L’ULTIMA INDAGINE DEL
COMMISSARIO
di Davide
Camarrone
SELLERIO
|
Davide
Camarrone si è ispirato per la storia narrata ne “L’ultima indagine del
Commissario” alle cronache del fallito attentato mafioso dell’Addaura, a Palermo, nel quale
avrebbero dovuto trovare la morte Giovanni Falcone e la moglie. Un attentato
fallito che qualcuno volle addirittura mascherare come una messinscena ad opera
dello stesso magistrato per trarne un qualche vantaggio personale.
La
cronaca del fatto è riportata nel post scriptum dell’autore al termine del
romanzo stesso.
Il racconto è ambientato a Palermo e
nel monrealese nel 1911, anno del Cinquantenario
dell’Unità d’Italia.
Al commissario Garbo viene affidato
l’incarico di scoprire cosa sia accaduto all’agente La Mantia e a sua moglie, entrambi
scomparsi da qualche giorno.
L’agente
La Mantia era
coinvolto in un’indagine di mafia a Monreale e, poiché svolgeva il suo compito
come infiltrato, l’ipotesi più probabile era che marito e moglie fossero stati
sequestrati o peggio assassinati.
Con
l’aiuto dei due suoi più stretti collaboratori, il delegato La Placa
e l’agente Calascibetta, e seguendo le informazioni fornitegli dal sostituto procuratore Giacosa, il
Cavalier Garbo si trova ben presto sulla giusta pista.
Viene
a conoscenza che il procuratore Diotallevi era stato sollevato dal suo incarico
e sostituto dal procuratore Castrogiovanni proprio mentre indagava su delle
società mafiose del monrealese e scopre inoltre che già un altro agente, un
tale Agnello, che operava anch’egli sotto copertura, era stato assassinato ma
la sua morte era stata archiviata come accidentale.
Gli
agenti La Mantia
ed Agnello erano inoltre stretti collaboratori proprio di quello stesso
procuratore Diotallevi allontanato dalla procura di Palermo e trasferito alla
procura de L’Aquila.
Ovviamente
trattandosi di un racconto “poliziesco”
non posso anticiparvi nulla di più per non guastare il piacere della lettura.
“L’ultima
indagine del Commissario” è un romanzo in cui si respira l’aria della Sicilia,
si sentono i suoi profumi, si gustano i suoi sapori.
In
ogni epoca e con qualunque forma di governo una cosa non è mai cambiata: il potere della mafia e la connivenza tra
questa e lo Stato, quella che così bene Camarrone definisce una trama
infinita di fili che “come un velo
funebre, da secoli avvolgeva l’intera città”.
Lo
scrittore è bravissimo a descrivere l’eterno
conflitto dei Siciliani tra paura e voglia di riscatto, tra il far finta di
non vedere, girarsi dall’altra parte e “quello
strano istinto autodistruttivo chiamato onestà”.
Leggendo
questo romanzo è impossibile non richiamare alla mente alcune pagine de “Il
giorno della civetta” di Leonardo Sciascia.
Il Cavalier Garbo divide l’umanità in
tre categorie: gli eroi, i vincitori e gli sconfitti.
Gli
eroi ovvero i sopravvissuti alla città di Palermo che lui definisce “nemica ai suoi figli migliori”, i
sopravvissuti, coloro che si affidano ai “potenti” o restano nell’incertezza
della paura e infine i peggiori ovvero i pochi vincitori alla cui categoria appartengono
i rapinatori, i ricattatori e gli assassini.
“L’ultima
indagine del Commissario” è un romanzo che lascia indubbiamente l’amaro in
bocca soprattutto se si pensa che proprio quello Stato che dovrebbe difendere i
cittadini ne è invece il carnefice.
Ma
è anche un romanzo che aiuta a riflettere e a non dimenticare che per quanto
difficile possa essere è necessario trovare
la forza ed il coraggio per continuare a combattere questo deprecabile sistema
perché come disse Giovanni Falcone “chi tace e piega la testa muore ogni volta
che lo fa, chi parla e chi cammina a testa alta muore una volta sola”.
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