lunedì 3 agosto 2020

“Le ceneri di Londra” di Andrew Taylor

Londra è assediata dalle fiamme.

L’incendio, divampato il 2 settembre del 1666 nella bottega di un fornaio, si è propagato per tutta la città devastandola in modo impressionante.

Le fiamme hanno raggiunto anche la cattedrale di St. Paul; il luogo di culto, fino a questo momento considerato invulnerabile, sta invece ora crollando come qualunque altro edificio dinnanzi allo sguardo attonito dei londinesi.

Catherine Lovett è preoccupata che suo padre possa trovarsi all’interno della chiesa e, incurante del pericolo, tenta di lanciarsi all’interno dell’edificio in fiamme.

A bloccarla è il giovane James Marwood che, grazie ai suoi pronti riflessi, impedisce alla donna di andare incontro a morte certa.

Catherine, invece di ringraziarlo per averla salvata, per divincolarsi dalla sua presa, lo morde violentemente a un dito e fugge via portando con sé il logoro mantello del giovane.

Facciamo così la conoscenza dei due protagonisti del romanzo, ma per comprendere meglio il successivo svolgersi degli eventi, occorre fare un piccolo passo indietro.

Nel 1660 Carlo II d’Inghilterra era riuscito a riconquistare il trono dopo la morte di Oliver Cromwell avvenuta nel 1658.

Nella violenta guerra civile che aveva portato Cromwell al potere molti erano periti e Carlo I, il  padre dell’attuale re, era stato giustiziato.

Carlo II, per mostrarsi un monarca clemente, aveva graziato tutti coloro che avevano tramato contro la Corona, ma non aveva perdonato i regicidi che erano stati invece tutti condannati a morte.

Qualcuno di loro però era riuscito a fuggire; Catherine Lovett è figlia di uno di questi fuggitivi.

Tom Lovett è un esponente della Quinta Monarchia, ovvero di coloro che auspicano l’avvento del regno dell’unico vero re, Cristo Re.

Dopo la fuga del padre la ragazza è stata prima ospitata da una zia e, alla morte di questa, si è trasferita a Barnabas Place presso il fratello della madre, Henry Alderley, un orefice che vanta una cospicua ricchezza oltre a notevoli influenze e conoscenze tra le alte sfere del potere politico.

Per desiderio di Alderley, Catherine è stata promessa a Sir Denzil Croughton, un nobile dall’aspetto piuttosto viscido e a corto di quattrini.

Inutile dire che Catherine non è per nulla intenzionata a diventare la vittima sacrificale sull’altare delle ambizioni dello zio.

Così, quando un evento fa precipitare la situazione, Catherine non si lascia intimidire dalle circostanze e fugge il più lontano possibile dallo zio Alderley, dalla zia Olivia e dal cugino Edward.

James Marwood è anch'egli figlio di un sostenitore della Quinta Monarchia condannato al carcere per essere stato trovato in possesso di documenti compromettenti.

Dopo cinque anni di prigione l’anziano è ormai l’ombra di se stesso e mostra seri segni di squilibrio mentale.

James è riuscito dopo numerosi appelli ad ottenere la libertà per il padre, ma in cambio ha dovuto accettare un lavoro come assistente e spia di Messer Williamson, il direttore della London Gazette .

All’interno della cattedrale di St. Paul viene ritrovato un cadavere. 

Vista la situazione non ci sarebbe nulla di straordinario in un tale rinvenimento, se non fosse che l’uomo risulta essere stato assassinato prima del crollo.

Il corpo infatti presenta sulla nuca il segno di una puntura, fatta probabilmente per mezzo di un lungo ago, ha le braccia ripiegate dietro la schiena e i pollici legati insieme con un pezzo di corda.

Inizia così, tra false piste e indizi fuorvianti, una serrata caccia all’assassino. 

Il caso, già all’apparenza non di facile soluzione, si complicherà ulteriormente quando James dovrà fare i conti con numerosi segreti, intrighi politici e misteriose figure che riemergono pian piano da un oscuro passato.

Sulla base delle vicende storiche ben documentate, come l’incendio di Londra e la ricostruzione della città, a cui presero parte personaggi realmente esistiti come l’architetto Wren, Andrew Taylor costruisce l’articolata trama del suo romanzo.

“Le ceneri di Londra” è un romanzo che presenta numerosi personaggi ognuno dei quali gioca un ruolo fondamentale nell’intreccio narrativo.

Non nascondo che all’inizio si fa un po’ fatica ad entrare nel complesso ingranaggio della trama dai molteplici fili narrativi, ma dopo i primi capitoli il racconto diviene più accessibile e ci si può abbandonare al ritmo incalzante della narrazione.

Entrambi i protagonisti riescono a creare un rapporto empatico con il lettore, ma forse James Marwood è quello che tra i due riscuote più simpatia.

Catherine viene descritta come una giovane strana e bisognosa di protezione, ma nonostante gli eventi di cui è vittima, resta sempre presente a se stessa e, contrariamente all’apparenza, si dimostra ben determinata nel voler scegliere la propria strada.

James Marwood è quello che si muove sul terreno più insidioso, spesso in bilico nel dover scegliere tra l’essere leale verso la Corona o verso il padre. È un giovane sensibile, sempre pronto ad aiutare il prossimo, dotato di un forte senso del dovere, ma anche molto perspicace, intelligente e acuto, doti fondamentali per il lavoro che deve svolgere.

“Le ceneri di Londra” è un romanzo storico coinvolgente e ricco di colpi di scena; un libro dalla trama complessa e dalla varietà di personaggi in grado di soddisfare anche il più esigente lettore appassionato del genere.

 

 


sabato 1 agosto 2020

“Il segreto di Ippocrate” di Isabella Bignozzi

Hippokràtes avverte che la sua fine è ormai vicina; vorrebbe avere ancora la forza di poter mettere nero su bianco i ricordi e gli insegnamenti del padre Heraclides e di tutti gli altri suoi maestri, raccontare dei suoi studi e dei suoi numerosi viaggi, delle molte persone conosciute nel corso degli anni, ma
Hippokràtes è ormai anziano e i suoi occhi sono troppo stanchi per poter mettere a fuoco il segno dell’inchiostro sulla pagina.

Così, il genero Pòlybos, il suo miglior discepolo, si offre di aiutarlo scrivendo per lui sotto dettatura quanto vorrà rivelargli della sua esistenza piena e ricca di avvenimenti.

Il racconto inizia con i ricordi di infanzia del medico nato sull’isola di Kos e del tempo da lui trascorso insieme all’amico fraterno Timàs, il figlio di Agapios, il fattore della sua famiglia.

Hippokràtes, unico figlio maschio, apparteneva ad una famiglia agiata e molto stimata.

I suoi genitori, seppur esponenti di una classe privilegiata, erano però persone scevre da ogni tipo di pregiudizio e così, fin da bambino, Hippokràtes aveva potuto condurre un’esistenza molto serena accanto alle persone più diverse.

Durante le giornate accompagnava l’amico Timàs nei campi per aiutarlo nei lavori della fattoria e alla sera, dopo le consuete abluzioni, era solito prendere lezioni da un anziano insegnante.

Il romanzo racconta degli studi condotti dal giovane Hippokràtes, della sua passione per la medicina, divampata quasi per caso ascoltando una lezione tenuta dal padre ai suoi studenti, delle cure occorse al suo primo paziente e dell’amore per la bellissima e imprevedibile Chlòe.

“Il segreto di Ippocrate” è basato su avvenimenti realmente accaduti e tramandatici dagli storici, ma la storia di Hippokràtes raccontata da Isabella Bignozzi è per la maggior parte frutto della sua fervida fantasia.

Il vecchio Hippokràtes che si confronta ogni giorno con Pòlybos ha i tratti tipici della persona anziana: i repentini scatti d’umore, la frustrazione nel dover prendere coscienza che il proprio corpo non risponde più come prima, gli sforzi fatti nel tentativo di rassegnarsi al fatto di essere giunti ormai al capolinea quando in realtà si avrebbe ancora tanta voglia di fare e tante cose da dire, la malinconia nel ricordare i tempi passati soffermandosi con indulgenza su quell’immagine di sé in gioventù.

Il giovane Hippokràtes raccontato dall’anziano è invece, un ragazzo prima e un uomo poi, sempre molto critico con se stesso e spesso insicuro, ma la sua insicurezza è ciò che lo renderà il grande medico che noi tutti oggi conosciamo.

Proprio grazie a questi suoi dubbi egli è spronato fin dall’inizio a lavorare duramente per acquisire sempre più sicurezza in se stesso e nel suo sapere.

Il più grave errore che un medico potrebbe compiere sarebbe proprio quello di essere troppo sicuro e presuntuoso.

Uno dei primi preziosi insegnamenti che Hippokràtes riceve dal padre Heraclides è infatti quello di ascoltare sempre il malato, perché il vero protagonista della medicina non è mai il medico ma il malato stesso. Un utile consiglio che gli verrà dispensato anche in seguito da altri medici incontrati sul suo cammino.

Ho consumato gli occhi nel leggere mille manoscritti, ho impolverato i calzari in innumerevoli viaggi, ai confini della civiltà; ho impegnato la mente senza posa, riflettendo su cause ed effetti; graffiato le mani per cogliere e mondare erbe, fiori e arbusti.

L’immagine di Hippokràtes che ci regala Isabella Bignozzi è quella di un novello Prometeo che ruba il fuoco agli dei per donarlo agli uomini.

La sete di conoscenza di Hippokràtes non è un qualcosa di fine a se stesso, qualcosa che lui ricerchi per lusingare la propria intelligenza, ma piuttosto la necessità di capire, comprendere quanto più possibile delle cause e degli effetti al fine di mettersi al servizio del prossimo.

Egli rifugge la gloria, non vuole essere un eroe, il suo desiderio più grande è semplicemente quello di salvare delle vite umane e di lenire, per quanto più gli è possibile, le sofferenze altrui.

La sua è una vita dedicata a fare del bene e ogni suo dubbio nasce dal fatto di poter sbagliare, di non essere in grado di arrivare in tempo al capezzale di un malato, di non riuscire a fare tempestivamente una diagnosi corretta.

Egli è angosciato dall’idea che il destino giochi un ruolo eccessivo e perverso nella vita degli uomini.

Hippokràtes è descritto in fin dei conti come un uomo come tanti altri, con le sue insicurezze e le sue debolezze, anch’egli come tutti nella vita prova talvolta sconforto ed entra in crisi, ma tutto ciò non fa che renderlo una figura ancora più vera, più reale.

Tutti i personaggi del libro in verità sono ben caratterizzati e sanno come farsi amare dal lettore dal lettore, ma la figura di Hippokràtes sopravanza indubbiamente tutti gli altri per carisma e fascino.

Isabella Bignozzi con la sua prosa elegante e raffinata ha ricreato un affresco dell’epoca così vivo e particolareggiato che per il lettore è impossibile non farsi trascinare dalla fantasia tanto da riuscire a percepire quasi in prima persona il fragore di quelle onde che si infrangono contro la scogliera e scorgere le navi all’orizzonte che si dirigono verso il porto.

Tra le pagine de “Il segreto di Ippocrate” possiamo perderci tra le fila dell’immenso esercito di Ciro, ripercorrere i miti, incontrare personaggi quali Socrate e Empedocle, ritrovare l’antica saggezza degli antichi greci, visitare gli antichi templi, tutto grazie alle descrizioni dettagliate e puntuali della sua autrice.

Leggendo questo bellissimo e struggente romanzo si intuisce quanto grandi siano l’amore e il rispetto che Isabella Bignozzi prova per questo mondo da lei descritto così accuratamente spesso facendo uso anche di termini in greco antico che contribuiscono sensibilmente a ricreare l’atmosfera dell’epoca.

“Il Segreto di Ippocrate” è un libro che conquista il lettore fin dalla prima pagina proprio grazie alla passione dell’autrice, una passione che si rivela fin da subito irrimediabilmente contagiosa.

   

 


lunedì 27 luglio 2020

“The Witcher” (Il guardiano degli innocenti – La spada del destino) di Andrzej Sapkowski

Geralt di Rivia, il protagonista della saga nata dalla penna del polacco Andrzej Sapkowski, è uno strigo.

Il suo lavoro consiste nell’uccidere o nel rendere inoffensiva ogni tipo di creatura malvagia (vampiri, demoni, orchi, doppler e quant’altro), creature terrificanti che nessuno avrebbe mai il coraggio di affrontare.

Geralt ha un suo codice da rispettare e, contrariamente a quello che si potrebbe pensare, non è né un assassino senza scrupoli né un comune mercenario.

Come ogni strigo anche lui è stato strappato alla famiglia di origine quando era solo un bambino e, attraverso un duro e difficile addestramento, è stato trasformato in un individuo che neppure i guerrieri più forti sono in grado di battere.

Attraverso la somministrazione di erbe e pozioni Geralt di Rivia ha subito una trasformazione che lo ha mutato profondamente nell’aspetto e nello spirito.

La mutazione dovrebbe avergli interdetto ogni comune sentimento umano, ma Geralt non è come gli altri della sua specie, non solo è il più potente di tutti, ma spesso sembra provare emozioni che non dovrebbe e delle quali lui stesso è il primo a stupirsi.

La saga di The Witcher si compone di otto libri, tre libri di racconti e cinque romanzi.

Vi indico i titoli secondo l’ordine di lettura, non quello di pubblicazione:

- Il guardiano degli innocenti

- La spada del destino

- Il Sangue del Elfi

- Il tempo della guerra

- Il battesimo del fuoco

- La Torre della Rondine

- La Signora del Lago

- La stagione delle tempeste

I primi due libri sono raccolte di racconti da leggersi per primi perché propedeutici alla lettura dei romanzi dove si trovano riferimenti a fatti già accaduti e si incontrano personaggi con i quali si è già fatto precedentemente conoscenza.

Pur non amando particolarmente il genere letterario del racconto, non ho trovato alcuna difficoltà nel leggere “Il guardiano degli innocenti” e “La spada del destino”.

I racconti di Sapkowski sono molto ben strutturati e collegati tra loro; alcuni personaggi inoltre si ritrovano spesso in più di un racconto agevolando così ulteriormente la lettura ed evidenziando l’interdipendenza delle varie storie.

A tutti gli effetti questi due volumi più che una raccolta di racconti vera e propria potrebbe considerarsi come un unico romanzo dalla trama piuttosto frammentaria.

La lettura risulta molto scorrevole, il ritmo veloce e la suspense sempre molto alta.

Tra i personaggi che ricorrono più spesso nei primi due libri troviamo: Ranuncolo, il bardo amico dello strigo e Yennefer, la maga della quale Geralt sembrerebbe essere innamorato.

Ho usato volontariamente il condizionale perché Geralt per dirsi innamorato dovrebbe essere in grado di provare emozioni, ma questo non contrasta forse con la sua natura di strigo?

E poi, come ignorare la possibilità che Yennefer abbia ammaliato Geralt con le sue arti magiche?

Infine c’è la piccola Ciri, nipote della regina Calanthe, la bimba destinata fin dalla nascita a Geralt.

Lo strigo però non crede al destino: quale sarà quindi il ruolo di Ciri? Geralt dovrà ricredersi sul potere che il destino esercita sulla vita degli uomini?

Non è ovviamente mia intenzione svelarvi nulla di più perché spetta a voi scoprire la verità leggendo la storia.

Non è facile trovare una saga fantasy avvincete ed emozionante tanto da volersi impegnare a leggere molti volumi, ma The Witcher mi ha totalmente conquistata con la sua trama coinvolgente, i suoi intriganti personaggi, il suo affascinante mondo popolato di creature fantastiche e mostruose, e con i suoi numerosi e continui riferimenti alla letteratura fantasy, alla favolistica e alla mitologia.

Da questa saga, dalla quale è nato anche un videogioco, è stata ultimamente tratta anche una serie TV andata in onda su Netflix nei mesi scorsi.

Al videogioco non sono assolutamente interessata; per quanto riguarda invece la serie TV sono molto indecisa se guardare ora la prima stagione o attendere di aver terminato di leggere tutti i volumi perché dal trailer sembrerebbe discostarsi parecchio dai primi due libri che ho letto.




sabato 11 luglio 2020

“Il cavaliere del Giglio” di Carla Maria Russo


IL CAVALIERE DEL GIGLIO
di
Carla Maria Russo
PIEMME
Il romanzo racconta la storia di Farinata degli Uberti, nobile condottiero fiorentino, celebre protagonista del X canto dell’Infermo di Dante.

Il racconto inizia nel 1216 quando Farinata è ancora un ragazzino di appena dodici anni, ma già si può scorgere in lui la figura di quello’uomo forte, autorevole e coraggioso che diventerà in seguito.

Terzo maschio di Jacopo degli Uberti, Farinata è il preferito del nonno Schiatta degli Uberti, capo indiscusso della  sua casata nonché personaggio molto rispettato dall’intera fazione ghibellina.

Da alcuni lustri a Firenze si respira un’aria distesa, guelfi e ghibellini sembrano aver raggiunto un equilibrio, ma tutto ciò non è purtroppo destinato a durare.

L’incidente che ridesta le ostilità tra i due partiti avviene al banchetto offerto dalla famiglia Mazzinghi per celebrare l’elevazione a cavaliere del figlio Mazzingo Tegrimi.

Complici il vino e le animosità mai davvero sopite, nasce una violenta discussione per futili motivi che degenera senza rimedio.
Buondelmonte dei Buondelmonti estrae il pugnale con l’intento di colpire a morte Oderigo dei Fifanti, ma fortunatamente questi viene raggiunto solo al braccio e non in pieno petto dove aveva mirato Buondelmonte.

Schiatta degli Uberti il giorno dopo cerca con ogni mezzo di scongiurare che le cose degenerino ulteriormente e, anche se a gran fatica, sembra riuscire a ricomporre la frattura.

I guelfi Buondelmonti si impegnano a chiedere pubblicamente scusa alla famiglia ghibellina offesa dalla quale riceveranno, secondo le usanze, il bacio della pace.
Buondelmonte per suggellare tale pace sposerà la figlia di una famiglia ghibellina.
La scelta ricade su Beatrice Pandolfini Amidei, nipote di Fante dei Fifanti.

Tale accomodamento però non è per nulla ben visto dal cugino di Buondelmonte, l’arrogante e invidioso Ranieri Zingane, né dall’ambiziosa e altera Gualdrada Donati che insieme complottano per mandare a monte il matrimonio con l’intento di scatenare una guerra ed allo stesso tempo umiliare il loro inviso comune nemico Schiatta degli Uberti. 

Il racconto del romanzo si conclude con l’epica battaglia di Montaperti (1260), una battaglia così cruenta e sanguinosa che Dante nella sua Divina Commedia la descrisse come “lo strazio e ’l grande scempio che fece l’Arbia colorata in rosso”.

Tante cose accaddero nella vita di Farinata e in quella del suo inseparabile fratello Neri degli Uberti in quel lasso di tempo che va dal 1216 al 1260.

Il romanzo di Carla Maria Russo riesce a condensare tutto in solo trecento pagine: amori, battaglie, tradimenti, passioni e lo fa in modo incredibile.

I fatti si susseguono sotto i nostri occhi come se assistessimo agli eventi in prima persona; il ritmo del romanzo è incalzante, coinvolgente e non lascia al lettore un secondo di tregua.
Per chi come me poi conosce piuttosto bene la topografia di Firenze e di Siena nonché i territori circostanti dove si svolsero i fatti è impressionante vedere, leggendo le pagine del libro, come sia possibile distinguere ogni singolo dettaglio delle battaglie, degli spostamenti degli eserciti e non solo.

I personaggi sono tutti ben caratterizzati e l’autrice, pur attenendosi ad una scrupolosa e meticolosa ricostruzione storica, riesce a ricreare in modo magistrale le atmosfere proprie della narrazione romanzesca.

Vuoi per le letture dantesche, vuoi perché la storia viene di solito tramandata dai vincitori, in questo caso dai guelfi, la verità storica sulla famiglia degli Uberti e del partito ghibellino è giunta a noi piuttosto lacunosa e probabilmente anche distorta.

Il guelfo Dante però nel suo X canto dell’Inferno non manca di manifestare il suo più profondo rispetto nei confronti di Farinata degli Uberti, un uomo rigoroso, ma sempre coerente nelle sue scelte; un nemico per Dante, ma pur sempre un avversario politico di valore e, come tale, degno della sua stima.

Ranieri, detto Neri, era maggiore di un anno di Farinata, ma fin da quando erano bambini  aveva riconosciuto nel fratello minore quel capo che anche in età adulta avrebbe seguito riconoscendone le indiscusse capacità e virtù proprie di un guida.

Neri e Farinata erano entrambi coraggiosi, intraprendenti e leali, ma Farinata degli Uberti possedeva alcune virtù più sottili che lo differenziavano dal fratello, egli riusciva ad essere audace e umile allo stesso tempo, sempre attento e pronto nel saper valutare le situazioni così da poterle volgere a proprio vantaggio .

Per Farinata e Neri, così come per Schiatta degli Uberti e per tutti i loro antenati, l’onore e il nome della famiglia erano sacri.

Proprio in nome di questo loro onore, mai sarebbero venuti meno al sacro giuramento di difendere la città di Firenze anche a costo di dover piegare il loro orgoglio in difesa del Giglio di Firenze e dell’Aquila imperiale.

Accanto a uomini di tale reputazione ed integrità non potevamo non trovare donne di minor valore ed ecco allora apparire sulla scena la determinata, intraprendente e coraggiosa Adaleta e la bella, dolce e devota Gemma di Ranieri Zingane.

“Il cavaliere del Giglio” è stato una piacevole scoperta, un libro di cui mi sono innamorata fin dalle prime pagine, una storia ricca di avvenimenti e dai personaggi affascinanti e seducenti.

Le figure dei due fratelli che emergono dal romanzo di Carla Maria Russo richiamano alla memoria quelle di altre due celebri figure vissute quasi duecento anni dopo, Lorenzo e Giuliano de’ Medici.

Sarebbe bello un giorno poter vedere una serie TV tratta da questo entusiasmante romanzo che a mio avviso possiede tutti i requisiti necessari per una meravigliosa e appassionante trasposizione cinematografica.


“O Tosco che per la città del foco

vivo ten vai così parlando onesto,
piacciati di restare in questo loco

La tua loquela ti fa manifesto
di quella nobil patrïa natio,

a la qual forse fui troppo molesto".
Subitamente questo suono uscìo
d'una de l'arche; però m'accostai,

temendo, un poco più al duca mio.
Ed el mi disse: "Volgiti! Che fai?
Vedi là Farinata che s'è dritto:

da la cintola in sù tutto 'l vedrai".
 (Canto X, Inferno, Divina Commedia – Dante Alighieri)



Vi lascio qui di seguito i link di alcuni post per approfondire gli argomenti:




mercoledì 8 luglio 2020

“Il libro dei sette sigilli” di Barbare Bellomo


IL LIBRO DEI SETTE SIGILLI
di
Barbara Bellomo
SALANI
Margherita Mori è una scrittrice divulgativa, una studiosa di storia e archeologia.

Un giorno si imbatte in un manoscritto redatto nel diciassettesimo secolo da Haley McGrath, priore di una confraternita di Dublino.

Tale manoscritto narra la storia di un libro profetico trovato da una bambina di nome Aicha nel 1191 nel deserto nella Giudea e più precisamente tra le rovine della città di Masala.

Il libro, un piccolo volume dalle pagine di ferro e dalle dimensioni di una mano, conterrebbe le profezie della profetessa Anna, vissuta al tempo di Cristo e ricordata nel Vangelo secondo Luca.
Un testo profetico con sette sigilli, in verità, è ricordato anche nel Nuovo Testamento, nell’Apocalisse di Giovanni.

Ispirata da questa storia Margherita Mori scrive il suo primo romanzo intitolato “Il libro delle profezie”.

Quello che all’apparenza sembrerebbe solo un innocuo romanzo di fantasia ispirato ad antiche fonti, si rivelerà esser invece qualcosa di molto diverso e pericoloso anche per la sua stessa autrice.

Margherita si ritroverà al centro delle mire di un misterioso Ordine il cui intento è quello di scovare il Libro dei sigilli con lo scopo di provocare la caduta della Gerusalemme terrena e l’avvento della Gerusalemme celeste.

In questa avventura Margherita Mori conoscerà molte persone e molte di queste cadranno vittime dell’Ordine che le dà la caccia.

La situazione si complicherà sempre più tanto che per Margherita diventerà davvero difficile capire di chi potersi fidare.

Chiunque potrebbe essere il traditore: il tenente dei Ros, la scontrosa e sgarbata Erika Cipriani, oppure il tenente dei Carabinieri Daniele Landi, sempre così gentile e premuroso? E perché no? magari il timido Vincenzo Busi, il gesuita allievo di Padre Costarelli?  E se invece il traditore fosse proprio il bel pianista dagli occhi blu? Alessandro Luzi, il nuovo amore di Margherita?

La protagonista, Margherita, è un personaggio che ispira subito simpatia nel lettore e scatena in lui un immediato istinto di protezione.

Margherita è una donna a cui non piace stare al centro dell’attenzione, non è interessata alle interviste, ai giornali e alle comparsate nelle varie trasmissioni televisive, del suo lavoro di scrittrice, ella apprezza soprattutto il tempo che può trascorrere da sola a scrivere nel suo studio immaginando una realtà diversa dalla propria.

È affetta da ipermnesia ovvero è in grado di ricordare ogni singolo dettaglio della propria vita; un segreto, questo, che non ama condividere con gli altri.
Questa sua capacità di ricordare ogni cosa l’ha portata nel corso degli anni ad isolarsi dal resto del mondo divenendo per lei sempre più difficile riuscire a convivere con il ricordo di fatti dolorosi che, seppur accaduti tanti anni prima, per lei purtroppo sono destinati a mantenere immutata la loro intensità.

Margherita è una donna molto intelligente e solo all’apparenza una donna fragile, dimostrerà infatti una forza ed una determinazione non comuni quando si troverà a dover affrontare ogni tipo di rischio e pericolo.

Erika Cipriani è l’altro personaggio femminile del libro che divide la scena con Margherita.
Il tenente Cipriani, al contrario di Margherita, si presenta come una donna fredda e risoluta, ma nonostante un carattere alquanto intrattabile, saprà dimostrarsi una persona affidabile e degna di fiducia.

La narrazione si svolge su diversi piani narrativi: la storia principale, la storia del ritrovamento del libro da parte di Aicha, la storia di Anna, la storia di Rachele e infine la storia ambientata nella Roma occupata dai nazisti.
Filo conduttore di tutte queste storie ovviamente il libro delle profezie di Anna.

Barbara Bellomo è stata davvero brava a tessere le fila di una trama così intricata e complessa che, nonostante i numerosi salti spazio-temporali e i numerosi personaggi, risulta sempre scorrevole e fluida, mai incomprensibile o di difficile lettura.

“Il libro dei sette sigilli” è un romanzo che si legge tutto d’un fiato, mai scontato, dove tutto può accadere perché nulla è mai come sembra, c’è sempre un colpo di scena ad attendere il lettore che non può non restare avvinto dal ritmo incalzante e dalla trama adrenalinica degna dei migliori romanzi thriller nati nel corso degli anni sulla scia de "Il codice Da Vinci" di Dan Brown, il più famoso di tutti.





lunedì 6 luglio 2020

“La biblioteca di Parigi” di Janet Skeslien Charles


LA BIBLIOTECA DI PARIGI
di
Janet Skeslien Charles
GARZANTI
Il romanzo presenta un duplice piano narrativo.
Il primo racconto è ambientato a Parigi e prende avvio nel febbraio del 1939; il secondo, invece, è ambientato a Froid, una cittadina del Montana, e inizia nel 1983.

Parigi, 1939. Odile, grazie a zia Caro, la sorella della madre, ha sviluppato fin da bambina un amore sconfinato per i libri.
La sua è una famiglia all’antica, il padre disapprova l’intenzione di Odile di trovare un lavoro, secondo lui infatti sua figlia dovrebbe solo pensare a sposarsi e a mettere su casa.

Lei però è una ragazza determinata, più che mai decisa, nonostante la disapprovazione paterna, a non permettere a nessuno di impedirle di scegliere come vivere la propria vita.

Così, quando l’American Library, dopo un colloquio, le offre un posto come bibliotecaria, la giovane è oltremodo felice perché non solo potrà raggiungere una sua indipendenza economica, ma lo potrà fare anche svolgendo il lavoro che sogna da una vita.
L’American library è la sua biblioteca preferita fin dai tempi in cui vi trascorreva interi pomeriggi con l’amata zia, un luogo dove ancora oggi rifugiarsi quando le cose non vanno per il verso giusto.

Odile si ritrova così a passare le giornate non solo tra gli scaffali dei libri da lei tanto amati, ma anche circondata dall’affetto di tante persone a lei care, gli abituali frequentatori della biblioteca e i nuovi colleghi, tra cui l’inglese Margaret che diventerà la sua migliore amica, moglie di un diplomatico britannico, e Bitsi, che si definisce sin da subito la sua gemella di libri.

Purtroppo però la vita di Odile e quella di tutti i suoi amici verrà presto sconvolta dalla guerra e dall’occupazione di Parigi da parte delle truppe naziste.
Cosa succederà all’American Library e a tutti loro?

Froid, 1983. Lily è una dodicenne insicura, spesso vessata dall’arrogante e sfrontata compagna di classe Tiffany.
In piena crisi adolescenziale si ritrova a dover fare i conti con la morte della madre, un padre spesso assente e una giovane matrigna alle prime armi incapace di gestire la situazione.

Lily ha una cara amica di nome Mary Louise, ma l’aiuto della sua coetanea non è purtroppo sufficiente per far fronte a tutto quello che le sta accadendo.

Lily riesce però a trovare conforto nell’amicizia di una vicina di casa, l’anziana signora Odile Gustafson, una sposa di guerra.

La signora Gustafson è vedova, suo figlio è morto nella guerra del Vietnam, e lei vive sola nella casa accanto a quella di Lily.
Odile è un’anziana che solitamente non dà confidenza a nessuno, ma con Lily riesce invece ad instaurare un bel rapporto fatto di complicità e affetto.

Lily è affascinata dalla personalità di Odile e vorrebbe conoscere tutto di quella quel paese, la Francia, da cui proviene la sua nuova amica.

Sotto l’attenta e costante guida di Odile, la ragazzina non solo impara il francese e si appassiona alla lettura, ma grazie ai suoi saggi consigli e ai suoi numerosi suggerimenti Lily si preparara ad entrare nel mondo degli adulti.

“La biblioteca di Parigi” è un libro emozionante e coinvolgente i cui numerosi personaggi si insinuano nel cuore del lettore creando con lui immediatamente un forte rapporto empatico

Odile la si ama fin da subito nonostante i suoi errori perché, come lei stessa dice, tutti ne commettiamo, ma sono poi i nostri comportamenti ed il modo in cui facciamo fronte a questi nostri errori a rivelare chi siamo veramente.

Non si prova invece immediata simpatia nei confronti di Lily e più volte, durante la lettura, ci si chiede perché Odile sia così ben disposta nei confronti di una ragazzina che troppo spesso si rivela così curiosa e irrispettosa della privacy altrui.

In verità Odile e Lily sono per certi versi molto simili e queste somiglianze si svelano pian piano, pagina dopo pagina.

Odile si rivede nella giovane Lily, nel suo amore per un paese e una cultura diversa dalla propria, nella sua voglia di indipendenza e per l’amicizia verso una persona esuberante e così diversa da se stessa: Marie Louise, l’amica di Lily infatti ricorda molto Margaret, l’amica di Odile.

Odile, dall’alto della sua esperienza, è preoccupata che Lily possa fare quegli stessi errori che lei stessa ha commesso.
Cerca quindi con pazienza e dedizione, di evitare alla giovane amica di commettere quegli stessi sbagli, cercando anche di temprerare il suo spirito così che sia in grado di affrontare nel miglior modo possibile le avversità della vita che inevitabilmente negli anni incontrerà.

Odile ha imparo a sue spese che purtroppo il senso di perdita fa parte della vita; durante la guerra ha dovuto infatti rassegnarsi a vedersi portare via tutto quello a cui teneva maggiormente: amici, patria, città.

Odile ha conosciuto l’odio e invidia: lei stessa li ha provati e lei stessa ne è stata oggetto. Proprio per questo motivo ha compreso quanto sia importante il valore della comunicazione, quanto sia fondamentale riuscire a parlare dei propri sentimenti per non rimanere schiacciati dalle proprie emozioni.

Gli eventi narrati nel libro si basano su fatti e avvenimenti realmente accaduti.
All’American library durante l’occupazione il personale della biblioteca sfidò in prima persona i nazisti per continuare ad offrire un servizio agli utenti e dare loro attraverso la lettura un segno di speranza.

“La biblioteca di Parigi” ci parla della capacità dei libri di creare ponti tra le persone e tra culture diverse.
È infatti provato scientificamente, come leggiamo nell’intervista all’autrice a fine del volume, che coloro che leggono molto, sopratutto romanzi, siano più empatici nei confronti del prossimo rispetto a chi non legge o legge esclusivamente saggi.

Il libro di Janet Skeslien Charles è uno struggente e coinvolgente romanzo sul potere salvifico dei libri perché i libri sono amici che qualunque cosa accada non ci tradiscono e non ci abbandonano mai:

libri e idee sono come il sangue: hanno bisogno di circolare e ci tengono in vita





lunedì 29 giugno 2020

“Regina di sangue” di Joanna Courtney


REGINA DI SANGUE
di
Joanna Courtney
BEAT EDIZIONI
Nel Regno di Alba, meglio conosciuto oggi con il nome di Scozia, nell’XI secolo due casati si contendevano il trono.

Il casato di Aed e il casato di Costantino avrebbero dovuto in teoria rispettare l’antica legge secondo la quale i discendenti di entrambi i casati dovevano sedere a turno sul trono, ma Re Malcolm II, discendente della linea di Costantino, aveva deciso di interrompere questa tradizione.

Cora Mac Duff e suo fratello Kendrick, figli di Mormaer Lachlan, fratello del re, ancora bambini furono gli unici della loro famiglia a salvarsi dall’attentato ordito dallo stesso Malcolm II.
Trovarono rifugio nella provincia settentrionale del Moray, presso Mormaer Finlay, padre di Macbeth.

Il principe Macbeth possedeva una bellezza in grado di attirare gli sguardi di tutte le fanciulle e anche Cora si era ovviamente innamorata di lui.

Cora, però, nonostante fossero passati ormai diversi anni da quando aveva dovuto assistere impotente al massacro della propria famiglia, era ancora troppo piena di odio verso chi le aveva procurato tanto dolore.
Non poteva accettare l’idea di essere felice accanto all’uomo che amava, almeno finché non fosse prima riuscita ad ottenere la sua vendetta

Così, quando Macbeth le aveva chiesto di sposarlo, ella aveva tentennato e aveva accettato solo nel momento in cui egli le aveva rivelato che, in quanto discendente della linea di Aed, egli stesso avrebbe potuto rivendicare il trono per loro, per il suo risarcimento.
La sorte però segue spesso vie misteriose e Cora, prima di poter coronare il suo sogno di diventare Lady Macbeth prima e regina di Alba poi, aveva ancora dure prove davanti a sé da affrontare.

Re Malcolm II era un sovrano che si serviva della forza e della paura per governare il paese.

A malincuore aveva riconosciuto nel nipote Duncan il suo successore, egli non lo convinceva pienamente in quanto lo riteneva un ragazzo  troppo debole.
Per questo motivo aveva chiesto al genero, l’abate Crinan, il padre di Duncan, di trovare al ragazzo una moglie dal carattere forte e determinato che lo sapesse affiancare in futuro nel difficile compito che lo attendeva.

La scelta era caduta su Sybill, la sorella del conte Ward.
Sybill e Ward erano figli di una comunità di pescatori danesi, il loro paese dieci anni prima era stato attaccato dalla temibile tribù di Wend, lei aveva solo otto anni all’epoca e lui sedici.
Riusciti a fuggire, una volta in salvo, avevano raggiunto l’Inghilterra con l’esercito di Cnut dove Ward si era fatto strada prima come soldato di fanteria, poi come guardia, in seguito come huscarlo reale fino a diventare conte della Northumbria meridionale.

“Regina di sangue” è un romanzo coinvolgente e appassionante, capace di catturare l’attenzione del lettore fin dal prologo.

I personaggi sono tutti affascinanti e Joanna Courtney è bravissima nel saper ricreare le atmosfere dell’epoca, tanto che il lettore si ritrova calato egli stesso nella Scozia dell’XI secolo riuscendo ad immedesimarsi nelle vicende come se gli avvenimenti si svolgessero proprio attorno a lui.

E’ difficile schierarsi per l’uno o per l’altro casato, in entrambi gli schieramenti ci sono personaggi con cui inevitabilmente si crea un rapporto empatico.

Le regine provengono ambedue da storie molto simili, entrambe costrette a fuggire fin da piccole dopo aver assistito ad orrendi massacri, hanno dovuto lottare duramente per affermare la loro posizione.

Tra Cora e Sybill è la prima quella più assetata di vendetta, tanto che a volte si fatica a comprendere la forza di tanto odio che sembra albergare in lei, ma è anche quella che ha perso di più e a cui la vita ha riservato spiacevoli sorprese anche in età adulta.

Due donne segnate da un’infanzia traumatica, entrambe destinate ad un grande futuro, entrambe destinate ad essere regine, mogli e madri di re, ma soprattutto due donne forti, caparbie, a cui la vita non ha mai regalato nulla, dotate di una resilienza, di un’intelligenza e di una tempra non comuni.

Due donne così simili eppure allo stesso tempo così diverse: Cora è una nobile per nascita, il sangue reale scorre nelle sue vene mentre Sybill è figlia di pescatori, la sua è una nobiltà conquistata sul campo.

Accanto a Cora e Sybill, vere protagoniste di questo romanzo, troviamo numerosi personaggi maschili, impossibile parlare dettagliatamente di tutti loro.

Tre più di tutti però colpiscono la fantasia del lettore: Duncan, Maldred e Macbeth.

L’amore tra Cora e Macbeth nasce quando sono ancora ragazzi e nonostante le numerose battaglie, le innumerevoli avversità, nulla può scalfire i loro sentimenti, il loro amore è per sempre.
Macbeth accetta di diventare re semplicemente per amore della sua regina, egli ama le sue terre, è un uomo del nord, ma per Cora è disposto a farsi carico del trono di Alba.

Duncan e Maldred sono fratellastri, nati dallo stesso padre, ma è Duncan il secondogenito quello che può vantare il diritto al trono in quanto nipote di Re Malcolm II per parte di madre.
Duncan è un uomo buono, ma insicuro e non adatto al comando.
Sybill riconosce la sua fortuna per esserle toccato in sorte un marito così devoto e gentile, ma non può in cuor suo dimenticare che è Maldred colui di cui è innamorata.
Maldred è un uomo vigoroso, energico, ma anche rispettoso delle leggi e non farebbe mai nulla che potesse disonorare o mettere in pericolo il fratello; non lo ha mai invidiato perché un giorno sarebbe diventato re, ma non può in cuor suo non provare gelosia perché il destino gli ha concesso la donna di cui egli stesso è innamorato.

I personaggi di “Regina di sangue” sono davvero molto numerosi e ognuno di essi ha una storia affascinante da raccontare.

Il libro di Joanna Courtney è  uno splendido romanzo corale dove violenza, amore, morte, passione si avvicendano pagina dopo pagina riportando in vita un mondo spietato in cui per sopravvivere era necessario bandire dal proprio cuore ogni forma di misericordia e di umanità.

“Regina di Sangue” è forse uno dei romanzi storici più belli che mi sia capitato di leggere negli ultimi tempi, è un libro emozionate, coinvolgente e dai personaggi indimenticabili, un romanzo assolutamente imperdibile e al quale è difficile rendere giustizia attraverso una semplice recensione.

In verità questo libro è il primo romanzo di una trilogia con cui l’autrice ha voluto esplorare il mondo delle donne shakespeariane, gli altri due volumi sono dedicati ai personaggi di Ophelia e di Cordelia.

Inutile sottolineare che non vedo l’ora di poter leggere il prossimo romanzo che spero esca presto in edizione italiana.