George
Orwell (pseudonimo di Eric Arthur Blaire) nasce nel 1903 a Motihari nel Bengala
dove il padre, di origine anglo-indiana, era funzionario statale.
Nel 1904
torna in Inghilterra con la madre e le due sorelle. Nel 1917, ottenuta una
borsa di studio presso il collegio St. Cyprian di Eastbourne, viene ammesso ad
Eaton dove resta quattro anni.
Nel 1922 si
arruola, seguendo le orme paterne, nella Polizia Imperiale in Birmania; Orwell
è duramente segnato da questa negativa esperienza di vita, disgustato
dall’arroganza imperialista, non riesce ad accettare la funzione repressiva
impostagli dal ruolo che è costretto a svolgere.
Nel 1928
lascia la Polizia
Imperiale e si trasferisce a Parigi dove vive di espedienti e
della carità popolare. L’anno successivo, nel 1929, torna a Londra dove
continua a vivere nell’indigenza.
Nel 1936 si
sposa e parte volontario per la
Spagna arruolandosi nelle brigate antifranchiste. Trasferito
a Barcellona si arruola tra i trotzkisti, ma quando questi vengono dichiarati fuori
legge dal governo repubblicano a maggioranza comunista lascia in fretta la Spagna e fa ritorno in
Inghilterra.
In patria
collabora con riviste, giornali e cura una serie di trasmissioni per la BBC.
Muore di
tubercolosi a Londra nel 1950.
Così a
grandi linee può essere riassunta la vita di George Orwell, opinionista
politico-culturale e romanziere, considerato uno dei saggisti più conosciuti
del XX secolo. Le sue opere più famose sono “ La fattoria degli animali”
(pubblicato nel 1945) e “1984”
(uscito nel 1948).
Ultimamente
ho avuto occasione di rileggere in lingua originale due suoi romanzi,
certamente meno conosciuti, ma che a mio avviso sono molto interessanti perché
fondamentali per capire il carattere, l’ideologia e il pensiero di Orwell:
“Senza un soldo a Parigi e a Londra” (“Down and Out in Paris and London”) e “La
strada di Wigan Pier” (“The Road to Wigan Pier”).
Franco
Garnero, nel suo saggio “Giustizia e libertà” (prefazione a “Romanzi” di
Orwell, Mondadori), pur definendo la scrittura di Orwell una scrittura
politica, ritiene che lo scrittore non debba e non possa essere definito un
politico nel senso stretto del termine, sia per la forte avversione che nutriva
per le ideologie sia per la sua ossessione di voler raccontare sempre la verità
oggettiva dei fatti. In tutti i suoi libri, infatti, Orwell si sforza, per
quanto possibile, di non prescindere mai da questo principio di “oggettività”
dichiarando sempre che quanto raccontato è il frutto di un’esperienza diretta o
di una testimonianza altrui della quale indica sempre il grado di
attendibilità.
E proprio a
questi principi sono pienamente riconducibili i due libri da me sopra indicati.
“Senza un
soldo a Parigi e a Londra” opera prima di George Orwell esce nel 1933. Il
romanzo racconta le esperienze di vita vissute nelle due capitali europee
immediatamente dopo essersi dimesso dalla Polizia Imperiale in Birmania nel
1928.
Attraverso
le pagine di questo libro lo scrittore ci racconta lo squallore e la miseria
dei bassifondi parigini, la fatica di trovare un luogo dove dormire e la fortuna di riuscire ad ottenere un lavoro per poter sopravvivere, anche
se un lavoro umile come quello del lavapiatti, un lavoro massacrante che riduce
un uomo ad uno schiavo, costretto a lavorare fino a 18 ore al giorno, senza più
tempo per “vivere”. Orwell ci porta a conoscenza di un mondo sconosciuto fatto
di elemosina, lenzuola usate, pidocchi, sporcizia e visite al banco dei pegni,
un mondo dove la dignità dell’essere umano è continuamente calpestata. Quello
che colpisce di più è che, anche all’interno di questa società del sottosuolo, imperversi una divisione classista: così il lavapiatti è l’ultimo gradino dei
lavoratori di alberghi e ristoranti, i mendicanti e i barboni sono ben al di
sotto di coloro che disegnano per la strada in cambio di qualche spicciolo dai
passanti e così via…
Ci sono poi
le differenze evidenziate tra l’essere un barbone a Parigi piuttosto che a
Londra. In quest’ultima città come sottolinea Orwell le leggi contro l’accattonaggio
sono molto più severe, non è quindi concesso dormire per la strada né chiedere
l’elemosina. Da qui l’obbligo di trovare ulteriori espedienti per poter
sopravvivere, un esempio su tutti il partecipare a riunioni religiose in cambio
di “una tazza di te”.
Questo
mondo, sconosciuto ai più, viene raccontato attraverso aneddoti, anche
divertenti pur nella loro crudeltà e tragicità, con dovizia di particolari. Lo
stile usato è una via di mezzo tra un racconto picaresco e una cronaca
giornalistica, ferma la veridicità provata in prima persona delle vicende
raccontate.
Una cosa è
certa: dopo aver letto questo libro mangiare in un ristorante non sarà più la
stessa cosa…
“La strada
di Wigan Pier” libro pubblicato nel 1937, è un volume di forte impronta socialista
dove sono affrontati i temi della disoccupazione e delle condizioni dei
minatori inglesi.
Il libro
nasce dall’indagine che Orwell dovette svolgere su commissione del Left Book
Club, un’associazione filo socialista, nelle zone colpite dalla depressione
economica.
Il tema
dominante di questo libro, tema peraltro comune a molti suoi scritti, è la
difesa del proletariato, dei deboli e della libertà individuale. Ritroviamo
inoltre il tema del classismo: Orwell, avvalendosi di elementi e racconti
autobiografici, sottolinea quanto sia difficile se non impossibile abbattere il
muro delle “caste”. Secondo lo scrittore il sistema classista inglese non è del
tutto spiegabile in termini monetari ma si tratta a tutti gli effetti un
sistema di “casta” che lui paragona a “un moderno villino mal costruito e
infestato da fantasmi medievali”.
Sempre
citando il saggio di Franco Garnero “il socialismo di Orwell si riassume in
definitiva nella formula del proclama di The Road to Wigan Pier, “giustizia” e
“libertà”, che è poco definita sul piano politico ma esprime con forza esigenze
ben circostanziate su quello morale. In fondo il suo conservatorismo non è che
il desiderio di moralizzare la politica e l’economia”. In effetti, Orwell è per
certi versi contraddittorio quando da un lato auspica il superamento della
divisione in classi della società ma dall’altro ha paura che questo accada a
discapito delle qualità più distintive della classe borghese alla quale
appartiene.
Un unico
avvertimento prima di augurarvi una buona lettura: non dimenticate che questi testi
sono stati scritti nella prima metà del secolo scorso.