflesso nelle decorazioni delle loro dimore, ma anche nella rilettura dell'atteggiamento che Francesco tenne nei confronti di Bianca in alcune particolari circostanze.

Un volume prezioso per chi desideri ottenere una visione più completa e approfondita della figura di Bianca Cappello, ma anche una lettura che pone le basi per ulteriori ricerche sull’argomento.





domenica 26 gennaio 2025

“Voci da casa Pascoli” di Claudio Giovanardi

Il libro non è una biografia di Giovanni Pascoli, ma un romanzo in cui la storia si dipana attraverso i ricordi esposti in prima persona dal poeta e da coloro, familiari e amici, che fecero parte della sua vita.

Le memorie e i fatti di vita vissuta non seguono un ordine cronologico prestabilito, ma incalzano il lettore in un ininterrotto susseguirsi di flashback. Gli avvenimenti e i dialoghi riportarti in queste pagine non necessariamente sono accaduti davvero, ma nascono dalla lettura della figura di Pascoli da parte dell’autore che ne fa un racconto che si potrebbe definire verosimile.

Molto suggestiva è l’immagine che Giovanardi dà dei suoi personaggi definendoli come coriandoli e al lettore sembra quasi di vederli volteggiare nel vento quei coriandoli, figure di uomini e donne che fecero parte della vita del poeta.

La scuola ha consegnato a noi studenti la figura di un Pascoli ossessionato dalla morte del padre, un uomo che aveva sofferto profondamente l'essere orfano. Forse proprio per questo motivo, attribuiva un'importanza fondamentale al nido familiare, considerandolo l'unico luogo dove poter trovare la pace.

Il Giovanni Pascoli di Claudio Giovanardi è un uomo, un professore, un poeta, ma soprattutto è un fratello devoto, votato alla felicità delle due sorelle minori. Mentre Ida avrà la forza di vivere la sua vita e rompere il cordone ombelicale, Giovanni quella forza non la troverà mai, restando per sempre legato a Maria che egoisticamente lo terrà avvinto a sé per tutta la vita, impedendogli di spiccare il volo.

Altra figura particolare è quella di Giuseppe Pascoli: un rapporto burrascoso quello del poeta con questo fratello sventurato, inventore mancato e sempre a corto di denaro. Un rapporto fatto di amore e odio il loro, dove Giuseppe dichiara sì di amare Giovanni, ma allo stesso tempo non si esime dal dipingerne un ritratto fosco, attribuendogli talvolta un comportamento ipocrita e a tratti anche crudele.

Nel raccontarsi, i Pascoli spesso cadono in contraddizione, narrando versioni diverse di uno stesso episodio; la situazione si fa quasi pirandelliana, inducendo il lettore ad interrogarsi su quale sia il personaggio che sta dicendo la verità, ma forse non esiste mai una sola verità.

Dieci fratelli, una famiglia numerosa, eppure solitudine e silenzi sono le due parole che ricorrono più spesso per descrivere i rapporti tra loro e il loro comune sentire.

La vita di Giovanni Pascoli orfano, studente, anarchico socialista, carcerato, insegnante sempre in giro per l’Italia e poi finalmente professore universitario, sembra aver avuto come filo conduttore il vivere sempre ai limiti dell’indigenza.

Le sue poesie parlano di un vissuto quotidiano, di piccoli gesti, di cose semplici; quanto diversa la sua poesia da quella roboante di D’Annunzio, ma anche da quella del suo maestro Giosuè Carducci.

Il libro di Claudio Giovanardi non può prescindere dalla poetica e dai testi di Giovani Pascoli, ma non manca neppure di riferimenti alla poesia di altri poeti, come la sillaba storta che appare all’improvviso, eco di montaliana memoria.

“Voci dal Passato” è un romanzo particolare, dalla prosa scorrevole ed intensa, un testo profondo e intimo reso con un linguaggio elegante e poetico.




 


domenica 19 gennaio 2025

“Il caso Ildegarda” di Edgar Noske

La mia prima scoperta di Ildegarda di Bingen, suora, scrittrice, scienziata, filosofa, profetessa e visionaria, avvenne quasi per caso attraverso la sua musica.

Ildegarda fondò ben due monasteri e, a testimonianza della sua eclettica personalità, ci sono pervenuti numerosi canti, lettere, scritti scientifici e poesie. Fu anche l'ideatrice di un nuovo linguaggio, noto come lingua ignota o litterae ignotae. Di lei ci sono giunte anche molte composizioni musicali accompagnate da originali testi poetici.

Il romanzo di Edgar Noske è un giallo storico in cui il personaggio di Ildegarda emerge con tutta la forza, l’energia e la determinazione che ne contraddistinsero il carattere.

Corre l’anno 1177 quando il monaco Wiber von Gembloux riesce, con un sotterfugio, a ottenere il permesso del suo priore per recarsi presso il monastero di Rupertsberg. Il suo più grande desiderio è infatti quello di diventare segretario della badessa Ildegarda, la mistica e visionaria profetessa teutonica.

In una giornata di piogge torrenziali, un cadavere emerge dal terreno, segnando l'inizio di una serie di rivelazioni a lungo taciute.

L'anziana Ildegarda inizia a raccontare le difficoltà incontrate nel fondare il suo monastero, svelando i personaggi insospettabili, come l'abate Kuno, che per avidità e invidia tentarono con ogni mezzo, spesso illecito, di ostacolarla. Un racconto suggestivo e ricco di misteri e intrighi, popolato da personaggi affascinanti e complessi, che cattura l'attenzione del lettore e lo trasporta in un'epoca lontana, dove le passioni e le lotte di potere si intrecciano in una trama avvincente.

L'autore ha saputo magistralmente ricreare le atmosfere dell'epoca, regalandoci un intrigante e appassionante giallo storico medievale. La trama, ben costruita, cattura l'attenzione dalla prima all'ultima pagina, grazie all'accuratezza storica e alla ricchezza di dettagli che rendono il racconto ancora più realistico e affascinante.




lunedì 30 dicembre 2024

“La misteriosa tecnica della vecchia gatta” di Issai Chozanshi

Issai Chozanshi, autore di “La misteriosa tecnica della vecchia gatta” e “Il discorso del demone sulle arti marziali”, i due testi proposti in questo volume a cura di Tea Pecunia, era un samurai vissuto tra il 1659 e il 1741 a Sekiyado. Non era un maestro di spada, ma conosceva molto bene quest’arte e la sua filosofia.

Padroneggiare le arti marziali significa comprendere i principi di armonia ed equilibrio, significa capire quando sia saggio ingaggiare lo scontro e quando ritirarsi. Padroneggiare le arti marziali presuppone il raggiungimento di uno stato di non-mente (mushin) ossia di uno stato in cui la mente è libera da condizionamenti e da pensieri disturbanti quali rabbia, ignoranza, avidità. Tale stato prevede il superamento dell’ego: l’individuo non identificandosi più con i propri pensieri, le proprie emozioni e i propri ricordi, non si sente più separato dal resto del mondo, ma diviene parte di un insieme raggiungendo così l’armonia.

Ecco, allora, che gli insegnamenti dell’arte della spada di Issai Chozanshi risultano essere utili anche nella vita di tutti i giorni per capire come reagire alle inevitabili avversità della nostra quotidianità.

I racconti in breve:

La storia della tecnica della vecchi gatta. Lo spadaccino Shōken è alle prese nella sua abitazione con un grosso topo. Non riuscendo a liberarsene chiede aiuto a diversi abili gatti, ma tutti falliscono. Fa ricorso allora ad una vecchia gatta che riesce invece immediatamente a sbarazzarsi del topo. Inchinandosi a lei, Shōken e i gatti la interrogano su come sia riuscita nell’impresa, pregandola inoltre di illustrargli la sua tecnica.

Il discorso del demone sulle arti marziali. L’autore racconta di essersi recato in montagna alla ricerca dei tengu, demoni dalla forma di mezzo uomo e mezzo uccello dotati di poteri soprannaturali, per essere edotto da questi sull’arte della spada. I tengu si manifestarono e a turno iniziarono a raccontare fino a quando prese la parola un tengu maggiore.

Entrambe queste brevi favole filosofiche specificano che gli insegnamenti di per sé non possono produrre frutti. L’esercizio e la costanza sono fondamentali mentre se ci si limita a leggere i libri senza esercitarsi il principio non agisce sul corpo.

Ho letto molti volumi curati da Tea Pecunia, ma questo si discosta notevolmente dagli altri. Vero, alcuni concetti sono ricorrenti, ma complice forse la cultura di Issai Chozanshi che fu influenzata da dottrine che spaziavano dallo zen al taoismo, dal neoconfucianesimo allo shintoismo, quanto riportato in questo libro risulta un insegnamento un po’ più ostico da fare proprio e interiorizzare.

Insomma, una bella sfida, in linea con gli insegnamenti della vecchia gatta: Ora dovete semplicemente riflettere da soli sulle cose e cercare dentro voi stessi. Un maestro può solo insegnare la teoria, ma comprendere la verità è qualcosa che spetta a voi. Questo processo si chiama “afferrare da soli” (…)

 


domenica 22 dicembre 2024

“Rinascimento giorno per giorno” di Maura Melis

Il termine Rinascimento è solito richiamare alla mente un’immagine di rinascita e di ripartenza, ma in verità il periodo storico a cui fa riferimento fu caratterizzato da forti contrasti, continue guerre e sanguinose congiure.

L’immagine di un Rinascimento quindi legato al solo ricordo degli straordinari artisti che vissero a quel tempo, artisti quali Botticelli, Leonardo Da Vinci, Raffaello, Michelangelo, è solo uno degli aspetti che caratterizzarono questo periodo storico che iniziò a delinearsi alla metà del XIV secolo per terminare verso la metà inoltrata del XVI secolo.

Il libro di Maura Melis si pone l’obiettivo di raccontare i fatti accaduti nel corso di questi due secoli, non solo attraverso gli avvenimenti più conosciuti, ovvero quelli riportarti in tutti i manuali, ma anche attraverso quegli elementi all’apparenza forse meno evidenti però altrettanto rilevanti ai fini dell’evoluzione della storia.

La narrazione non può ovviamente prescindere dal racconto delle varie Corti italiane e dei loro protagonisti: principi condottieri, abili politici e papi. Tante le tipologie di governo e tanti gli aspetti che caratterizzarono principi e condottieri, ma un unico modo di esprimere il proprio prestigio: il mecenatismo e l’arte. Quegli stessi denari guadagnati con l’arte della guerra venivano spesi per abbellire i propri palazzi e dare lustro alla propria casata.

Il racconto di Maura Melis diventa quindi anche il racconto delle grandi dinastie e delle famiglie che furono protagoniste del Rinascimento: Este, Gonzaga, Montefeltro, Sforza, Visconti, Angiò, Aragona, Malatesta e poi loro, i Medici.

Firenze fu il centro propulsore del Rinascimento in Italia che da qui poi si propagherà nel Centro e nel Nord Italia e in un secondo momento nel meridione. Ogni generazione della famiglia Medici ebbe modo di lasciare la propria impronta a partire da Cosimo il Vecchio passando per Lorenzo il Magnifico fino ad arrivare a colui che fece della Toscana un Granducato, Cosimo I de’ Medici, figlio dell’ultimo importante capitano di ventura della storia, Giovanni dalle Bande Nere. Nel Rinascimento inoltre furono elettri ben due papi Medici: Leone X, figlio del Magnifico, e Clemente VII, figlio di Giuliano de’ Medici, fratello del Magnifico.

Il papato non era di fatto un governo tanto diverso dagli altri principati. Quello che differenziava Roma dagli altri Stati era il fatto di essere una monarchia non ereditaria, ma elettiva e che colui che assumeva la carica era sempre già avanti con gli anni, cosa che, nel bene e nel male, comportava un tempo limitato di governo con tutte le conseguenze del caso.

Maura Melis passa in rassegna non solo pittori e scultori, ma dà ampio spazio anche alla letteratura. Non potevano quindi mancare alcune pagine dedicate al Castiglione e alla sua opera più famosa “Il Cortegiano”.

Sempre con l’intento di porre l’accento sulla microstoria, Maura Melis, ci racconta anche di quelle figure, solo all’apparenza minori, che con il loro lavoro e la loro presenza influirono sulla storia con la “S” maiuscola: banchieri, mercanti, artigiani, militari, capitani, mercenari e condottieri, ma anche poveri e mendicati.

Quello della Melis è un libro molto interessante, scorrevole e di facile lettura, completo e molto ben documentato, prova ne è la copiosissima bibliografia.

Una lettura consigliata a chiunque voglia farsi un’idea di quest’epoca caratterizzata da mille contraddizioni, nella quale alla fioritura straordinaria delle arti fece da contraltare un periodo di guerre ininterrotte e violenza senza precedenti, basti ricordare il Sacco di Roma (1527), una delle pagine più sanguinose della storia.