Giovanni dalle Bande Nere, conosciuto anche
come il Grande Diavolo, era figlio di
Caterina Sforza, la Tygre di Forlì,
e di Giovanni di Pierfrancesco de’
Medici, detto il Popolano.
Nato il 6 aprile 1498 fu chiamato dalla madre
Ludovico in onore del Moro, lo zio per il quale Caterina nutriva una stima
profonda.
Giovanni il Popolano era un uomo intelligente,
elegante, colto e raffinato, ma anche con questo suo terzo marito Caterina non
ebbe molta fortuna perché Giovanni morì
quando il piccolo Ludovico aveva appena cinque mesi e otto giorni. In ricordo
del padre il nome del bambino fu mutato quindi da Ludovico in Giovanni.
Quando Cesare Borgia, figlio di papa Alessandro
VI, conquistò la rocca di Ravaldino facendo prigioniera la Sforza, Giovanni era
già stato messo in salvo dalla madre a Firenze presso i parenti del padre.
Una volta
riottenuta la libertà Caterina dovette intraprendere una dura battaglia legale
per evitare che lo zio paterno di Giovanni ottenesse per sé la custodia del
piccolo.
Lo zio, in verità, non era mosso da affetto fraterno quanto piuttosto dal desiderio
di impossessarsi dell’eredità.
Alla
morte di Caterina, per suo volere, la tutela di Giovanni fu affidata a Jacopo
Salviati,
marito della primogenita del Magnifico Lucrezia, e a Francesco Fortunato l’unico precettore che fosse stato in grado
di rimanere al fianco dell’irrequieto e indisponente ragazzino.
Quando Giovanni de’ Medici, figlio del
Magnifico, salì al soglio pontificio con il nome di Leone X, grazie alla lungimiranza del
Salviati, Giovanni venne iscritto nelle milizie pontificie. Ebbe così
inizio quella brillante carriera di condottiero per la quale Giovanni dalle Bande Nere verrà ricordato
come l’ultimo grande capitano di ventura.
Siamo giunti ad un punto di svolta nell’arte della guerra. Gli esiti delle battaglie da questo momento in poi, più che dall’abilità dei condottieri, dipenderanno infatti dal potere di fuoco degli eserciti.
Dal carattere arrogante, aggressivo e spietato, il destino di Giovanni de’ Medici non poteva essere altro che la milizia; se infatti dai Medici aveva ereditato il patronimico, degli Sforza aveva ereditato senza dubbio il sangue
Il fascino invece lo aveva ricevuto in dote dai genitori, ambedue grandemente provvisti di questa qualità sebbene espressa in forme diverse. Tralasciando le numerose conquiste femminili, il suo fascino faceva presa anche sulle truppe al suo comando, i suoi uomini lo seguivano anche nelle imprese più disperate raggiungendo spesso successi insperati.
Giovanni
sposò Maria, figlia di Jacopo Salviati e Lucrezia de’ Medici; dalla loro unione,
unione tra l’altro dei due rami della famiglia Medici, nacque Cosimo futuro
primo Granduca di Toscana. Il loro non fu un matrimonio felice, infatti, mentre Maria
era innamorata di Giovanni fin da bambina, lui aveva accettato le nozze più che
altro per un sentimento di riconoscenza verso la famiglia che lo aveva
amorevolmente accolto.
Giovanni de’ Medici
teneva in massima considerazione onore,
lealtà e coraggio e proprio per questo motivo aveva notevoli difficoltà a
conformarsi alla logica degli intrighi di corte e ai continui ribaltamenti delle
alleanze politiche; al suo fianco a
sostenerlo c’era però sempre l’Aretino, amico e confidente che spesso si adoperava
per lui anche come segretario e diplomatico.
Giovanni era molto legato ai suoi uomini, il suo onore e
i loro diritti erano qualcosa su cui non si poteva trattare. A differenza
delle consuetudini secondo le quali almeno 1/3 del bottino spettava al
capitano, egli lasciava che il bottino venisse interamente spartito tra i suoi.
Fu sinceramente addolorato per la morte di Leone X per il quale nutriva
una grande riconoscenza. Alla sua morte
annerì le sue uniformi e i suoi stendardi che da bianchi e viola divennero da
quel momento neri in segno di lutto perenne per quel papa che aveva dato
fiducia a quel giovane violento e scavezzacollo, scorgendo in lui quell’abile e
coraggioso condottiero che sarebbe un giorno diventato.
Non ebbe lo stesso
rapporto con i suoi successori papa
Adriano VI e l’altro papa Medici,
Clemente VII, con il quale ebbe sempre un rapporto piuttosto conflittuale e
burrascoso vuoi perché questi non si fidava pienamente di Giovanni, vuoi
perché voleva salvaguardare gli interessi di Alessandro de’ Medici che si
vociferava fosse suo figlio illegittimo e di Ippolito de’ Medici, figlio di
Giuliano di Lorenzo de’ Medici duca di Nemour.
Il libro di Carlo Maria
Lomartire è un’opera che intreccia
sapientemente verità storica e finzione letteraria. Le lunghe digressioni sulle alleanze e sulle guerre che si succedettero
incessantemente in quel turbolento periodo nella nostra penisola sono intramezzate da dialoghi che
vivacizzando il racconto rendono la lettura oltremodo scorrevole.
Purtroppo al termine del volume non c’è nessuna bibliografia che invece sarebbe
stata utile per conoscere le fonti consultate dall'autore e per trarre validi spunti nel
caso si volesse approfondire la figura di Giovanni dalle Bande Nere.
Il libro sebbene sia di
sole 200 pagine è comunque esaustivo e ben argomentato. Oltre ai fatti storici l’autore
ha dedicato ampio spazio all’introspezione
psicologica dei personaggi innanzitutto di Giovanni, come è giusto che sia,
ma anche di Caterina Sforza alla quale sono dedicate più di 50 pagine.
Un libro interessante
sulla figura di uno dei personaggi più
leggendari della nostra storia la cui immagine è giunta a noi in forma quasi
mitizzata e per il quale anche Niccolò
Machiavelli, già estimatore del Valentino, nutriva un’ottima opinione.
Un condottiero che, pur
vivendo in un mondo in trasformazione, con la sua veloce cavalleria, le armi
leggere, gli attacchi fulminei e l’uso dell’archibugio riuscì a lasciare comunque
il segno prima di doversi anch’egli arrendere alla modernità e alla potenza delle
armi da fuoco.