Devo ammettere che sono stata a
lungo indecisa se scrivere o no un post su questo libro. Il dubbio nasceva dal
fatto che commentare un libro scritto da Renzi, soprattutto in questo momento,
potesse essere considerato come una dichiarazione di apparenza ad uno
schieramento politico preciso. In realtà
il mio incontro con questo testo è stato piuttosto casuale. Ero in libreria
quando, passando davanti allo scaffale dei libri di attualità, sono stata colpita
dal titolo “Stil Novo” e così, nonostante il mio marcato scetticismo per la classe
politica in generale, ho deciso di seguire il mio istinto e ne ho comprato una
copia. Risultato? Ho letto il libro in un giorno. Ammetto che si tratta di un
volume di meno di 200 pagine, ma chi legge sa che se una lettura non è
avvincente anche un libretto di poche pagine può diventare un mattone. Per
dovere di cronaca bisogna ammettere che se un libro è alla quinta edizione a
meno di un anno dalla sua prima pubblicazione qualche messaggio positivo dovrà
pur trasmetterlo…
Come recita il sottotitolo “la
rivoluzione della bellezza tra Dante e Twitter” il libro non vuole essere un
testo di storia tout court ma piuttosto vuole, attraverso la storia di Firenze,
scoprire differenze e similitudini con il mondo contemporaneo e nel contempo
ricercare proprio nei fatti del passato degli spunti per affrontare il presente
perché “le impronte del passato servono a indirizzare il cammino futuro. Una
città non è un ammasso casuale di pietre. Ha un’anima che parla e va
ascoltata”.
Lo ammetto non sarà un’idea originale
ma Renzi in questo libro è riuscito a bilanciare bene il racconto storico con
il suo pensiero politico. Pensiero che, visto il suo ruolo di esponente di
partito e sindaco di Firenze, è inevitabile venga espresso. Renzi l’ha fatto però
in maniera molto delicata, per nulla forzata, con una giusta carica di ironia e
attraverso una scrittura asciutta e diretta.
Devo essere sincera, il fatto che
le cose che ho letto, mi abbiamo trovato quasi sempre d’accordo non gioca a favore
della mia obiettività sul libro, ma concedetemi che non si trova tutti i giorni
un politico che parli in modo diretto e appassionato di cultura, letteratura, pittura,
biblioteche, teatro, istruzione, “ambientalismo senza paraocchi ideologico” e
perché no anche di bellezza che non è quella della farfallina di Belen ma
quella dei monumenti e dell’arte. Forse quello che colpisce di più è proprio la
passione, non solo la passione per la politica ma anche l’amore per la propria
città, per la propria terra, per le proprie radici. Poco importa quindi se
quando nelle ultime pagine del libro descrivendo gli affreschi del suo ufficio
a Palazzo Vecchio (la sala di Clemente VII) scrive “Alla mia destra c'è La Battaglia di Gavinana,
il quartiere che nel 1530, diventa teatro dello scontro tra le forze della
Repubblica e quelle di Carlo V che tenta di riportare i Medici in città"
confondendo il piccolo centro sulla montagna pistoiese teatro dello scontro con
l’omonimo quartiere Gavinana di Firenze. La mia domanda è: quanti politici conoscete
che con uffici in palazzi storici ne conoscono la storia o si interessano ad
essa? Con questo non voglio giustificare l’imprecisione…
Però una cosa la devo dire, se
non altro per quel campanilismo che tanto contraddistingue anche i Toscani, va
bene che Firenze sia stata una città così importante nel passato, ma
concedetemi che se il capoluogo Toscano aveva il fiorino a Genova avevamo il
genovino con potere d’acquisto non inferiore, se Amerigo Vespucci ha dato il
nome all’America è pure vero che il nuovo mondo è stato scoperto da un genovese
che rispondeva al nome di Cristoforo Colombo, se è vero che Firenze ha
inventato le banche, il sistema bancario moderno è nato nel 1406 a Genova con il Banco
di San Giorgio e potrei andare avanti così per ore…
Il punto è che come l’autore
scrive nelle prime pagine spiegando il valore e lo scopo della bellezza “il
discorso vale ovviamente anche per le altre città, quello scrigno prezioso di
relazioni umane, di vicende esemplari, di monumenti artistici, di ingegni
creativi che fanno del nostro Paese qualcosa di più che un semplice ammasso di
codici fiscali”.
Qualche giorno fa sono stata ad
un incontro presso il Teatro Stabile di Genova dove tra gli ospiti era presente
Alessandro Gassman. Parlando di tagli alla cultura, al teatro e affini esponeva
l’idea che si debba credere fermamente che la cultura vada aiutata non solo per
sostenere lo spirito ma perché in grado di creare anche nuovi posti di lavoro.
Il fatto che il teatro, nonostante la crisi economica, fosse comunque tutto
esaurito era un chiaro segnale da parte delle persone di voler vivere e
coltivare le proprie passioni. Gassman sosteneva che proprio finché ci saranno
persone mosse dalla passione, sebbene si stia attraversando un periodo buio, potrà
esserci la speranza per un futuro migliore.
Anche Renzi in “Stil Novo”
sostiene l’idea che non sia vero che con la cultura non si mangi e crede fortemente
che proprio attraverso di essa si possano creare nuovi posti di lavoro e nuova
ricchezza. Nonostante mi spaventi un po’ l’idea che il “marketing” possa prendere il sopravvento, sono d’accordo con questa visione delle cose perché penso che
alla fine se non troveremo, e presto, un modo per salvaguardare il nostro
patrimonio artistico e culturale perderemo tutto. Forse ha ragione Renzi quando scrive che
bisogna avere coraggio perché “il passato ci dà valori e suggerimenti
splendidi, ma le idee, i metodi, le persone debbono rinnovarsi se non vogliono
vivere di perdente nostalgia”.
politica a parte mi hai incuriosita!!! e stavo proprio scegliendo il prossimo libro da leggere ...! Grazie!
RispondiEliminaSono contenta di averti incuriosita e ovviamente attendo il tuo commento nel caso decidessi di leggerlo
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