Shelley scrisse “Zastrozzi”
all’età di 17 anni mentre frequentava l’ultimo anno ad Eton College. Due furono
i romanzi scritti dal poeta durante questo periodo “Zastrozzi” e “St. Irvyne or
the Rosicrucian” entrambi pubblicati nel 1810.
Come più volte sottolineato
dalla critica, entrambe le opere sono di scarso valore letterario, ma hanno un
loro valore in quanto anticipano tematiche che saranno poi ampiamente
sviluppate nella poetica di Shelley.
“Zastrozzi” è a tutti gli effetti
un romanzo gotico che molto deve alla tradizione di questo genere e ai suoi
autori, primi tra tutti si possono notare i molti i richiami ad Anne Radcliffe (The Mysteries of
Udolpho, 1794) e a Matthew Gregory Lewis (The Monk, 1797).
La trama del romanzo è in realtà
molto semplice:
Zastrozzi aiutato dai suoi due
compari, Bernardo ed Ugo, rapisce Verezzi che alloggia in una locanda e lo
nasconde in una caverna dove lo tiene incatenato al buio nutrendolo solo con
pane ed acqua. A seguito di un forte temporale, il tetto della caverna crolla e,
a causa delle pessime condizioni di salute del prigioniero, Zastrozzi, che lo vuole
comunque mantenere in vita, decide di lasciarlo alle cure di una domestica di
fiducia in una dimora nascosta ed isolata. Una volta ritrovate le forze,
Verezzi riesce a fuggire ed arriva nella località di Passau. Qui viene
raggiunto da Matilda, contessa di Laurentini che lo convince a trasferirsi a
casa sua. Matilda, innamorata di Verezzi è in realtà d’accordo con Zastrozzi. Mentre
quest’ultimo vuole vendicarsi di Verezzi a causa dei torti subiti dalla madre (sedotta
e abbandonata proprio dal padre di questo), Matilda vuole annientare e uccidere
la sua rivale in amore, la bella Giulia, promessa sposa dello stesso Verezzi.
L’ambientazione di "Zastrozzi" è
tipica del romanzo gotico: ombre cupe e minacciose, case e castelli solitari,
prigioni e segrete, boschi bui e minacciosi, su uno sfondo caratterizzato dall'infuriare di tempeste e dallo scatenarsi violento di tutti gli elementi naturali.
Nel romanzo shelleyano però i
mostri leggendari ed i fantasmi che animano la storia sono di tipo diverso da quelli presenti nel romanzo gotico vero e proprio. In "Zastrozzi" l’elemento
magico scompare per lasciare posto all'indagine dei processi mentali e della
psicologia dei protagonisti; il racconto è in realtà il racconto delle passioni (amore, lussuria e sete di vendetta) che muovono i quattro personaggi principali di questo breve dramma: Matilda e Giulia, Zastrozzi e Verezzi.
Matilda e Zastrozzi (i malvagi) sono uniti dalle loro macchinazioni contro la coppia di innamorati formata da
Giulia e Verezzi (gli eroi del bene).
Percy Bysshe Shelley (1792 - 1822) |
Mentre Matilda, la crudele
seduttrice ossessionata e dominata dall'oggetto della sua lussuria nelle ultime
pagine si pentirà della sua condotta e, riconciliatasi con la religione, proverà
rimorso per i crimini commessi, Zastrozzi il suo coraggioso complice, al
contrario, affronterà la morte dignitosamente, fermamente convinto di aver
agito per il meglio, fiero del suo comportamento.
Giulia è l’antitesi della
contessa di Laurentini, così come quest’ultima rappresenta la sensualità, così
Giulia rappresenta la bellezza angelica e la purezza; sarà proprio questo
sentirsi oppresso e preso in trappola tra questi due impulsi opposti ed inconciliabili che porterà il povero Verezzi ad uccidersi pugnalandosi a morte.
“La mia regola è quella di apparire calmo, a dispetto degli eventi, a
dispetto delle passioni più profonde. Di solito lo sono poiché non permetto che
le ordinarie vicende o gli imprevisti mi tocchino: la mia anima si indurisce
davanti alle prove più ardue. Ho uno spirito ardente, impetuoso come il tuo, ma
la conoscenza del mondo mi ha indotto a celarlo, sebbene continui a bruciare
dentro di me. Credimi, non ho alcuna intenzione di distoglierti dal tuo
intento; io l’ho provato una volta, ma ora la vendetta ha ingoiato ogni altro
sentimento e mi sento vivo soltanto per questo scopo. Ma anche se volessi
dissuaderti dal proposito su cui ti sei fissata, non direi che è sbagliato
tentare. Ogni cosa che procuri piacere è giusta e congeniale alla dignità
dell’uomo, che è stato creato soltanto per essere felice; altrimenti a quale
scopo avremmo le passioni? Perché quelle emozioni che si agitano nel petto e
che fanno impazzire sono state impiantate in noi dalla natura? Quanto poi alla
speranza confusa in una vita futura, perché mai dovremmo privarci della
felicità, anche se ottenuta nel modo che i più sprovveduti chiamano immorale?”.
Così parlava Zastrozzi, in maniera sofisticata. La sua anima, resa
insensibile dal crimine, non poteva che albergare idee confuse di felicità
immortale.
Bigliografia:
Percy
Bysshe Shelley, “Zastrozzi” con introduzione di Giovanna Silvana, Firenze 2002,
Aletheia)
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