lunedì 23 luglio 2012

“La Vergine azzurra” di Tracy Chevalier


Primo romanzo scritto da Tracy Chevalier, è stato pubblicato in Italia per la prima volta dopo il grande successo ottenuto dall’autrice con “La ragazza con l’orecchino di perla”.
Le vicende narrate in questo libro, come in tutta la produzione letteraria della Chevalier, sono inserite in un preciso momento storico descritto dettagliatamente che ci permette di conoscere non solo l’epoca di riferimento ma anche i particolari che caratterizzano i luoghi in cui la storia è ambientata.
A differenza degli altri però, in questo libro, il racconto si svolge in due epoche differenti, il passato (XVI secolo) e il presente: abbiamo così due storie parallele che si svolgono su due piani temporali diversi e che mantengono la loro indipendenza nei vari capitoli, svelandoci pagina dopo pagina indizi (il cognome Tournier/Turner, la professione levatrice/ostetrica) e punti di contatto (il colore dei capelli, la psoriasi, l’attrazione provata per un “altro” uomo), fino a convergere e sovrapporsi nel finale.
Il racconto inizia nel XVI secolo in un villaggio della Francia, Isabelle Du Moulin è una giovane dai capelli rossi che, proprio per questa sua caratteristica fisica, viene soprannominata “la Rossa”, nome dato anche alla statuetta della Vergine posta nell’edicola sul portale della chiesa del paese.
Un giorno arriva in paese un predicatore calvinista, Monsier Marcel, che con i suoi sermoni infiamma a tal punto gli animi degli abitanti del villaggio che questi, accecati dal fanatismo religioso, abbracciano totalmente e senza riserve la Riforma. Isabelle che già prima era vista con sospetto dai suoi compaesani per il colore dei capelli e per la professione della madre, una sage-femme, spesso sospettata di essere una strega, è costretta anch’essa alla conversione al calvinismo. Calvino sosteneva che i fedeli dovessero rivolgersi direttamente a Dio, non riconoscendo più il valore delle preghiere rivolte ai Santi e alla Madonna. Isabelle, per essere accettata dalla nuova comunità religiosa, è costretta a compiere un gesto estremo: distruggere con un rastrello la statuetta della Vergine Maria. Nonostante tutto però la ragazza non riuscirà mai ad dimenticare la dottrina della sua infanzia e segretamente continuerà a professare il cattolicesimo e ad essere devota al culto della Madonna. Isabelle, rimasta incinta di Etienne Tournier, un giovane fanatico, violento e succube della madre, diventerà sua moglie legando così la propria vita ed il proprio destino alla famiglia Tournier. Quando anni dopo, nella famosa notte di San Bartolomeo, i cattolici attaccheranno il villaggio per dare la caccia ai nobili ugonotti ed ai loro servi più fedeli, Isabelle con il marito, i tre figli (il crudele e coraggioso Petit Jean, il taciturno Jacob e la prediletta Marìè) insieme alla perfida suocera, sarà costretta a fuggire in Svizzera.
L’altra vicenda, quella che si svolge nel presente, vede protagonista Ella Turner, una giovane ostetrica americana, giunta in Francia dove ha deciso di trasferirsi con il marito Rick, un giovane architetto, che ha appena accettato un lavoro presso uno studio di Tolosa.
Ella nonostante le sue origini francesi, ha difficoltà ad ambientarsi nel nuovo paese non riuscendo a farsi accettare dai suoi nuovi concittadini, le stesse difficoltà che secoli prima aveva avuto Isabelle, la Rossa. Visto il molto tempo libero a disposizione, decide di prendere lezioni di francese e dedicarsi alla ricerca dei suoi antenati. Inizierà così un periodo di consultazione di biblioteche e archivi che la condurrà fino in Svizzera per fare la conoscenza di alcuni cugini di cui fino a pochi mesi prima ignorava l’esistenza. Tra le varie persone incontrate una su tutte sconvolgerà la sua vita, Jean Paul, un bibliotecario che la porterà ben presto a mettere in discussione non solo il suo metodo di indagine e le sue aspettative, ma anche il suo matrimonio.
Il punto di contatto tra la vicenda che si svolge nella metà del Cinquecento e quella del XX secolo è il sogno di Ella. Quando infatti quest’ultima, di comune accordo con il marito, decide di avere un bambino, improvvisamente inizia ad essere perseguitata da uno strano ed inquietante sogno che di volta in volta diviene più nitido fino a farle apparire una veste azzurra, di un azzurro luminoso e cupo allo stesso tempo. Durante le sue ricerche ritroverà la tonalità di quel colore nel manto di una Madonna raffigurata in un quadro del Seicento dipinto da Nicolas Tournier.
Nicolas Tournier è in effetti un pittore francese, realmente esistito, che nel periodo dal 1619 al 1626 visse a Roma, dove subì l’influenza delle opere del Caravaggio.
Il sogno è il vero  filo conduttore della vicenda che aiuta a svelare il legame che unisce le due donne: Isabella ed Ella.
Confesso che all’inizio questo romanzo mi è sembrato piuttosto lento e noioso, stentava a decollare e, in maniera inaspettata, la mia attenzione è stata risvegliata solo nel momento in cui ho iniziato a leggere il primo dei capitoli ambientati nell’epoca contemporanea.
Dopo un primo momento di comprensibile smarrimento, sono riuscita ad entrare nella storia ed alla fine devo ammettere che ho trovato questo libro una lettura piacevole.
Molti romanzi sono ambientati in diverse fasi storiche, sia che le vicende si svolgano tra passato e presente o più semplicemente si sviluppino nel corso dei secoli, non è quindi la struttura del romanzo in sé che mi ha stupita quanto piuttosto il fatto che Tracy Chevalier, la scrittrice di libri quali “L’innocenza” e “Strane creature” ne abbia fatto uso.
Questo libro non ha forse lo spessore degli altri romanzi, a volte può risultare anche un po’ banale e ingenuo, ma nell’insieme è un romanzo dalla scrittura scorrevole e dalla trama originale e piuttosto inquietante, insomma un bel mix di storia e mistero.

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sabato 7 luglio 2012

“Via col vento” di Margaret Mitchell (1900 – 1949)


Universalmente riconosciuto come uno dei capolavori del cinema, spesso ci si dimentica che “Via col vento” è prima di tutto un romanzo o meglio un classico della letteratura moderna americana. “Gone with the wind” (titolo che riprende un verso di una poesia datata 1891 di Ernest Dowson (1867-1900)  intitolata “Cynara”) fu pubblicato nel 1936 ed ebbe subito uno strepitoso successo di pubblico, regalando alla sua autrice Margaret Mitchell il premio Pulitzer nel 1937 e  la candidatura al premio Nobel per la letteratura nel 1938. A seguito del sorprendente numero di copie vendute, un caso senza precedenti 176.000 copie in meno di un mese, iniziarono quasi immediatamente le trattative col produttore cinematografico David O. Selznick per poter portare la storia sul grande schermo. Il film, prodotto dalla Metro Goldwyn Mayer, uscì nelle sale cinematografiche statunitensi nel 1939.

“Via col vento” è ambientato nel Sud degli Stati Uniti nel periodo della Guerra Civile. La storia ha inizio nell’aprile del 1861 a Tara, la piantagione di proprietà della famiglia O’Hara, dove la sedicenne Rossella O’Hara sta allegramente flirtando con i giovani Tarleton che le rivelano che il giorno successivo alle Dodici Querce, in occasione del pic-nic e del ballo, verrà annunciato il fidanzamento di Ashley Wilkes con la cugina Melania Hamilton. Il giorno dopo Rossella, segretamente innamorata di Ashley decide di dichiararsi ma viene rifiutata da quest’ultimo. Delusa e indispettita Rossella si accorge che Retth Butler ha assistito alla dichiarazione; umiliata e offesa la ragazza ha il primo di una lunga serie di scontri verbali con l’uomo di Charleston appena conosciuto. Nel frattempo scoppia la guerra e, poiché Ashley deve arruolarsi, il matrimonio viene anticipato; Rosella per ripicca decide di sposare il fratello di Melania, Carlo Hamilton. Il matrimonio ha una durata brevissima, Carlo parte quasi immediatamente per la guerra e muore poco dopo a causa di una malattia, lasciando la moglie vedova e madre del piccolo Wade. Rossella si trasferisce ad Atlanta dalla cognata a casa della zia di quest’ultima, zia Pittypat ma mal sopporta il suo stato di vedovanza e non manca di dare scandalo danzando in pubblico con il capitano Butler ad una festa di beneficienza. La guerra arriva ad Atlanta proprio quando Melania deve dare alla luce il figlio di Ashley, Beau. Mentre i Nordisti mettono a ferro e fuoco la città, Retth corre in soccorso delle due donne e, dopo aver rubato un vecchio ronzino e un carro, le conduce fuori da Atlanta. Da qui le donne proseguiranno in compagnia dei figli e della bambinaia, la sciocca ed impreparata Prissy, verso Tara. La situazione è disperata: la piantagione è in rovina, la madre di Rossella, Mrs Elena è morta ed il padre Mr. Geraldo è impazzito per il dolore. Rossella prende in mano le redini della situazione, rendendosi da subito conto di essere l’unica in grado di sopportare il pesante fardello. Nel 1865, finita la guerra, Ashley torna a casa e raggiunge Melania ed il figlio a Tara. Nel tentativo di superare le difficoltà economiche, Rossella si reca da Retth, ma questi in carcere con l’accusa di aver rubato i soldi dei Confederati, non può concederle il prestito. Pressata dall’urgenza di dover pagare le tasse, per non perdere Tara, Rossella decide di contrarre un matrimonio di interesse e sposa Frank Kennedy, fidanzato con una delle sue sorelle, proprietario di un emporio ed in procinto di allargare il suo giro di affari con l’acquisto di una segheria. Da questo secondo matrimonio nascerà una bambina di nome Ella. Rossella, approfondisce giorno dopo giorno la conoscenza con Retth, e alla fine il capitano Butler decide di prestarle il denaro per l’acquisto della segheria permettendo così alla donna di sottrarre l’affare al marito. Dopo la morte di Geraldo O’Hara, Ashley accetta la compartecipazione della segheria offertagli da Rossella e si trasferisce così ad Atlanta con la famiglia. Frank Kennedy rimane ucciso durante un’azione armata, nella quale lo stesso Mr Wilkes rimane ferito, contro degli sbandati che hanno assalito Rosella mentre si recava al lavoro. Questa, rimasta nuovamente vedova, accetta di sposare Retth. Il matrimonio all’inizio sembra funzionare, Retth vizia Rossella e soddisfa ogni suo capriccio (feste, gioielli, la costruzione di nuova casa arredata fastosamente ecc.) ma la lei non ha mai dimenticato Ashley e nel suo cuore continua a sperare di poter coronare un giorno il suo sogno d’amore. Retth riversa quindi il suo affetto sulla bambina nata dall’unione con Rosella, Diletta. Quando però la bambina muore, a seguito di una caduta da cavallo, il matrimonio naufraga definitivamente. A questa tragedia fa seguito quasi immediatamente una nuova disgrazia, la morte di Melania. L’amore tra Ashley e Rossella sembra a questo punto non avere più ostacoli, ma proprio in questo momento la donna si rende conto che il suo amore per Ashley non esiste più o meglio era solo un’infatuazione infantile ormai completamente superata, l’unico che lei abbia amato ed ama è suo marito.

“Non è mai esistito veramente, se non nella mia fantasia” pensò con tristezza. “Ho amato qualche cosa costruita da me, qualche cosa che è morta con Melania. Ho fatto un bel fantoccio e me ne sono innamorata. E quando Ashley venne a cavallo, così bello, così diverso, gli misi gli abiti del fantoccio e glieli feci portare, gli andassero bene o no. E non ho mai voluto vederlo come era in realtà. Ho continuato ad amare il fantoccio… ma non lui.”
 
Consapevole ormai dei suoi veri sentimenti, corre a casa per dichiarare il suo amore a Retth, ma ormai è troppo tardi. Il capitano Butler stanco di lottare, la lascia. Rossella non si dà per vinta ed il libro, come il film, si conclude con la celebre frase:

“Penserò a tutto questo domani, a Tara. Sarò più forte, allora. Domani penserò al modo di riconquistarlo. Dopo tutto, domani è un altro giorno”.

A grandi linee ecco la trama di questo lunghissimo romanzo (872 pagine nell’edizione Oscar Mondadori) che, nonostante la mole, risulta scorrevole e avvincente, mai scontato o noioso. La trasposizione cinematografica, pur con una durata di 3 ore e 40 minuti, presenta inevitabilmente il taglio di alcune parti del racconto, perdendo così la completezza e la ricchezza di particolari che sono presenti nel libro. Il film ha dato particolare risalto alla storia d’amore tra Rossella e il capitano Butler, tanto che molte scene sono incentrate su questi due personaggi magistralmente interpretati da Vivien Leigh e Clark Gable.
Ci si è spesso interrogati nel corso degli anni se “Via col vento” sia da ritenersi un romanzo d’amore oppure un romanzo storico. Il libro effettivamente può essere letto sia come una storia d’amore sia come un resoconto storico della Guerra di Secessione e della successiva ricostruzione. Margaret Mitchell, dichiarò di aver pensato spesso allo sfondo storico di “Via col vento” senza però l’intenzione di inserirlo in un romanzo. Quando il libro fu accettato dall’editore il più grande timore dell’autrice fu proprio quello di aver commesso qualche errore di carattere storico; il suo lavoro però risultò così dettagliato e minuzioso da essere apprezzato persino da Henry Steele Commager, noto storico della Columbia University. Benché spesso l’interesse del pubblico e quello della critica sia stato attratto nel corso degli anni soprattutto dall’intreccio della vicenda sentimentale, Margaret Mitchell riteneva il suo libro il romanzo del Sud, dove Rossella O’Hara doveva essere la personificazione di Atlanta, il simbolo della caduta e della capacità di rialzarsi della città stessa. Il filo conduttore del romanzo è il mito del vecchio Sud e dell’innocenza perduta oltre ad un messaggio di speranza con cui affrontare i problemi della ricostruzione. Messaggio che fu ben accolto dal pubblico contemporaneo che aveva ancora un vivo il ricordo delle vicende storiche narrate nel romanzo e che, negli anni Trenta, era proprio all’inizio della ricostruzione del paese reduce dalla Grande Depressione.
Non tutta la critica fu ovviamente benevola nei confronti del romanzo non mancarono detrattori che accusarono la Mitchell di aver appoggiato valori di un mondo scomparso, di aver dato alla storia un alone mitico e troppo romantico; non mancarono inoltre critici che la accusarono di appoggiare troppo apertamente la causa sudista.
Margaret Mitchell non solo è riuscita a creare un affresco storico dettagliato e fedele alla realtà dell’epoca in cui si volgono le vicende ma ha avuto anche la grande capacità di renderlo vivo attraverso la descrizione dei suoi numerosi personaggi. Tutti, che siano protagonisti oppure semplici figure di passaggio, sono descritti con estrema precisione, e pur trattandosi di personaggi di pura finzione letteraria sembrano persone “vive” e reali.
Oltre a Rossella, la vera protagonista del romanzo, gli altri personaggi principali sono Ashley Wilkes, Melania Hamilton e Retth Butler; ognuno di essi rappresenta un modo diverso di affrontare il cambiamento, in un nuovo mondo dove o si hanno delle capacità di adattamento o inevitabilmente si soccombe.
Rossella è all’inizio del romanzo una ragazzina egoista e capricciosa, “troppo giovane e viziata per aver mai saputo che cosa fosse una sconfitta”. Vive circondata dall’affetto della sua inseparabile Mammy e da quello dei suoi genitori: la dolce e gentile Mrs Elena, della nobile famiglia dei Robillard, e Mr Gerardo O’Hara, un irlandese giunto in Georgia senza un soldo e che ha costruito con le proprie mani il suo impero, un uomo all’apparenza burbero e collerico, ma in realtà un’ottima persona. Rossella è circondata, grazie al suo carattere frivolo e civettuolo, da una moltitudine di giovani pretendenti, ma proprio per queste sue caratteristiche non è in grado di avere amicizie femminili ed ha un pessimo rapporto persino con le sorelle.
Retth Butler è un personaggio che può essere considerato il pendant maschile di Rossella, il capitano è una simpatica canaglia, una persona che non si trattiene dal dire quello che pensa qualunque siano le conseguenze, una persona che non si fa scrupoli per il proprio tornaconto. Entrambi si curano poco o nulla delle convenzioni sociali e delle buone maniere, ma mentre Rossella è mossa solo da egoismo, ogni sua azione anche meritevole viene da lei compiuta sempre in previsione di ottenere qualcosa che desidera, Retth dimostrerà in più di un’occasione di possedere gentilezza e bontà d’animo.

“Dite delle cose scandalose!”
“Scandalose e vere. Purché si abbia coraggio… e denaro, si può fare a meno della reputazione.”

Entrambi però, pur restando nei loro cuori fedeli al Sud, non si fanno scrupolo di sfruttare a loro beneficio la situazione venutasi a creare nel paese e, senza alcun senso di colpa, non disdegnano di far affari e frequentare i loro “conquistatori” pur non condividendone modi ed opinioni. Alla fine però Retth risulterà più debole di Rossella che dimostrerà fino all’ultimo una forza di carattere straordinaria. Nella loro storia d’amore il capitano Butler soccomberà davanti alla capricciosa e indomita Rossella, al punto di darsi per vinto e abbandonarla nonostante ne sia stato suo malgrado innamorato. Anche davanti alla morte dell’adorata figlia, Diletta, mentre Rossella sconvolta dal dolore riesce comunque ad elaborare il lutto, Retth cade in una profonda depressione che lo porta quasi alla follia. Rispetto al film, il libro mette in maggiore evidenza i punti deboli del carattere del capitano Butler indagando molto più a fondo i suoi sentimenti e mettendo in evidenza i suoi errori di gioventù ed i rapporti con la sua famiglia; il romanzo riesce quindi a darci un quadro più completo della sua complessa personalità.
Retth Butler è un personaggio bellissimo, dolce, forte, contradditorio ed amabile, non si può non innamorarsi di lui fin dalla sua prima apparizione; nessuno in cuor suo può capire perché Rossella sia così ottusa da non rendersi conto subito che Retth vale mille volte di più del “decadente” Ashley… Rossella invece o la si ama o la si odia, non esistono mezze misure nei sentimenti che si possono provare verso di lei, resterà fino alla fine una bambina frivola e viziata, spesso irritante, ma darà prova di una forza di volontà, di una pronta intelligenza, di una scaltrezza che non la si può comunque che ammirare al di là di essere d’accordo o meno con i suoi metodi. Rossella ama solo se stessa e Tara, ma anche l’amore per Tara è in fin dei conti un amore egoistico, perché da buona irlandese, figlia di Mr Geraldo O’Hara, da quella terra riesce a trarre non solo sostentamento ma anche la forza per affrontare le avversità e i momenti bui della vita:

“La terra è la sola cosa al mondo che valga qualche cosa” urlò Geraldo, e le sue braccia corte e grosse facevano grandi gesti di indignazione “perché è la sola cosa al mondo che rimane e, non dimenticarlo! La sola per cui valga la pena di lavorare, di lottare…di morire”.

L’altra coppia, quella formata da Ashley e Melania, è la coppia rivolta al passato. Melania è una donna apparentemente debole, ma che proprio grazie alla sua debolezza riesce ad essere fonte di forza per tutti coloro che ruotano intorno a lei: il marito, Rossella e lo stesso Retth che ha per lei un rispetto incondizionato. Melania ama Rossella come una sorella, non concepisce il tradimento e la cattiveria perché sono lontani dal suo cuore, non può vedere il male perché per lei il male non esiste. Pur nella sua debolezza dimostra più di una volta la forza di una tigre quando si tratta di difendere le persone che ama. Melania continua a vivere nel passato pur rendendosi conto che le cose sono cambiate, ma riesce a farlo con il sorriso, nel cambiamento preferisce accontentarsi del poco che le rimane pur di non soccombere e dimenticare se stessa, le proprie idee e la propria identità. Nel libro Melania è un personaggio positivo e, anche se a volte la sua infinita bontà risulta un po’ imbarazzante e al limite della credibilità, è una persona vera con sentimenti veri, paure e preoccupazioni come ogni altro. Nel film invece il suo è un personaggio stucchevole e ne viene data l’immagine che ne ha Rossella cioè quella di un’inutile bambola di porcellana, senza tener conto della vera personalità di Melania né dell’opinione che le persone che la circondano hanno di lei.
Ashley Wilkes, nel libro come nel film, è l’opposto di Rossella. Lei è una donna piena di vita, vivace, allegra ma priva di cultura; lui è invece un uomo colto, che ha viaggiato nel vecchio continente, i cui principali interessi sono l’arte, la letteratura, la poesia, ma è anche una persona che vive in un mondo tutto suo, è un sognatore, un uomo che passa le sue giornate a riflettere, che ama pensare, ma non agire.

 “egli viveva in un mondo interiore molto più bello della Georgia, e tornava malvolentieri alla realtà”.

Ashley è l’emblema di chi non è riuscito ad affrontare il cambiamento, lui che aveva sempre vissuto in una realtà tutta sua, non riesce a trovare né la volontà né la forza di adattarsi al nuovo mondo. Vive aggrappandosi al passato e, come un parassita, trae sostentamento e forza da sua moglie Melania e da Rossella che lo accudiscono come se fosse un bambino.

“Ashley è un bravissimo uomo!” lo difese Rossella con fervore.
“Non ho mai detto il contrario; ma è bisognoso di aiuto come una tartaruga coricata sul dorso. Se la famiglia Wilkes riesce a superare questo periodo difficile, è perché c’è Melania che vince le difficoltà; non Ashley”.

Ormai disilluso comprende di essere stato sconfitto dalla vita, è quando muore la moglie resta solo un uomo terrorizzato, smarrito e debole.
Ho visto il film innumerevoli volte e ogni volta è stata un’emozione, per questo motivo per molto tempo sono stata restia a leggere il libro, temevo che potesse essere una delusione. Ora posso dire che mi spiace non aver letto prima il romanzo. Per quanto possa essere intrigante ed interessante, il film non eguaglierà mai la completezza e la ricchezza del libro. Come ho già sottolineato precedentemente alcune parti nel film sono state tagliate, perdendo così non solo il racconto della maggior parte degli avvenimenti storici dell’epoca, come il racconto di alcune celebri battaglie o i riferimenti al Ku Klux Klan, e la possibilità di conoscere molti personaggi secondari interessanti che non figurano sul grande schermo come ad esempio Mrs Tarleton, Cade Cavet, Franco Picard, i figli di Rossella Wade ed Ella avuti rispettivamente dal Carlo Hamilton e da Frank Kennedy, e molti altri come lo zio Pietro, Dilcey, Will Benteen… ma soprattutto nel film non abbiamo nessun riferimento alle interessantissime pagine che raccontato la storia di Mr O’Hara e della bella e nobile Elena Robillard. Inoltre ci sono alcuni punti del film che hanno decisamente semplificato la storia, come la morte di Geraldo O' Hara avvenuta sì per una caduta da cavallo, ma in circostanze ben diverse da quelle raccontate sul grande schermo…
Basta, mi fermo qui, ho già anticipato troppe cose! Se avete amato il film dovete leggere assolutamente il libro!
Un’ultima cosa: il romanzo merita davvero di essere letto, ma dovrete avere tanta pazienza per la traduzione (mi riferisco all’edizione Classici Moderni Oscar Mondadori), incontrerete infatti moltissime frasi dove le scelte dei tempi e dei modi verbali sembrano essere estratte a caso da un bussolotto…qualche esempio?

Se sorridere, civettare ed essere sventate poteva attrarlo, civetterebbe con piacere e sarebbe più sventata di Caterina Calvert. E se erano necessarie misure più ardite, ebbene! Le prenderebbe.

oppure

Sapeva che, se cominciasse, piangerebbe come quella volta nella criniera di cavallo, durante la tremenda notte della caduta di Atlanta (…)





martedì 26 giugno 2012

“Il giardino dorato” di Harry Bernstein


Harry Bernstein (1910-2011) nato vicino a Manchester, figlio di ebrei polacchi, emigrò con la famiglia negli Stati Uniti dopo la prima guerra mondiale. Lavorò dapprima come lettore per diverse case cinematografiche, selezionando soggetti per il grande schermo, e successivamente come redattore per alcune riviste commerciali. Collaborò inoltre come freelance per varie testate giornalistiche.
Dopo la morte della moglie, avvenuta nel 2003, all’età di 92 anni si dedicò alla scrittura del suo primo libro “The invisible wall” (Il muro invisibile), che ottenne subito un buon successo di critica e di pubblico. Tradotto in diversi paesi, fu finalista nel 2008 al Premio Bancarella.
Seguirono poi “The dream” (Il sogno infinito) e “The golden willow” (Il giardino dorato).
Il suo ultimo romanzo “ What happened to Rose?” (La sognatrice bugiarda) è stato pubblicato postumo nel 2012 ed è un omaggio dedicato alla sorella Rose.

I libri di Bernstein sono tutti romanzi autobiografici e l’autore risulta immediatamente abilissimo a tenere incollato il lettore alle pagine coinvolgendolo e appassionandolo alle sue storie di vita vissuta.
I romanzi sono toccanti, avvincenti e delicati. Non si può che rimanere commossi leggendo le vicende della famiglia Bernstein e delle persone che hanno fatto parte della loro vita.
Attraverso una scrittura semplice e scorrevole, conosciamo la madre di Harry una donna forte, coraggiosa e tenace, disposta a fare qualunque sacrificio per i propri figli e pronta a subire qualunque umiliazione per il loro benessere; la figura materna è in aperto contrasto con quella del padre, un uomo aggressivo, egoista e solitario, che sperpera al pub tutto ciò che guadagna. Facciamo inoltre conoscenza con i fratelli di Harry dai caratteri così diversi gli uni dagli altri e con le sorelle: la dolce e intelligente Lily e la ribelle Rose.

Ne “Il muro invisibile” Bernstein ci racconta la sua infanzia trascorsa in un quartiere operaio del Lancashire dove vivevano, separati da un'invisibile barriera, cristiani ed ebrei. Forte era l’avversione che le due comunità provavano l’una per l’altra; in quella strada fatta di povere case di mattoni tutte uguali si fronteggiavano due mondi distanti, separati da credenze e usanze diverse, da pregiudizi che portavano a continue lotte e scontri fra le due fazioni. Nonostante questo però c’era ancora spazio per la speranza, la possibilità di aprire una breccia in quel muro invisibile eppur così solido: Lily e Arthur, tra difficoltà ed ostacoli, riusciranno a coronare il loro sogno d’amore e far accettare la loro unione “mista” alle rispettive famiglie. Quando Harry avrà dodici anni, le speranze della madre finalmente si realizzeranno: un giorno il postino recapiterà una busta con i biglietti per poter raggiungere i parenti negli Stati Uniti. Inizierà così per Harry e la sua famiglia una nuova avventura, quella del sogno americano…

“Il sogno infinito” è proprio il racconto della vita di Harry una volta giunto negli Stati Uniti. Le cose finalmente sembrano girare nel verso giusto per la famiglia Bernstein, ma quando ogni desiderio sembra ormai essersi realizzato arriva la Grande Depressione. Tutto ricomincia daccapo: le liti col padre, la miseria, le umiliazioni, la difficoltà di trovare un lavoro…

“Il giardino dorato” potremmo definirlo la terza e conclusiva “puntata” della storia di Harry Bernstein. Il titolo originale dell’opera è “The golden willow”, in ricordo del salice dorato a Central Park simbolo dell’affetto e della passione tra Harry e la moglie che avevano fatto l’amore per la prima volta proprio sotto quei rami lunghi e sottili che ricadevano con grazia fino a toccare terra, gonfiandosi come la gonna di un abito da ballo di una volta. In questo libro Bernstein ripercorre gli anni trascorsi accanto a Ruby, 67 anni di gioia, tenerezza, amicizia, sogni, speranze, vittorie ma anche di sacrifici condivisi e di dolore per la perdita delle persone care. La narrazione si snoda tra il presente, il passato recente ed il ricordo degli anni ormai lontani nel tempo. E’ davvero struggente il sentimento di tenerezza con cui lo scrittore ricorda gli anni vissuti accanto alla moglie ed è estremamente toccante la rievocazione di ogni singolo semplice particolare. Ogni piccola cosa che sia un comune trasloco, un aneddoto sull’educazione dei figli, una cena in famiglia ci vengono raccontati con una delicatezza che non può non emozionare il lettore. Ma quello che colpisce di più è l’amore che unisce questa coppia, un amore totale fatto di comprensione, rispetto e complicità. Un amore incondizionato, assoluto che farà pronunciare ad Harry le seguenti parole: “guardandola e ascoltando il suo respiro, pensai: Beh, ecco la ricompensa per tutto quello che non ho fatto”.
Quando la moglie muore di leucemia, Harry si sente completamente e comprensibilmente solo, abbandonato. Nonostante tutti cerchino di convincerlo che solo il tempo potrà curare le sue ferite, lui sa, dentro di sé, che il tempo non potrà mai alleviare il dolore della perdita e capisce che l’unica cura che potrà aiutarlo a lenire il suo tormento sarà la scrittura.
In questo ultimo libro non ritroviamo né lo struggimento per i tempi andati che faceva da filo conduttore ne “Il muro invisibile” né la rabbia verso le continue difficoltà della vita, tema principale ne “Il sogno infinito”. “Il giardino dorato” è il romanzo della rassegnazione e dell’accettazione della vecchiaia. Malinconiche e davvero emozionanti sono le pagine in cui Harry deve prendere coscienza del decadimento fisico che è sopraggiunto: le sempre più frequenti cadute durante le passeggiate, le difficoltà sempre maggiori nell’affrontare la vita quotidiana, il doversi adattare ad usare il deambulatore nonostante l’ostinazione iniziale di volerne e poterne farne a meno…
Al di là dell’amarezza e dell’avvilimento però c’è anche la consapevolezza di aver vissuto una vita piena, di aver avuto accanto una persona eccezionale e dei figli meravigliosi, aver conosciuto delle persone speciali e aver realizzato, ormai ultranovantenne, il “suo” grande sogno: diventare uno scrittore.
                                                                                                                                      
2008
Adesso vivo da solo, ma non sono realmente solo. La mia mente è popolata dalle persone di cui scrivo da almeno cinque anni. Oggi che questo, il mio terzo libro, è finito ho raccontato tutta la storia della mia vita dal momento in cui sono nato all’istante in cui morirò, o quasi. Ormai sono vicino ai cent’anni, perciò immagino non possa essere troppo lontano.

Il libro è anche un libro di speranza, la speranza che nella vita non sia mai troppo tardi per realizzare i propri desideri perché la vita è possibilità…

Alla fine ho sperimentato quel momento di gloria che avevo sempre agognato, che forse tutti agognano, e mai nel corso di questi ultimi anni sorprendenti, che al massimo potevo aspettarmi di trascorrere in pace e tranquillità, mai mi sono sentito così gratificato come quando ho iniziato a ricevere premi per i miei libri.

Spesso ne “Il giardino dorato” Bernstein fa riferimento a storie ed eventi già raccontati nei precedenti romanzi e ciò rende inevitabilmente necessario aver letto gli altri volumi per poterne apprezzare a pieno la lettura.
Un consiglio: leggeteli tutti! Perché raramente si trovano storie vere che lasciano il segno come nel caso dei libri di Bernstein.



giovedì 14 giugno 2012

“Aspettami ed io tornerò” (Konstantin M. Simonov)


Aspettami ed io tornerò,
ma aspettami con tutte le tue forze.
Aspettami quando le gialle piogge
ti ispirano tristezza,
aspettami quando infuria la tormenta,
aspettami quando c'è caldo,
quando più non si aspettano gli altri,
obliando tutto ciò che accadde ieri.
Aspettami quando da luoghi lontani
non giungeranno mie lettere,
aspettami quando ne avranno abbastanza
tutti quelli che aspettano con te.

Aspettami ed io tornerò,
non augurare del bene
a tutti coloro che sanno a memoria
che è tempo di dimenticare.
Credano pure mio figlio e mia madre
che io non sono più,
gli amici si stanchino di aspettare
e, stretti intorno al fuoco,
bevano vino amaro
in memoria dell'anima mia...
Aspettami. E non t'affrettare
a bere insieme con loro.

Aspettami ed io tornerò
ad onta di tutte le morti.
E colui che ormai non mi aspettava,
dica che ho avuto fortuna.
Chi non aspettò non può capire
come tu mi abbia salvato
in mezzo al fuoco
con la tua attesa.
Solo noi due conosceremo
come io sia sopravvissuto:
tu hai saputo aspettare semplicemente
come nessun altro.


Konstantin M. Simonov (San Pietroburgo 1915 – Mosca 1979), scrittore e uomo politico, riuscì a coniugare perfettamente la sua attività letteraria ed i suoi impegni istituzionali. Ricoprì, infatti, alte cariche di governo: fu deputato del Soviet Supremo dell’URSS e membro (dal 1949) del Praesidium del Comitato sovietico per la difesa della pace.
Esordì nel 1937 come letterato con alcuni poemi storici, ma è alla sua attività di drammaturgo che deve soprattutto la sua fama.
Durante la seconda guerra mondiale fu corrispondente dal fronte per il giornale “Stella Rossa” e pubblicò versi, schizzi e racconti di guerra. Ampia notorietà gli procurarono in questo periodo le sue poesie d’amore.
“Aspettami ed io tornerò”, in cui un soldato chiede alla sua amata di aspettarlo e credere ad un suo ritorno nonostante tutti intorno a lei abbiano ormai abbandonato le speranze, fu scritta da Simonov per la sua futura moglie, l’attrice Valentina Serova; questa poesia ebbe un grandissimo successo all’epoca ed ancora oggi è una delle più famose e conosciute poesie in lingua russa.
Ispirati alla guerra scrisse diversi drammi tra cui “Gente russa” (1941) oltre al romanzo “I giorni e le notti” (1943-44), dedicato alla difesa di Stalingrado.
Dopo la guerra la sua attenzione fu rivolta ai problemi di politica internazionale sia nei suoi versi che nei suoi drammi.
Da molte delle sue opere (drammi e romanzi) sono stati tratti dei film. 


sabato 9 giugno 2012

“Il trono di spade” di George R.R. Martin


Primo volume della saga scritta da George R.R. Martin che ha conquistato milioni di lettori, “Il trono di spade” è ambientato in un mondo fantastico con forti richiami all’epoca medievale, pervaso da intrighi politici e scandali, dove gli inverni e le estati durano intere generazioni.
Robert Baratheon, re dei Sette Regni, richiama a corte il suo vecchio amico e compagno d’armi, Eddard Stark, Lord di Grande Inverno, per conferirgli il titolo di Primo Cavaliere, principale carica del regno, seconda solo a quella del sovrano stesso.
Nel frattempo Lady Lysa Tully di Delta delle Acque, moglie del defunto Primo Cavaliere Jon Arryn Lord di Nido dell’Aquila, avverte la sorella, Lady Catelyn moglie di Eddard Stark, dei suoi più che fondati sospetti sull’assassinio del marito per mano dei Lannister di Castel Granito (famiglia della regina Cersei, moglie di re Robert). Appena divenuto Primo Cavaliere, Lord Stark, giunto a corte inizia a svolgere indagini personali sul presunto assassinio del suo predecessore.
Al di là del mare, il giovane Viserys e sua sorella Daenerys, figli di Aerys II, detto il Re Folle, discendenti della famiglia reale dei Targaryen, Signori dei draghi, si adoperano per riconquistare il Trono di spade perso durante la sanguinosa guerra che aveva portato su quello stesso trono proprio Robert Baratheon.

Nel frattempo i conflitti sempre più accesi tra le casate degli Stark, Lannister e Baratheon oltre a quelli con le altre nobili famiglie dei Tully, Arryn, Tyrrell e Greyjoy spingono gli eventi verso una guerra di proporzioni epiche.
Nell’estremo nord, alla Barriera – un’immensa muraglia eretta per difendersi da qualunque essere umano e non umano viva al di là di essa – i Guardiani della notte, sempre meno numerosi e sempre più abbandonati a se stessi, cercano di tenere lontani i pericoli che minacciano il regno.
Il motto degli Stark “L’inverno sta arrivando” è ogni giorno più realistico, l’inverno arriverà presto e con esso arriveranno anche gli Estranei, creature demoniache, una specie di “non morti” dagli occhi azzurri e gelidi…
I protagonisti della saga sono tantissimi, ma fortunatamente il libro è fornito di precise tavole descrittive dei vari personaggi e da mappe dettagliate del territorio. Lontanissimo dall’idea del fantasy del “Signore degli Anelli” di Tolkien, “Il trono di spade” è comunque una saga fantasy sotto tutti gli aspetti. E’ vero che all’inizio sembra non esserci nulla di fantastico, ma è solo apparenza, Martin, infatti, introduce l’elemento fantasy poco per volta; attraverso il racconto dell’estinzione dei draghi in un’epoca non molto remota, il ritrovamento dei cuccioli di meta-lupo da parte degli Stark, i continui riferimenti agli Estranei, l’autore ci introduce in un mondo dove comprendiamo che l’elemento magico avrà un ruolo essenziale nella storia.
Il racconto viene ripartito in capitoli dove si narrano le vicende suddivise in base al personaggio protagonista del brano. Questo ci regala un romanzo ben strutturato, che ci sottopone i punti di vista differenti dei personaggi, spingendoci a prendere posizione parteggiando ora per l’uno, ora per l’altro dei protagonisti. Intrighi, passione, amore, duelli, incesti, segreti, tradimenti, non sembra mancare proprio nulla in questa saga dove crudeltà e sete di potere sono gli elementi principali.
Non esiste però una netta divisione tra bene e male, la psicologia di ogni singolo personaggio viene ampiamente indagata e di ognuno vengono evidenziate caratteristiche e passioni umane (orgoglio, amore, passione, gelosia ecc.); vengono presentate infinite sfumature della personalità di ogni protagonista così come sono indagati a fondo i rapporti tra i vari personaggi. Jon Snow, il bastardo, figlio di Eddard Stark e di una donna misteriosa di cui tutti ignorano l’identità, ad esempio viene identificato non solo attraverso le sue caratteristiche fisiche e morali, ma anche attraverso i suoi rapporti con i vari fratellastri (la complicità con Arya, la freddezza di Sansa nei suoi confronti, il rispetto reciproco che lo lega a  Rob, l’affetto corrisposto verso i più piccoli Bran e Rickon), con il padre che lo ama come gli altri figli nonostante gli ricordi la sua debolezza, con Lady Catlyn che lo odia perché simbolo vivente del tradimento del marito, con Theon Greyjoy che lo disprezzo in quanto bastardo, con lo stesso Tyron Lannister che vede in lui riflessa la sua “diversità” e decide di dispensargli qualche perla della sua “saggezza”:

Mai, mai dimenticare chi sei, perché di certo il mondo non lo dimenticherà. Trasforma chi sei nella tua forza, così non potrà mai essere la tua debolezza. Fanne un’armatura, e non potrà mai essere usata contro di te.

Non esistono eroi immortali, tutti possono morire, tutti possono cadere sia i protagonisti veri e propri, sia i personaggi minori; cadono i potenti, i ricchi, i colpevoli così come gli innocenti e i poveri; tutto questo rende il racconto molto reale e grazie anche alla capacità di Martin di descrivere perfettamente gli eventi, la storia è emozionante, appassionante, coinvolgente tanto da riuscire a tenere incollato il lettore fino all’ultima pagina del libro.
Esiste una trasposizione cinematografica della saga a cura della HBO, trasmessa in Italia da Sky, che ha già mandato in onda la prima e la seconda stagione della serie televisiva. Indubbiamente vedere la serie TV aiuta a conoscere meglio i personaggi perché sono davvero tantissimi, ma devo dire che non ho apprezzato affatto, soprattutto nella prima serie (corrispondente al primo volume o primi due volumi a seconda dell’edizione Mondadori scelta), le esasperate scene di sesso e violenza in quanto a differenza di quelle presenti nel libro sono il più delle volte fini a se stesse e, non essendo pertanto necessarie al racconto, risultano spesso fastidiose.
“Il trono di spade” è una saga lunghissima e il suo autore ritiene siano necessari 7 volumi per raccontare l’intera storia. In Italia, per le solite ragioni commerciali, i volumi già pubblicati ed editi da Mondadori, sono stati divisi in due libri, creando così non poca confusione.
Cercando di mettere un po’ di ordine…

Volume 1 – A Games of Thrones
Il trono di spade
Il grande inverno
pubblicati recentemente anche in unico volume

Volume 2 – A Clash of Kings
Il regno dei lupi
La regina dei draghi
pubblicati recentemente anche in unico volume

Volume 3 – A Stormo f Swords
I fiumi della guerra
Il portale delle tenebre

Volume 4 – A Feast for Crows
Il dominio della regina
L’ombra della profezia

Volume 5 – A Dance with Dragons
I guerrieri del ghiaccio
I fuochi di Valyria
La danza dei draghi 

I titoli dei volumi 6 e 7 dovrebbero essere “The Winds of Winter” e “A Dream of Springs”.
Buona lettura!




venerdì 1 giugno 2012

O Captain! My Captain! (Walt Whitman)


O Captain! My Captain! our fearful trip is done;
The ship has weather'd every rack, the prize we sought is won;
The port is near, the bells I hear, the people all exulting,
While follow eyes the steady keel, the vessel grim and daring
But O heart! heart! heart!
O the bleeding drops of red,
Where on the deck my Captain lies,
Fallen cold and dead.

O Captain! My Captain! rise up and hear the bells;
Rise up-for you the flag is flung-for you the bugle trills;
For you bouquets and ribbon'd wreaths-for you the shores a-crowding;
For you they call, the swaying mass, their eager faces turning
Here Captain! dear father!
This arm beneath your head;
It is some dream that on the deck,
You've fallen cold and dead.

My Captain does not answer, his lips are pale and still;
My father does not feel my arm, he has no pulse nor will;
The ship is anchor'd safe and sound, its voyage closed and done;
From fearful trip the victor ship comes in with object won
Exult, O shores, and ring, O bells!
But I with mournful tread,
Walk the deck my Captain lies,
Fallen cold and dead.


O capitano! Mio capitano! il nostro viaggio tremendo è finito,
La nave ha superato ogni tempesta, l'ambito premio è vinto,
Il porto è vicino, odo le campane, il popolo è esultante,
Gli occhi seguono la solida chiglia, l'audace e altero vascello;
Ma o cuore! cuore! cuore!
O rosse gocce sanguinanti sul ponte
Dove è disteso il mio Capitano
Caduto morto, freddato.

O capitano! Mio capitano! alzati e ascolta le campane; alzati,
Svetta per te la bandiera, trilla per te la tromba, per te
I mazzi di fiori, le ghirlande coi nastri, le rive nere di folla,
Chiamano te, le masse ondeggianti, i volti fissi impazienti,
Qua capitano! padre amato!
Questo braccio sotto il tuo capo!
È un puro sogno che sul ponte
Cadesti morto, freddato.

Ma non risponde il mio capitano, immobili e bianche le sue labbra,
Mio padre non sente il mio braccio, non ha più polso e volere;
La nave è ancorata sana e salva, il viaggio è finito,
Torna dal viaggio tremendo col premio vinto la nave;
Rive esultate, e voi squillate, campane!
Io con passo angosciato cammino sul ponte
Dove è disteso il mio capitano
Caduto morto, freddato.


Walt Whitman (1819 – 1892), poeta e scrittore, è oggi considerato il maggior esponente della poesia dell’Ottocento americano. Fu autore della famosa raccolta di poesie “Foglie d’erba”, opera che venne pubblicata in diverse edizioni.
La poesia “O Captain! My Captain!” fu scritta nel 1865 per la morte del presidente Abraham Lincoln, assassinato quello stesso anno.
L’ode è infatti ricca di riferimenti metaforici alla vicenda: la nave che, sotto il comando del suo comandante porta a termine il duro viaggio, è un chiaro richiamo agli Stati Uniti d’America che, sotto il comando del loro Presidente/Padre della Patria, escono vittoriosi dalla sanguinosa guerra di secessione.
Questa poesia è stata resa celebre sul grande schermo grazie al bellissimo film del 1989, diretto da Peter Weir, “L’attimo fuggente” (titolo originale “Dead Poets Society”), di cui divenne il filo conduttore.
Il professor John Keating, interpretato da Robin Williams, si avvale proprio della poetica di Walt Whitman ed in particolare di questa ode, per spiegare ai ragazzi il vero senso della poesia:

Non leggiamo e scriviamo poesie perché è carino, noi leggiamo e scriviamo poesie perché siamo membri della razza umana e la razza umana è piena di passione. Medicina, legge, economia, ingegneria, sono nobili professioni, necessarie al nostro sostentamento, ma la poesia, la bellezza, il romanticismo, sono queste le cose che ci tengono in vita.


“O Capitano, mio capitano!” Chi conosce questi versi? Non lo sapete? È una poesia di Walt Whitman, che parla di Abramo Lincoln. Ecco, in questa classe potete chiamarmi professor Keating o se siete un po’ più audaci, “O Capitano, mio Capitano”.


sabato 26 maggio 2012

La trilogia di Fitzwilliam Darcy (Pamela Aidan)


Pamela Aidan nasce nel 1953 in Pennsylvania. Svolge per trent’anni il lavoro di bibliotecaria senza mai dimenticare la passione coltivata fin da adolescente per Jane Austen. Proprio questa passione mai sopita la spinge a “riscrivere” il grande capolavoro dell’amata autrice inglese “Orgoglio e pregiudizio”.
Chi, tra coloro che adorano questo romanzo, può dire di non aver mai desiderato almeno una volta conoscere i pensieri di Mr. Darcy? Chi non si è mai chiesto cosa provasse? O come avesse occupato il tempo lontano da Elizabeth? Della vivace, sensibile, intelligente e razionale Miss Elizabeth Bennet sappiamo tutto, ma cosa possiamo dire dell’orgoglioso, freddo e controllato gentiluomo?
Pamela Aidan prova a darci una risposta attraverso questa trilogia e, grazie alla sua fervida fantasia, ricostruisce perfettamente le ambientazioni storiche, sociali e politiche del periodo Regency, attraverso uno stile di scrittura scorrevole e fedele a quello dell’epoca.
“Per orgoglio e per amore” il primo volume, racconta l’incontro tra Mr. Darcy ed Elizabeth.
Questo l’incipit del romanzo:

Fitzwilliam George Alexander Darcy si alzò dal divanetto della carrozza di Bingley e mise riluttante il piede a terra. Erano davanti alla sala delle feste situata al piano superiore dell’unica locanda che potesse vantare il centro agricolo commerciale di Meryton. Lassù si aprì una finestra, lasciando che la musica di una contraddanza, briosa ma di mediocre esecuzione, dilagasse nella quieta aria notturna. Con una smorfia, abbassò lo sguardo sul cappello che aveva tra le mani e poi, sospirando, lo collocò sul capo proprio nella giusta angolatura. Come, come hai potuto permettere, si redarguì, che Bingley ti trascinasse in questa sconclusionata scorreria nella vita sociale campagnola?

Nel secondo volume “Tra dovere e desiderio” Elizabeth non è presente; il romanzo ci racconta, infatti, le vicende di Mr. Darcy durante la sua assenza dalle pagine di “Orgoglio e pregiudizio”.
Darcy per dimenticare Miss Bennet decide di accettare l’invito di un vecchio compagno di studi e si ritrova in mezzo ad intrighi tessuti dagli amici e dagli altri ospiti, circondato da signore appartenenti all’alta società inglese, in cerca di marito. Dei tre volumi questo è forse quello meno avvincente, nonostante la creatività dimostrata dalla Aidan. Poco apprezzabile il taglio da romanzo giallo stile Agatha Christie; ottimi i dialoghi, molto ben curati, ed interessante il risalto dato a Fletcher, il valletto di Mr. Darcy, (personaggio di pura invenzione dell’autrice), una macchietta simpatica e divertente.
Il volume conclusivo si intitola “Quello che resta” e qui Pamela Aidan ritorna nuovamente ad attingere alla trama originale.
La scelta di dividere in tre romanzi la storia è da ricondursi ovviamente ad una scelta puramente commerciale. Tra i nuovi personaggi introdotti dalla Aidan oltre alla figura del valletto Fletcher, già precedentemente citata, molto ben riuscito è anche il personaggio di Lord Dyfied Broughman, che gioca sulla sua ambiguità facendosi passare per un vanesio perfettamente a suo agio nella vita mondana, ma che si rivelerà ben presto una persona di buon senso ed un amico affidabile nei confronti di Darcy; sarà proprio lui il pigmalione che, sotto la sua ala protettrice, aiuterà la timida ed insicura Georgiana durante il debutto in società, valorizzandone doti e qualità; l’approfondimento della conoscenza tra i due porterà a sviluppi piuttosto scontati, ma tuttavia piacevoli da leggere. Il ritratto di Darcy durante il suo “periodo mondano” lascia quantomeno un po’ perplessi, in quanto viene descritto come un dandy al cospetto del quale persino Lord Brummel impallidirebbe; l’impressione è che Pamela Aidan per la descrizione di questo Darcy, piuttosto improbabile, così come per quella degli altri personaggi, delle ambientazioni e dei costumi, molto abbia attinto alla produzione ambientata nell’epoca Regency di Georgette Heyer.
Nei romanzi di Pamela Aidan non c’è più traccia dell’ironia e dell’arguzia con cui Jane Austen illustrava i suoi personaggi e rappresentava la società dell’epoca; qui tutto è incentrato sulla storia d’amore tra Elizabeth e Darcy che, tra tormenti e sospiri, incertezze e patimenti, cade un po’ troppo spesso nella banalità del romanzo rosa.

Allora aveva infilato la mano in tasca del panciotto e ne aveva tratto l’oggetto del suo ricordo, rigirandosi tra le dite emozioni e desideri con la stessa delicatezza con cui toccava i fili che lei aveva dimenticato tra le pagine dei versi del Paradiso perduto.

Negli ultimi tempi sono stati pubblicati molti, forse troppi, romanzi in cui Jane Austen o i suoi personaggi sono protagonisti delle diverse storie; a partire dalla serie di libri in cui la Austen si improvvisa detective, quasi fosse l’antenata di Jessica Fletcher ovvero la signora in giallo, fino ad arrivare a titoli improponibili come “Orgoglio pregiudizio e zombie”,  “Sospetto e sentimento o lo specchio misterioso”…Ho letto per curiosità “Shopping con Jane Austen”, un romanzo illeggibile, l’idea di fondo sarebbe stata anche originale, ma la realizzazione si è rivelata pessima, un libro senza trama, senza finale, in breve assurdo e senza senso!
Non mi piacciano rivisitazioni, sequel e riletture dei classici; ricordo ancora con orrore a teatro un Amleto in abiti contemporanei, lo so è soggettivo, ma per me vuol dire snaturare un’opera, cancellare la sua anima…Ho visto pochissimi esperimenti ben riusciti in questo senso; è vero, non sono impossibili, ma sono davvero molto rari. La trilogia di Pamela Aidan però, anche se ben lontana dal potersi definire un capolavoro della letteratura contemporanea, è comunque una lettura piacevole, non impegnativa e per certi versi originale; l’autrice ha la capacità di farci ritornare con la fantasia in luoghi familiari e di farci rileggere dialoghi ed emozioni che ci hanno fatto sognare. Libri da leggere sotto l’ombrellone…

domenica 20 maggio 2012

“L’amministratore” di Anthony Trollope


Anthony Trollope (1815 – 1882) fu uno dei più prolifici scrittori inglesi di epoca vittoriana. La sua produzione consiste in 47 romanzi (tutti di ottimo livello), 8 libri di viaggi, biografie, numerosi racconti e un’autobiografia pubblicata postuma nel 1883. Fu indubbiamente uno scrittore minore rispetto ad autori contemporanei del calibro di Charles Dickens e William Thackeray ma grazie alla sua fantasia, al mestiere ed alla conoscenza degli uomini, molti dei suoi romanzi sono oggi riconosciuti come classici della letteratura inglese.
“L’amministratore” è il primo libro della serie di sei romanzi (gli altri cinque si intitolano: “Le torri di Barchester”, “Il Dottor Thorne”, “La canonica di Framley”, “La casetta di Allington” e “Le ultime cronache del Barset”) che formano il cosiddetto ciclo delle cronache del Barsetshire. In questi romanzi Trollope ci racconta le storie ricche di speranze, timori e intrighi di una società dominata dagli esponenti del clero; tali vicende sono ambientate in una regione immaginaria (Barsetshire) nella quale si trova una cittadina, sede vescovile, altrettanto immaginaria (Barchester).
 “L’amministratore” è una storia molto semplice, con pochi personaggi, ricca però di ironia e di senso del’humour. La lettura delle prime pagine può risultare un po’ ostica se non si è esperti conoscitori della politica ecclesiastica, ma è solo un’impressione iniziale, superata questa apparente difficoltà, infatti, il romanzo si rivela una lettura piacevole e ci offre anche diversi spunti di riflessione molto interessanti.
Protagonista del primo romanzo delle cronache del Barsetshire è il reverendo Harding, primo cantore della cattedrale di Barchester e amministratore del pensionato per vecchi lavoratori (incarico legato alla nomina di primo cantore).
L’amministratore e gli anziani ospiti del pensionato vivono grazie ai proventi di un lascito del 1434, anno in cui John Hiram, un mercante di lana, lasciò in eredità la propria casa ed i propri terreni per il sostegno di dodici cardatori a riposo. L’istituto dall’epoca era prosperato, i terreni adibiti al pascolo erano stati edificati e le case costruite su di essi affittate; nel frattempo non trovandosi più cardatori a Barchester gli ospiti venivano scelti in base ad altri requisiti, direttamente dal vescovo e dai suoi collaboratori.
Septimius Harding è un uomo buono e amabile, è vedovo e ha due figlie: Eleanor, la minore, che vive ancora con il padre e Susan, la maggiore, moglie del reverendo Grantly, figlio del vescovo nonché arcidiacono di Barchester e rettore di Plumstead Episcopi.
Quando John Bold, giovane medico, paladino dei poveri e degli oppressi, sempre pronto ad eliminare ogni forma di sopruso, scopre l’iniqua suddivisione dei proventi del pensionato per cui l’amministratore percepisce una parte molto superiore a quella degli assistiti, decide di dover fare assolutamente qualcosa per rimediare a questa ingiustizia. Così, nonostante sia innamorato di Eleanor, che contraccambia il sentimento, e nonostante sia amico del reverendo Harding, non esita a denunciare pubblicamente la questione, intentando una causa e sensibilizzando anche la stampa. Tutti vengono coinvolti nella controversia ed, oltre ovviamente ai personaggi sopra nominati, entrano nel dibattito anche illustri avvocati, grandi cariche della chiesa e gli stessi anziani dell’ospizio; Trollope riesce a descrivere perfettamente di ognuno caratteristiche, motivazioni, passioni ed eccentricità individuali. Alla fine, Septimius Harding, prostrato ed amareggiato, ed in aperto contrasto con quanto gli verrà suggerito da avvocati e familiari, deciderà di seguire comunque la propria strada e la propria coscienza perché:

Quel che non poteva sopportare era venir accusato dagli altri e non assolto da se stesso. Dubitando, come aveva cominciato a dubitare, della legittimità della sua posizione al ricovero, sapeva che non gli sarebbe stata restituita la fiducia perché il signor Bold era caduto in errore riguardo a certe questioni procedurali; né poteva accontentarsi di cavarsela perché, grazie a qualche scappatoia legale, lui che riceveva dal ricovero il maggior profitto andava considerato solamente come uno dei dipendenti.

Non ci sono personaggi totalmente positivi o negativi, i personaggi descritti da Trollope sono semplicemente uomini e donne, e come tali hanno debolezze, desideri, aspirazioni; a volte sono egoisti, testardi e vogliono imporre la loro volontà altre volte sono confusi, incerti e tormentati dai dubbi.

(Il Dottor Grantly) voleva il successo per la sua parte e la sconfitta per quella dei nemici. Il vescovo voleva la pace a riguardo; una pace stabile se possibile, ma la pace a ogni modo fintantoché non si fosse concluso quel poco che restava dei suoi giorni; ma il signor Harding non solo voleva il successo e la pace, bensì chiedeva anche di essere discolpato agli occhi del mondo.

Certamente in questo romanzo niente e nessuno è salvo: Trollope attacca la chiesa d’Inghilterra, la stampa (The Times che all’epoca di Trollope era noto come il The Thunder, viene nel romanzo chiamato Jupiter), la legge (tribunali, avvocati, magistrati) e non tralascia neppure una frecciata ad un collega, il signor Popular Sentiment, chiaro riferimento a Charles Dickens.

“E questo sarebbe il monte Olimpo?” chiede l’estraneo incredulo. “E’ da questi piccoli edifici, scuri, sudici che hanno origine quelle leggi infallibili a cui i consigli dei ministri si sentono in dovere di obbedire; da cui devono essere guidati i vescovi, controllati i membri della Camera dei Lord e dei Comuni – istruiti sulle leggi i giudici, in fatto di strategia i generali, sulle tattiche navali gli ammiragli e sulla gestione dei loro carretti le venditrici di arance?”. “Sì, amico mio…da queste mura. Da qui vengono emesse le uniche bolle di cui si riconosca l’infallibilità per la guida delle anime e dei corpi britannici. Questa piccola corte è il Vaticano d’Inghilterra. (…)
E’ un fatto stupefacente per i comuni mortali che il Jupiter non sbagli mai.

L’impressione ricevuta dalla lettura di questo primo romanzo è stata piuttosto positiva, ma prima di esprimere un giudizio totalmente favorevole verso Trollope, preferisco leggere il secondo romanzo.  Sono abbastanza curiosa di sapere se le mie aspettative saranno soddisfatte. Chissà se i miei dubbi e il mio desiderio di conferme nascano dal fatto che l’autore non si è rivelato molto gentile nei confronti di uno dei miei scrittori preferiti e del romanzo d’appendice in genere; a voler proprio essere sinceri, non è che Trollope si sia allontanato poi così tanto dalla verità descrivendo i personaggi dickensiani…
Dickens fa della carica sentimentale il suo punto di forza, i suoi personaggi sono sempre schierati dalla parte del bene o del male, nelle sue descrizioni punta spesso sul grottesco e sul comico, caratteristiche che gli hanno fatto guadagnare grande successo di pubblico ma che non sempre hanno attirato i favori della critica.
Trollope, come abbiamo già detto, descrive le passioni umane per quello che sono, nel bene e nel male, non è mai tutto bianco o nero, le persone non sono mai o buone o cattive, nelle sue pagine c’è ironia, mai sarcasmo. Per tutti questi aspetti, ritengo che pur appartenendo alla stessa corrente letteraria del realismo inglese, Anthony Trollope sia forse da considerarsi più realista di Charles Dickens.

Noi ora ci muoviamo con passo più leggero e più veloce; lo scherno risulta più convincente del ragionamento, i tormenti immaginari commuovono più dei veri dolori e i romanzi a pubblicazione mensile persuadono dove dotti volumi in quarto non riescono a farlo. Se è destino che il mondo sia raddrizzato, l’impresa verrà compiuta dai fascicoli da uno scellino.
Tra tutti i riformatori del genere, il signor Sentiment è il più potente (...)
Il signor Sentiment  è senza dubbio un uomo molto potente e forse lo è di più perché i suoi poveri meritevoli sono così estremamente meritevoli; i suoi spietati ricchi così estremamente spietati e i genuinamente onesti così tanto onesti (…)