IL PARRUCCHIERE DI
AUSCHWITZ
di éric Paradisi
LONGANESI
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Ho
terminato questo romanzo quasi una settimana fa, ma contrariamente alle altre
volte sono passati giorni prima che riuscissi a raccogliere le idee per
scrivere il post.
“Il
parrucchiere di Auschwitz” è uno di quei
romanzi che non finiscono con la lettura dell’ultima riga perché i pensieri
dei vari personaggi restano con te ancora a lungo sotto forma di sensazioni
indefinite difficili da sintetizzare e raccogliere.
La storia inizia a Roma
nel 1943 dove Maurizio Rossi, figlio di una coppia di parrucchieri ebrei, vive
nel ghetto insieme ai genitori e alle due sorelle minori.
Maurizio,
se vogliamo, conduce un’esistenza piuttosto comune, la sua sembra la vita di
qualunque giovane che voglia seguire le orme dei propri genitori e, in questo
caso, succedere a loro nella conduzione del negozio quando questi decideranno di
ritirarsi dall’attività lavorativa:
Sono nato in questo
quartiere praticamente con le forbici in mano, perché tutti nella mia famiglia
sono parrucchieri. Già da piccolo giocavo facendo volteggiare in aria le
ciocche dei clienti.
Un
giorno proprio in negozio incontra Alba,
con i suoi occhi grigio-azzurri ed i capelli biondo-cenere, ha qualche anno più
di Maurizio, ha già delle esperienze alle spalle.
Alba
non è una ragazza comune, è un membro
della Resistenza, membro dell'organizzazione Bandiera Rossa.
Maurizio è un giovane innocente, fiducioso, ignaro del pericolo. Come tutti gli ebrei del ghetto di
Roma si era illuso per molto tempo che gli italiani non fossero antisemiti. In seguito però, con l’arresto di Mussolini e la sua successiva liberazione da parte dei
tedeschi e con il massacro di Meina, tutto era cambiato.
Alba,
invece, anche a causa del suo coinvolgimento con la Resistenza , conosce
cose che a Maurizio sono oscure. Lei
sogna di finire un giorno la facoltà di legge, poter difendere le cause delle
donne, lottare per la loro libertà e per il loro diritto di voto.
Alba
è comunista: impegno politico e senso della condivisione sono le sue uniche ricchezze.
16 ottobre 1943: il rastrellamento
del ghetto di Roma. La famiglia di Maurizio viene deportata, solo lui si salva
perché quella notte si era fermato a dormire da Alba.
Cinque
mesi Maurizio resta nascosto a casa della ragazza fino a quando la mattina del 23 marzo del 1944 i soldati insieme ad un ufficiale delle SS ed un membro della Milizia fascista in borghese fanno
irruzione nell’appartamento.
Alba viene arrestata. Maurizio
invece viene deportato ad Auschwitz
dove tra i tristi spettri con il cranio
rasato. Spettri infagottati in ridicoli pigiami a righe, riesce a salvarsi solo grazie alla sua arte
di parrucchiere, se di salvezza si può davvero parlare, perché non esiste vera
salvezza per chi ha vissuto certe esperienze.
Non
si riesce ad accettare di essere vivi quando tanti sono morti, il senso di
colpa per essere sopravvissuti è un carico troppo pesante da sopportare.
Nel romanzo c’è un’altra
storia che corre parallela a quella di Maurizio. E’ la storia di Flor, la
nipote preferita di Maurizio, che la racconta in prima persona.
La
sua storia è avvolta nella nebbia e si svela lentamente pagina dopo pagina al
lettore.
E’
la storia del suo amore, un amore
sfortunato come quello del nonno per Alba. Un amore potente e totalizzante
quanto sventurato e destinato a soccombere sotto i colpi della cattiva sorte.
I registri delle due
storie sono completamente diversi:
la storia di Maurizio è raccontata in modo freddo ed essenziale, una scrittura
che ben si presta al racconto degli avvenimenti storici; la vicenda di Flor
invece usa per la sua dimensione onirica un linguaggio più struggente e
poetico.
In
comune le due storie hanno quel senso di ineluttabilità
del destino e la figura
straordinaria di Alba che a distanza di anni continua ad essere la figura dominante,
colei dalla quale ogni personaggio riesce a trarre la propria forza vitale.
Ogni uomo ha diritto a un
colore, il colore della libertà. Esiste un’infinità di colori per ognuno di
noi. Un giorno troverai il tuo.
Maurizio
è riuscito a trovarlo quel colore, è il biondo-cenere della chioma della
sua Alba, lo stesso colore dei capelli della sua nipote prediletta Flor.
“Il parrucchiere di
Auschwitz” è un romanzo tormentato, intenso e commovente. Un libro che ci costringere ancora una
volta a riflettere su quello che è successo perché la storia non si ripeta.
Sono
proprio quelle morti assurde che ci chiedono di vigilare perché non accada
nuovamente; sono i morti che ci chiedono di non ucciderli una seconda volta con
la nostra indifferenza.
Sono
quelle persone che hanno patito sofferenze assurde e sono morte per la libertà
e per quegli stessi diritti che noi oggi diamo per scontati ed acquisiti, che
ci chiedono rispetto e attraverso le pagine del libro di Paradisi ci chiedono
di tutelare quelle conquiste che loro hanno ottenuto a cosi caro prezzo.
Leggendo
questo romanzo mi sono tornate alla mente le parole di un famoso scrittore, mi
riferisco a Joseph Conrad che scriveva in “Sotto gli occhi dell’occidente”:
Non è necessario credere
in una fonte soprannaturale del male: gli uomini da soli sono perfettamente
capaci di qualsiasi malvagità.
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