lunedì 3 agosto 2020

“Le ceneri di Londra” di Andrew Taylor

Londra è assediata dalle fiamme.

L’incendio, divampato il 2 settembre del 1666 nella bottega di un fornaio, si è propagato per tutta la città devastandola in modo impressionante.

Le fiamme hanno raggiunto anche la cattedrale di St. Paul; il luogo di culto, fino a questo momento considerato invulnerabile, sta invece ora crollando come qualunque altro edificio dinnanzi allo sguardo attonito dei londinesi.

Catherine Lovett è preoccupata che suo padre possa trovarsi all’interno della chiesa e, incurante del pericolo, tenta di lanciarsi all’interno dell’edificio in fiamme.

A bloccarla è il giovane James Marwood che, grazie ai suoi pronti riflessi, impedisce alla donna di andare incontro a morte certa.

Catherine, invece di ringraziarlo per averla salvata, per divincolarsi dalla sua presa, lo morde violentemente a un dito e fugge via portando con sé il logoro mantello del giovane.

Facciamo così la conoscenza dei due protagonisti del romanzo, ma per comprendere meglio il successivo svolgersi degli eventi, occorre fare un piccolo passo indietro.

Nel 1660 Carlo II d’Inghilterra era riuscito a riconquistare il trono dopo la morte di Oliver Cromwell avvenuta nel 1658.

Nella violenta guerra civile che aveva portato Cromwell al potere molti erano periti e Carlo I, il  padre dell’attuale re, era stato giustiziato.

Carlo II, per mostrarsi un monarca clemente, aveva graziato tutti coloro che avevano tramato contro la Corona, ma non aveva perdonato i regicidi che erano stati invece tutti condannati a morte.

Qualcuno di loro però era riuscito a fuggire; Catherine Lovett è figlia di uno di questi fuggitivi.

Tom Lovett è un esponente della Quinta Monarchia, ovvero di coloro che auspicano l’avvento del regno dell’unico vero re, Cristo Re.

Dopo la fuga del padre la ragazza è stata prima ospitata da una zia e, alla morte di questa, si è trasferita a Barnabas Place presso il fratello della madre, Henry Alderley, un orefice che vanta una cospicua ricchezza oltre a notevoli influenze e conoscenze tra le alte sfere del potere politico.

Per desiderio di Alderley, Catherine è stata promessa a Sir Denzil Croughton, un nobile dall’aspetto piuttosto viscido e a corto di quattrini.

Inutile dire che Catherine non è per nulla intenzionata a diventare la vittima sacrificale sull’altare delle ambizioni dello zio.

Così, quando un evento fa precipitare la situazione, Catherine non si lascia intimidire dalle circostanze e fugge il più lontano possibile dallo zio Alderley, dalla zia Olivia e dal cugino Edward.

James Marwood è anch'egli figlio di un sostenitore della Quinta Monarchia condannato al carcere per essere stato trovato in possesso di documenti compromettenti.

Dopo cinque anni di prigione l’anziano è ormai l’ombra di se stesso e mostra seri segni di squilibrio mentale.

James è riuscito dopo numerosi appelli ad ottenere la libertà per il padre, ma in cambio ha dovuto accettare un lavoro come assistente e spia di Messer Williamson, il direttore della London Gazette .

All’interno della cattedrale di St. Paul viene ritrovato un cadavere. 

Vista la situazione non ci sarebbe nulla di straordinario in un tale rinvenimento, se non fosse che l’uomo risulta essere stato assassinato prima del crollo.

Il corpo infatti presenta sulla nuca il segno di una puntura, fatta probabilmente per mezzo di un lungo ago, ha le braccia ripiegate dietro la schiena e i pollici legati insieme con un pezzo di corda.

Inizia così, tra false piste e indizi fuorvianti, una serrata caccia all’assassino. 

Il caso, già all’apparenza non di facile soluzione, si complicherà ulteriormente quando James dovrà fare i conti con numerosi segreti, intrighi politici e misteriose figure che riemergono pian piano da un oscuro passato.

Sulla base delle vicende storiche ben documentate, come l’incendio di Londra e la ricostruzione della città, a cui presero parte personaggi realmente esistiti come l’architetto Wren, Andrew Taylor costruisce l’articolata trama del suo romanzo.

“Le ceneri di Londra” è un romanzo che presenta numerosi personaggi ognuno dei quali gioca un ruolo fondamentale nell’intreccio narrativo.

Non nascondo che all’inizio si fa un po’ fatica ad entrare nel complesso ingranaggio della trama dai molteplici fili narrativi, ma dopo i primi capitoli il racconto diviene più accessibile e ci si può abbandonare al ritmo incalzante della narrazione.

Entrambi i protagonisti riescono a creare un rapporto empatico con il lettore, ma forse James Marwood è quello che tra i due riscuote più simpatia.

Catherine viene descritta come una giovane strana e bisognosa di protezione, ma nonostante gli eventi di cui è vittima, resta sempre presente a se stessa e, contrariamente all’apparenza, si dimostra ben determinata nel voler scegliere la propria strada.

James Marwood è quello che si muove sul terreno più insidioso, spesso in bilico nel dover scegliere tra l’essere leale verso la Corona o verso il padre. È un giovane sensibile, sempre pronto ad aiutare il prossimo, dotato di un forte senso del dovere, ma anche molto perspicace, intelligente e acuto, doti fondamentali per il lavoro che deve svolgere.

“Le ceneri di Londra” è un romanzo storico coinvolgente e ricco di colpi di scena; un libro dalla trama complessa e dalla varietà di personaggi in grado di soddisfare anche il più esigente lettore appassionato del genere.

 

 


sabato 1 agosto 2020

“Il segreto di Ippocrate” di Isabella Bignozzi

Hippokràtes avverte che la sua fine è ormai vicina; vorrebbe avere ancora la forza di poter mettere nero su bianco i ricordi e gli insegnamenti del padre Heraclides e di tutti gli altri suoi maestri, raccontare dei suoi studi e dei suoi numerosi viaggi, delle molte persone conosciute nel corso degli anni, ma
Hippokràtes è ormai anziano e i suoi occhi sono troppo stanchi per poter mettere a fuoco il segno dell’inchiostro sulla pagina.

Così, il genero Pòlybos, il suo miglior discepolo, si offre di aiutarlo scrivendo per lui sotto dettatura quanto vorrà rivelargli della sua esistenza piena e ricca di avvenimenti.

Il racconto inizia con i ricordi di infanzia del medico nato sull’isola di Kos e del tempo da lui trascorso insieme all’amico fraterno Timàs, il figlio di Agapios, il fattore della sua famiglia.

Hippokràtes, unico figlio maschio, apparteneva ad una famiglia agiata e molto stimata.

I suoi genitori, seppur esponenti di una classe privilegiata, erano però persone scevre da ogni tipo di pregiudizio e così, fin da bambino, Hippokràtes aveva potuto condurre un’esistenza molto serena accanto alle persone più diverse.

Durante le giornate accompagnava l’amico Timàs nei campi per aiutarlo nei lavori della fattoria e alla sera, dopo le consuete abluzioni, era solito prendere lezioni da un anziano insegnante.

Il romanzo racconta degli studi condotti dal giovane Hippokràtes, della sua passione per la medicina, divampata quasi per caso ascoltando una lezione tenuta dal padre ai suoi studenti, delle cure occorse al suo primo paziente e dell’amore per la bellissima e imprevedibile Chlòe.

“Il segreto di Ippocrate” è basato su avvenimenti realmente accaduti e tramandatici dagli storici, ma la storia di Hippokràtes raccontata da Isabella Bignozzi è per la maggior parte frutto della sua fervida fantasia.

Il vecchio Hippokràtes che si confronta ogni giorno con Pòlybos ha i tratti tipici della persona anziana: i repentini scatti d’umore, la frustrazione nel dover prendere coscienza che il proprio corpo non risponde più come prima, gli sforzi fatti nel tentativo di rassegnarsi al fatto di essere giunti ormai al capolinea quando in realtà si avrebbe ancora tanta voglia di fare e tante cose da dire, la malinconia nel ricordare i tempi passati soffermandosi con indulgenza su quell’immagine di sé in gioventù.

Il giovane Hippokràtes raccontato dall’anziano è invece, un ragazzo prima e un uomo poi, sempre molto critico con se stesso e spesso insicuro, ma la sua insicurezza è ciò che lo renderà il grande medico che noi tutti oggi conosciamo.

Proprio grazie a questi suoi dubbi egli è spronato fin dall’inizio a lavorare duramente per acquisire sempre più sicurezza in se stesso e nel suo sapere.

Il più grave errore che un medico potrebbe compiere sarebbe proprio quello di essere troppo sicuro e presuntuoso.

Uno dei primi preziosi insegnamenti che Hippokràtes riceve dal padre Heraclides è infatti quello di ascoltare sempre il malato, perché il vero protagonista della medicina non è mai il medico ma il malato stesso. Un utile consiglio che gli verrà dispensato anche in seguito da altri medici incontrati sul suo cammino.

Ho consumato gli occhi nel leggere mille manoscritti, ho impolverato i calzari in innumerevoli viaggi, ai confini della civiltà; ho impegnato la mente senza posa, riflettendo su cause ed effetti; graffiato le mani per cogliere e mondare erbe, fiori e arbusti.

L’immagine di Hippokràtes che ci regala Isabella Bignozzi è quella di un novello Prometeo che ruba il fuoco agli dei per donarlo agli uomini.

La sete di conoscenza di Hippokràtes non è un qualcosa di fine a se stesso, qualcosa che lui ricerchi per lusingare la propria intelligenza, ma piuttosto la necessità di capire, comprendere quanto più possibile delle cause e degli effetti al fine di mettersi al servizio del prossimo.

Egli rifugge la gloria, non vuole essere un eroe, il suo desiderio più grande è semplicemente quello di salvare delle vite umane e di lenire, per quanto più gli è possibile, le sofferenze altrui.

La sua è una vita dedicata a fare del bene e ogni suo dubbio nasce dal fatto di poter sbagliare, di non essere in grado di arrivare in tempo al capezzale di un malato, di non riuscire a fare tempestivamente una diagnosi corretta.

Egli è angosciato dall’idea che il destino giochi un ruolo eccessivo e perverso nella vita degli uomini.

Hippokràtes è descritto in fin dei conti come un uomo come tanti altri, con le sue insicurezze e le sue debolezze, anch’egli come tutti nella vita prova talvolta sconforto ed entra in crisi, ma tutto ciò non fa che renderlo una figura ancora più vera, più reale.

Tutti i personaggi del libro in verità sono ben caratterizzati e sanno come farsi amare dal lettore dal lettore, ma la figura di Hippokràtes sopravanza indubbiamente tutti gli altri per carisma e fascino.

Isabella Bignozzi con la sua prosa elegante e raffinata ha ricreato un affresco dell’epoca così vivo e particolareggiato che per il lettore è impossibile non farsi trascinare dalla fantasia tanto da riuscire a percepire quasi in prima persona il fragore di quelle onde che si infrangono contro la scogliera e scorgere le navi all’orizzonte che si dirigono verso il porto.

Tra le pagine de “Il segreto di Ippocrate” possiamo perderci tra le fila dell’immenso esercito di Ciro, ripercorrere i miti, incontrare personaggi quali Socrate e Empedocle, ritrovare l’antica saggezza degli antichi greci, visitare gli antichi templi, tutto grazie alle descrizioni dettagliate e puntuali della sua autrice.

Leggendo questo bellissimo e struggente romanzo si intuisce quanto grandi siano l’amore e il rispetto che Isabella Bignozzi prova per questo mondo da lei descritto così accuratamente spesso facendo uso anche di termini in greco antico che contribuiscono sensibilmente a ricreare l’atmosfera dell’epoca.

“Il Segreto di Ippocrate” è un libro che conquista il lettore fin dalla prima pagina proprio grazie alla passione dell’autrice, una passione che si rivela fin da subito irrimediabilmente contagiosa.

   

 


lunedì 27 luglio 2020

“The Witcher” (Il guardiano degli innocenti – La spada del destino) di Andrzej Sapkowski

Geralt di Rivia, il protagonista della saga nata dalla penna del polacco Andrzej Sapkowski, è uno strigo.

Il suo lavoro consiste nell’uccidere o nel rendere inoffensiva ogni tipo di creatura malvagia (vampiri, demoni, orchi, doppler e quant’altro), creature terrificanti che nessuno avrebbe mai il coraggio di affrontare.

Geralt ha un suo codice da rispettare e, contrariamente a quello che si potrebbe pensare, non è né un assassino senza scrupoli né un comune mercenario.

Come ogni strigo anche lui è stato strappato alla famiglia di origine quando era solo un bambino e, attraverso un duro e difficile addestramento, è stato trasformato in un individuo che neppure i guerrieri più forti sono in grado di battere.

Attraverso la somministrazione di erbe e pozioni Geralt di Rivia ha subito una trasformazione che lo ha mutato profondamente nell’aspetto e nello spirito.

La mutazione dovrebbe avergli interdetto ogni comune sentimento umano, ma Geralt non è come gli altri della sua specie, non solo è il più potente di tutti, ma spesso sembra provare emozioni che non dovrebbe e delle quali lui stesso è il primo a stupirsi.

La saga di The Witcher si compone di otto libri, tre libri di racconti e cinque romanzi.

Vi indico i titoli secondo l’ordine di lettura, non quello di pubblicazione:

- Il guardiano degli innocenti

- La spada del destino

- Il Sangue del Elfi

- Il tempo della guerra

- Il battesimo del fuoco

- La Torre della Rondine

- La Signora del Lago

- La stagione delle tempeste

I primi due libri sono raccolte di racconti da leggersi per primi perché propedeutici alla lettura dei romanzi dove si trovano riferimenti a fatti già accaduti e si incontrano personaggi con i quali si è già fatto precedentemente conoscenza.

Pur non amando particolarmente il genere letterario del racconto, non ho trovato alcuna difficoltà nel leggere “Il guardiano degli innocenti” e “La spada del destino”.

I racconti di Sapkowski sono molto ben strutturati e collegati tra loro; alcuni personaggi inoltre si ritrovano spesso in più di un racconto agevolando così ulteriormente la lettura ed evidenziando l’interdipendenza delle varie storie.

A tutti gli effetti questi due volumi più che una raccolta di racconti vera e propria potrebbe considerarsi come un unico romanzo dalla trama piuttosto frammentaria.

La lettura risulta molto scorrevole, il ritmo veloce e la suspense sempre molto alta.

Tra i personaggi che ricorrono più spesso nei primi due libri troviamo: Ranuncolo, il bardo amico dello strigo e Yennefer, la maga della quale Geralt sembrerebbe essere innamorato.

Ho usato volontariamente il condizionale perché Geralt per dirsi innamorato dovrebbe essere in grado di provare emozioni, ma questo non contrasta forse con la sua natura di strigo?

E poi, come ignorare la possibilità che Yennefer abbia ammaliato Geralt con le sue arti magiche?

Infine c’è la piccola Ciri, nipote della regina Calanthe, la bimba destinata fin dalla nascita a Geralt.

Lo strigo però non crede al destino: quale sarà quindi il ruolo di Ciri? Geralt dovrà ricredersi sul potere che il destino esercita sulla vita degli uomini?

Non è ovviamente mia intenzione svelarvi nulla di più perché spetta a voi scoprire la verità leggendo la storia.

Non è facile trovare una saga fantasy avvincete ed emozionante tanto da volersi impegnare a leggere molti volumi, ma The Witcher mi ha totalmente conquistata con la sua trama coinvolgente, i suoi intriganti personaggi, il suo affascinante mondo popolato di creature fantastiche e mostruose, e con i suoi numerosi e continui riferimenti alla letteratura fantasy, alla favolistica e alla mitologia.

Da questa saga, dalla quale è nato anche un videogioco, è stata ultimamente tratta anche una serie TV andata in onda su Netflix nei mesi scorsi.

Al videogioco non sono assolutamente interessata; per quanto riguarda invece la serie TV sono molto indecisa se guardare ora la prima stagione o attendere di aver terminato di leggere tutti i volumi perché dal trailer sembrerebbe discostarsi parecchio dai primi due libri che ho letto.




sabato 25 luglio 2020

Ritorno a Firenze

Firenze, contrariamente a quanto si sente dire ultimamente, è tutt'altro che una città semideserta, Firenze in realtà oggi è più viva che mai.

È vero, non è più assediata dalla folla di turisti giapponesi, americani, cinesi… ma tutto ciò rende la visita della città oltremodo gradevole, ordinata e tranquilla.

Non fraintendetemi, non sono né razzista né insensibile ai problemi economici di chi vede le proprie attività commerciali in difficoltà, dico solo che potersi godere due giorni a Firenze a luglio senza ressa è veramente un sogno che si realizza.

Ho avuto la possibilità di osservare particolari di Ponte Vecchio che non mi era mai capitato di poter osservare prima quando sul ponte sembrava di stare sul bus all'ora di punta.

Certo, resta la tristezza nel constatare che molte saracinesche a Ponte Vecchio sono rimaste abbassate così come in altre parti della città ad esempio nel Borgo di Ognissanti.



Firenze però è unica e non ho dubbi che presto tornerà ad essere quella di sempre, la regina indiscussa delle città d’arte e che, per visitarla con un po’ di serenità, si tornerà ad andare nei mesi autunnali e invernali.



Nello scorso weekend ho trascorso due giorni indimenticabili girovagando senza una meta, lasciandomi trasportare dalla magica atmosfera che pervade le sue strade, visitando monumenti e musei seguendo solo l'istinto del momento, nessuna prenotazione, nessun biglietto staccato con mesi di anticipo.











Ogni luogo immortalato da queste foto meriterebbe un post specifico a lui dedicato, ma ci sarà tempo per questo.

Lo scopo di questo post è solo quello di invogliarvi a visitare Firenze ora perché, credetemi, la città non è mai stata così bella ed accogliente come in questo particolare momento.

E se state pensando che io sia di parte, va bene ve lo concedo ma solo un pochino... 

Vi è mai successo di voler abbracciare una città? Ecco, a me a Firenze succede sempre.



Due parole ancora vorrei però spenderle per un piccolo museo che ero molto curiosa di visitare.

Il Museo de’ Medici si trova nel Palazzo Sforza Almeni, sito al numero 12 di via Dei Servi.

È una piccola realtà nata da poco e per questo forse ha sofferto più di altre il lockdown e il successivo calo di turisti.

Non vanta grandi spazi espositivi, ma quei pochi sono molto ben curati e messi spesso a disposizione per interessanti iniziative.

Vi sono esposti numerosi ritratti degli esponenti della più potente famiglia toscana oltre a documenti, medaglie, manoscritti e ogni genere di cimelio.

Una saletta è poi dedicata alla cantina dei vini medicei; non tutti sanno, infatti, che fu proprio grazie ad un editto promulgato da Cosimo III de’ Medici se il vino toscano è stato tutelato fin dal 1716.



Se siete appassionati della storia dei Medici questo museo è senza dubbio da aggiungere all'elenco delle tappe obbligate.



lunedì 13 luglio 2020

BE.GO. Museo Benozzo Gozzoli (Castelfiorentino)


Benozzo Gozzoli (Firenze, 1420-1421 circa – Pistoia, 1497) è conosciuto dai più per il celebre affresco del Corteo dei Magi commissionato da Piero de’ Medici, detto il Gottoso, affresco che possiamo ammirare nella cappella privata di Palazzo Medici Riccardi a Firenze.

Oggi, però, vorrei parlarvi del BE.GO., un museo a Castelfiorentino dove sono esposti gli affreschi di due bellissimi tabernacoli opera dell'artista.


Benozzo Gozzoli li affrescò proprio qui a distanza di qualche anno l'uno dall'altro.

Nel tabernacolo della Madonna della Tosse vengono raccontati gli episodi della vita della Vergine.



Nel tabernacolo della Madonna della Visitazione troviamo invece rappresentati episodi della vita di Gioacchino ed Elisabetta, la nascita della Vergine, l’Annunciazione.  



Questi affreschi, per problemi di conservazione, furono staccati dai loro siti originali ed esposti in luoghi diversi fino a trovare la loro attuale collocazione nel 2008 in questo museo a loro dedicato.

Il BE.GO. è una piccola realtà museale come tante se ne trovano sul territorio italiano, realtà che sono purtroppo spesso messe in ombra da altre che possono vantare più vaste collezioni .

Il museo Benozzo Gozzoli presenta spazi molto moderni e funzionali all'esposizione degli affreschi così che questi possono essere osservati da ogni angolazione. 


Sono inoltre esposte anche alcune sinopie e proprio a questa tecnica che prevedeva l’uso di disegni preparatori su un primo strato di intonaco sono dedicati dei dettagliati pannelli esplicativi.



Il BE.GO. è un museo moderno creato su misura per l’esposizione dei suoi affreschi, un museo dotato di strumenti interattivi dove troverete un personale gentile e competente.

L’ho visitato lo scorso anno durante uno dei miei giri in Toscana e mi sono innamorata di questa realtà magari piccola nelle dimensioni, ma grande per qualità artistica ed espositiva.




Assolutamente da acquistare la guida del museo, un libretto di sole 80 pagine caratterizzato da una grafica molto ben curata e da testi  molto dettagliati.


Qui il link del sito del BE.GO. Museo Benozzo Gozzoli di Castelfiorentino (FI)

sabato 11 luglio 2020

“Il cavaliere del Giglio” di Carla Maria Russo


IL CAVALIERE DEL GIGLIO
di
Carla Maria Russo
PIEMME
Il romanzo racconta la storia di Farinata degli Uberti, nobile condottiero fiorentino, celebre protagonista del X canto dell’Infermo di Dante.

Il racconto inizia nel 1216 quando Farinata è ancora un ragazzino di appena dodici anni, ma già si può scorgere in lui la figura di quello’uomo forte, autorevole e coraggioso che diventerà in seguito.

Terzo maschio di Jacopo degli Uberti, Farinata è il preferito del nonno Schiatta degli Uberti, capo indiscusso della  sua casata nonché personaggio molto rispettato dall’intera fazione ghibellina.

Da alcuni lustri a Firenze si respira un’aria distesa, guelfi e ghibellini sembrano aver raggiunto un equilibrio, ma tutto ciò non è purtroppo destinato a durare.

L’incidente che ridesta le ostilità tra i due partiti avviene al banchetto offerto dalla famiglia Mazzinghi per celebrare l’elevazione a cavaliere del figlio Mazzingo Tegrimi.

Complici il vino e le animosità mai davvero sopite, nasce una violenta discussione per futili motivi che degenera senza rimedio.
Buondelmonte dei Buondelmonti estrae il pugnale con l’intento di colpire a morte Oderigo dei Fifanti, ma fortunatamente questi viene raggiunto solo al braccio e non in pieno petto dove aveva mirato Buondelmonte.

Schiatta degli Uberti il giorno dopo cerca con ogni mezzo di scongiurare che le cose degenerino ulteriormente e, anche se a gran fatica, sembra riuscire a ricomporre la frattura.

I guelfi Buondelmonti si impegnano a chiedere pubblicamente scusa alla famiglia ghibellina offesa dalla quale riceveranno, secondo le usanze, il bacio della pace.
Buondelmonte per suggellare tale pace sposerà la figlia di una famiglia ghibellina.
La scelta ricade su Beatrice Pandolfini Amidei, nipote di Fante dei Fifanti.

Tale accomodamento però non è per nulla ben visto dal cugino di Buondelmonte, l’arrogante e invidioso Ranieri Zingane, né dall’ambiziosa e altera Gualdrada Donati che insieme complottano per mandare a monte il matrimonio con l’intento di scatenare una guerra ed allo stesso tempo umiliare il loro inviso comune nemico Schiatta degli Uberti. 

Il racconto del romanzo si conclude con l’epica battaglia di Montaperti (1260), una battaglia così cruenta e sanguinosa che Dante nella sua Divina Commedia la descrisse come “lo strazio e ’l grande scempio che fece l’Arbia colorata in rosso”.

Tante cose accaddero nella vita di Farinata e in quella del suo inseparabile fratello Neri degli Uberti in quel lasso di tempo che va dal 1216 al 1260.

Il romanzo di Carla Maria Russo riesce a condensare tutto in solo trecento pagine: amori, battaglie, tradimenti, passioni e lo fa in modo incredibile.

I fatti si susseguono sotto i nostri occhi come se assistessimo agli eventi in prima persona; il ritmo del romanzo è incalzante, coinvolgente e non lascia al lettore un secondo di tregua.
Per chi come me poi conosce piuttosto bene la topografia di Firenze e di Siena nonché i territori circostanti dove si svolsero i fatti è impressionante vedere, leggendo le pagine del libro, come sia possibile distinguere ogni singolo dettaglio delle battaglie, degli spostamenti degli eserciti e non solo.

I personaggi sono tutti ben caratterizzati e l’autrice, pur attenendosi ad una scrupolosa e meticolosa ricostruzione storica, riesce a ricreare in modo magistrale le atmosfere proprie della narrazione romanzesca.

Vuoi per le letture dantesche, vuoi perché la storia viene di solito tramandata dai vincitori, in questo caso dai guelfi, la verità storica sulla famiglia degli Uberti e del partito ghibellino è giunta a noi piuttosto lacunosa e probabilmente anche distorta.

Il guelfo Dante però nel suo X canto dell’Inferno non manca di manifestare il suo più profondo rispetto nei confronti di Farinata degli Uberti, un uomo rigoroso, ma sempre coerente nelle sue scelte; un nemico per Dante, ma pur sempre un avversario politico di valore e, come tale, degno della sua stima.

Ranieri, detto Neri, era maggiore di un anno di Farinata, ma fin da quando erano bambini  aveva riconosciuto nel fratello minore quel capo che anche in età adulta avrebbe seguito riconoscendone le indiscusse capacità e virtù proprie di un guida.

Neri e Farinata erano entrambi coraggiosi, intraprendenti e leali, ma Farinata degli Uberti possedeva alcune virtù più sottili che lo differenziavano dal fratello, egli riusciva ad essere audace e umile allo stesso tempo, sempre attento e pronto nel saper valutare le situazioni così da poterle volgere a proprio vantaggio .

Per Farinata e Neri, così come per Schiatta degli Uberti e per tutti i loro antenati, l’onore e il nome della famiglia erano sacri.

Proprio in nome di questo loro onore, mai sarebbero venuti meno al sacro giuramento di difendere la città di Firenze anche a costo di dover piegare il loro orgoglio in difesa del Giglio di Firenze e dell’Aquila imperiale.

Accanto a uomini di tale reputazione ed integrità non potevamo non trovare donne di minor valore ed ecco allora apparire sulla scena la determinata, intraprendente e coraggiosa Adaleta e la bella, dolce e devota Gemma di Ranieri Zingane.

“Il cavaliere del Giglio” è stato una piacevole scoperta, un libro di cui mi sono innamorata fin dalle prime pagine, una storia ricca di avvenimenti e dai personaggi affascinanti e seducenti.

Le figure dei due fratelli che emergono dal romanzo di Carla Maria Russo richiamano alla memoria quelle di altre due celebri figure vissute quasi duecento anni dopo, Lorenzo e Giuliano de’ Medici.

Sarebbe bello un giorno poter vedere una serie TV tratta da questo entusiasmante romanzo che a mio avviso possiede tutti i requisiti necessari per una meravigliosa e appassionante trasposizione cinematografica.


“O Tosco che per la città del foco

vivo ten vai così parlando onesto,
piacciati di restare in questo loco

La tua loquela ti fa manifesto
di quella nobil patrïa natio,

a la qual forse fui troppo molesto".
Subitamente questo suono uscìo
d'una de l'arche; però m'accostai,

temendo, un poco più al duca mio.
Ed el mi disse: "Volgiti! Che fai?
Vedi là Farinata che s'è dritto:

da la cintola in sù tutto 'l vedrai".
 (Canto X, Inferno, Divina Commedia – Dante Alighieri)



Vi lascio qui di seguito i link di alcuni post per approfondire gli argomenti:




mercoledì 8 luglio 2020

“Il libro dei sette sigilli” di Barbare Bellomo


IL LIBRO DEI SETTE SIGILLI
di
Barbara Bellomo
SALANI
Margherita Mori è una scrittrice divulgativa, una studiosa di storia e archeologia.

Un giorno si imbatte in un manoscritto redatto nel diciassettesimo secolo da Haley McGrath, priore di una confraternita di Dublino.

Tale manoscritto narra la storia di un libro profetico trovato da una bambina di nome Aicha nel 1191 nel deserto nella Giudea e più precisamente tra le rovine della città di Masala.

Il libro, un piccolo volume dalle pagine di ferro e dalle dimensioni di una mano, conterrebbe le profezie della profetessa Anna, vissuta al tempo di Cristo e ricordata nel Vangelo secondo Luca.
Un testo profetico con sette sigilli, in verità, è ricordato anche nel Nuovo Testamento, nell’Apocalisse di Giovanni.

Ispirata da questa storia Margherita Mori scrive il suo primo romanzo intitolato “Il libro delle profezie”.

Quello che all’apparenza sembrerebbe solo un innocuo romanzo di fantasia ispirato ad antiche fonti, si rivelerà esser invece qualcosa di molto diverso e pericoloso anche per la sua stessa autrice.

Margherita si ritroverà al centro delle mire di un misterioso Ordine il cui intento è quello di scovare il Libro dei sigilli con lo scopo di provocare la caduta della Gerusalemme terrena e l’avvento della Gerusalemme celeste.

In questa avventura Margherita Mori conoscerà molte persone e molte di queste cadranno vittime dell’Ordine che le dà la caccia.

La situazione si complicherà sempre più tanto che per Margherita diventerà davvero difficile capire di chi potersi fidare.

Chiunque potrebbe essere il traditore: il tenente dei Ros, la scontrosa e sgarbata Erika Cipriani, oppure il tenente dei Carabinieri Daniele Landi, sempre così gentile e premuroso? E perché no? magari il timido Vincenzo Busi, il gesuita allievo di Padre Costarelli?  E se invece il traditore fosse proprio il bel pianista dagli occhi blu? Alessandro Luzi, il nuovo amore di Margherita?

La protagonista, Margherita, è un personaggio che ispira subito simpatia nel lettore e scatena in lui un immediato istinto di protezione.

Margherita è una donna a cui non piace stare al centro dell’attenzione, non è interessata alle interviste, ai giornali e alle comparsate nelle varie trasmissioni televisive, del suo lavoro di scrittrice, ella apprezza soprattutto il tempo che può trascorrere da sola a scrivere nel suo studio immaginando una realtà diversa dalla propria.

È affetta da ipermnesia ovvero è in grado di ricordare ogni singolo dettaglio della propria vita; un segreto, questo, che non ama condividere con gli altri.
Questa sua capacità di ricordare ogni cosa l’ha portata nel corso degli anni ad isolarsi dal resto del mondo divenendo per lei sempre più difficile riuscire a convivere con il ricordo di fatti dolorosi che, seppur accaduti tanti anni prima, per lei purtroppo sono destinati a mantenere immutata la loro intensità.

Margherita è una donna molto intelligente e solo all’apparenza una donna fragile, dimostrerà infatti una forza ed una determinazione non comuni quando si troverà a dover affrontare ogni tipo di rischio e pericolo.

Erika Cipriani è l’altro personaggio femminile del libro che divide la scena con Margherita.
Il tenente Cipriani, al contrario di Margherita, si presenta come una donna fredda e risoluta, ma nonostante un carattere alquanto intrattabile, saprà dimostrarsi una persona affidabile e degna di fiducia.

La narrazione si svolge su diversi piani narrativi: la storia principale, la storia del ritrovamento del libro da parte di Aicha, la storia di Anna, la storia di Rachele e infine la storia ambientata nella Roma occupata dai nazisti.
Filo conduttore di tutte queste storie ovviamente il libro delle profezie di Anna.

Barbara Bellomo è stata davvero brava a tessere le fila di una trama così intricata e complessa che, nonostante i numerosi salti spazio-temporali e i numerosi personaggi, risulta sempre scorrevole e fluida, mai incomprensibile o di difficile lettura.

“Il libro dei sette sigilli” è un romanzo che si legge tutto d’un fiato, mai scontato, dove tutto può accadere perché nulla è mai come sembra, c’è sempre un colpo di scena ad attendere il lettore che non può non restare avvinto dal ritmo incalzante e dalla trama adrenalinica degna dei migliori romanzi thriller nati nel corso degli anni sulla scia de "Il codice Da Vinci" di Dan Brown, il più famoso di tutti.