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venerdì 22 aprile 2022

“Cesare Borgia. Il principe spietato” di Lorenzo Demarinis

Il libro si apre con l’episodio che passerà alla storia come la strage di Senigallia, quando tra il 31 dicembre 1502 e il 18 gennaio 1503, Cesare Borgia si vendicherà in modo teatrale di coloro che lo avevano tradito.

Per Vitellozzo Vitelli, Francesco Orsini, Paolo Orsini e Oliverotto da Fermo che credevano, non solo di poter nuovamente tornare al servizio del Valentino, ma poterlo fare addirittura alle loro condizioni non ci sarà alcuno scampo; la vendetta del Borgia, sempre fedele al proprio motto aut Caesar aut nihil, si abbatterà implacabile su di loro.

È Niccolò Machiavelli, dal suo esilio all’Albergaccio, a narrare le vicende ad un mercante olandese che, dopo aver conosciuto la Toscana durante la propria attività lavorativa, ha deciso di eleggere questa terra a luogo del suo ritiro.

La scelta della figura di Machiavelli come narratore da parte dell’autore ha un duplice scopo. Nella finzione letteraria Machiavelli, rievocando i fatti, può fare il punto su quanto è intenzionato a scrivere su Cesare Borgia futuro protagonista del settimo capitolo di quello che diventerà il suo capolavoro “Il Principe”, ma allo stesso Lorenzo Demarinis riesce a trasmettete così al lettore il pensiero del fine politico e dei suoi contemporanei sul tanto chiacchierato figlio di Alessandro VI.

Sulla scena intervengono altri due personaggi Lucrezia Borgia, sorella di Cesare, e Francesco Guicciardini che conversando con Machiavelli ci espongono anche i loro punti di vista su una figura tanto controversa come quella del Valentino.

Il volume fa parte della collana intitolata I volti del male” in uscita in edicola e dedicata ai grandi criminali della storia. Nonostante il mio scetticismo, il libro si è rivelato una lettura piacevole e molto scorrevole.

Pensavo si trattasse di un saggio invece le vicende sono raccontate sotto forma di romanzo e, sebbene gli argomenti non vengano sviscerati in maniera esaustiva e capillare, l’insieme risulta comunque efficace.

Al termine del volume si trova una scheda curata da Vicente Garrido dedicata al profilo psicologico di Cesare Borgia. Ecco, questa scheda mi ha lasciata un po’ perplessa soprattutto per l’interpretazione troppo semplicistica del pensiero di Machiavelli che d’altra parte difficilmente può prestarsi ad essere sintetizzato in così poche pagine senza incorrere nell’evidente rischio di essere falsato e distorto.

Tornando invece al libro, ho molto apprezzato come  la descrizione della figura di Lucrezia Borgia, colei che per secoli è passata alla storia come un’avvelenatrice priva di scrupoli e di facili costumi, venga invece qui ritratta tenendo conto di quel revisionismo storico a cui è stata giustamente sottoposta negli ultimi anni.

Cesare Borgia era affascinante, coraggioso, risoluto e intelligente, ma è altrettanto vero che sapesse essere anche terribilmente spietato. Non si può certo negare questo aspetto del suo carattere, ma la sua figura andrebbe quantomeno storicamente contestualizzata. L’epoca in cui egli visse fu un’epoca dove tradimenti, crimini e assassinii erano all’ordine del giorno, eppure, egli passò alla storia come il più spietato di tutti. Stessa sorte toccò al tanto vituperato Alessandro VI, al secolo Rodrigo Borgia, sebbene il papato avesse già conosciuto papi altrettanto corrotti e nepotisti. Non possiamo dimenticare, per esempio, che solo pochi anni prima nel 1478 Sisto IV fu uno dei più potenti alleati della famiglia Pazzi in quella congiura che si concluse durante la messa nel Duomo di Firenze con l’assassinio di Giuliano de’ Medici e dalla quale per pura fortuna il Magnifico riuscì ad uscirne solo lievemente ferito.

La figura di Cesare Borgia, come molto raramente accade nella storia, assurse alla gloria del mito quando egli era ancora in vita ed è davvero apprezzabile l’idea di riproporre una rilettura moderna della leggenda del Valentino rifacendosi agli scritti e all’esperienza del Machiavelli, per cui se cercate una lettura valida, ma non troppo impegnativa sull’argomento questo libro potrebbe fare al caso vostro.

 

 

domenica 20 marzo 2022

“I giardini di Boboli” di Mariella Zoppi

I giardini di Boboli, dichiarati dall’UNESCO sito patrimonio dell’Umanità nel 2013, sono con i loro 45 ettari di estensione il più significativo dei giardini medicei.

Come recita il sottotitolo i giardini di Boboli sono una passeggiata nella storia, una storia che, iniziata nel 1549 con l’acquisto dei terreni da parte di Eleonora di Toledo, giunge fino ai giorni nostri.

I giardini di Boboli sono molto di più del monumentale giardino di Palazzo Pitti, sono di fatto un museo a cielo aperto che racchiude opere che vanno dall’epoca romana fino al XX secolo con il Tindaro screpolato di Igor Mitoraj, prima scultura novecentesca qui accolta per sottolineare la continuità della cultura, dell’arte e della bellezza ospitate in questo luogo nel corso di tanti secoli.

Il libro di Mariella Zoppi si apre con l’interrogativo ancora aperto su quale sia l’origine del termine “Boboli” che potrebbe risalire ad alcuni nomi di famiglie del luogo oppure da Bobilo un dignitario germanico che qui dimorava. Altra ipotesi è una derivazione da bubilia cioè la stalla bovina per la macellazione degli animali.

Cione di Bonacorso Pitti acquistò nel 1341 un primo nucleo di terreni e nel 1418 Luca Pitti iniziò a costruirvi il proprio palazzo che doveva rivaleggiare per magnificenza con quello dei Medici di via Larga, oggi Palazzo Medici Riccardi. Il declino della famiglia Pitti portò la proprietà all’abbandono fino a quando Eleonora di Toledo, sposa di Cosimo I de' Medici, volle acquistare il palazzo e il terreno circostante per far si che i propri figli potessero crescere in un ambiente più salubre di quello offerto da Palazzo Vecchio. Inoltre, fattore non secondario, da donna abile e accorta qual era, aveva compreso l’esigenza di dover dotare il Granducato di Toscana di una sede di rappresentanza degna del nuovo status raggiunto dalla famiglia.

Ogni Granduca operò delle trasformazioni e contribuì a suo modo a rendere questi giardini il luogo unico e magnifico giunto sino a noi. Mariella Zoppi descrive la passeggiata attraverso i giardini seguendo due itinerari: quello che definisce l’asse antico, che fa riferimento al primo impianto del giardino mediceo quello del cosiddetto anfiteatro, e un secondo percorso che si rifà all’ampliamento seicentesco con il Viottolone e la Vasca dell’Isola.

È presente anche un capitolo, opera di Paola Maresca, dedicato alla simbologia e alle tante allegorie alchemiche che caratterizzano i giardini in ogni loro elemento. 

In verità, come scrive Paola Maresca, nonostante il giardino abbia subito vari rimaneggiamenti nel corso dei secoli e abbia subito l’influenza delle varie correnti artistiche in particolare quelle del Rinascimento e del Manierismo, ha sempre mantenuto costante il concetto di giardino come iter iniziatico. Alchimia e scienza, del resto, sono sempre state molto importanti per la maggior parte degli esponenti della famiglia Medici.

La seconda parte del libro è dedicata alle biografie dei personaggi che hanno fatto la storia dei giardini di Boboli. Si tratta di brevi schede precise e accurate suddivise in tre parti: Granduchesse e Granduchi della famiglia Medici, i Lorena e infine le due figure femminili che occuparono la scena durante l’intermezzo napoleonico Maria Luisa di Borbone ed Elisa Bonaparte Baciocchi.

“I giardini di Boboli” è un libro di appena 130 pagine, ben articolato e corredato da un’ampia documentazione fotografica. Un giusto compromesso per chi voglia un volume che sia una valida via di mezzo tra la semplice guida turistica e il ponderoso saggio storico-artistico. Da leggere prima della visita e da portare con sé.




sabato 29 gennaio 2022

“La Cavalcata dei Magi di Benozzo Gozzoli” di Costanza Riva

Il famoso ciclo di affreschi realizzato da Benozzo Gozzoli nel 1459 si trova a Firenze nella Cappella di Palazzo Medici Riccardi.

Il volume di Costanza Riva non si limita a raccontarci la storia dell’affresco, ma ne indaga anche la simbologia svelandoci quali siano i simboli disseminati nelle vesti e nei paesaggi e la filosofia ermetica alla base di tale rappresentazione.

Il libro inizia con un capitolo dedicato alla storia della dottrina ermetica e alla nascita della scuola neoplatonica nella Firenze del Quattrocento con ampi cenni biografici degli esponenti della famiglia Medici.

Cosimo il Vecchio, influenzato dalle lezioni di Giorgio Gemisto Pletone, al tempo del Concilio per la riunificazioni delle Chiese d’Oriente e d'Occidente spostato a Firenze proprio per l’intervento del Medici, ideò il progetto di un’Accademia che rispecchiasse quella platonica di Atene. Tale progetto fu poi sviluppato dal nipote Lorenzo, detto il Magnifico.

Moltissimo ci sarebbe da dire su quanto riguarda gli studi, le ricerche e i manoscritti che vennero alla luce in quei tempi, ma ogni cosa è raccontata dettagliatamente nel libro.

Il secondo capitolo del volume è dedicato alla Cappella dei Magi, ma prima di entrare nel dettaglio relativo al ciclo di affreschi realizzato da Benozzo Gozzoli, Costanza Riva ci parla dell’innovativa architettura di Michelozzo a cui Cosimo de’ Medici affidò la realizzazione del palazzo in via Larga, oggi via Cavour. Forte è il simbolismo neoplatonico espresso nella costruzione da Michelozzo che senza dubbio doveva aver assorbito la dottrina ermetica durante il Concilio.

Per la prima volta veniva realizzata una cappella privata all’interno di un palazzo nobiliare e il modello a cui Michelozzo si ispirò fu quello del tempio di Gerusalemme. La pianta presenta infatti un doppio quadrato, il primo più ampio dove si trova il ciclo di affreschi dedicato alla Cavalcata dei Magi e un secondo quadrato più piccolo, la scarsella sopraelevata alla quale si accede tramite un gradino che richiamerebbe il tavolato di cedro che divideva il Santo dal Sancta Sanctorum. Gli stessi marmi policromi verdi, bianchi e rossi sono un chiaro riferimento ai tre stati di coscienza che gli alchimisti definivano Opera al Nero, Opera al Bianco e Opera al Rosso. Bellissimi i pavimenti e il soffitto che richiamano ai mandala orientali.

Si passa poi ad analizzare nel dettaglio la pala d’altare originale (Adorazione del Bambino) opera di Filippo Lippi, esposta al Museo di Berlino, e quella che oggi la sostituisce dipinta qualche anno dopo ad opera della scuola del Lippi. Il divario della qualità pittorica delle due opere appare evidente, ma la lettura simbolica non si discosta moltissimo.

Si arriva così al ciclo di affreschi realizzati da Benozzo Gozzoli con la collaborazione di Piero de’ Medici al quale l’artista, come si può desumere dalla corrispondenza intercorsa, era legato da un profondo rapporto di amicizia e con il quale appunto collaborò strettamente sulle scelte iconografiche e simboliche.

La lettura della Cavalcata dei Magi inizia dalla parete est dove il percorso si diparte da un castello sulla sommità di un’altura e al centro troviamo un giovane Gasparre, nel quale gli storici hanno identificato il giovane Lorenzo; tra i vari personaggi troviamo anche altri membri della famiglia tra cui Cosimo il Vecchio con i figli Piero e Giovanni.

Sulla parete sud troviamo il Re Mago Baldassarre nel quale gli storici hanno voluto riconoscere l’Imperatore Giovanni VIII il Paleologo che era intervenuto al Concilio e sulla parete ovest l’affresco dedicato a Melchiorre. Cori angelici decorano invece le pareti della scarsella.

Nell’ultimo e terzo capitolo si approfondisce ulteriormente la simbologia espressa nel ciclo di affreschi e si spiega la lettura della cavalcata intesa come un viaggio mistico-iniziatico. Gasparre simbolo della giovinezza, Baldassare della maturità e Melchiorre della vecchiezza ci riportano all’itinerario del sole dall’alba al tramonto e da questo al sorgere di un nuovo giorno, la rinascita.

Il libro di Costanza Riva è un saggio davvero esaustivo attraverso il quale non solo si comprende appieno il valore e il significato di un’opera di straordinario valore del Quattrocento, ma si fa chiarezza su tutta la simbologia ermetica, neoplatonica e alchemica.

Purtroppo non è possibile dire molto di più nello spazio di un solo post, ma vi assicuro che è un libro assolutamente da leggere perché davvero ricco di informazioni preziose.

Ho visitato più volte Palazzo Medici Riccardi, ma solo dopo la lettura di questo saggio posso dire di essere finalmente riuscita a comprendere i significati più nascosti della sua cappella. 

Vi ricordo che esiste un museo, di cui vi avevo parlato un po' di tempo fa, il BE.GO. Museo Benozzo Gozzoli a Castelfiorentino, interamente dedicato proprio all'artista. 

In attesa di poter tornare a visitare la cappella, dopo aver acquisito così tante nuove e interessanti informazioni, vi lascio qualche foto da me scattata lo scorso settembre.










venerdì 29 ottobre 2021

“In nome dei Medici. Il romanzo di Lorenzo il Magnifico” di Barbara Frale

Lorenzo de’ Medici giunge nell’Urbe accompagnato da Monsignor Gentile Bechi che per anni era stato il suo precettore e dall’amico Roberto Malatesta, figlio naturale del signore di Rimini Sigismondo.

Una piccola scorta per il figlio di Piero de’ Medici, ma seguendo gli insegnamenti di Giovanni di Bicci per la famiglia vige ancora il famoso monito che recitava “Non vi fate segno al popolo, se non il meno”.

I Medici non vantano alcuna nobiltà di nascita, ma sono di fatto coloro che governano la Signoria grazie alla loro ricchezza.

Cosimo Pater Patriae, nonno di Lorenzo, ha retto le redini dello Stato in modo saggio ma anche col pugno di ferro. Ora, il nipote nel quale Cosimo aveva riversato ogni speranza per il futuro di Firenze, si trova in grave pericolo. Qualcuno, appena giunto a Roma, si è premurato di lanciargli subito un grave avvertimento lasciando sotto la sella del suo cavallo un pugnale; sull’arma un simbolo difficile da interpretare.

Lorenzo non ha nemici, ma la sua famiglia sì; chiunque potrebbe voler colpire l’erede di casa Medici: qualcuno intenzionato a vendicarsi, un avversario politico, un rivale della banca o forse un marito tradito, non è un mistero, infatti, che Lorenzo abbia una relazione con una donna sposata, Lucrezia Donati, la donna più bella di Firenze.

Qualcun altro però si interessa alle sorti dell’affascinante rampollo della famiglia Medici, Clarice Orsini, nipote del cardinale Latino Orsini. Gli Orsini sono una delle famiglie nobili più in vista e vantano diversi cardinali e papi nella loro storia.

Un Medici, un banchiere, non può certamente aspirare alla mano di una donna nobile figurarsi poi di una Orsini. Eppure Clarice crede nella predestinazione ed è certa che il suo futuro sia legato a quello di Lorenzo.

L’amore nato tra Clarice e Lorenzo non farà che acuire ulteriormente lo sdegno dei nobili romani che si sentiranno insultati da tanta superbia da parte del Medici. 

La storia è storia per cui il lieto fine è scontato, quello che non è ovvio è invece il modo in cui si arriva a contrarre il matrimonio che porterà una straniera a Firenze, sappiamo infatti che Clarice Orsini non sarà accolta benissimo nella Città del Giglio i cui abitanti avrebbero preferito vedere una loro concittadina accanto al Magnifico.

Sappiamo per certo che Lorenzo si recò a Roma su incarico del padre Piero per l’appalto dello sfruttamento delle cave di allume sui monti della Tolfa, quasi sicuramente proprio in quell’occasione vide per la prima volta Clarice. Successivamente la madre del Magnifico, Lucrezia Tornabuoni, ne abbiamo riscontro dalle lettere che lei stessa scrisse, si recò a Roma per accordarsi con la famiglia Orsini e il matrimonio venne celebrato due anni dopo.

Il romanzo di Barbara Frale è uno di quei libri che si leggono tutto d’un fiato; il ritmo è incalzante, la scrittura fluida e la trama coinvolgente e appassionante. Il colpo di scena attende il lettore dietro ad ogni pagina e i personaggi sono descritti minuziosamente sia fisicamente che caratterialmente.

I protagonisti Lorenzo e Clarice sono due figure carismatiche: arguto, caparbio e determinato lui; sensuale, intelligente e dotata di un indecifrabile fascino tra sacro e profano lei.

Barbara Frale è stata brava a tessere una trama coinvolgente facendo muovere figure reali all’interno di un perfetto affresco dell’epoca molto dettagliato nel quale fa addirittura parlare alcuni personaggi in romanesco e genovese per meglio ricreare la giusta atmosfera.

La storia è carica di suspense e ricca di fantasia, impreziosita da un alone di mistero e di arcani segreti laddove entra in scena il personaggio di Bellezze Orsini, la strega che sembra avere lo stesso sangue di Clarice e la cui nascita nasconde un oscuro segreto.

“In nome dei Medici” è un ottimo romanzo storico; la trama è senza dubbio avvincente e molto articolata, certo non bisogna però mai dimenticare che di un romanzo si tratta e per questo le licenze letterarie che si incontreranno durante la lettura non saranno poche.

Della stessa autrice vi ricordo altri due titoli legati alla famiglia Medici: il romanzo “Cospirazione Medici” e un bel saggio “La congiura” scritta a quattro mani con Franco Cardini.


domenica 29 agosto 2021

“I Medici. Ascesa e potere di una grande dinastia” di Claudia Tripodi

La dinastia medicea raccontata attraverso quasi quattro secoli di storia, dal Rinascimento fino all’età moderna, durante i quali questa famiglia fu protagonista dapprima della storia italiana e poi, grazie a due importanti papi (Leone X e Clemente VII) e due regine di Francia (Caterina e Maria) anche di quella europea.

Il libro di Claudia Tripodi non è solo il racconto dell’ascesa di una grande dinastia, ma è inevitabilmente anche la storia di Firenze perché le loro vicende sono così affini che difficilmente si potrebbero scindere l’una dall’altra.

Quando gli esponenti della famiglia iniziarono ad ambire ad una politica di più ampio respiro guardando all’Europa, complice anche la sempre più complicata situazione politica della nostra penisola, il ruolo di Firenze andò via via riducendosi fino a divenire una piccola realtà regionale sullo sfondo di un panorama globale che vedeva le grandi potenze quali Impero, Francia e Spagna decise a spartirsi le terre italiane e con esse le loro genti.

Il racconto di Claudia Tripodi prende avvio dalle origini ovvero da quando alcuni membri della famiglia Medici, partiti dalle campagne del vicino Mugello, si inurbarono e decisero di investire alcune migliaia di fiorini d’oro per l’acquisto di un primo nucleo residenziale in via Larga, erano gli anni tra il 1335 e il 1375.

Il racconto prosegue nei secoli fino a giungere al triste epilogo che vide protagonisti il settimo e ultimo Granduca di Toscana, il tanto chiacchierato Gian Gastone, e sua sorella Anna Maria Luisa de’ Medici che consegnarono il Granducato agli Asburgo-Lorena.

L’Elettrice Palatina, grazie alla sua lungimiranza, riuscì a tutelare il patrimonio di famiglia accumulato nel corso dei secoli e a salvare tutte le ricchezze artistiche dalla dispersione vincolandole per sempre alla città di Firenze.

In verità, si può dire che i Medici non abbiano mai davvero lasciato Firenze, essi sono oggi ancora ben presenti in ogni monumento e in ogni angolo della città; vivono ancora in ogni ricordo, simbolo ed espressione. Con il celebre Patto di famiglia Anna Maria Luisa de’ Medici si è guadagnata l’eterna riconoscenza non solo dei suoi concittadini, ma di tutti noi oltre l’immortalità e la gloria imperitura per la sua famiglia.

Il libro di Claudia Tripodi vanta una vastissima bibliografia, una ricca fonte per ogni ulteriore approfondimento il lettore voglia svolgere.

Ritengo che “I Medici. Ascesa e potere di una grande dinastia” sia un saggio davvero valido per chiunque desideri approcciarsi alla storia medicea così da poterne trarre un quadro generale che tenga conto non solo della storiografia classica, ma anche delle ultime pubblicazioni.

Grande attenzione viene posta infatti dalla Tripodi anche a quei testi che, grazie ad un prezioso revisionismo storico, vedono quei personaggi più bistrattati nel corso dei secoli oggi a buon diritto in parte riabilitati.

Alcuni interessanti paragrafi sono dedicati a quei personaggi che spesso sono stati considerati di minore importanza e per questo spesso non ricordati oppure, se ricordati, liquidati comunque in poche righe. Qui troviamo capitoli dedicati a Don Antonio, il figlio di Francesco I e Bianca Cappello, delegittimato da Ferdinando I così che non potesse reclamare per sé il titolo di Granduca; il cardinale Leopoldo, fratello di Ferdinando II, grande studioso e mecenate che ebbe un ruolo di primo piano nell’Accademia della Crusca e contribuì a dare vita nel 1657 all’Accademia del Cimento, un’accademia scientifica sperimentale che aveva come fine quello di raccogliere l’eredità ideale di Galileo Galilei; Don Giovanni, fratellastro del Granduca Ferdinando I, estremamente portato per lo studio e di natura eclettica, fu ingegnere e architetto sebbene espletò per la famiglia anche incarichi militari e diplomatici e infine Maria Maddalena, sorella di Cosimo II, la principessa “nata malcomposta nelle membra” che venne fatta entrare nel Convento della Crocetta  e della quale si parla ampiamente nel libro di Daniela Cavini “Storia di un’altra Firenze” (Neri Pozza) in occasione del capitolo dedicato al corridoio segreto del Museo Archeologico di Firenze.

I Medici furono grandi mecenati, ma poco si conosce del loro mecenatismo in campo musicale. In modo particolare il Gran Principe Ferdinando fu un grande collezionista di strumenti e musicista egli stesso. Claudia Tripodi non tralascia neppure questo aspetto e ci ricorda ad esempio anche opere che vennero rappresentate in occasione di alcuni matrimoni.

Ottima l’idea di corredare con immagini, seppure in bianco e nero, opere che ritraggono i protagonisti più significativi della dinastia; se proprio poi si vuole trovare per forza un difetto direi che si sente la mancanza di una tavola dedicata all’albero genealogico, cosa bizzarra vista l’attenzione e la cura prestate all’edizione di questo saggio.

Libro consigliatissimo!




mercoledì 25 agosto 2021

“Giovanni dalle Bande Nere” di Carlo Maria Lomartire

Giovanni dalle Bande Nere, conosciuto anche come il Grande Diavolo, era figlio di Caterina Sforza, la Tygre di Forlì, e di Giovanni di Pierfrancesco de’ Medici, detto il Popolano.

Nato il 6 aprile 1498 fu chiamato dalla madre Ludovico in onore del Moro, lo zio per il quale Caterina nutriva una stima profonda.

Giovanni il Popolano era un uomo intelligente, elegante, colto e raffinato, ma anche con questo suo terzo marito Caterina non ebbe molta fortuna perché Giovanni morì quando il piccolo Ludovico aveva appena cinque mesi e otto giorni. In ricordo del padre il nome del bambino fu mutato quindi da Ludovico in Giovanni.

Quando Cesare Borgia, figlio di papa Alessandro VI, conquistò la rocca di Ravaldino facendo prigioniera la Sforza, Giovanni era già stato messo in salvo dalla madre a Firenze presso i parenti del padre.

Una volta riottenuta la libertà Caterina dovette intraprendere una dura battaglia legale per evitare che lo zio paterno di Giovanni ottenesse per sé la custodia del piccolo. Lo zio, in verità, non era mosso da affetto fraterno quanto piuttosto dal desiderio di impossessarsi dell’eredità.

Alla morte di Caterina, per suo volere, la tutela di Giovanni fu affidata a Jacopo Salviati, marito della primogenita del Magnifico Lucrezia, e a Francesco Fortunato l’unico precettore che fosse stato in grado di rimanere al fianco dell’irrequieto e indisponente ragazzino.

Quando Giovanni de’ Medici, figlio del Magnifico, salì al soglio pontificio con il nome di Leone X, grazie alla lungimiranza del Salviati, Giovanni venne iscritto nelle milizie pontificie. Ebbe così inizio quella brillante carriera di condottiero per la quale Giovanni dalle Bande Nere verrà ricordato come l’ultimo grande capitano di ventura.

Siamo giunti ad un punto di svolta nell’arte della guerra. Gli esiti delle battaglie da questo momento in poi, più che dall’abilità dei condottieri, dipenderanno infatti dal potere di fuoco degli eserciti.

Dal carattere arrogante, aggressivo e spietato, il destino di Giovanni de’ Medici non poteva essere altro che la milizia; se infatti dai Medici aveva ereditato il patronimico, degli Sforza aveva ereditato senza dubbio il sangue

Il fascino invece lo aveva ricevuto in dote dai genitori, ambedue grandemente provvisti di questa qualità sebbene espressa in forme diverse. Tralasciando le numerose conquiste femminili, il suo fascino faceva presa anche sulle truppe al suo comando, i suoi uomini lo seguivano anche nelle imprese più disperate raggiungendo spesso successi insperati.

Giovanni sposò Maria, figlia di Jacopo Salviati e Lucrezia de’ Medici; dalla loro unione, unione tra l’altro dei due rami della famiglia Medici, nacque Cosimo futuro primo Granduca di Toscana. Il loro non fu un matrimonio felice, infatti, mentre Maria era innamorata di Giovanni fin da bambina, lui aveva accettato le nozze più che altro per un sentimento di riconoscenza verso la famiglia che lo aveva amorevolmente accolto.

Giovanni de’ Medici teneva in massima considerazione onore, lealtà e coraggio e proprio per questo motivo aveva notevoli difficoltà a conformarsi alla logica degli intrighi di corte e ai continui ribaltamenti delle alleanze politiche; al suo fianco a sostenerlo c’era però sempre l’Aretino, amico e confidente che spesso si adoperava per lui anche come segretario e diplomatico.

Giovanni era molto legato ai suoi uomini, il suo onore e i loro diritti erano qualcosa su cui non si poteva trattare. A differenza delle consuetudini secondo le quali almeno 1/3 del bottino spettava al capitano, egli lasciava che il bottino venisse interamente spartito tra i suoi.

Fu sinceramente addolorato per la morte di Leone X per il quale nutriva una grande riconoscenza. Alla sua morte annerì le sue uniformi e i suoi stendardi che da bianchi e viola divennero da quel momento neri in segno di lutto perenne per quel papa che aveva dato fiducia a quel giovane violento e scavezzacollo, scorgendo in lui quell’abile e coraggioso condottiero che sarebbe un giorno diventato.

Non ebbe lo stesso rapporto con i suoi successori papa Adriano VI e l’altro papa Medici, Clemente VII, con il quale ebbe sempre un rapporto piuttosto conflittuale e burrascoso vuoi perché questi non si fidava pienamente di Giovanni, vuoi perché voleva salvaguardare gli interessi di Alessandro de’ Medici che si vociferava fosse suo figlio illegittimo e di Ippolito de’ Medici, figlio di Giuliano di Lorenzo de’ Medici duca di Nemour.

Il libro di Carlo Maria Lomartire è un’opera che intreccia sapientemente verità storica e finzione letteraria. Le lunghe digressioni sulle alleanze e sulle guerre che si succedettero incessantemente in quel turbolento periodo nella nostra penisola sono intramezzate da dialoghi che vivacizzando il racconto rendono la lettura oltremodo scorrevole.

Purtroppo al termine del volume non c’è nessuna bibliografia che invece sarebbe stata utile per conoscere le fonti consultate dall'autore e per trarre validi spunti nel caso si volesse approfondire la figura di Giovanni dalle Bande Nere.

Il libro sebbene sia di sole 200 pagine è comunque esaustivo e ben argomentato. Oltre ai fatti storici l’autore ha dedicato ampio spazio all’introspezione psicologica dei personaggi innanzitutto di Giovanni, come è giusto che sia, ma anche di Caterina Sforza alla quale sono dedicate più di 50 pagine.

Un libro interessante sulla figura di uno dei personaggi più leggendari della nostra storia la cui immagine è giunta a noi in forma quasi mitizzata e per il quale anche Niccolò Machiavelli, già estimatore del Valentino, nutriva un’ottima opinione.

Un condottiero che, pur vivendo in un mondo in trasformazione, con la sua veloce cavalleria, le armi leggere, gli attacchi fulminei e l’uso dell’archibugio riuscì a lasciare comunque il segno prima di doversi anch’egli arrendere alla modernità e alla potenza delle armi da fuoco.




sabato 26 giugno 2021

“Storia di un’altra Firenze” di Daniela Cavini

Daniela Cavini nasce e cresce a Firenze, ma dopo aver conseguito la laurea in Scienze Politiche lascia la sua città natale per una carriera giornalistica che la porterà in giro per il mondo ad affrontare esperienze estreme, dal conflitto dei Balcani a quelli in Medio Oriente ai campi profughi algerini.

Ritornata a vivere a Firenze dopo un lungo periodo di lontananza decide, complice la pandemia, di dedicarsi alla riscoperta della sua città che un giorno, quasi per caso, si accorge di non aver mai visto veramente. 

Calatasi nel ruolo della turista inizia a dedicarsi alla scoperta delle storie segrete di Firenze e dei suoi luoghi meno conosciuti, luoghi estranei a quel grande turismo di massa che fino a poco tempo prima affollava le strade e le piazze in modo tanto disordinato e irrispettoso.

Nasce così “Storia di un’altra Firenze” un viaggio in 25 tappe che ci conduce alla scoperta dei segreti e delle piccole, ma non per questo meno significative, realtà di una delle città d’arte più belle del mondo.

Attraverso le pagine di questo splendido libro, la cui sola introduzione già da sé sarebbe sufficiente a giustificarne l’acquisto, l’autrice ci conduce per mano attraverso la storia della città perché ogni luogo di Firenze, così come la sua gente e le famiglie che l’hanno fatta grande nei secoli, i Medici sono senza dubbio la più nota e importante sotto molti aspetti ma non l’unica, sono strettamente legati alle sua storia.

La storia dei monumenti e delle piccole realtà museali ci parla della Firenze medievale, di quella rinascimentale e così via sino ad arrivare al tempo in cui la città divenne per pochi anni capitale d’Italia, pochi anni che però lasciarono profonde ferite nel suo tessuto urbano oltre che nel bilancio comunale.

Accanto al racconto della vita dei più grandi personaggi che tutti noi conosciamo ci sono aneddoti che riportano alla memoria storie meno conosciute come quella di Maria Maddalena de’ Medici, sorella di Cosimo II, principessa malformata nel fisico ma dotata di un carattere forte e determinato.

Pur trattandosi “solo” di 25 tappe resta comunque impossibile cercare di riassumere in poche righe l’anima di questo affascinante itinerario che si snoda lungo le strade di Firenze tanti sono gli aneddoti e le rarità che vengono raccontate in modo davvero suggestivo e coinvolgente.

Posso dirvi però che anche laddove si parla di realtà più conosciute, come ad esempio il Chiostro dello Scalzo o San Carlo dei Lombardi, c’è sempre qualcosa di nuovo che riesce ad arricchire le nostre conoscenze.

La storia dei Medici fa da padrona in queste pagine e non potrebbe essere diversamente dal momento che questa famiglia per quasi tre secoli e mezzo predominò sui suoi concittadini. Tra le varie vicende Daniela Cavini ci ricorda anche quella di Isabella de’ Medici e lo fa schierandosi a favore della tesi, quasi ormai universalmente riconosciuta, secondo la quale la prediletta figlia di Cosimo I fu assassinata dal marito Paolo Orsini con l’appoggio del fratello di lei Francesco I. Mi ha piacevolmente stupito che il giudizio della Cavini sull’ultimo granduca della famiglia, ossia Gian Gastone, sia un giudizio equilibrato e benevolo come non spesso accade anche se ultimamente la storiografia si è un po’ ammorbidita nei suoi confronti.

Vari capitoli del libro sono poi dedicati all’importanza che Firenze ricoprì nell’ambito della ricerca scientifica, argomento che spesso viene dai più liquidato parlando della sola figura di Galileo Galilei. 

In queste pagine nessun settore viene trascurato dall’industria tessile con il racconto delle gualchiere di Remole sino ad arrivare alla Biblioteca Magliabechiana, all’Osservatorio Ximeniano, all’Archivio di Stato senza dimenticare i parchi botanici unici al mondo.

Mi aspettavo molto da questo libro ma la lettura ha superato di gran lunga le mie aspettative. “Storia di un’altra Firenze” è davvero un libro prezioso e ricco di spunti, in grado di far provare le stesse emozione che si provano passeggiando per le strade della città del Giglio. 

Spero sinceramente di essere riuscita con questo post a rendervi almeno un po' partecipi dell'intensa fascinazione che questa lettura ha esercitato su di me. 

 

 

 


venerdì 14 maggio 2021

“Florentine. La pupilla del Magnifico" di Marina Colacchi Simone

Nel 1466 Luca Pitti insieme ad Agnolo Acciaiuoli, Diotisalvi Neroni ed altri personaggi ordirono un attentato ai danni di Piero de’ Medici. L’attentato venne fortunatamente sventato, ma in quell’occasione Francesco de‘ Bardi riportò un grave ferita facendo scudo al figlio di Piero, Lorenzo de’ Medici. Una volta guarito l’uomo partì alla volta della Borgogna dove mise la sua spada al servizio di Carlo il Temerario. A Firenze Francesco de’ Bardi lasciò la moglie e i due figli piccoli.

La sedicenne Vanna de’ Bardi è rimasta sola, la madre e il fratello sono morti e del padre non sa più nulla da molto tempo. Dopo sette anni trascorsi in un convento ad Arezzo, grazie alla bontà del fratello della madre, Duccio Salimbeni, può ora tornare a Firenze. Lo zio di Vanna è una persona molto vicina a Lorenzo de’ Medici e proprio questi, per il rispetto e l’affetto che lo legano al Salimbeni, accetta di prendere la ragazza sotto la sua protezione donandole anche delle proprietà insieme al titolo di contessa.

Vanna viene condotta dalla più ammirata dama della città del Giglio, Simonetta Cattaneo Vespucci, entrando a far parte dell’elitaria cerchia delle sue dame. In casa Vespucci la ragazza incontra per la prima volta il nipote di Clarice, la moglie del Magnifico, l’affascinante e pericoloso Matteo Orsini la cui avvenenza e i modi sfrontati non lasciano Vanna indifferente seppure parecchio confusa.

Ad una festa a casa Medici però Vanna ritrova un caro amico d’infanzia, il bellissimo Guido Montefiori. Il giovane innamorato di Vanna sin da ragazzino non l’ha mai dimenticata e Vanna ricambia i suoi sentimenti.

Ovviamente, come in ogni romanzo che si rispetti, mille saranno le traversie che i due giovani dovranno affrontare per coronare il loro sogno d’amore.

Intrighi di corte e passioni si compenetrano alla perfezione in questo romanzo che a tutti gli effetti si sviluppa su due piani narrativi: a fare da contraltare alla storia romantica di Vanna de’ Bardi e Guido Montefiori abbiamo infatti la storia di Firenze e del suo signore Lorenzo de’ Medici.

La finzione letteraria si intreccia perfettamente alla verità storica; sullo sfondo delle rocambolesche vicende che vedono coinvolti i due innamorati contrastati si intravedono le prime avvisaglie della terribile congiura dei Pazzi (26 aprile 1478).

Ogni cosa è descritta in maniera minuziosa: dagli arredi, all’abbigliamento, ai gioielli nessun dettaglio viene tralasciato per ricreare in modo impeccabile i fasti della grandiosa corte medicea.

L’autrice è molto riguardosa nel descrivere la storia d’amore che lega Simonetta Cattaneo a Giuliano de’ Medici; non ci è dato sapere se il loro fosse stato realmente solo un amore platonico e Marina Colacchi Simone lascia rispettosamente il lettore nel dubbio.

L’elemento protagonista del finale del romanzo, senza anticiparvi troppo, posso dirvi che è l’agnizione, una soluzione da commedia plautina quella del riconoscimento che si rivela nell’insieme indovinata.

Moltissimi sono i personaggi e tutti molto ben caratterizzati. Non si può non provare empatia per la giovane Vanna, rimanere affascinati dalla figura carismatica di Lorenzo de’ Medici o incuriositi da quella di Agnolo Poliziano, detestare Girolamo Riario e Matteo Orsini, ma un personaggio in modo particolare mi ha davvero colpita ed è quello di Duccio Salimbeni uomo colto, intelligente e d’animo nobile che al momento giusto sa dimostrare una forza e una determinazione che non ti aspetti.

Il libro di Marina Colacchi Simone è un ottimo romanzo storico, il perfetto compromesso tra verità e finzione.

Un’ultima precisazione sul titolo. Perché Florentine? Florentine è il nome del diamante che Francesco de’ Bardi riceve dal duca di Borgogna per i servizi resi e che invia ai suoi figli prima di morire. Nel libro al grande diamante giallo paglierino viene dato il nome di “Florentine” da Matteo Orsini in onore di Vanna. In realtà, come si legge nelle note dell’autrice al termine del volume,  il diamante entrò in possesso dei Medici solo con Ferdinando I e la sua storia prima di allora è molto lacunosa, tante sono le versioni. Gli Asburgo-Lorena ne entrarono in possesso alla morte di Gian Gastone, ultimo granduca di Toscana. Resta avvolto nel mistero cosa sia accaduto a questa preziosa gemma dopo il 1919.

 



lunedì 5 aprile 2021

“Leonardo da Vinci. Il mistero di un genio” di Barbara Frale

Maggio 1519, Sua Eminenza Cristoforo Numai, legato apostolico di papa Leone X, giunge al Castello di Clos Lucé dove Leonardo da Vinci ormai anziano trascorre gli ultimi anni ospite del re di Francia Francesco I.

Lo scopo della visita è farsi consegnare da Leonardo il libro di Origene, un libro condannato dalla Chiesa che si credeva andato distrutto e che invece Papa Leone X ha buone ragioni per credere che sia in mano dell’artista.

Leonardo decide di raccontare al legato apostolico una storia che tanti anni prima lo aveva visto protagonista di un viaggio da Firenze a Milano in compagnia di un certo Lisandro Dovara, inviato da Ludovico il Moro a Firenze per reclutare nella città del Giglio e in altre città gli artisti che avrebbero dovuto rendere magnifica Milano e la sua corte.

A quel tempo Leonardo stava vivendo un momento di crisi artistica, ragion per cui Lorenzo il Magnifico che lo stimava moltissimo lo aveva spinto a trasferirsi a Milano alla corte dello Sforza per ritrovare l’ispirazione perduta dopo lo scandalo che lo aveva visto coinvolto.

Sulla strada Leonardo e il suo compagno Lisandro Dovara incontrarono molti artisti e vennero a conoscenza di segreti e verità taciute. Attraverso simboli e indizi disseminati nelle varie opere d’arte scoprirono anche l’esistenza di un circolo di intellettuali e artisti iniziati ai misteri racchiusi nel libro di Origene e alla metempsicosi.

Un viaggio affascinante quello di Leonardo, ma anche terribilmente pericoloso; tra manoscritti antichi e antichi misteri, intrighi politici e cospirazioni, Leonardo però ebbe modo di trovare anche l’amore, un amore in grado di riaccendere in lui la sacra fiamma dell’arte.

Barbara Frale è una storica archivista conosciuta oltre che per i suoi saggi anche per i suoi romanzi sui Medici.

Il Lorenzo de’ Medici che emerge dalle pagine di questo suo ultimo romanzo è una figura che non può non affascinare il lettore. Il Magnifico della Frale ha in sé qualcosa di diabolico, è astuto, sorridente e sicuro di sé, ammalia Leonardo e tutti coloro che incontra sul suo cammino, ma soprattutto ammalia il lettore che non può che rimanere stregato dalla sua forte personalità.

Quasi altrettanto affascinante è il personaggio di Lisandro Dovara, del quale non posso svelarvi molto per non rovinarvi la sorpresa della lettura, ma posso anticiparvi che resterete conquistati al pari di Leonardo dalla sua figura che ai modi bruschi da condottiero alterna una squisita raffinatezza da cortigian, lasciando il povero Leonardo spesso stordito e abbagliato per questa sua duplice personalità.

E veniamo infine al protagonista assoluto del romanzo: Leonardo da Vinci. Poco sappiamo di certo sulla sua vita per cui è facile calcare la mano romanzando alcuni episodi della sua esistenza. Siamo soliti pensare ad un Leonardo piuttosto sicuro di sé, indifferente ai sentimenti e sempre assorto nei propri studi e calcoli. Il Leonardo da Vinci nato dalla penna di Barbara Frale vuole essere un Leonardo un po’ diverso, un giovane ancora inesperto della vita e un po’ insicuro, una figura forse più vicina a quella che sta emergendo anche dalla serie tv che sta andando in onda proprio in questi giorni su Rai 1. 

In occasione della fiction ho letto molte critiche sulla scelta di voler rappresentare un Leonardo così distante da quell’immagine che ormai a forza è entrata a far parte del nostro immaginario collettivo. Esprimere un giudizio sulla questione se sia giusto o sbagliato allontanarsi dalla verità storica è sempre molto soggettivo. Credo però che trattandosi di un romanzo va da se che la trama venga assoggettata alla finzione letteraria.

Nel romanzo Barbara Frale, per sua stessa ammissione, ruba alcune scene ai concerti di David Garrett, facilmente riconoscibili per le fan, come me, di questa star del violino. Oserei dire però che non ruba non solo quelle perché, prima di arrivare al termine e leggere la sua confessione nella postfazione, avevo avuto la sensazione di riconoscere nel personaggio di Lorenzo il Magnifico qualcosa della figura di Urbani del film “Il violinista del diavolo” dove David Garrett interpreta il ruolo di Niccolò Paganini. 

Un’ultima annotazione sull’argomento dal quale prende avvio la storia del romanzo: nel 2020 è stato effettivamente ritrovato un frammento di uno sconosciuto trattato intitolato De Igne (Libro del fuoco) scritto da Leon Battista Alberti intorno al 1455 nel quale si ragionava sulla natura della luce e sull’elemento fuoco.

“Leonardo da Vinci. Il mistero di un genio” è un romanzo ricco di suspense, dove niente e nessuno è mai come sembra e soprattutto dove mai fino all’ultima pagina si è certi di aver riposto correttamente la propria fiducia. Un libro che ci regala l’immagine di un Leonardo vista da una prospettiva diversa e che ci mostra anche un’inedita lettura di alcune sue opere come La Gioconda (o Monna Lisa), il giovane Bacco, la Leda col cigno…




sabato 13 febbraio 2021

“Michelangelo divino artista” - Genova, Palazzo Ducale

Districandosi tra zone gialle e arancioni sono finalmente riuscita a visitare la mostra di Michelangelo, appena in tempo prima che chiudesse nuovamente per almeno quindici giorni.

La mostra allestita nell’Appartamento del Doge a Palazzo Ducale sarebbe dovuta terminare il 14 febbraio, ma fortunatamente è stata prorogata fino al 2 maggio 2021 per cui c’è ancora tempo per visitarla.


Michelangelo Buonarroti, Cleopatra. Firenze, Casa Buonarroti.


L’esposizione vanta prestigiosi prestiti, la maggior di questi  proviene da Casa Buonarroti a Firenze.

La mostra è allestita seguendo le tappe della vita dell’artista, dai suoi esordi, legati alla famiglia Medici ed in particolare a Lorenzo il Magnifico, fino alla sua morte che coincise con la nascita del mito michelangiolesco sapientemente diretto da Giorgio Vasari (Arezzo 1511 – Firenze 1574), celebre autore de “Le vite dei più eccellenti pittori, scultori e architetti”.

Il percorso della mostra consta di dieci tappe:

1.    Le origini e la famiglia

2.    A Firenze: i Medici e il giardino di San Marco

3.    Dalla fuga alla fama: dalla Bologna dei Bentivoglio alla Roma dei papi

4.    Al servizio di Giulio II

5.    Fra Roma e Firenze per i papi Medici, Leone X e Clemente VII

6.    L’assedio nell’ultima Repubblica

7.    Dalla famiglia fiorentina agli affetti romani

8.    Trent’anni di volontario esilio, al servizio dei papi

10.  Caterina di Francia, Cosimo de’ Medici e la costruzione del mito dopo la morte

In mostra sono esposti oltre alla celebre Madonna della scala e al grandioso Cristo Giustiani anche numerosissimi disegni di Michelangelo, veri capolavori su carta.



Michelangelo Buonarroti, Madonna della Scala (1490 circa). Firenze, Casa Buonarroti


È inoltre esposto un nutrito numero di documenti biografici tra cui lettere, libri, schizzi, arazzi, opere coeve e non, che insieme riescono a tracciare un completo quadro dell’epoca rinascimentale nella quale visse il divino artista.

Unica nota stonata da segnalare era la presenza di una visita guidata che creava un fastidioso assembramento e che, dilungandosi sulle opere, creava affollamenti che il numero di ingressi contingentati avrebbe dovuto scongiurare.

Capisco l’esigenza di ospitare più visitatori possibile quando le strutture sono aperte, ma questo non esclude che si possa farlo in modo il più sicuro possibile così come era stato fatto alle Scuderie del Quirinale per la mostra su Raffaello dove le visite guidate erano infatti state vietate. L’efficienza dimostrata in tempi tanto difficili dagli organizzatori delle Scuderie del Quirinale credo resterà per sempre a mio avviso di un livello ineguagliabile.

Ora qualche altra immagine delle opere che più mi hanno colpito. Purtroppo la qualità delle foto non è delle migliori perché l’allestimento in molte sale giocava parecchio sul contrasto tra le opere molto illuminate e la penombra dell’ambiente circostante.

Busto di Lorenzo il Magnifico (attribuito a Pietro Torrigiano). Firenze., Collezione Liana Salvadori – Carlo Carnevali. Sullo sfondo parte di un arazzo opera di Giovanni Stradano (Jan Van Der Straet), cartone di Benedetto di Michele Squilli raffigurante Lorenzo Il Magnifico tra gli scultorei e i pittori dell’Accademia.

 

Michelangelo Buonarroti, Tre diverse liste di cibi. Firenze, Casa Buonarroti


Plotino, Enneadi. Traduzione e commento di Marsilio Ficino nel manoscritto di dedica per Lorenzo il Magnifico. (1490) - Membranaceo miniato da Attavante degli Attavanti (1452-1520/25). Firenze, Biblioteca Laurenziana. Da notare la catena che serviva per ancorare il volume al pluteo durante la consultazione.

Ritratto di Giulio II della Rovere, particolare (da Raffaello Sanzio) Firenze, Galleria degli Uffizi. In un articolo di Repubblica del 1994 si discute su quale dei due dipinti sia l’originale tra l’opera conservata alla National Gallery di Londra e questa conservata agli Uffizi a Firenze. Nel catalogo della mostra, che tra l’atro vi consiglio vivamente, si ritiene che questo quadro sia una delle repliche di bottega o copie antiche del prototipo del quadro conservato alla National Gallery, presente anche alla mostra su Raffaello alle Scuderie del Quirinale.


Lorenzo Il Magnifico, Lorenzo di Pierfrancesco de’ Medici, ed altri. Rime. Firenze, Biblioteca Medicea Laurenziana.


Il Piloto (Giovanni Francesco di Baldassarre). Poliedro a 60 facce posto al di sopra della lanterna della Sagrestia Nuova di San Lorenzo. Firenze, Musei del Bargello, Cappelle Medicee, Sagrestia Nuova.


Cesare Zocchi (Firenze 1851 – Torino 1922) Michelangelo Fanciullo scolpisce la testa del fauno. Firenze, Casa Buonarroti. Ricordate l’episodio degli esordi della vita artistica di Michelangelo? Quando Lorenzo de’ Medici fece notare a Michelangelo che il satiro che aveva scolpito in quanto anziano non poteva avere una dentatura perfetta e l’artista in risposta al suo arguto mecenate ruppe i denti del satiro e gli trapanò la gengiva? 

Palazzo Ducale ha organizzato e continua ad organizzare una serie di interessanti incontri dedicati alla mostra di Genova. Se avete tempo e voglia, vi consiglio di dare un’occhiata a “Michelangelo, una vita eccezionale” di Cristina Acidini (presidente dell’Accademia delle Arti del Disegno di Firenze e della Fondazione Casa Buonarroti), incontro del 4 febbraio 2021. Questo intervento in particolare credo riassuma più di tutti lo spirito di questa mostra.