Il volumetto venne pubblicato nel
1993 in occasione della scoperta avvenuta l’anno precedente da parte di Alberto
Bruschi, editore della Collana Loggia
Rucellai di cui anche libro fa parte, di un ritratto di Giovan Battista
Fagiuoli eseguito da Pier Dandini.
Al saggio di Rossella Foggi in
cui viene raccontata la vita e descritta la personalità del Fagiuoli, segue
una breve analisi di Sandro Bellesi del dipinto ritrovato. In queste pagine
Bellesi riporta anche un estratto dell’opera del Fagiuoli, un capitolo che
questi volle dedicare al Dandini proprio come ringraziamento del ritratto.
Antonio Paolucci definisce
Giovan Battista Fagiuoli eccentrico bardo
degli ultimi Medici. Definizione calzante, sebbene molte delle facezie che
la tradizione popolare fiorentina gli ha attribuito nel corso dei secoli siano
in verità sono solo false credenze.
Il poeta e
commediografo fiorentino fu testimone di quell’epoca che vide per sempre
calare il sipario sulla dinastia medicea. Si spense infatti l’anno prima di
Anna Maria Luisa de’ Medici e i suoi funerali vennero celebrati in San Lorenzo.
Nato il giorno di San Giovanni
Battista del 1660, il Fagiuoli dovette lasciare presto il
collegio dei Gesuiti, dove aveva intrapreso gli studi, poiché il padre morì
all’età di soli 43 anni. Appena tredicenne, per mantenere la madre, dovette
accettare un impiego presso un dottore in legge, ma fin da subito fu chiaro come
il lavoro d’ufficio non fosse la sua vera inclinazione. Egli riuscì fin da
subito a ritagliarsi un suo spazio dedicandosi alla recitazione, passione quella
per il palcoscenico che lo accompagnò per tutta la sua esistenza. Suo malgrado,
per far quadrare il bilancio famigliare, dovette però sempre destreggiarsi tra
l’impiego presso l’Arcivescovado e la vocazione di letterato.
I suoi scritti non furono mai
troppo pungenti o violenti; poeta satirico, raramente ironico e in nessun modo cattivo,
questo suo aspetto fu dovuto indubbiamente al suo carattere, ma in
parte anche alle sue ispirazioni ad entrare nell’ambiente di Corte.
Scelse la strada più lunga per
raggiungere i suoi scopi, ovvero la sua arte, poiché da uomo orgoglioso, mai
avrebbe venduto la sua dignità in cambio di un posto da cortigiano. Purtroppo, anche i suoi amici il Redi e il
Magliabechi, rispettivamente il medico e il bibliotecario di Corte, non
riuscirono a intercedere in suo favore come avrebbe desiderato.
Dovette allontanarsi da
Firenze per lavoro, trascorse un periodo a Livorno e persino un anno a
Varsavia. Poi, finalmente, un giorno venne accolto da Francesco Maria de’
Medici, fratello del Granduca Cosimo III, e iniziò a frequentare le feste e gli
eventi mondani nella Villa di Lappeggi tanto cara al cardinale. Sfortunatamente,
quando questo morì, dal momento che il Fagiuoli non era mai stato stipendiato come
cortigiano, si ritrovò nuovamente a dover contare solo sul reddito
ricavato da un piccolo podere di proprietà e dallo stipendio ricevuto come attuario.
Solo l’Elettrice Palatina, all’epoca ancora a Düsseldorf, cerco di
intercedere presso il padre Cosimo III in suo favore e sempre lei lo sostenne
anche quando salì al trono il fratello Gian Gastone, non
particolarmente interessato all’opera del Fagiuoli.
Giovan Battista Fagiuoili ebbe
una vita non facile, sempre a corto di denari sin da bambino si ritrovò a
dover far fronte anche ad una famiglia molto numerosa. La moglie gli diede ben
dieci figli ma solo quattro di questi, quattro figlie tutte monacate, gli
sopravvissero. Il Fagiuoli in verità sopravvisse pure alla moglie sebbene molto
più giovane di lui e a tutti i suoi nipoti.
Una figura affascinante incontrata
spesso nelle mie letture sugli ultimi Medici che sono contenta di aver potuto
approfondire grazie a questo interessante saggio.
Giovan Battista Fagiuoli fu
uomo del suo tempo e rileggere le sue opere (rime, composizioni, commedie) e i
suoi diari che si compongono di ben 30 volumi, di cui i primi tre redatti
in bella copia, che vanno dal 1672, anno della morte del padre, fino a due
giorni prima della sua morte, avvenuta il 12 luglio 1742, è fondamentale per
comprendere l’epoca di cui lui fu testimone.
Rossella Foggi con questo suo
saggio e Alberto Bruschi con questa collana hanno dimostrato di aver compreso
quanto sia importante andare alla riscoperta di quei personaggi che solo
all’apparenza possono essere considerati marginali a quella che viene
considerata la storia con la “S” maiuscola.
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