domenica 24 ottobre 2021

“Testimonianze Medicee a confronto” a cura di Giovanna Lazzi

“Testimonianze Medicee a confronto” è il catalogo della mostra tenutasi alla Biblioteca Riccardiana di Firenze nel 1997 (5 Maggio – 5 Luglio 1997).

Dopo una breve prefazione e una breve presentazione, due scritti fanno da introduzione vera a propria al catalogo che è corredato da trentotto tavole a colori su carta patinata che riproducono parte dei più significativi oggetti.

Giovanni Cipriani con “Il Principato mediceo” riassume in modo sintetico ma efficace gli anni che caratterizzarono il dominio mediceo con particolare riguardo alla storia da Leone X, figlio del Magnifico, fino all’ultimo Granduca della dinastia Gian Gastone de’ Medici.

Segue “Libri e oggetti medicei: per una rilettura comparata” ad opera di Giovanna Lazzi, all’epoca direttrice della Biblioteca Riccardiana, che illustra il percorso della mostra e l’importanza, quale testimonianza storica, degli oggetti appartenuti ai membri della famiglia Medici.

I documenti d’archivio vengono spesso considerati come semplici e freddi resoconti ma, se letti nel modo giusto, si rivelano essere anche fonti estremamente preziose per conoscere i protagonisti della storia a 360 gradi e non solo per la mera acquisizione di nozioni che li riguardano come compravendite, nascite, matrimoni e similari.

Ecco quindi che anche oggetti come codici, medaglie, gioie, utensili e gli stessi ritratti, possono trasformarsi in testimonianze assai utili alla ricostruzione della storia. Leggendo questo libro ci si sorprende di quante cose questi oggetti, se osservati nel  modo corretto, abbiano da raccontarci.

Attraverso quanto esposto ed in particolare grazie alle incisioni entriamo nel mondo lussuoso delle rappresentazioni di feste e spettacoli, manifestazioni che erano, è vero, il trionfo dell’effimero, ma allo stesso tempo pure un modo di esibire il proprio potere.

L’etichetta seguiva regole rigide e le manifestazioni fastose non erano dedicate solo a eventi gioiosi quali i matrimoni (vedi La descrizione delle feste… per le nozze di Ferdinando II e Vittoria Della Rovere nell’incisione di Stefano Della Bella per la festa a cavallo notturna del 15 luglio 1637) o le cerimonie di investitura per l’Ordine di Santo Stefano fondato da Cosimo I (una tavola è dedicata proprio ad una Patente di conferimento dell’Ordine di Santo Stefano da parte di Gian Gastone ad Averardo Giuseppe Serristori), ma anche gli apparati funebri, per quanto lugubri, rispecchiavano la sontuosità dei tempi. Un esempio è riportato dall’incisione di Giovan Battista Falda per gli apparati funebri in occasione delle esequie di Ferdinando II.

Nel libro si parla anche della reticenza di Gian Gastone a farsi ritrarre ragion per cui, facendo particolare riferimento ad una medaglia opera di un giovane scultore pratese di nome Giovanni Francesco Pieri, si spiega perché i ritratti dell’ultimo Granduca mediceo, a differenza di quelli dei suoi famigliari, non fossero caratterizzati né da uno schietto naturalismo né idealizzati secondo la norma regolarizzatrice e nobilitante del filtro classico.

Al contrario del figlio, Cosimo III de’ Medici amava invece farsi ritrarre e in mostra si trovava esposto un suo ritratto con la veste di Canonico del Laterano; nell’Anno Santo del 1700 infatti Cosimo III si recò a Roma per il Giubileo dove fu nominato da papa Innocenzo XII canonico lateranense.

L’ossessione di Cosimo per tutto ciò che riguardava la Chiesa era evidenziata anche con l’esposizione di un altro particolare oggetto, ossia una medaglia coniata con la data 1678, che ci racconta l’interesse del Granduca per i francescani riformati da San Pietro d’Alcantara, interesse che lo portò ad ospitare alcuni alcantarini facendogli costruire appositamente un convento nei pressi della Villa Medicea dell’Ambrogiana.

Grande attenzione è prestata poi a tutto ciò che riguarda la lettura araldica di imprese, stemmi ed emblemi. Scopriamo tra le altre cose che col tempo gli emblemi dei primi Medici venivano riproposti talvolta anche dai loro successori insieme ai propri emblemi e imprese.  

Come avrete capito questo catalogo è una fonte inesauribile di interessanti spunti e argomenti che meritano di essere approfonditi divertendosi a ricercare i vari collegamenti.

Resta purtroppo il rimpianto per non aver visitato la mostra, ma anche la gioia per aver scovato questa preziosa pubblicazione.

 


 


lunedì 18 ottobre 2021

“La ragazza delle camelie” di Julie Kavanagh

Alphonsine Plessis, conosciuta con il nome di Marie Duplessis, fu la giovane cortigiana più ammirata della Francia di metà Ottocento.

Nacque in Normandia nel 1824 da Marie, una donna di modeste origini ma dai modi aristocratici, e da Marin Plessis, un venditore ambulante molto attraente ma anche squattrinato e violento.

Alphonsine e la sorella Delphine, abbandonate dalla madre che morì poco dopo, vennero allevate separatamente da alcuni parenti. Alphonsine, appena dodicenne, venne però rimandata a casa dal padre e Marin non si fece scrupolo di sfruttarne la bellezza nel più abietto dei modi.

Qualche tempo dopo la ragazza giunse a Parigi forse fuggita da un gruppo di zingari a cui era stata venduta dal padre o forse accompagnata dallo stesso Marin.

Dopo un primo periodo da grisette ossia da sartina di facili costumi, una di quelle ragazze che frequentavano gli studenti squattrinati e bohémienn, Alphonsine venne notata da ammiratori di alto lignaggio e facoltosi in grado di farle fare il salto da grisette a lorette.


Da lorette, Alphonsine non dovette più concedersi per poco ma, messole a disposizione un appartamento tutto per sé, poté finalmente iniziare a vivere nel lusso.

Conti, marchesi, duchi, uomini potenti e artisti di fama come Alexandre Dumas figlio e Franz Liszt fecero a gara per contendersi le grazie di Marie Duplessis che grazie a loro riuscì ad avere un accesso privilegiato a quel mondo ricco di stimoli culturali precluso alle donne oneste della buona società.


Marie Duplessis era un’autodidatta, un’avida lettrice e una regolare frequentatrice di teatro determinata a sfruttare ogni possibilità che le venisse concessa per approfittare della vivace cultura parigina dell’epoca. 


Julie Kavanagh ci restituisce la storia di uno dei personaggi di metà Ottocento più celebrati dalla letteratura e non solo.

Quando nel 1847 Marie Duplessis morì di tisi ad appena 23 anni, la sua scomparsa venne considerata un evento di portata nazionale tanto che i giornali non scrissero d’altro per giorni e persino Charles Dickens all’epoca a Parigi fu sorpreso e divertito dal clamore suscitato dalla scomparsa di una gloria del demi-monde.


Marie Duplessis è la protagonista romanzata del celebre romanzo di Alexandre Dumas figlio, La signora delle Camelie. 

Marguerite Gautier è la trasposizione romantica di Marie mentre Armand Duval raccoglie in sé le caratteristiche di diversi amanti della bella cortigiana tra cui anche lo stesso Dumas.


Altra celebre opera incentrata sulla Signora delle Camelie è senza dubbio La Traviata di Giuseppe Verdi, libretto di Francesco Maria Piave, dove Marguerite/Marie assume il nome Violetta e Armand quello di Alfredo.


Ma la storia è piena di echi di questa romantica e struggente storia d’amore e non ultimo possiamo ricordare il celebre film del 2001 Moulin Rouge! dove Nicole Kidman interpreta il personaggio di Satin/Marie mentre a Ewan McGregor spetta il ruolo di Christian, l’innamorato.


Fonte principale del saggio di Jiulie Kavanagh è il libro “La Verite Sur La Dame Aux Camelias (Marie Duplessis),” di Vienne Romain, amico d’infanzia di Aplhonsine, il quale pur innamorato di lei per tutta la vita non ne diventò mai l’amante. L’autrice ha però scavato a fondo negli archivi e ha consultato molti altri testi, vasta infatti è la bibliografia riportata, per restituirci l’immagine quanto più veritiera possibile di quella ragazza che ancora oggi riesce ad affascinare l’immaginario collettivo per il suo fascino e la sua gioia di vivere tanto che a Gacé, in Normandia, si trova un museo a lei dedicato, il Museé de la Dame aux camélias.

Il ritratto di Marie Duplessis è molto diverso da quello dell’eroina romantica che musica e letteratura ci hanno voluto restituire, ma non per questo meno affascinante.

Marie Duplessis sarebbe forse stata in grado di un gesto d’amore clamoroso come quello di Marguerite/Violetta, ma mai sarebbe stata capace di rinunciare, e infatti quando ne ebbe la possibilità non lo fece, al fervore della vita parigina, al lusso, alle feste e ai piaceri edonistici.

Marìe Duplessis era una donna caparbia, volitiva, pratica e manipolatrice che seppe imporsi e incantare il bel mondo con il suo fascino, la sua eleganza e la sua cultura.

Forse conoscere la vera storia di Marie Duplessis potrebbe ridimensionare in parte il mito della Signora delle camelie, ma contribuisce senza dubbio a crearne uno nuovo, quello della bella, seducente e carismatica Ragazza delle camelie.




giovedì 7 ottobre 2021

“Lorenzo il Magnifico” di Maria Luisa Valla

Lorenzo Il Magnifico è il settimo volume di una collana Mondadori dedicata ai grandi della storia da Alessandro Magno ad Abraham Lincoln.

Il libro, pubblicato nel 1970, mi fu regalato qualche anno fa da una collega che, conoscendo la mia passione per Lorenzo de’ Medici, lo acquistò per pochi euro su una bancarella pensando giustamente che mi avrebbe fatto piacere riceverlo. 

Si tratta di un’edizione vintage particolare le cui illustrazioni ricordano i testi scolastici degli anni Settanta/Ottanta e, forse proprio perché lo vedevo come un libro datato, l’ho lasciato giacere in libreria per anni limitandomi a sfogliarlo ogni tanto.


Qualche giorno fa, complice la giornata di pioggia, l’ho ripreso per caso in mano e mi sono ritrovata immersa nella lettura senza accorgermene.


Non può essere ovviamente annoverato tra i saggi esaustivi, ma nell’insieme la lettura si è rivelata molto piacevole grazie anche ad un testo davvero ben strutturato.


Dopo una parte introduttiva in cui si analizzano la scena politica e la trama storica dell’epoca, si passa al racconto della vita del Magnifico illustrata in 34 capitoli.


Suddiviso in brevi capitoli che facilitano l’assimilazione delle nozioni più importanti, si prendono in esame gli eventi che caratterizzarono la vita famigliare e politica di Lorenzo de’ Medici. Inoltre, viene delineata in maniera sintetica, ma non superficiale, ogni aspetto della sua figura: l’abile politico, il fine letterato e il munifico mecenate.


Nulla viene trascurato sia che riguardi direttamente la sua figura sia che riguardi aspetti dell’epoca come il sistema bancario, le giostre, i matrimoni, la descrizione dei personaggi che gravitavano nell’orbita della famiglia Medici, la moda, l’istruzione e l’edilizia.


Il libro si conclude con 34 schede compilate da Gianni Rizzoni che, rifacendosi a quanto scritto nelle precedenti pagine, completano e arricchiscono il volume, analizzando problematiche, avvenimenti, curiosità, documenti e personaggi del tempo senza tralasciare di esaminare le conseguenze che ebbe la scomparsa di Lorenzo de’ Medici sull’avvenire dell’Italia e sulla scena internazionale.


La sua scomparsa fu acerba alla patria e incomodissima a tutto il resto d’Italia. (Francesco Guicciardini)


Per curiosità ho sbirciato online e ho visto che di questo volume si trovano facilmente ancora alcune copie. Se vi dovesse capitare poi di trovarlo su qualche bancarella di libri usati e siete appassionati di libri vintage, l’acquisto è consigliato.






 

 


sabato 2 ottobre 2021

“Toilette, profumi e belletti alla corte dei Medici” di Valentina Fornaciai

Come la stessa Valentina Fornaciai ci anticipa nell’introduzione l’intento del libro è quello di indagare un aspetto della famiglia Medici diverso da quelli di cui siamo soliti leggere.

Oggetto di queste pagine sono l’igiene personale, la profumeria e la cosmesi. Un itinerario che attraverso i ricettari di corte, le collezioni fiorentine e gli ambienti delle residenze medicee ci conduce alla scoperta di quell’aspetto forse meno conosciuto, ma non per questo meno importante che caratterizzò la raffinata corte medicea dall’epoca di Cosimo I (1569-1574) fino all’ultimo granduca Gian Gastone (1737).

La pratica dell’igiene personale subì variazioni nel corso dei secoli non solo in base alle mode, ma anche a seguito degli eventi storici. Si pensi infatti che nel XVII secolo la pratica del bagno cessò del tutto per venire sostituita dalla toilette asciutta.

Quest’ultima veniva effettuata attraverso strofinamenti e fregamenti con ciprie e profumi usati in sostituzione dell’acqua. Perché questo? Perché durante la peste del Seicento i dottori ritenevano che l’acqua calda, dilatando i pori, potesse favorire la trasmissione del contagio. Inoltre, in un periodo di grande fervore religioso, i bagni che fin dai tempi dell’antichità erano considerati luoghi di aggregazione e divertimento furono condannati dalla chiesa come luoghi di immoralità.

La chiesa, è vero, condannò aspramente per molti secoli anche l’uso dei profumo perché lusinga corporea, ma con le Crociate i profumi fecero il loro rientro in Europa importati da Genova e Venezia.

Firenze divenne il centro del profumo tanto che Caterina de’ Medici andando sposa ad Enrico di Valois lo introdusse in Francia portando con sé valenti chimici.

Tutti gli esponenti della famiglia Medici furono però appassionati di profumi e il primo a favorire questa arte o scienza fu proprio il Magnifico che diede impulso allo studio delle erbe e delle spezie nella villa di Cafaggiolo nonché alla produzione di ceramiche per contenere le stesse.

I Granduchi poi svilupparono una vera passione per la botanica. Non va dimenticato che nei primi tempi non esisteva una vera distinzione tra medicina, cosmesi e alchimia; così nei ricettari si trovavano rimedi terapeutici accanto ai trattamenti di bellezza.

Il libro attraverso le fonti storiche e d’archivio ci racconta delle fonderie granducali, delle officine farmaceutiche e dei ricettari ad opera di personaggi illustri come quello di Don Antonio, figlio di Francesco I e Bianca Cappello

Francesco I stesso del resto era un gran appassionato di scienza alchemica e nello studiolo di Palazzo Vecchio possiamo ammirare ancora oggi un suo ritratto opera di Giovanni Stradano che lo ritrae proprio nelle sue vesti di curioso indagatore della natura.

In questo libro viene esplicitato e preso in considerazione ogni aspetto legato ai temi dell’igiene e della cosmesi: il lavaggio dei capelli, le acconciature, l’uso delle parrucche su cui Cosimo III impose addirittura una tassa in base al ceto di appartenenza, i bagni e le stufe, i tipi di essenze animali e vegetali, le preferenze dei diversi granduchi in fatto di profumeria e non solo, l’apporto dato dai vari esponenti della famiglia Medici alla scienza medica e alchemica e persino i canoni della bellezza femminile con i relativi consigli degli esperti del tempo per uniformarsi ad essi.

Inutile dire che molti rimedi proposti dai ricettari, dei quali sono riportati diversi stralci, oltre a fare sorridere il lettore erano anche altamente tossici, ma ci sono anche ingredienti le cui proprietà sono ancora oggi riconosciute valide.

Il libro di Valentina Fornaciai consta di poco più di un centinaio di pagine, ma è una pubblicazione davvero ricca e approfondita oltre ad essere corredata di una sostanziosa bibliografia per chi volesse indagare ulteriormente l’argomento.

Ho trovato questo piccolo libro nel bookshop di Palazzo Vecchio e incuriosita dall’argomento mi sono decisa ad acquistarlo senza tante aspettative e invece mi sono ritrovate tra le mani una piccola chicca, una lettura davvero piacevole e interessante.





domenica 26 settembre 2021

“Karma” di Fausta Leoni

Fausta Leoni (1929-2019), scrittrice e giornalista che ha collaborato a diversi programmi culturali ed è stata redattrice del TG2 Rai, ci racconta in prima persona la sua esperienza con il mondo dell’aldilà.

A questo argomento nel 1963 insieme al regista Gillo Pontecorvo Fausta Leoni dedicò anche un’inchiesta televisiva per indagare quale fosse l’atteggiamento degli italiani verso l’immortalità dell’anima. L’ultima parte del libro riporta proprio la scaletta delle quattro puntate del programma. 

Fausta Leoni si sta recando con il marito Gibì in Perù e più precisamente nel piccolo pueblo di Huallpa, sulla Cordigliera delle Ande, il luogo dove è ormai certa di aver vissuto la sua precedente esistenza.

Qui il racconto fa un passo indietro e la scrittrice inizia a narrarci della sua vita, della sua famiglia, di come abbia conosciuto il marito e di come, proprio durante un viaggio in Sudamerica subito dopo il matrimonio, sia affiorato insistentemente in lei il ricordo della sua vita precedente.

Un susseguirsi di eventi e coincidenze si succedono giorno dopo giorno nella sua vita fino a farle prendere coscienza che tali fatti non possono ritenersi semplici casualità ma piuttosto espressione di qualcosa di più profondo e complesso.

Il suicidio di una persona appena conosciuta e verso la quale lei aveva avvertito sin da subito un certo fastidio scatenano in lei l’insorgere di una strana malattia che i medici non riescono a diagnosticarle.

Il suo è un malessere dell’anima che le prosciuga le energie vitali. Tornata in Italia ha però la fortuna di conoscere una persona in grado di aiutarla, una donna straordinaria di nome Fidelia che le spiega cosa le sta accadendo e come combatterlo.

“Karma” è la storia della reincarnazione di Fausta Leoni raccontata in prima persona dalla protagonista. Un libro che è stato pubblicato in venti edizioni, un best seller internazionale che ha venduto milioni di copie.

È una storia decisamente fuori dall’ordinario a cui si può credere o meno e proprio in questi termini la stessa autrice all’inizio del volume si rivolge ai lettori.

Fausta Leoni non ha scritto la propria storia con l’intenzione di convincere qualcuno di quanto le fosse accaduto all’età di ventidue anni, ma piuttosto per aiutare chi, avendo vissuto qualcosa di simile a lei, avrebbe potuto trarre da queste pagine una qualche chiave di lettura.

Il racconto, seppure cronaca di un’esperienza vissuta  e reale, assume la forma di romanzo e la narrazione si fa fluida. Numerosi sono i personaggi che animano queste pagine, tra di essi anche nomi conosciuti del mondo della televisione, della cultura e non solo.

Insieme all’autrice scopriamo da Fidelia cosa sia il karma ossia la legge che regola le varie esperienze umane di un’entità spirituale, una legge per cui ogni vita è la conseguenza inevitabile di una precedente condotta.

Ma com’è fatta l’anima? È sempre Fidelia che ce lo spiega. L’anima è comporta di tre parti: quella che ha sede nel ventre e finisce quando muore il corpo; quella che ha sede nel cuore e che dopo la morte non si disintegra immediatamente, ma resiste ancora un po’ di tempo e, infine, la terza parte quella che ha sede nel cervello che sopravvive alla morte e si reincarna in diversi corpi.

Ciascuno di noi è libero di credere o meno in queste teorie, libero di credere o meno nell’esistenza di un aldilà, di un inferno o paradiso che sia, così come all’esistenza di qualche energia o entità in grado di comunicare con noi vivi.

Come si evince anche dalle interviste condotte difficilmente ci si interroga su tali argomenti o se ne parla volentieri. Perché questo accade? Per disinteresse? Paura? Superficialità? Chi può dirlo, non è mai giusto generalizzare e tanto meno lo si può fare su un argomento del genere.

“Karma” di Fausta Leoni è indubbiamente un libro che apre una breccia anche nelle persone più scettiche. Chi infatti durante la propria vita non si è mai trovato disorientato almeno una volta da qualche particolare coincidenza o da una qualche singolare premonizione?

Personalmente faccio parte di coloro a cui questo genere di cose incute sempre un po’ di timore e ansia per cui preferisco non indagare troppo e pur mantenendo un atteggiamento possibilista e aperto, confesso di cercare di evitare l’argomento nascondendo la testa sotto la sabbia. 

E voi cosa ne pensate? Come vi comportate quando sentite parlare dell'aldilà?

 

 

sabato 18 settembre 2021

“Giuliano Dami. Aiutante di Camera del Granduca Gian Gastone de’ Medici” di Alberto Bruschi

La figura di Giuliano Dami è una figura enigmatica e della quale è difficile riuscire a capire quanto ci sia di vero nelle cronache del tempo che ne hanno tramandato l’immagine di un uomo gretto e malvagio.

Tutto ciò che è stato scritto si riallaccia alle infamanti storie tratte da un manoscritto di dubbia attribuzione, l’avvocato Luca di Bartolomeo, secondo Sir Harold Acton, o il dispensiere di Cosimo III Luigi di Lorenzo Gualtieri secondo Giuseppe Conti (Firenze dai Medici ai Lorena).

Alberto Bruschi con quest’opera si propone l’arduo compito di rileggere il manoscritto affiancando tale lettura allo studio dei documenti d’archivio nel tentativo di cercare di comprendere quanto ci sia di vero nel manoscritto e quanto invece sia frutto, se non proprio di pura fantasia, quantomeno di una volontà atta a distruggere la figura di Giuliano Dami.

Unico punto non soggetto a controversie è il fatto che il personaggio in questione fosse di una bellezza disarmante e che senza dubbio proprio il suo aspetto fisico lo favorì nella sua incredibile ascesa sociale.

Alberto Bruschi inizia le sue ricerche proprio da Mercatale in Val di Pesa, luogo di nascita del bel Giuliano. L’autore del manoscritto liquida alla stregua di due pezzenti i genitori del nostro protagonista, ma dai registri parrocchiali si evince che questi non erano assolutamente tali. La madre, in particolare, Caterina Ambrogi portava un cognome piuttosto importante. Gli Ambrogi, per quanto popolani, erano dei possidenti terrieri. Vero è che della famiglia si contavano più rami, ma Caterina pur non appartenendo al ramo più facoltoso non poteva comunque essere annoverata come una miserabile stracciona.

Morto il padre di Giuliano, ad occuparsi della famiglia fu uno zio paterno che, visto il numero delle bocche da sfamare, non poteva essere neppure lui particolarmente povero.

Giuliano fin dalla giovane età dimostrò di avere un carattere vivace e ribelle che mal sottostava ai soprusi e all’autorità.

La sua carriera partì dal gradino più basso, iniziò addirittura come votapozzi, ebbene sì, fu proprio uno di quei ragazzini che si occupavano di svuotare i pozzi neri, solo il boia e il becchino potevano essere annoverati come mestieri peggiori.

L’importante per Giuliano fu l'arrivo a Firenze perché lì, grazie al suo aspetto e alla sua scaltrezza, ebbe comunque la possibilità di cogliere la giusta occasione per migliore pian piano la propria condizione.

Infatti, dopo diversi lavori, prese servizio come lacchè presso il Marchese Ferdinando di Roberto Capponi. 

Giuliano smise quindi per sempre i vestiti cenciosi per indossare una scintillante livrea di velluto rosso dai galloni dorati, la livrea “all’Ussara”.

Durante una visita del Capponi a Palazzo Pitti, Giuliano fu probabilmente notato da Gian Gastone e da lì il passo fu breve, il giovane cambiò padrone sebbene ben presto fu lui stesso a diventare il padrone del suo signore. Non mi dilungherò su questa storia che ormai tutti conosciamo benissimo.

Contrariamente a quanto riportato nel manoscritto Gian Gastone conobbe Giuliano dopo il matrimonio e lo portò poi con sé a Reichstadt dopo un suo soggiorno a Firenze.

Alberto Bruschi si interroga su quali fossero i reali sentimenti che legarono Giuliano Dami a Gian Gastone de’ Medici, forse all’inizio Giuliano provò anche affetto per il suo signore, impossibile avere una risposta certa, ma senza dubbio guardando ai suoi testamenti e al codicillo al secondo testamento quello che emerge è la figura di un uomo avaro e meschino che neppure in quel momento, pensando alla propria morte, ebbe un pensiero per onorare la memoria di chi per lui aveva fatto e sacrificato tanto.

Il libro racconta non solo le malversazioni del Dami alla Corte medicea, ma anche tutte le furfanterie e le appropriazioni indebite di cui si macchiò, di come fosse entrato in possesso del suo prestigioso palazzo in via Maggio, delle ville e dei terreni nonché di quelle sue operazioni che oggi non esiteremmo a definire di alta finanza.

Il libro indaga ogni aspetto della vita di Giuliano Dami: il matrimonio con Maria Vittoria Selcini, probabilmente contratto per cercare di mascherare la natura dei suoi rapporti con Gian Gastone, sospetti impossibili ovviamente da allontanare; le sue committenze artistiche, i suoi rapporti a Corte e i rapporti con gli altri esponenti della famiglia granducale, i rapporti con i propri famigliari e quelle donazioni fatte in particolare modo al Monastero delle Mantellate, le cui suore da lui beneficiate lo ricordarono sempre come il nostro Giulianino.

Il racconto non tralascia di delineare un ampio affresco della Corte e della Firenze dell’epoca.

Il libro non si interrompe con la morte di Gian Gastone, ma guarda anche alla vita di Dami dopo la dipartita del suo benefattore, colui che anche sul letto di morte nonostante tutto chiese ancora pietà per l’amico alla sorella Anna Maria Luisa.

Gli ultimi anni di Dami furono anni in cui si dovette principalmente preoccupare di non perdere la vita e le sostanze accumulate nel corso di tanti anni di prevaricazioni. Il delitto di sodomia, infatti, non venne cancellato con l’avvento dei Lorena e la pena prevista per una tale reato rimase la condanna a morte, senza contare che era sufficiente solo una denuncia perché, anche dopo la morte, a colui che fosse stato giudicato colpevole sarebbero stati alienati tutti i beni cosicché questi sarebbero stati incamerati dallo Sato a discapito degli eredi.

Il libro di Alberto Bruschi è un’opera davvero importante ed esaustiva, corredata di un’appendice molto ricca di documentazione fotografica e documentazione d’archivio.

Una prosa forbita ed elegante, fluida e scorrevole, fanno di questo libro una lettura oltremodo piacevole nonostante l’argomento sia piuttosto specifico ed esclusivo.

Non è mai facile parlare di un libro che ci ha coinvolto particolarmente, si ha sempre paura di non riuscire a dire tutto oppure farlo in modo sbagliato; sensazione ancora più strana se poi certe emozioni ci sono state suscitate non da un romanzo, ma piuttosto da un saggio.

L’immagine mefistofelica di Giuliano Dami non ne esce molto diversa da quella descritta dal manoscritto; le fonti fredde degli archivi confermano in buona parte l’anima meschina ed egoista dell’aiutante di camera di Gian Gastone de’ Medici e anzi, se possibile, la rendono ancora più enigmatica.

Colui che sarebbe potuto divenire il più importante ministro della Corte medicea, il rappresentante di un Granduca colto, raffinato, sensibile e illuminato, dal quale avrebbe potuto attingere quella cultura e quell’educazione che per nascita gli erano mancate, preferì invece servirsene per i propri scopi miserabili e gretti, passando alla storia come un uomo abbietto che non conobbe mai il significato delle parole carità e onore, un uomo che condannò all’eterno biasimo se stesso e colui la cui più grande colpa fu quella di averlo, nella sua immensa solitudine, accolto come un sincero amico a cui affidarsi.




venerdì 17 settembre 2021

Alto Adige: Tires (Tures) – Catinaccio (Rosengarten) – Bolzano (Bozen)

Era da tanto che non tornavo in montagna, quest’anno è capitata l’occasione e non ho avuto dubbi su dove volessi andare. Dovevo assolutamente ritrovare il mio Rosengarten perché una volta visto è impossibile dimenticarlo.  

Impossibile scordare le sue vette che si infiammano al tramonto tingendosi di un magnifico rosa

Il fenomeno scientifico-meteorologico è conosciuto con il nome di enrosadira ed è tipico delle Dolomiti, ma io preferisco la versione legata alla leggenda di Re Laurino e allo splendido “giardino delle rose” nel suo magico regno all’interno del Catinaccio. Eh sì, perché Laurino era il re dei nani e possedeva un enorme tesoro. Un giorno si innamorò di una splendida principessa di nome Simile…  ma questa storia ve la racconterò un’altra volta.

Per questioni logistiche non sono riuscita a tornare nella mia amata Val di Fassa (chissà forse l’anno prossimo) e ho quindi optato per Tires un piccolo paese sopra Bolzano nei pressi del Parco naturale dello Sciliar- Catinaccio.  Scelta che si è rivelata indovinata.


Il meteo non è stato dei migliori purtroppo, ma non mi ha impedito di fare le mie passeggiate e quando ci si trova in questi bellissimi luoghi cosa si può volere di più?

La cappella di San Sebastian si raggiunge facilmente attraverso una bella passeggiata che dall’abitato di Tires al Catinaccio (Tiers am Rosengarten) sale quasi fino a 1200 m di altitudine.



Questa cappella è
dedicata a San Sebastiano, soldato e martire romano che viene di solito raffigurato insieme a San Rocco e invocato in caso di epidemie.

La cappella risale al XVII secolo, tempo in cui la peste nera raggiunse anche questa aerea. I Signori di Völsegg che all’epoca amministravano il territorio avevano fatto voto che se la Morte Nera avesse risparmiato la loro famiglia avrebbero fatto erigere come ringraziamento una cappella in onore di San Sebastiano e così avvenne.


La cappella si trova immersa nella natura, in mezzo a dei bellissimi prati ed è circondata da uno steccato in legno.


Purtroppo la chiesetta era chiusa, senza alcuna possibilità di accesso. Guardando attraverso le piccole finestre poste sulla facciata l’interno appariva completamente buio. Ho provato, ovviamente senza usare il flash, ad introdurre il mio iPhone da una grata e ho scattato qualche foto. Il risultato è stato sorprendente perché sono riuscita a scoprire una porzione di affresco sul muro di sinistra e fotografare la pala che decora l’altare.



In alto troviamo l’incoronazione della Vergine mentre in basso sulla sinistra San Sebastiano e sulla destra un altro santo che sembrerebbe essere proprio San Rocco.


La Chiesa di Tires al Catinaccio si trova proprio al centro del paese ed è dedicata a San Giorgio. I primi documenti che la ricordano ne fanno risalire la costruzione al XIV, la parte bassa del campanile è infatti datata 1332, ma la costruzione della chiesa originaria potrebbe essere precedente. La parte alta del campanile con la cupola rossa a forma di cipolla è invece datata 1739. La chiesa subì una prima importante ristrutturazione nel 1767 e successivamente una seconda a metà del XIX secolo.




Bellissimi sono
gli affreschi del 1772 opera di Karl Henrici (1737-1823), pittore slesiano attivo in Veneto, Trentino-Alto Adige e Tirolo, nei quali è raffigurano ovviamente anche San Giorgio.

Sulla facciata tre statue policrome, al centro San Giorgio. A fianco della chiesa si trova un piccolo cimitero.



Visto che sono indecisa sulla scelta, ecco due foto della chiesa scattate una al mattino e una al tramonto.





Per terminare il reportage della vacanza in Alto Adige qualche foto dell’ultima tappa dedicata a Bolzano con il suo splendido duomo, piazza Walther e il pittoresco mercato ortofrutticolo nel centro della città…