L’UOMO DEL LABIRINTO
di Donato Carrisi
LONGANESI
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Samantha Andretti frequenta la
seconda media, è una ragazzina come tante. La mattina del 23 febbraio esce da
casa prima del solito per andare a scuola.
E’ particolarmente emozionata perché Tony
Baretta, il ragazzo più popolare della scuola, il giorno prima le ha fatto
sapere che vuole parlarle.
Samantha però non riuscirà mai a parlare con il ragazzo perché il destino le ha riservato un brutta
sorpresa mettendo sulla sua strada un coniglio con gli occhi a forma di cuore.
Quindici anni dopo una telefonata anonima avverte la polizia che una donna
ferita e nuda sta vagando nella palude. La
donna ha 28 anni. Samantha Andretti è riuscita a sfuggire, non si sa come, al suo
aguzzino dopo una lunghissima prigionia.
Quindici anni senza notizie, senza un
indizio, una speranza. Quindici anni di silenzio. Un incubo lunghissimo, che si
è concluso in modo felice e inaspettato.
Donato Carrisi, a pochi giorni dall’uscita del film evento dell’anno tratto da
uno dei suoi successi “La ragazza della nebbia”, ci regala un nuovo ed avvincente
romanzo.
Non sono un’appassionata di thriller eppure ogni volta che inizio un romanzo
di Carrisi non riesco a non leggerlo d’un fiato.
E’ successo per i precedenti libri ed è accaduto anche in questa occasione:
ho letto “L’uomo del labirinto” in nemmeno due giorni!
La scrittura di Carrisi è una
scrittura asciutta, semplice e fluida.
Il lettore vede scorrere le immagini dinnanzi a sé, pagina dopo pagina, come se un film scorresse davanti ai propri
occhi ed è proprio questo uno dei punti di forza dei romanzi di Carrisi: una scrittura cinematografica.
Questo elemento però da solo ovviamente non è sufficiente a rendere i libri
di Carrisi dei bestseller internazionali.
Cosa c’è quindi di così seducente ed
accattivante nei suoi romanzi?
Ci sono storie cariche di suspense e ben congeniate, ma soprattutto ci sono protagonisti
indimenticabili e la magistrale capacità dell’autore di tracciarne un profilo
psicologico perfetto, dettagliato e sempre verosimile.
Ne “L’uomo del labirinto” due sono i personaggi che cercano di incastrare il
mostro: il dottor Green, un profiler
dai metodi di indagine non molto ortodossi, ma dall’ottima reputazione e Bruno Genko, un talentuoso detective
privato.
Bruno Genko è un personaggio affascinate e capace di creare una forte
empatia con il lettore.
L’immagine di sé che egli mostra al mondo esterno è una maschera utile per
riuscire al meglio nel proprio lavoro, ma nulla più. Egli è tutt'altra persona
da quella che gli altri conoscono.
Nulla è mai come sembra nei romanzi
di Donato Carrisi.
Ne “L’uomo del labirinto” l’ordine è
sovvertito, non esistono certezze; persino il clima è impazzito e sullo sfondo
c’è un’estate torrida e apocalittica, dove il ritmo della vita è stato capovolto:
gli uffici aprono la notte e la gente riposa durante il giorno.
Sin dall’inizio si avverte che qualcosa non funziona, che alcuni personaggi
nascondono qualcosa di particolarmente inquietante.
Il mostro non sa mai di esserlo, egli
non si riconosce come tale. Il mostro è sempre qualcuno organizzato,
socialmente integrato e per questo è insospettabile.
Il lettore, forse messo in guardia dalla lettura dei romanzi precedenti, è
costantemente in allarme, attento a cercare di interpretare i segnali e gli
indizi che l’autore lascia a tratti intravedere.
Per quanto però attento egli possa essere, il finale gli riserverà comunque delle sorprese che non gli
permetteranno di archiviare la storia una volta terminata la lettura.
Non esiste il crimine perfetto, esiste
solo l’indagine imperfetta e, proprio per questo motivo, vi ritroverete per
molto tempo ancora a ritornare con la mente su alcuni passaggi del romanzo.
Vi domanderete spesso come possa essere accaduto che vi siano sfuggiti
alcuni particolari e vi interrogherete a lungo sullo sviluppo della storia: presentava
forse qualche crepa?
Vi avverto, non sarà facile uscire dal labirinto…
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