domenica 27 marzo 2022

“La vita quotidiana a Firenze ai tempi di Lorenzo il Magnifico” di Pierre Antonetti

L’immagine che tutti noi abbiamo della Firenze dell’epoca di Lorenzo il Magnifico è quella di una città ricca e caratterizzata da un grande fermento culturale.

Pierre Antonetti in questo libro che potete trovare in libreria edito da BUR oppure in edicola come seconda uscita della collana “Biblioteca della storia. Vite quotidiane” del Corriere della Sera, si pone l’intento di ricostruire nella maniera più autentica possibile quella realtà piena di contrasti che caratterizzò la Città del Giglio in quegli anni.

Sulla figura di Lorenzo il Magnifico la storiografia ha fatto talvolta emergere delle ombre: Pierre Antonetti cerca, attraverso l’analisi degli aspetti quotidiani della Firenze del tempo, di fare luce anche sulla personalità e sull’opera di questo illuminato “sovrano” divenuto leggenda nell’immaginario collettivo.

Ogni aspetto della vita quotidiana della Firenze del Quattrocento viene inserito all’interno di un quadro più ampio e soprattutto quando si tratta di argomenti che riguardano la politica e l’economia questi vengono affrontati facendo le giuste premesse, rifacendosi cioè alla storia dei secoli precedenti e all’eredità anche culturale lasciata dai predecessori a Lorenzo. Egli sotto moltissimi aspetti fu l’esponente di maggior spicco della sua famiglia, ma ci furono campi in cui altri brillarono maggiormente ed è il caso del banco dei Medici il cui apice era stato raggiunto sotto la guida di Cosimo il Vecchio.

Molti i temi trattati: la città e le famiglie che si contendevano il potere, l’edilizia, la vita politica e la trasformazione degli organi istituzionali, la società e le differenze di classe, il mondo del lavoro e i salari, la schiavitù, la banca e le valute e, infine, un ampio sguardo sul mondo della cultura, delle feste e dei giochi.

Si fa riferimento agli scritti del Magnifico mettendo in evidenza che, per quanto essi fossero di pregevole qualità, il giudizio su di questi nel corso dei secoli sia stato influenzato con ogni probabilità dalla grandezza dell’uomo di Stato che egli indubbiamente fu.

Ampio spazio è poi dato agli artisti e alle loro botteghe, puntualizzando che la figura dell’artista libero di esprimere la propria arte, di scegliere i temi e lo stile era ben lungi da quello che intendiamo noi oggi. L’artista di quei tempi era pur sempre una specie di artigiano e, per quanto talvolta amico del committente, come ne caso di Donatello e Cosimo de’ Medici, non avrebbe mai potuto aspirare a quel rango di cittadino influente che gli avrebbe permesso di  dedicarsi alla direzione degli affari pubblici.

Anche le appendici del libro trattano temi e approfondimenti di notevole interesse che integrano quanto già esposto nelle precedenti pagine; tra gli argomenti più rilevanti: l’antisemitismo, la prostituzione e l’omosessualità.

L’esposizione molto discorsiva rende la lettura veramente piacevole, inoltre il testo è molto ben documentato come si evince dalle note a piè di pagina e dall’ampia bibliografia riportata al termine del volume.

Un libro interessante, di qualità e mai ripetitivo o noioso. Una lettura assolutamente consigliata per conoscere più a fondo questo affascinante periodo storico.

 



 

domenica 20 marzo 2022

“I giardini di Boboli” di Mariella Zoppi

I giardini di Boboli, dichiarati dall’UNESCO sito patrimonio dell’Umanità nel 2013, sono con i loro 45 ettari di estensione il più significativo dei giardini medicei.

Come recita il sottotitolo i giardini di Boboli sono una passeggiata nella storia, una storia che, iniziata nel 1549 con l’acquisto dei terreni da parte di Eleonora di Toledo, giunge fino ai giorni nostri.

I giardini di Boboli sono molto di più del monumentale giardino di Palazzo Pitti, sono di fatto un museo a cielo aperto che racchiude opere che vanno dall’epoca romana fino al XX secolo con il Tindaro screpolato di Igor Mitoraj, prima scultura novecentesca qui accolta per sottolineare la continuità della cultura, dell’arte e della bellezza ospitate in questo luogo nel corso di tanti secoli.

Il libro di Mariella Zoppi si apre con l’interrogativo ancora aperto su quale sia l’origine del termine “Boboli” che potrebbe risalire ad alcuni nomi di famiglie del luogo oppure da Bobilo un dignitario germanico che qui dimorava. Altra ipotesi è una derivazione da bubilia cioè la stalla bovina per la macellazione degli animali.

Cione di Bonacorso Pitti acquistò nel 1341 un primo nucleo di terreni e nel 1418 Luca Pitti iniziò a costruirvi il proprio palazzo che doveva rivaleggiare per magnificenza con quello dei Medici di via Larga, oggi Palazzo Medici Riccardi. Il declino della famiglia Pitti portò la proprietà all’abbandono fino a quando Eleonora di Toledo, sposa di Cosimo I de' Medici, volle acquistare il palazzo e il terreno circostante per far si che i propri figli potessero crescere in un ambiente più salubre di quello offerto da Palazzo Vecchio. Inoltre, fattore non secondario, da donna abile e accorta qual era, aveva compreso l’esigenza di dover dotare il Granducato di Toscana di una sede di rappresentanza degna del nuovo status raggiunto dalla famiglia.

Ogni Granduca operò delle trasformazioni e contribuì a suo modo a rendere questi giardini il luogo unico e magnifico giunto sino a noi. Mariella Zoppi descrive la passeggiata attraverso i giardini seguendo due itinerari: quello che definisce l’asse antico, che fa riferimento al primo impianto del giardino mediceo quello del cosiddetto anfiteatro, e un secondo percorso che si rifà all’ampliamento seicentesco con il Viottolone e la Vasca dell’Isola.

È presente anche un capitolo, opera di Paola Maresca, dedicato alla simbologia e alle tante allegorie alchemiche che caratterizzano i giardini in ogni loro elemento. 

In verità, come scrive Paola Maresca, nonostante il giardino abbia subito vari rimaneggiamenti nel corso dei secoli e abbia subito l’influenza delle varie correnti artistiche in particolare quelle del Rinascimento e del Manierismo, ha sempre mantenuto costante il concetto di giardino come iter iniziatico. Alchimia e scienza, del resto, sono sempre state molto importanti per la maggior parte degli esponenti della famiglia Medici.

La seconda parte del libro è dedicata alle biografie dei personaggi che hanno fatto la storia dei giardini di Boboli. Si tratta di brevi schede precise e accurate suddivise in tre parti: Granduchesse e Granduchi della famiglia Medici, i Lorena e infine le due figure femminili che occuparono la scena durante l’intermezzo napoleonico Maria Luisa di Borbone ed Elisa Bonaparte Baciocchi.

“I giardini di Boboli” è un libro di appena 130 pagine, ben articolato e corredato da un’ampia documentazione fotografica. Un giusto compromesso per chi voglia un volume che sia una valida via di mezzo tra la semplice guida turistica e il ponderoso saggio storico-artistico. Da leggere prima della visita e da portare con sé.




martedì 15 marzo 2022

“Il respiro degli angeli” di Emanuela Fontana

Venezia, 1688. Giambattista Vivaldi per mantenere la sua numerosa famiglia si è adattato a fare il barbiere, ma non perde occasione per dedicare ogni momento libero al suo amato violino.

Proprio con il violino è solito intrattenere anche i suoi bambini tra questi il piccolo Antonio che fin dalla nascita ha manifestato gravi problemi di salute. 

Toni, il cui cuore corre troppo veloce e a cui spesso manca il respiro, un giorno si ritrova il violino del padre tra le mani e, senza avere mai prima d’allora studiato musica, improvvisa una melodia che stupisce tutti i presenti. Sarà l’inizio di una passione che non lo abbandonerà più per tutta la vita neppure quando per voler dei suoi genitori sarà spinto a prendere i voti.

Antonio Vivaldi, conosciuto da tutti come il Prete Rosso per la sua ribelle chioma rossa come il fuoco, raggiungerà la fama e il successo, presenterà le sue opere in tutti i più celebri teatri e porterà la propria musica in tutte le più grandi Corti, farà conoscenza di nobili, re e principi, sarà ammirato e invidiato. Vivaldi sarà anche fonte di pettegolezzi a causa dell’unica donna della sua vita Anna Girò, prima sua allieva e poi sua cantante e musa, fino a quando terminerà i suoi giorni dimenticato da tutti in un freddo inverno viennese.

Della vita di Antonio Vivaldi si conosce poco o nulla per cui il libro di Emanuela Fontana, seppur ben documentato e frutto di un lungo lavoro di ricerca, è una storia fortemente romanzata a causa delle fonti lacunose.

Molti personaggi sono frutto di fantasia dell’autrice come il dottor Gavioli e la sua famiglia, i comprovati rapporti con i nobili Marcello sono stati rimaneggiati per meglio adattarsi alla narrazione e per quanto riguarda l’amore tra Antonio Vivaldi e Anna Girò non esiste alcuna fonte che ne possa confermare la veridicità sebbene all’epoca le voci e i pettegolezzi fossero stati molto insistenti al riguardo.

Il romanzo si svolge su più piani spazio-temporali. Ai capitoli nei quali viene narrata la vita di Vivaldi a partire da quando era un gracile bimbo di dieci anni fino alla conquista della fama, si alternano i capitoli che lo vedono, anziano e caduto in disgrazia, aggirarsi per le fredde strade di Vienna mentre la sua amata Anna, ignara dello stato di salute in cui lui versa si interroga, sul loro indissolubile legame.

Il ritmo del racconto sembra quasi seguire i tempi propri della musica, così da lento il ritmo narrativo accelera improvvisamente facendosi veloce per poi rallentare nuovamente e così via in un continuo crescendo e diminuendo.

Non sono quindi tanto i cambi spazio-temporali del racconto quanto piuttosto proprio questa continua variazione di cadenza che, per quanto di estrema efficacia narrativa, risulta talvolta un po’ impegnativa per il lettore che deve adattarsi al continuo alternarsi del ritmo.

Il Vivaldi di Emanuela Fontana è un genio del suo tempo, un uomo assetato di fama e denaro, ma allo stesso tempo generoso con i meno fortunati ai quali è sempre pronto a donare; un uomo ossessionato dal desiderio di compiacere il pubblico, perfezionista e accentratore tanto che delle sue opere egli vuole occuparsi in prima persona di ogni aspetto facendosi persino impresario.

Vivaldi è tormentato dalla fuggevolezza dello scorrere del tempo, è uomo legato agli affetti famigliari, ma allo stesso tempo se ne sente talvolta schiacciato, soffre ogni tipo di costrizione e per questo rifugge dalle accademie. È un uomo dalle mille contraddizioni, in perenne movimento.

“Il respiro degli angeli” è una storia struggente che appassiona e incanta per la sua intensità; un racconto carico di pathos e di liricità.

L’interesse dell’autrice non è rivolto solo al Vivaldi artista, ma anche incentrato sul desiderio di comprendere quale uomo si celasse dietro alla sua leggenda.

“Il respiro degli angeli” è però anche un viaggio attraverso la musica di Antonio Vivaldi, un invito ad approfondire la sua vasta produzione della quale troppo spesso si conoscono solo i concerti più famosi.




sabato 26 febbraio 2022

“Le magnifiche dei Medici” di Daniela Cavini

Dodici brevi ritratti dedicati alle donne dei Medici, figure femminili sconosciute alla maggior parte delle persone a meno che non siano storici o cultori della Toscana medicea come scrive Paolo Ermini nella presentazione del libro.

Se tutti più o meno conoscono, anche solo i nomi, degli esponenti maschili della dinastia, pochi sono informati o si soffermano sull’importanza che ebbero alcune donne di questa illustre famiglia.

Daniela Cavini (autrice di “Storia di un’altra Firenze”), attraverso questi dodici camei prova a fare luce su queste figure femminili che furono a loro modo protagoniste della storia sebbene spesso dimenticate o peggio ancora talvolta vilipese.

Il primo ritratto che incontriamo è quello della madre di Lorenzo il Magnifico Lucrezia Tornabuoni, moglie di Piero il gottoso, colei che il suocero Cosimo il Vecchio definì l’unico uomo della famiglia. Dapprima sostegno per il marito spesso malato e poi per il figlio al quale di fatto consegnò praticamente intatto il patrimonio familiare, patrimonio che Lorenzo non fu altrettanto bravo a gestire.

Fu proprio la mente acuta di Lucrezia a ritenere che fosse giunto il momento adatto per fare il salto di qualità procurando al figlio una moglie di nobile stirpe e la scelta ricadde su Clarice Orsini.

Clarice Orsini fu la prima straniera ad entrare nella famiglia Medici e come tutte le straniere non fu mai accettata dal popolo. Non fu un matrimonio d’amore, Clarice onorò il suo compito e diede al magnifico nove figli, ma non si adatto mai ai costumi fiorentini e si scontrò spesso con il marito per l’educazione da impartire alla prole. Fu lei ad individuare nella cugina Alfonsina Orsini la moglie più adatta al primogenito Piero, detto in seguito Piero il fatuo.

Alfonsina Orsini è forse una delle meno conosciute di queste figure femminili. Quando nel 1494 i Medici furono nuovamente cacciati da Firenze a seguito dell’arrivo dei francesi lei restò da sola per un anno nel palazzo di via Larga a presidiare i beni di famiglia prima di risolversi a riunirsi al marito. Dopo la morte di questi poté dare sfogo a quella che la storia definì ambizione smisurata, ma che se fosse appartenuta ad un uomo probabilmente sarebbe passata per astuzia e intraprendenza. Sta di fatto che riuscì ad accasare i figli in modo molto conveniente: la figlia Clarice sposò infatti il banchiere Filippo Strozzi e il figlio Lorenzo, per il quale la madre era riuscita ad ottenere dal cognato papa Leone X il Ducato di Urbino, sposò la nipote del re di Francia Madeleine de la Tour d’Auvergne, Purtroppo Lorenzo e la moglie morirono entrambi a distanza di pochi giorni l’uno dall’altro, dopo solo un anno di matrimonio quando la figlia Caterina aveva solo qualche giorno di vita.

Oltre alle pagine dedicate a Caterina de’ Medici e a Maria de’ Medici le due regine di Francia, la prima passata alla storia come la regina nera, l’avvelenatrice e la discepola di Machiavelli e la seconda come la mercantessa di Firenze superficiale, superba e dallo scarso senso politico, troviamo le pagine dedicate a Caterina Sforza ricordata dalla storia anche come la Tigre di Forlì.

Caterina Sforza fu la madre di Giovanni dalle Bande Nere che sposò la nipote di Lorenzo il Magnifico, Maria Salviati, figura femminile della quale si parla pochissimo, ma che fu fondamentale per la formazione e l’educazione del figlio Cosimo, destinato a divenire il primo Granduca di Toscana.

Cosimo sposò Eleonora di Toledo, sovrana superba e di una bellezza marmorea, come la definisce Daniela Cavini; il loro fu un matrimonio politico basato su forti interessi economici, ma che si rivelò, stranamente per l’epoca, anche un matrimonio d’amore.

Altre pagine sono dedicate a Isabella de’ Medici, la figlia prediletta di Cosimo I, donna colta e libera che trovò la morte molto probabilmente per mano del marito Paolo Giordano Orsini con la complicità del fratello di lei Francesco I, e a Cristina di Lorena, nipote di Caterina de’ Medici andata in sposa a Ferdinando I succeduto al fratello Francesco dopo la morte di questi sopraggiunta quasi contemporaneamente a quella della sua seconda moglie, la famosa Bianca Cappello, a cui non poteva ovviamente mancare in questo libro un capitolo a lei dedicato.

Infine, l’ultimo ritratto non poteva essere che riservato a lei, ad Anna Maria Luisa de’ Medici, l’Elettrice Palatina, ultima della sua stirpe colei a cui spettò il gravoso e ingrato compito di consegnare il Granducato nelle mani degli Asburgo-Lorena non senza avergli fatto sottoscrivere prima quel famoso Patto di Famiglia grazie al quale Firenze possiede ancora oggi il suo immenso patrimonio artistico che ne fa una delle città d’arte più belle del mondo.

Non possiamo dire che le donne dei Medici rivestirono sempre un ruolo passivo perché furono mogli e madri di uno spessore straordinario. A mio avviso, i Medici per primi compresero il valore e l’importanza delle figure femminili nello scacchiere politico e sociale tanto che spesso attribuirono alle loro donne, diremmo oggi, un ruolo mediatico di rilievo. Le donne Medici si distinsero alcune anche per bellezza, ma soprattutto per la loro componente intellettuale e la loro eleganza. È vero che oggi solo gli appassionati della famiglia Medici e gli storici ne ricordano i nomi e l’importanza, ma se guardiamo al passato non fu sempre così o almeno non per tutte le figure femminili della famiglia.

Il libro di Daniela Cavini è un validissimo compendio per colmare le lacune del lettore sul ruolo della donna in seno alla famiglia Medici e per spingerlo ad approfondire la storia di quelle figure femminili che più l’hanno colpito e incuriosito.

“Le magnifiche dei Medici” è un breve saggio puntuale, ben documentato e dalla veste grafica preziosa ed accattivante.





venerdì 25 febbraio 2022

“Le righe nere della vendetta” di Tiziana Silvestrin

Mantova, 8 luglio 1585. Il capitano di giustizia Biagio dell’Orso viene svegliato in piena notte dal bargello Gio Morisco.

Oreste Vannocci, prefetto delle fabbriche, è stato trovato morto all’interno della sua abitazione. Il suo corpo, raggomitolato in posizione fetale, giace su un pavimento cosparso di macchie di colore quasi fosse la tavolozza di un pittore.

Il capitano intuisce che la morte dell’architetto toscano non è dovuta a cause naturali. Il Vannocci è stato avvelenato, ma prima di morire è riuscito a lasciare un indizio. Biagio dell’Orso trova, infatti, la pianta di un edificio, probabilmente una chiesa, sulla quale l’architetto già in preda alle convulsioni ha tracciato con le dita delle righe nere.

A confermare la tesi dell’avvelenamento ipotizzata dal capitano di giustizia ci sono le conoscenze dello speziale Hyppolito, ma su suggerimento dell’amico nonché consigliere ducale Marcello Donati è meglio che la notizia non venga divulgata. È chiaro fin da subito infatti che a voler morto il Vannocci, il quale all’apparenza non aveva alcun nemico, deve esser stato qualcuno molto vicino alla Corte.

Vincenzo Gonzaga, figlio del duca di Mantova Guglielmo Gonzaga, ha sposato Eleonora de’ Medici, figlia del granduca di Toscana Francesco I e della sua prima moglie Giovanna d’Austria.

Il movente affonda le proprie radici molti anni indietro quando il grande condottiero Giovanni delle Bande Nere era ancora in vita. Chi sarà quindi il mandante dell’omicidio? Un Gonzaga o un Medici?

Nel frattempo, l’inquisitore Giulio Doffi, ossessionato dalla caccia alle streghe, ha preso di mira Lucilla la nipote dello speziale complicando così ulteriormente la ricerca della verità al capitano di giustizia.

Biagio dall’Orso detesta le ingiustizie, è un tipo che va per le spicce e che non le manda a dire a nessuno, ma per fortuna a salvarlo da se stesso c’è l’amico Donati che, molto più riflessivo e timoroso, fa di tutto per smorzare la sua irruenza.

La vicenda si volge a Mantova, ma dell’Orso viene inviato anche a Venezia per accompagnare una delegazione giapponese e poi a Firenze per fare da scorta a Vincenzo ed Eleonora.

Le pagine dedicate al viaggio a Firenze sono particolarmente suggestive; non incontriamo Francesco I e Bianca Cappello, ma il racconto ci conduce nello studiolo del granduca a Palazzo Vecchio, al Casino di San Marco, a Palazzo Pitti e persino nella bellissima villa medicea di Pratolino.

La scrittura della Silvestrin è asciutta e scorrevole; il racconto è magistralmente condotto su più piani narrativi e la storia scorre via veloce. Un giallo storico davvero ben scritto, piacevole e storicamente ben documentato.

In questo romanzo dove non mancano colpi di scena, misteri e complicati intrecci dinastici non solo i protagonisti, ma tutti i personaggi sono minuziosamente caratterizzati.

Sono rimasta colpita dalla storia e soprattutto dalla capacità dell’autrice di rievocare le atmosfere dell’epoca con tanta apparente semplicità, quando è indubbio vi sia alla base un gran lavoro di ricerca storica.

Sono inoltre rimasta affascinata, credo come ogni lettore, dalla figura di Biagio dell’Orso: bello, intraprendente, coraggioso, leale, dotato di grandi capacità deduttive e intollerante verso le prepotenze nei confronti dei più deboli.

Il libro è il secondo volume di una saga dedicata ai Gonzaga, ma ogni libro della serie è autoconclusivo e si può davvero leggere tranquillamente come un romanzo a sé.

Sono partita da questo secondo libro perché tra i protagonisti della storia ci sono anche esponenti della famiglia Medici, ma questa saga mi ha davvero convinta e il proposito è quello di leggere quanto prima anche gli altri volumi della serie.

Vi indico di seguito l’elenco completo delle pubblicazioni:

- I leoni d‘Europa

- Le righe nere della vendetta

- Un sicario alla corte dei Gonzaga

- Il sigillo di Enrico IV

- La profezia dei Gonzaga

Un’anticipazione: presto in uscita il sesto volume…


sabato 19 febbraio 2022

“Paolino Dolci nobile Ruspante fiorentino” di Alberto Bruschi

Eccoci nuovamente alla Corte del Granduca Gian Gastone de’ Medici. Ricorderete che più volte vi ho parlato dell’esecrato Giuliano Dami, ebbene, ricorderete dunque anche che il Dami aveva scelto accuratamente alcuni personaggi della sua risma affinché lo affiancassero nei suoi disonesti traffici.

La cronaca del tempo ci riporta in particolare i nomi dello speziale Branchi, quello di un certo Fumanti, personaggio di non facile identificazione, e quello di Paolino Dolci.

Il libro di Alberto Bruschi si pone come intento proprio quello di provare a redigere una biografia di questo discusso personaggio, degno accolito di quella combriccola di scellerati. Se dell’affascinate quanto freddo e calcolatore Giuliano Dami ci è pervenuto un solo ritratto, di Paolino al momento non sembra esserci giunta alcuna immagine. L’unica possibilità potrebbe essere forse l’identificazione del fiorentino, ormai già avanti negli anni, con un personaggio in abito civile da cerimonia in un dipinto di Claude Marie Gordot, datato 1774 o secondo altri 1776, in cui viene rappresentato l’ingresso del Vice Legato nel Palazzo dei Papi ad Avignone.

Da questa affermazione potete già comprendere quanto fu avventurosa la vita del nostro Paolino Dolci, una vita ricca senza dubbio di avvenimenti così come di furti, bassezze e perversità. Lunga è infatti la strada che portò il nostro protagonista dalla Corte medicea, a Roma e infine addirittura ad Avignone dove lo troviamo vestire i panni di capitano delle Guardie Svizzere.

Attraverso una capillare ricerca, fatta di consultazioni di fonti d’archivio e visite a quei luoghi teatro delle vicende narrate, attraverso l’analisi delle opere d’arte senza tralasciare l’importanza delle preziose informazioni desunte dalla disciplina araldica, Alberto Bruschi inizia il suo racconto partendo delle origini della famiglia Dolci.

 “Nobile Ruspante fiorentino” una definizione che merita qualche precisazione.

Paolino Dolci, al contrario del suo sodale Giuliano Dami che era di umili origini, proveniva da una famiglia nobile. La nobiltà dei Dolci non aveva nulla a che vedere con quella che si potrebbe definire “nobiltà di razza”, ma piuttosto si intendeva che la famiglia apparteneva alla classe agiata ovvero quella dei mercanti e dei proprietari terrieri.

Dei Ruspanti abbiamo parlato altre volte specie in occasione dei libri dedicati alla figura di Gian Gastone e a quella di Giuliano Dami. I Ruspanti erano i giovani, ma vi erano tra loro anche delle giovani, che gravitavano intorno al Granduca e che venivano pagati settimanalmente in ruspi, da qui l’appellativo Ruspanti. Esistevano due liste: quella dei “Provvisionati palesi” e quella dei “Provvisionati occulti”. Coloro che erano iscritti nella seconda lista erano coloro che perché nobili o cavalieri o simili dovevano essere trattati con un certo riguardo e pertanto ricevevano quanto dovuto a domicilio e non direttamente dalla Stanza dello Scrittoio.

Una curiosità: i ruspi erano monete che venivano così chiamate perché per essere state coniate da poco tempo si presentavano ruvide al tatto.

Questo libro di Alberto Bruschi si differenzia un po’ per forma rispetto ai precedenti presentando un guazzabuglio, nell’accezione buona del termine,  di registri linguistici amalgamati perfettamente tra loro. Non è un mistero che io sia affascinata dalla prosa e dallo stile di questo autore, ma devo ammettere che ancora una volta è riuscito davvero a stupirmi.

In questo volume abbiamo pagine caratterizzate da un severo rigore storico alternate a pagine romanzate di grande effetto che sono a loro volta contrassegnate da un linguaggio che varia da quello più aulico a quello più scurrile in special modo quando vengono riportati alcuni tra i più impudenti proverbi e detti toscani. Eppure, nonostante questo, nonostante a volte il racconto si faccia estremamente dissacrante, caustico e ironico non risulta mai sconveniente.

La prosa di Alberto Bruschi ha la rara capacità di riuscire a mantenersi elegante pur nell’insolenza e nella volgarità dei temi trattati.

Il solito Alberto Bruschi, umano e diciamolo forse anche po’ sdolcinato, riappare poi ogni qualvolta si affaccia nel racconto la figura di Gian Gastone e la scelta delle parole a lui dedicate emoziona sempre.

Il libro è corredato di ampia documentazione, trovate in appendice persino gli inventari delle aste degli arredi di Paolino Dolci oltre ad una sezione dedicata alle satire e ai sonetti contro gli Aiutanti di Camera del Granduca Gian Gastone scritti da uno sconosciuto autore del XVIII secolo.

Credo che anche questo volume come gli altri di Alberto Bruschi sia ormai fuori catalogo e che sia stata fortunata a reperirne ancora una copia. Eppure, questi volumi meriterebbero davvero una ristampa.

 

 

 


domenica 30 gennaio 2022

“Meriti tutta la vita che vuoi” di Tea Pecunia e Marina Panatero

Il sottotitolo del libro recita la longevità a portata di mano e, anche se l’affermazione sul momento potrebbe fare sorridere, le autrici riportano diverse prove scientifiche tratte da recenti studi che confermano che la meditazione aiuta davvero a rimane giovani più a lungo.

Ovviamente questo non significa che la meditazione possa sostituirsi a una cura medica o ad un aiuto psicoterapeutico laddove necessari, ma solo che il nostro modus vivendi influisce sulla qualità della nostra vita. 

Nessuno ovviamente può conoscere la durata della propria esistenza, ma può agire in modo che questa possa essere condotta nel migliore dei modi, serenamente e in pace con se stessi.

Lo stress la maggior parte delle volte non è causato da una reale situazione di pericolo, ma dall’ansia e dalla paura di quello che potrebbe succedere.

Esistono infatti due tipi di stress: quello buono (eustress) e quello negativo (distress), mentre il primo migliora le nostre prestazioni, il secondo ci fa vivere in perenne tensione peggiorando notevolmente non solo la qualità della nostra vita, ma accelerando anche il nostro processo di invecchiamento.

Quando una situazione in passato ci ha provocato dolore o stato di ansia, la nostra mente tende a proiettare quelle nostre sensazioni anche su possibili scenari futuri, ma ogni situazione è diversa e soprattutto noi non siamo la stessa persona che aveva affrontato quella situazione in passato, nel frattempo infatti siamo maturati grazie alle esperienze fatte.

Ecco, la meditazione ci aiuta a non cadere in questo perverso loop che nel libro viene definito in modo molto azzeccato ruminazione mentale.

Bisogna quindi imparare a lasciare andare e a vivere il presente, il qui e ora, se ci si vuole mantenere in buona salute e giovani.

Come nei precedenti libri di Tea Pecunia e Marina Panatero non mancano le indicazioni per chi voglia avvicinarsi per la prima volta alla meditazione quindi qualche pagina è dedicata al quando, dove e come dedicarsi a questa pratica.

La meditazione può essere di due tipi: la meditazione formale, quella per cui si assume ad esempio la classica posizione del fiore di loto, e quella informale ossia quando durante l’arco della giornata si esegue in maniera consapevole una certa attività (per esempio assaporare il cibo durante il pasto).

Nel libro vengono indicati esercizi relativi ad entrambe le tipologie di meditazione sebbene siano più numerosi quelli dedicati a quella formale. Il consiglio delle autrici è comunque di sperimentare ogni singolo esercizio per poi essere in grado di tracciare la mappa più adatta al proprio percorso personale.

La meditazione non è una disciplina semplice da imparare e, sebbene sia alla portata di tutti, necessita di una certa costanza.

Nonostante io abbia letto molti libri sull’argomento non sono ancora riuscita ad acquisire la tecnica o meglio non sono riuscita a farlo fino ad oggi.

Ogni tanto ci riprovo, ma i risultati raggiunti fino ad ora sono piuttosto scarsi a livello di meditazione formale, mentre sono molto contenta dei risultati raggiunti con quella informale che senza dubbio è più vicina al mio modo di essere.

Mi sono spesso confrontata con Tea, che ormai è diventa un’amica, anche su questo punto e mi ha più volte detto che ognuno deve trovare la meditazione formale più adatta e che per me forse potrebbe essere più indicata una meditazione basata sulla respirazione piuttosto che sulla visualizzazione. Ci sto ancora lavorando.

Ogni atto però se compiuto totalmente, entrando nell’essenza, può trasformarsi in meditazione, basta non farsi dominare dalla mente e non farsi trascinare dalla ruminazione mentale. In questo caso anche leggere un libro può diventare una forma di meditazione informale. Ecco, devo dire, questa mi riesce benissimo.