L’educanda Marietta scopre
nella cripta al di sotto della cappella di San Tommaso il cadavere di una
sorella del convento di San Zaccaria.
La donna inginocchiata
sull’altare, con le braccia legate dietro la schiena ha la mascella
disarticolata; la morte è sopraggiunta per soffocamento
dovuto al mattone che le è stato spinto violentemente in bocca.
Un modus operandi tanto
raccapricciante non può che richiamare alla memoria gli efferati delitti
compiuti da Olaf Teufel tre e sette anni prima.
Considerando poi che la
donna assassinata è Polissena Mocenigo, nipote del doge morente, non stupisce
che venga nuovamente chiamato ad indagare sull'omicidio l’artista Antonio Canal, detto il
Canaletto, coadiuvato ancora una volta dai suoi inseparabili amici Owen
McSwiney e Joseph Smith.
Molte cose sono cambiate nella
vita di Canaletto nel corso degli ultimi tre anni. Da quando Charlotte, la
figlia dell’eroe di Corfù, si è ritirata nel castello avito per espiare le
proprie colpe, Canaletto non prova più lo stesso piacere di un tempo per
la pittura. Vive richiuso in se stesso, malinconico e senza entusiasmo. Pur
attraversando un periodo emotivamente così difficile, il pittore non ha
perso il suo alto senso dell’onore e non si tira indietro dinnanzi alla
chiamata della Repubblica.
“La cripta di Venezia” ci
conduce alla scoperta di una sconosciuta città lagunare sotterranea. Un
luogo ricco di fascino e inedito per il lettore che incontra nuovamente
quei personaggi che tanto ha amato e apprezzato nei due capitoli precedenti
della trilogia.
Come sempre ogni personaggio
viene descritto e caratterizzato minuziosamente dall’autore. Un esempio ne è l’educanda
Marietta che incontriamo all’inizio del romanzo. Bastano poche righe a
Strukul, come veloci pennellate su una tela, per regalarci un ritratto completo
di quella ragazzina claudicante di buona famiglia, dall’aspetto semplice e dal
carattere mite, segnata a vita dall’intransigenza di un padre violento.
Incontriamo nuovamente tra
queste pagine il personaggio luciferino di Orsolya Esterházy, bella e
spietata regina dei Morlacchi, i Valacchi Neri, che sente ora approssimarsi la
fine dell’attesa; presto potrà finalmente consumare la sua spietata vedetta.
Sulla scena appaiono anche
nuovi interessanti personaggi. È il caso, ad esempio, della pittrice Giulia
Lama, una donna non convenzionale, che vive fuori da ogni schema e anzi sembra
voler infrangere intenzionalmente ogni regola prevista dalle convenzioni
sociali. Una donna del genere non può non affascinare Canaletto da sempre
attratto da figure femminili dal carattere volitivo, indipendenti e
insofferenti alle regole della società benpensante.
Matteo Strukul è un autore che
non delude mai: la sua scrittura fluida, la caratterizzazione
dei suoi personaggi, la scelta di ambientazioni particolari e ricche di fascino,
le trame coinvolgenti catturano il lettore fin dalle prime pagine trascinandolo
nella storia e rendendolo partecipe degli eventi narrati.
“La cripta di Venezia” è il
capitolo conclusivo di una trilogia, ma nulla vieta di leggerlo anche
come romanzo autoconclusivo, per quanto il mio consiglio sia quello di leggere
i tre volumi nell’ordine di pubblicazione così da poterne apprezzare meglio il
dipanarsi della trama.
Capitolo conclusivo di una
trilogia, dicevo, ma non necessariamente l’ultima avventura di Canaletto perché
il finale resta quanto mai aperto.
L’invito al lettore
affezionato, dunque, è quello di non disperare perché con ogni probabilità il
nostro amato Canaletto tornerà, speriamo presto, a gettarsi nella mischia per
risolvere nuovi casi con nostra somma soddisfazione.
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