Delia conosce il marito
Carlo quando, appena diciassettenne, si trova ricoverata in fin di vita nell’ospedale
dove lui presta servizio. Una vita matrimoniale piena, fatta magari anche di
alti e bassi come quella di tutte le coppie, ma pure di tante avventure, viaggi
e conoscenze. La propensione alla
gelosia e il dolore fisico di Delia insieme al carattere inquieto di Carlo
scandiscono i tanti anni di una vita insieme coronata dalla nascita di
cinque figlie.
Delia, sebbene la vita non sia
stata sempre clemente con lei, non ha mai avuto davvero paura e Carlo, da parte
sua, l’ha sempre spronata a non cedere a questo sentimento anche nei momenti
più difficili. Serena, al contrario, vive
nel costante timore: ha paura della vita, dell’amore, dell’ineluttabile.
Delia lascia in eredità a Serena
un libro di poesie di Emily Dickinson.
La donna spera che i versi della poetessa da lei tanto amata, e che ha sempre
sentito così affine a se stessa, possano
aiutare la ragazza a superare la crisi e indurla finalmente a vivere con pienezza
la propria esistenza.
“Le figlie dell’oro” è un romanzo
polifonico dove le voci di quattro donne si intrecciano e si sovrappongono nel
tempo e nello spazio. Sono le voci di Delia, di Gabriella, l’insegnante di
pittura di Delia, di Serena, io narrante del romanzo, e di Emily Dickinson le
cui poesie fanno eco ai racconti di Delia.
Le
pagine del libro sono popolate dal senso di vuoto, dalla paura di vivere, da un
sentimento di inadeguatezza e dal desiderio di fuggire, ma la fuga non è mai una
soluzione.
Riaffiorano alla mente del
lettore alcuni famosi versi montaliani “spesso il male di vivere ho incontrato”
e proprio il dolore dell’esistenza diviene
il filo conduttore del romanzo. Lo troviamo nelle paure di Serena, nella follia
dei pazienti di Carlo, e lo troviamo talvolta anche in Carlo stesso, lui, eminente
psichiatra, che si trova a condividere, suo malgrado, alcuni demoni con i propri
ammalati.
Serena
accetta di entrare nel labirinto delle poesie della Dickinson e, nel
tentativo di dipanare quel labirinto, scova similitudini tra la poetessa e
Delia, ma anche con se stessa. Mettendo a confronto il mondo della Dickinson e quello di
Delia con il mondo contemporaneo, passo dopo passo Serena riemerge dall’abisso, dal
nero, trovando una propria dimensione e una propria stabilità per quanto ancora
malferma.
La
poesia di Emily Dickinson ha un potere terapeutico così come l’amore detiene
un potere salvifico. Non è importante cosa si ami, ma è importante
farlo per conoscere se stessi, per superare le nostre paure, per entrare in
contatto con il nostro punto più oscuro e smettere così di temerlo una volta
per tutte.
“Le figlie dell’oro” è un
libro intenso e complesso. È una lettura
che scava nel profondo, che richiede tempo e concentrazione per essere
apprezzata e compresa pienamente.
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